Sabato sera sono ad una delle solite pizze del sabato fra amici (che, diciamocelo, non è che le organizziamo perchè il sabato abbiamo tutti un’impellente bisogno di pizza, ma per far stare insieme i bambini che così giocano fra sè e magari evitano di rompere i palloni, come cantavano quelli dell’Antoniano a SanRemo). Nella chiacchiera fra genitori viene fuori il discorso dei bambini che navigano internet e la paura che vadano a finire in mezzo a contenuti inappropriati. Si parla di consentire e non consentire, di vietare e di accompagnare, di controllare e lasciare libertà. Ma al di là del merito della conversazione, mi colpisce come molti, al nostro tavolo, si sentano smarriti, impauriti dalle scelte da compiere davanti ad una tecnologia che va veloce mentre noi pensavamo di avere tutto il tempo.
La tecnologia alla portata di tutti, gli smartphone, i social network, sono una delle cose da affrontare da genitori che ci stanno mettendo a dura prova, in un modo e con una velocità di cambiamento mai esistiti prima. Certo, anche i nostri genitori degli anni ’80 probabilmente hanno avuto i loro bei grattacapi: le droghe, le malattie sessualmente trasmissibili, tutte cose che facevano paura perchè nuove e mai affrontate prima. A noi ora tocca decidere se una community è affidabile, se un gruppo è frequentabile, solo che dobbiamo farlo molto, molto velocemente. Perchè mentre tu sei lì che decidi se far loro usare il tuo account YouTube, loro hanno già un amico che usa Musical.ly, e tu manco sai di che si parla.
Ci sembra di navigare a vista, ogni volta che dobbiamo decidere, noi, gli adulti, cosa si può e cosa non si puó fare, cosa tu bambino devi capire e cosa riteniamo non debba sapere, quali sono gli strumenti che puoi usare, e soprattutto quali i paletti da posizionare per garantirti libertà ma allo stesso tempo protezione. Come mai non riusciamo semplicemente ad applicare i modelli che abbiamo visto applicare su di noi, quei meccanismi sicuri che ci hanno permesso di arrivare belli come il sole fino a qui, fino a diventare genitori noi stessi?
È forse questo il nostro smarrimento, il non poter replicare quegli schemi sicuri, il non poter trovare nelle parole di un libro, di un saggio che ci è passato prima di noi, la formula da rimodellare sui nostri figli? Ci sentiamo senza punti di riferimento perchè siamo genitori nuovi, velocissimi, mai visti prima? Anche i nostri figli sono a loro modo nuovi, ma loro ci passano da giovani attraverso questa infanzia da riscrivere, con la forza della giovinezza e la capacità di apprendimento tipica della loro età. Noi invece affrontiamo temi nuovi con modelli vecchi, guardandoci l’un l’altro in cerca di appoggio, di rassicurazione, mentre i nostri figli si aspettano da noi che noi già sappiamo cosa fare, perchè è questo che i figli vogliono dai genitori, no? Un porto sicuro dove si sa cosa è bianco e cosa è nero, in modo da decidere, piano piano, se anche per loro il bianco è bianco e il nero è nero, oppure ribellarsi e decidere che no.
E allora cosa si fa? Forse bisognerebbe approfittarne, di questo smarrimento collettivo, e sentirsi padroni di fare un bel brainstorming genitoriale, di sentirsi un po’ artisti dell’educazione. Perdoniamoci di non sapere cosa fare, e concediamoci di andar per tentativi, di esplorare nuovi modi di insegnare. Il nostro essere genitori allo sbando che ci fa sentire adulti col mal di mare, come volessimo camminare in una stanza senza pavimento nè pareti, giochiamolo a nostro favore e proviamo a nuotare in altre direzioni. Inventiamoci regole nuove, quelle che ci fanno sentire meglio, verso noi stessi e verso i ragazzi.
Innanzi tutto credo dovremmo trovare il coraggio di rispettare e far rispettare Le Regole, quelle con la R maiuscola, secondo cui un account sui social non lo puoi avere fino al compimento dell’età stabilita dal regolamento della piattaforma stessa, così da partire con il piede “nel giusto”. Cerchiamo di divertirci anche noi, di scoprire di volta in volta chi sono i vari Favij, Matt e Bise, Maggie e Bianca: ascoltiamoli anche noi, che magari impariamo qualcosa. Inventiamoci premi, medaglie e riconoscimenti se si rispettano le regole, se si rincuncia ad usare una app che riteniamo inappropriata, barattiamo una seduta di gaming con un pigiama party a base di carboidrati e grassi saturi. Studiamo, parliamo, confrontiamoci e poi buttiamoci, testa corpo e cuore. Diciamoci la sera, prima di andare a letto, non tanto che non sapevamo che pesci pigliare, non tanto che chissà se ho detto la cosa giusta, ma che tutto sommato siamo stati bravi ad inventarci una risposta nuova alle loro domande.
– Marica Pieralli –