Che si tratti di compiti per le vacanze o di compiti che i figli devono svolgere quotidianamente, l’argomenti compiti non è uno che lascia indifferenti. Ma il modello italiano è l’unico possibile? I compiti a casa nella scuola svedese sono quasi totalmente assenti. Ecco come funziona e perché.
Come sapete vivo in Svezia, e i miei figli frequentano la scuola svedese, che, anche se non è ai livelli di qualità di quella finlandese, almeno secondo gli ultimi test del PISA, ha lo stesso approccio ai compiti a casa. Infatti nella scuola primaria i compiti sono quasi completamente assenti. I compiti assegnati sono veramente minimi, almeno per quanto riguarda la scuola primaria e la scuola media.
Inoltre la quantità e difficoltà dei compiti assegnanti cresce gradualmente con l’età e l’anno scolastico frequentato e i bambini hanno sette giorni di tempo per svolgerli.
Per i primi 3-4 anni di scuola tipicamente i compiti a casa consistono in quindici minuti al giorno di lettura di un libro scelto dal bambino (ogni bambino il suo) e di una paginetta scarsa di operazioni di matematica semplicissime.
Negli anni di scuola media il carico di compiti aumenta leggermente e può includere ad esempio un esercizio di spelling in svedese da svolgere online, dieci frasi da scrivere in inglese, 3 o 4 pagine di biologia da ripassare, un filmato documentario di geografia da guardare sul play educational della TV di stato svedese. Si tratta cioè praticamente sempre di compiti che rinforzano concetti appresi in classe. Il tutto sempre con una settimana di tempo per svolgerli, il che implica in condizioni normali una mezz’ora di lavoro al giorno per 2 o 3 giorni a settimana, oppure un paio di ore un giorno a settimana, è tutto fatto. Permettetemi di precisare che i bambini entrano a scuola alle 8:10 e lavorano fino alle 13 ( o alle 14 alle scuole medie), inclusi 20 minuti di pausa pranzo e 50 minuti divisi in due intervalli da trascorrere rigorosamente in giardino indipendentemente dal tempo. Insomma il poco carico di compiti a casa non è giustificato da un aumento del numero di ore trascorse in classe (come ad esempio nel caso del tempo pieno della scuola italiana).
Inoltre in Svezia non viene mai richiesto di fare i compiti durante le vacanze, semplicemente perché le vacanze servono per riposare. Avendo normalmente i compiti assegnati da una settimana alla successiva, di fatto per una settimana di vacanza ci sono 3 settimane prive di compiti. Durante la pausa estiva, che dura 2 mesi, gli unici compiti che vengono assegnati consistono nella lettura di libri scelti a piacere dal singolo bambino.
Non posso raccontarvi ancora come funzionerà alle superiori, ma prometto di farlo quando ci arriveremo. Quindi vi prego di ricordare che stiamo parlando di scuola corrispondente alla primaria e secondaria di primo grado italiane.
Il principio generale insomma è che il bambino deve essere in grado di svolgere i compiti a casa interamente da solo. Il compito dei genitori è quello di creare le condizioni perché questo accada.
Quali sono i fondamenti della scelta di non assegnare i compiti a casa nella scuola svedese?
1. I genitori non sempre sono in grado di aiutare i figli
Uno dei motivi principali per questa scelta pedagogica è che non tutti i genitori sono in grado di seguire i bambini nei compiti a casa. Questo è vero prima di tutto perché magari il livello di conoscenza dei genitori può essere insufficiente, e questo posso testimoniarlo io in prima persona, visto che lo svedese non è la mia lingua madre e spesso mi trovo a dover aiutare i miei figli nella lettura quando la mia pronuncia in svedese è ben lontana dall’essere perfetta, ma anche per mancanza di tempo, perché lavorando a tempo pieno spesso non si ha tempo di seguire i figli per più ore al giorno mentre devono svolgere i compiti.
2. I bambini sono tutti diversi
I compiti a casa richiedono che il bambino sia in grado di organizzare il proprio lavoro, e spesso si parte dal presupposto che tutti i bambini siano in grado di svolgere il compito assegnato, e di svolgerlo indicativamente tutti nello stesso tempo. Questo è ovviamente falso. Ogni bambino ha un suo ritmo, una sua capacità di apprendimento e una maturazione diversa della capacità di concentrazione dopo molte ore di lavoro in classe. Un compito che un bambino svolge in 10 minuti per un altro può richiedere 1 ora. Non è un caso infatti che i compiti di lettura assegnati non siano calcolati in quante pagine leggere ma in minuti da dedicare alla lettura.
3. I compiti a casa non sono una verifica.
Non dovrebbero essere assegnati come verifica del lavoro svolto in classe, perché le condizioni a casa non sono necessariamente le stesse per tutti. Basta pensare a famiglie numerose, in cui il bambino non ha un luogo tranquillo, una camera separata in cui potersi concentrare a fare i compiti indisturbato. Le verifiche vanno svolte in classe.
