Questa è un’intervista a Stefania Girelli, presidente dell’associazione L’Ombelico onlus che realizza progetti educativi nelle scuole, lavorando con bambini e bambine, ragazzi e ragazze, genitori e insegnanti.
Stefania vive e lavora tra Roma e Milano, ha un bambino di cinque anni ed è una formatrice. Da molti anni studia, si confronta con altri professionisti e lavora attorno ai temi dell’educazione sessuale, dell’educazione di genere e del dialogo e confronto tra giovani e adulti.
Educazione sessuale nelle scuole: chi se ne occupa oggi in Italia?
Apriamo con una riflessione generale e importante a mio parere: tutti si occupano di educazione sessuale, tutti gli adulti che sono in relazione con i bambini e bambine o con i ragazzi e ragazze. Intesa in senso ampio, genitori e insegnanti fanno sempre ogni giorno educazione sessuale, al genere, alla relazione.
Molto spesso si ritiene che educazione sessuale sia solo educazione al rapporto sessuale o informazione concernente la contraccezione o alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse. E’ dagli adulti più prossimi che si impara, si apprende, anche attraverso i silenzi e le famose parole non dette, cosa vuole dire, cosa è affettività, amore, sessualità, piacere, relazione, rispetto, responsabilità.
Si capisce in fretta che di certi argomenti i genitori o gli insegnanti non vogliono parlare. Che sono temi scottanti e difficili. E sotto il silenzio passano comportamenti, parole, esempi, che dicono cosa vuol dire essere maschi e femmine, come il corpo abbia parti innominate, non solo da non dire, ma neppure da toccare o prendere in considerazione.
In una scuola primaria una bambina lo scorso anno durante uno degli incontri che teniamo nelle classi IV e V, alla presenza dell’insegnante di classe, ha scritto “La mamma non immagina neppure che io sappia queste cose, ma io so da almeno due anni come nascono i bambini, non mi ricordo neppure quando e da chi l’ho saputo. Mi sembra di saperlo da sempre”. Questo per dire che moltissime parole e significati e immagini arrivano ai bambini e bambine dal mondo esterno indipendentemente dal silenzio che famiglia e scuola vogliono, o vorrebbero, protettivo e sicuro.
Un’altra bambina scrive “Ne ho parlato con i genitori di questo corso, ma a mia mamma non è piaciuto molto perché parlare delle parti intime del nostro corpo secondo lei non è molto bello”.
Fatta questa riflessione che ritengo essere centrale per parlare di educazione sessuale, credo che oggi in Italia siano molte realtà e diversi soggetti ad occuparsi di educazione sessuale. Le scuole di diverso ordine e grado chiedono interventi sempre più spesso, non solo nelle classi, ma richiedono incontri informativi e di confronti per le famiglie e le insegnanti.
Servizi pubblici come i consultori familiari organizzano e offrono corsi nelle scuole e all’interno dello stesso servizio. Associazioni del privato sociale con gli orientamenti e i metodi più diversi lavorano ogni giorno nelle aule delle scuole. Si può dire che sono molte le azioni formative possibili, dove ci sono buona volontà e risorse anche economiche.
Sono allo stesso tempo esperienze poco legate tra loro e coordinate, lasciate appunto alla buona volontà degli operatori o operatrici e alla posizione delle scuole e delle famiglie. E’ come se mancasse una cornice comune di senso, un riconoscere l’importanza di questo argomento, troppo spesso terreno di confronti ideologici sterili.
Quale il momento migliore per parlarne a scuola?
Non credo ci sia un momento migliore o peggiore in generale per parlare di argomenti vitali, importanti, bellissimi come l’amore, la nascita, i diversi gesti dell’amore e i loro significati, il corpo che cresce, cambia, impara, rivela, l’incontro e il rispetto e tanti altri risvolti e pensieri su cui ci si può confrontare sia con bambini e bambine sia con ragazzi e ragazze che crescono.
