C’è una lotta sempre presente in quasi tutte le famiglie italiane che conosco, ed è quella per far mangiare cibo ai bambini inappetenti. Se i bambini siano veramente inappetenti oppure no, è tutto da discutere, c’è però una tendenza esagerata alla preoccupazione intorno alla quantità di cibo ingerita dal bambino, preoccupazione che troppo spesso si concentra appunto sulla quantità più che sulla qualità.
Bambini che sono sospettosi riguardo al cibo, bambini che selezionano con cura cosa vogliono mangiare, bambini monogusto, bambini che sono troppo distratti per terminare un pasto come si deve.
La cosa più divertente, o assurda, è che la stessa lotta avviene anche nelle famiglie con bambini mangioni. Indipendentemente dal peso del bambino, quando questo rifiuta il cibo entra in funzione il campanello d’allarme che lampeggia rosso e sirenante “PERICOLO – PERICOLO – BAMBINO CHE NON MANGIA” e sono pochi quelli che riescono a rimanere tranquilli di fronte a questo fatto.
Non c’è nulla da fare, il cibo per noi italiani è una faccenda serissima.
Sabato scorso abbiamo lasciato i bambini per tutto il giorno inclusa la sera ai miei genitori, perché eravamo impegnati in un evento. Verso le 7 di sera ho mandato un sms a mia madre chiedendo come stava andando. La sua risposta diceva “tutto bene” e proseguiva con il menù dettagliato della cena. Ho mostrato l’sms ad una coppia di amici svedesi, e ci abbiamo riso su. Nonostante i bambini fossero con lei dalle 11 del mattino alle 8 della sera, il messaggio che mia madre mi ha inviato infatti includeva l’unica informazione che per lei fosse interessante: il cibo.
Se invece di mia madre si fosse trattato di mia suocera molto probabilmente ci sarebbe stata anche una menzione alla quantità di cibo mangiata da ciascuno. Questa fissazione in alcuni nonni può raggiungere in livello di precisione maniacale del numero esatto di rigatoni.
Ma da che dipende questa follia nazionale? Quale background culturale ci portiamo dietro per essere così ossessionati dal cibo, e da quanto ne mangiano i nostri bambini? Non lo so davvero, però penso di avere alcuni consigli e trucchi utili per provare ad autodisciplinarci, e a disciplinare i nonni che ancora più spesso di noi entrano in paranoie e si impegnano in tentativi di forzare il bambino a mangiare al limite della tortura.
Tenere un diario. Se vi sentite molto preoccupati per il fatto che vostro figlio non mangia abbastanza, provate a tenere un diario di tutto quello che ingerisce nel corso della giornata. Scrivete tutto, anche se è mezzo cracker, un grissino, un bicchiere di latte o succhi di frutta. Fate questo esercizio per più giorni e poi provate a fermarvi ad osservare cosa avete scritto. Nella maggior parte dei casi vi accorgerete che in realtà vostro figlio mangia molto più di quello che vi aspettavate. E molto probabilmente vi accorgerete anche che quando si rifiuta di cenare molto probabilmente è perché ha mangiato qualcosa nel tardo pomeriggio. Io ad esempio ho notato che se Pollicino beve mezzo bicchiere di latte fino a 1 ora prima del pasto, a cena mangia come un fringuello. Insomma il diario del cibo vi aiuterà a prendere le distanze, ed è una prova che potete presentare ai nonni per tranquillizzarli.
Usate un piatto piccolo. Uno dei problemi che ci fa pensare al fatto che i nostri figli mangiano poco è che spesso gli serviamo porzioni esagerate. Utilizzando un piatto piccolo invece riusciremo a calibrare meglio le quantità, e a non spaventare il piccolo inappetente con dei superpiatti. Se necessario portatevi dietro un piatto delle dimensioni “giuste” anche quando andate a trovare i nonni, o compratene uno da lasciare lì apposta per vostro figlio, se sta dai nonni spesso.
Stimolate l’autonomia. Lasciare che il bambino mangi da solo è il primo passo perché il bambino impari a mangiare per se stesso e non per far piacere a mamma, a papà o a nonna. Intorno ai 2 anni inoltre il bambino è in grado di servirsi il cibo da solo. Lasciategli la libertà di mettere poco cibo nel piatto, o di metterne troppo. Imparerà piano piano a calibrare le quantità in base alla fame effettiva. Mia nonna diceva spesso che gli occhi hanno più fame della pancia. L’autonomia aiuta a sviluppare la capacità di sentire quando si è sazi, e avere il coraggio di lasciare qualcosa nel piatto (che non significa necessariamente buttarlo).