4. I compiti a casa non sono una punizione
Eppure purtroppo non mancano esempi di insegnanti che lo fanno, per punire gli alunni per un certo comportamento avuto in classe, da tutti o da alcuni. Cari insegnanti, datevi una calmata! Lo studio deve essere un piacere, se lo trasformate in una punizione state facendo un gravissimo torto alla vostra professione.
5. Alcuni proprio non ce la fanno
Esistono bambini che hanno più bisogno di movimento fisico rispetto agli altri, e per i quali continuare a lavorare concentrati (e fermi) a casa dopo averlo fatto già per diverse ore in classe è veramente una impresa al di sopra delle loro possibilità. Questi bambini hanno bisogno di svolgere attività sportive quotidianamente per recuperare l’energia necessaria a lavorare bene e concentrati quando è necessario. Tra parentesi, le attività sportive pomeridiane aiutano moltissimo anche i bambini che spontaneamente si muovono poco, questo è un punto fondamentale per combattere l’obesità infantile.
6. I compiti sono inutili
Non esistono studi che mostrano in modo incontrovertibile che ci sia un qualche vantaggio nell’assegnazione dei compiti a casa. Studi che confrontando i risultati scolastici dei vari paesi non mostrano risultati migliori delle scuole che assegnano compiti a casa rispetto a quelle che non lo fanno. I compiti a casa semplicemente non sembrano dare nessun vantaggio evidente, soprattutto a livello di scuola elementare e media. Ci sono molti altri fattori che condizionano l’apprendimento molto più dei compiti a casa. Qui vi spiego il perché: Cosa non funziona nella scuola: politiche di distrazione.
7. Il lavoro individuale
Uno degli argomenti più spesso portati avanti da chi sostiene l’utilità dei compiti a casa è quello del tempo di rielaborazione individuale dei concetti appresi in classe. Il Svezia questo lavoro viene svolto soprattutto in classe. I bambini sono abituati a lavorare in diverse configurazioni che includono anche lavoro di gruppo e lavoro individuale, affiancato a lezioni frontali dell’insegnante, video, giochi fisici, laboratori e molto altro. La filosofia del non assegnare i compiti a casa infatti è una filosofia a 360 gradi, che parte proprio dal come si fa lezione in classe.
La scuola svedese non è al livello della competizione internazionale alla quale i bambini saranno sottoposti. La scuola svedese non insegna nulla. A 7 anni i bambini non sanno scrivere e non parliamo degli anni successivi. Lo Stato è quindi costretto ad importare continuamente nuove genti perché qui nessuno ha più voglia di fare alcunché. Il panorama prossimo venturo vedrà gli immigrati e figli di immigrati tutti laureati e occupanti posizioni lavorative importanti in diversi settori. Gli svedesi e i loro figli rimarranno indietro e preferiranno mestieri di valore inferiore (ora svolti dai migranti di prima generazione) e sedute davanti alla playstation.
Fonti: Esperienza quasi decennale in queste lande e sambo che lavora a scuola.
Tutto ok, anch’io ho sempre pensato che troppi compiti siano deleteri (e bisognerebbe invece incentivare lettura spontanea). Però poi mi chiedo: 15 minuti al giorno di lettura per tutti, a qualunque livello siano… ma i bambini più lenti come faranno a mettersi in pari con quelli che sono più avanti?
Se in qualunque disciplina (sport, musica, persino i videogiochi!), i bambini stessi sanno che per più si applicano più progrediscono…. dobbiamo fingere che non sia vero proprio in ambito scolastico?
15 minuti sono una raccomandazione, diciamo, “minima” e che da’ l’impressione di non essere troppo gravosa 🙂 In realtá, i bambini a cui piace leggere lo faranno comunque e quindi anche per piú tempo.
Mio figlio appartiene all’altro estremo: ha fatto molta fatica ad imparare a leggere e non ha entusiasmo per i libri in genere. Per lui 15 minuti erano pochi, nel senso che era il tempo per cominciare ad ingranare. In realtá il picco d’attenzione lo raggiungeva con la mezzora, e quindi abbiamo continuato con questo tempo. Pian piano si é messo in pari e adesso é nella media.
“i bambini stessi sanno che per più si applicano più progrediscono”: non lo darei per scontato, che lo sappiano. In genere, quando fanno qualcosa che a loro piace, si applicano anche intensamente ma non hanno la percezione di farlo. Gli impegni scolastici invece vengono vissuti dai piú come un dovere, per cui c’é la percezione del carico di lavoro, che é sgradita. Sembra anche che ci sia un fattore di genere: nei miei corsi di didattica ci hanno presentato i risultati di studi che indicano differenze tra maschi e femmine (si puó trovare ad esempio nel testo di Dylan Wiliams sul formative assessment). Una buona parte di maschi, per questioni probabilmente di prestigio, non vuole fare vedere che studia a casa. Devono dare l’impressione che i buoni risultati, quando ci sono, provengano unicamente dal talento/intelligenza personale e non come risultato di un duro lavoro. Per le femmine non c’é lo stesso tabú ed é considerato accettabile, se non encomiabile, mostrare di essersi impegnate. Sulle cause, si puó disquisire.