In una quinta della scuola primaria, proprio in questi giorni mentre si parlava di cosa vuol dire fare l’amore – attenzione non come si fa l’amore, cosa vuol dire fare l’amore – una bambina ha voluto fare una precisazione “Si fa l’amore quando c’è amore e ci si piace, se c’è violenza non si dovrebbe più dire fare l’amore perché se c’è violenza è un’altra cosa”.
Adeguando modi e parole alla fascia di età con cui si vuole rapportare si può iniziare dalle classi della scuola di infanzia, dai piccoli e piccole a parlare di corpo sessuato e rispetto e da dove arrivano i bambini e bambine e dove vanno una volta venuti al mondo. I laboratori progettati e pensati per questi piccoli e piccole non sono momenti di lezione ma momenti di gioco, disegno, piccole discussioni guidate e rappresentazioni molto divertenti.
“Ci ascoltavano e rispondevano a tutte le domande; erano attente a quello che dicevamo noi; le dottoresse sapevano dire delle cose molto delicate con piena calma e in modo da far capire bene a noi il significato vero con parole semplici.”
Inoltre sono previsti degli incontri anche con le famiglie in modo da approfondire insieme temi, modi, dubbi che sono sempre tanti e importanti da condividere.
Trovo sempre molto bello e intenso lavorare con i genitori, costruire con loro risposte, provare a vedere questi argomenti come argomenti che i genitori possono affrontare, non come un dovere o un qualcosa da evitare in tutti i modi, con competenza e proprietà sorprendenti che spesso non credono di avere.
I dialoghi con i bambini e bambine riguardo a temi che interessano molto e da vicino anche loro che crescono, sono dialoghi pieni di stupore, sorpresa, imbarazzo, divertimento. Quindi direi che la scuola insieme alle famiglie possono da subito aprirsi verso azioni educative che riguardano questi temi.
Un bimbo ci ha detto “Non stancatevi mai di parlare di queste cose con noi bambini”.
Aggiungo un’altra considerazione: pensare di parlare con loro di sesso e amore e contraccezione e mestruazioni e polluzioni notturne quando l’età sale, alle scuole secondarie di primo grado o secondo grado, ha una sua valenza certamente positiva. E anche noi siamo attive in questa fascia di età. Nello stesso tempo mi chiedo se non ci sia a volte un’urgenza più o meno nascosta, data l’età e l’affacciarsi a mondi e relazioni diverse, quelle dell’adolescenza, che in qualche modo fa si che queste azioni diventino “questo è così, questo no, questo si, così si fa e così no”. Una sorta di prontuario per l’uso.
Offrire occasioni di scambio e pensiero su questi aspetti ai ragazzi e ragazze con adulti che ascoltano, dicono e si confrontano con loro, permette ai ragazzi e ragazze di attrezzarsi con strumenti critici e autonomi che li rende più sicuri e sicure nel mondo, anche rispetto a possibili situazioni di violenza e poco rispetto che potrebbero incontrare.
Cosa ti ha stupito di più nel contatto con i bambini?
In questi ultimi anni ho lavorato prevalentemente con le scuole primarie, nelle classe IV e V, sia nei progetti specifici di educazione alla sessualità che noi chiamiamo “Io sono speciale” o di prevenzione della violenza sessuale dal titolo “Parole dette e non dette” . Ho incontrato moltissimi bambini e bambine e passato con loro molto tempo. Insieme sempre alle loro insegnanti e spesso anche con i loro genitori. Queste attività danno risultati in termine di relazione sorprendente quando si riesce a lavorare tutti insieme.
Come dicevo i dialoghi nelle classi attorno ai temi della sessualità sono molto sentiti, divertenti, a volte imbarazzanti, mai banali, spesso straordinari per la profondità di pensiero dei piccoli e piccole. “La cosa che mi è piaciuta di più è stata la possibilità di parlare insieme di cose che di solito gli adulti dicono -Non si deve fare è proibito!- Ed il bello è proprio questo: abbiamo parlato di queste cose proibite proprio con degli adulti che ci hanno dato risposte semplici e concrete. Ah riguardo prima le cose proibite di cui parlavo erano il sesso e tutto quello che riguarda questo discorso.”