Questo puó essere tralaltro uno dei motivi per cui le ragazze stanno ottenendo risultati scolastici migliori.
Il sistema mi sembra identico a quello inglese. Solo lettura da piccoli, poi qualche esercizietto un’ora a settimana, fino alle superiori dove ciascuna materia puo’ assegnare un solo compito a settimana e mai per le vacanze.
Io credo che non si possa parlare in termini di “compiti si” o “compiti no” prescindendo dal tipo di scuola che si frequenta. Per come è organizzata la scuola italiana, e il tipo di lavoro che generalmente si compie a scuola, penso che un minimo di lavoro a casa sia necessario. Qualche esercizio, sempre inerente il lavoro e gli argomenti già svolti in classe o lo studio personale coi propri modi e i propri tempi servono anche a migliorare il livello delle lezioni frontali. Sempre per come è organizzata la nostra scuola, intendo. Poi è ovvio che ci sono milioni di situazioni diverse e ogni insegnante deve calibrare le varie attività tenendo conto delle varie situazioni in classe.
TopaGigia frequenta una scuola a tempo pieno, e le sue maestre assegnano compiti solo nei weekend, e neanche sempre. Oggi ha portato a casa 3 pagine di italiano da fare, non so bene cosa, in genere fa da sola, e sta in seconda elementare. Il carico di solito aumenta di parecchio alle medie, ma questo dipende anche dal fatto che aumenta il numero di materie e quindi diminuisce il numero di ore che ciascun insegnante ha a disposizione in classe, e quindi per esempio far svolgere degli esercizi in autonomia è piuttosto complicato. Spesso lo fanno gli insegnanti di lingue straniere, io che insegno matematica e scienze ho un approccio molto diverso: dedico una settimana prima della verifica alle esercitazioni guidate in classe su esercizi simili a quelli che darò alla verifica, durante le quali svolgo io degli esercizi alla lavagna commentandoli e ascoltando i ragionamenti e i diversi metodi di risoluzione proposti dagli alunni. E ovviamente lascio spazio a domande o richieste di chiarimento su argomenti o esercizi che non risultano chiari. Sono lezioni di confronto molto aperto in genere. Per scienze faccio fare a casa relazioni scritte su esperimenti fatti in laboratorio che poi leggiamo in classe concordando collegialmente il giudizio o si, studio a casa degli argomenti trattati. Il tempo in classe è dedicato più alle spiegazioni e agli approfondimenti, spesso proposti dagli alunni. Trovo che questo sia un modo molto bello e di grande soddisfazione per spingerli alla ricerca, all’approfondimento e alla condivisione.
Insomma in linea di massima cerco di dedicare il tempo in classe più alle cose che sarebbe improponibile dover affrontare a casa da soli, ecco.
Punto 6: scriverai un post sui fattori del successo scolastico dal metastudio di Hattie? Lo aspetto con gioia!
(L’anno scorso ho frequentato il corso integrativo di didattica per l’abilitazione all’insegnamento, e Hattie é stato un’apertura d’occhi, anche rispetto agli slogan dei partiti su “come migliorare la scuola”).
Una cosa che invece ho notato, sia durante il tirocinio che nelle supplenze che ho fatto, é che gli allievi (svedesi) delle scuole superiori non sono abituati a ripassare le lezioni a casa per conto proprio. In genere si aspettano che il lavoro fatto in classe sia sufficiente e non fanno ulteriori sforzi prima delle verifiche, il che purtroppo si vede. Non hanno proprio l’abitudine di riprovare (da soli o in gruppo, ma comunque per iniziativa propria) a rivedere il contenuto delle lezioni, o rifare esercizi, etc.
Ció dovrebbe, a mio parere, venir “costruito” giá a partire dalla scuola dell’obbligo, almeno negli ultimi anni. In questo senso fare i compiti a casa potrebbe aiutare.
Morgaine non mi anticipare i contenuti. Arriviamo, dammi tempo 🙂
Interessantissimo il discorso sul “ripassare a casa”. Mio figlio infatti non sa bene cosa significhi (va in quinta), ma quando ne abbiamo parlato con l’insegnante ci ha detto che ci avrebbero lavorato in classe proprio su questo aspetto, ossia insegnare ai ragazzini come si ripassa ad esempio per prepararsi per una verifica. Ti saprò dire se vedremo miglioramenti nei prossimi mesi.