Le conoscenze sul corpo di maschi e femmine, sulle funzioni e possibilità e caratteristiche variano tantissimo. Si va da definizioni anatomiche precisissime a completa mancanza di parole anche solo per definire gli organi intimi (le famose parti basse!). Sui rapporti amorosi e sui gesti dell’amore, sul generare una nuova vita, la confusione, la conoscenza frammentaria, anche qui la mancanza di parole belle è parecchio diffusa.
Al contrario parole pesanti, grevi, volgari riguardo al corpo e alle relazioni sessuali e all’amoreggiare sono molto conosciute. Si già alle scuole primarie. Così come sono già solidi stereotipi sessisti e irrispettosi della differenza di genere.
Dal momento che si apre la possibilità ai bambini e bambine di chiedere e di parlare attorno a temi di cui sono molto incuriositi le domande arrivano tante e diverse. Senza alcuna remora riguardo argomenti.
Purtroppo molto spesso ci accorgiamo che il contatto con la pornografia è già avvenuto. In modo più o meno diretto l’esposizione c’è è molto frequente. Ci sono poi domande su temi che riguardano le relazioni, le famiglie, le famiglie diverse, le separazioni, le adozioni, le interruzioni di gravidanza, la violenza sessuale e la pedofilia, la fecondazione assistita. Come dire che i bambini e le bambine riportano in un luogo protetto e accogliente parole, dubbi, quesiti e perplessità, semplici curiosità riguardo parole e immagini che vedono osservano intravedono nelle loro giornate.
Rimane che sono dialoghi e confronti molto intensi, emozionanti per loro e per noi, che cerchiamo di accostarci a loro con il massimo dell’attenzione, dell’ascolto e scegliendo con molta cura le parole per dire.
Come vengono recepiti normalmente questi progetti scolastici dai genitori? C’è voglia di collaborare?
Molto spesso alla nostra associazione la richiesta di intervenire parte proprio dalle famiglie. Mamme e papà che si interessano, chiedono, organizzano, ricercano finanziamenti: questa è una realtà che conosciamo molto bene. Le associazioni genitori sono molto presenti e attive nello scegliere quali approfondimenti o corsi o progetti possano essere effettuati nelle scuole.
D’altra parte noi richiediamo la collaborazione e la condivisione di obiettivi, modi, tempi dei progetti. L’idea centrale è una collaborazione attiva sia con le insegnanti sia con i genitori, per creare un contesto di grande valore sia preventivo sia educativo. E’ un lavoro il nostro a sostegno delle azioni educative di scuola e famiglia, non un intervento esterno e isolato dal contesto generale in cui vivono i bambini e le bambine. Da questa considerazione i percorsi progettati per insegnanti e genitori sui temi che trattiamo con i bambini e bambine. In modo che la pratica e il discorso e il confronto, sì, insomma, il dialogo prosegua rafforzato dopo i nostri interventi con gli adulti di riferimento più importanti.
Puoi identificare la realtà scolastica che richiede più spesso il tuo lavoro?
Siamo una piccola associazione che lavora su due grandi città come Milano e Roma. E qui le richieste direi che non differiscono, anche se per ragioni storiche ed organizzative lavoriamo maggiormente a Milano.
Abbiamo attive da anni collaborazioni con comuni medi e piccoli della Brianza. Abbiamo lavorato in un comune dell’alta Valtellina. Le richieste d’intervento in realtà ci arrivano da tutta Italia attraverso il sito.
Genitori o insegnanti che vorrebbero attivare corsi e progetti nelle scuole in piccole e grandi città, non c’è differenza. La questione sempre più diffusa rimane che non ci sono le risorse economiche. E questa è una barriera a volte, spesso, insuperabile.
(foto credits www.audio-luci-store.it)
In effetti c’ è tanta strada da fare, sia in materia di educazione al rispetto, che educazione civica ed educazione sentimentale. Tanto di cappello a chi questo lavoro lo fa in casa e bene (noi per esempio siamo atei e il catechismo, che conosco benissimo, lo faccio io ai bambini, almeno non rischio che me lo molestino i preti cmd avviene tante volte, purtroppo) ma ci sono fin troppe famiglie con genitori asociali, anaffettivi, mancanti del benché minimo senso civico, e ben vengano le scuole che tentano di dare almeno le basi di quello che il consesso civile si aspetta da persone inserite. per tutto il resto, ci sono in effetti gli specialisti.
vergognoso. se ci sono genitori che non riescono a parlare ai proprio figli di queste cose che il corso lo facciano loro! perchè deve essere un estraneo che NON CONOSCE il bambino e la sensibilità che ha a parlarne: ogni bambino è diverso e in questi corsi non si fa l’analisi psicologica di ogni bimbo ma vengono buttate lì nozioni stupide (mia figlia di 4 anni senza consenso e senza avvertimento dei genitori ha fatto il corso a scuola male con un’esperta che tale non era visto che non aveva esperienze pregresse con bambini di quell’età). Correggevano mia figlia dicendole di chiamare pene vulva e vagina i genitali. prima di tutto a quell’età perchè con gli insegnanti deve parlare di organi sessuali? e poi, se deve chiamare i genitali con il loro nome (togliendo tutta la poesia dell’argomento riducendolo ad un atto fisico ), perchè non le altre parti del corpo con il loro nome? la testa si chiama cranio, ci sono le falangine, falangette, ecc. ecc. e allora, perchè raccontargli di babbo natale? fanno ridere, a natale Babbo Natale che porta i regali e poi devono chiamare con il loro nome i genitali. vergognoso. per non parlare le letture sull’adozione da parte di omosessuali. in Italia fortunatamente non è ancora ammessa; perchè dunque parlare di cose che non li riguardano? capisco che vogliano far politica a scuola e inculcarci le idee politiche già in fasce (un domani i nostri bambini indottrinati non saranno in grado di ragionare in modo diverso per lo più). facciamo educazione alimentare piuttosto che è importantissima: io a casa educo e a scuola diseducano sull’alimentazione. educo al rispetto e loro se ne fregano. educo all’aiuto e all’amore del prossimo e mi dicono che mi figlio è troppo educato non picchia gli altri, parla in modo troppo colto per la sua età. si lamentano della sua intelligenza perchè da quando è nato lo stimolo e gli sto vicino, a lui e alla sua sorellina. una vergogna tutto quanto. chi può faccia home schooling. è una realtà sempre più presente e si può fare in Italia. e ripeto, chi deve essere aiutato a parlare di questi argomenti vada da un esperto in materia e si faccia spiegare come fare. e non si aspetti che venga istituzionalizzata la cosa. o forse visto l’alto numero di “esperti” in materia disoccupati e che devono farsi un curriculum in merito hanno trovato finalmente una collocazione?
Sono senza parole. Invece d’insegnare l’educazione civica vi auto proclamate il diritto di insegnare educazione sessuale. I bambini non si toccano. In casa nostra la tv non si accende e quindi non c’è nessun richiamo a quello che insegnate. Sa come nascono i bambini e sa che i genitori si devono amare e basta. Progetti educativi sessuofobici vogliono insegnare a i bimbi in che parti del corpo ci si masturba e come si prova piacere. Bisognerebbe vergognarsi. A voi l’educazione sessuale NON VI COMPETE COMPETE AI GENITORI CHE CONOSCONO A FONDO IL BIMBO E CONOSCONO MODI E TEMPI. BASTAAAAAAAA
@Rosa capisco il senso di frustrazione che può derivare dal pensare che qualcuno diverso dai genitori su occupi dell’educazione sessuale dei nostri figli. L’idea di queste iniziative però non è quella di insegnare ai bambini in quali parti del corpo ci si masturba, quello lo imparano da soli. Il senso è quello di dargli la possibilità di parlare dei loro dubbi con degli adulti professionisti preparati a rispondere alle loro domande, e aiutarli a crescere più sicuri e in equilibrio con se stessi, oltre che al sicuro da eventuali violenze o tentativi di adescamento.