Convincete i nonni. Ma come si fa a convincere i nonni a non imboccarlo? E come si fa a convincerli che anche se non ha finito tutto quello che ha nel piatto non è un problema grave? Prima cosa bisogna dirglielo, sembra ovvio ma non lo è. A volte si ha molta paura a dire le cose, paura di offendere, paura di ferire. Ma spesso basta dire le cose nel modo giusto per risolvere il problema. Ricordatevi sempre che i nonni agiscono (quasi) sempre pensando di fare del bene, convinti di aiutare, e non lo fanno certo per farvi irritare e non lo fanno necessariamente per imporre il loro modo modo di pensare considerandovi dei genitori incapaci. Loro semplicemente agiscono come sanno fare.
Quando voi non ci siete. A volte però accade che voi non ci siete, e il rapporto tra bambino, nonni e cibo si svolge lontano dai vostri occhi. Una volta definite le vostre convinzioni e una volta comunicate ai nonni, lasciategli gestire la cosa quando voi non ci siete nella maniera in cui vogliono farlo, sempre nei limiti di quello che è accettabile. Del resto se avete deciso di lasciargli vostro figlio state delegando a loro anche parte dell’educazione, e non potete fare a meno di fidarvi di loro e di non farli sentire sotto accusa continua.
Prendete voi il comando. Se i nonni non mostrano di capire il vostro discorso, allora è il momento di agire decisi. Se il nonno inizia a distrarre il bambino facendo l’aeroplano con il cucchiaino, gli dite semplicemente “grazie nonno, ma non c’è bisogno di fare l’aereo. Se non ha fame, vuol dire che mangerà più tardi”. Se la nonna insiste a servire porzioni abbondanti nel piatto, potete dire con fermezza “grazie nonna! Per ora basta così, se ne vorrà altro potrà prendere una seconda porzione” Essere fermi, non vuol dire essere scortesi, o criticare apertamente, vuol dire semplicemente ricoprire il vostro ruolo di persone responsabili per l’educazione di vostro figlio. Il comando è e deve essere del genitore, e sta a voi far si che il vostro ruolo venga rispettato.
Autocoscienza. Se al contrario voi per primi siete preoccupati se vostro figlio mangia lentamente, o se si sporca perché non sa usare le posate in modo corretto, o vi sentite insicuri allora autorizzate indirettamente i nonni a prendere in mano la situazione. In questo caso provate a leggere Un bambino inappetente oppure I bambini che mangiano sono bravi?, e rifletteteci su.
@ alessandra:pacca sulle spalle, come si suol dire qui su genitori crescono.Ieri sera Anna ha ammesso: mangio a pranzo e mi basta.Quante volte dobbiamo mangiare?…….non ho risposto.
Per il resto anche noi abbiamo pravato a farla “derubricare” ( bellissimo questo termine) da specialisti ma dovremmo passare giornate a fare prelievi del sangue e altri accertamenti e oltre ad essere TERRORIZZATI noi per primi, non ce la sentiamo per ora e quindi aspettiamo non so cosa ma aspettiamo…
con affetto a te e alla tua cucciolotta
@liffia: mal comune mezzo gaudio? Ho una quasi treenne che pesa circa 10kg. Ed e’ anche un rebus per tutti noi. Estremamente piccola non da nessun altro segno di potenziali “malesseri”. Ma i medici non riescono a derubricarla.
Un solo consiglio: all’eta’ della tua bambina, cosi’ come della mia, per stare bene i bambini hanno bisogno di circa 100 kcal per kg di peso (info fornita dallo specialista che sta cercando di “interpretarla”).
Io mi sono fatta dare le grammature del nido (dove mangia tutto), ci ho aggiunto la colazione e…. vengono fuori circa 800-900 kcal. E allora forse e’ normale che per la cena rimanga poco spazio.
P.S. anche mia figlia AS
Noi siamo ormai giunti ai 5 mesi e 1/2 e dall’allattamento esclusivo al seno stiamo per passare al così detto ‘autosvezzamento’, accompagnati dal nostro pediatra che agli occhi dei nonni è perlomeno rivoluzionario, se non del tutto anarchico…. Altro che autonomia intorno ai 2 anni! In teoria con l’autosvezzamento il bambino dai 6 mesi in poi deve essere lasciato libero di sperimentare il cibo messo a sua disposizione, senza obblighi e forzature dato che la tetta resta comunque nei paraggi. La teoria mi affascina molto: sono aboliti omo, lio e pappette. Le uniche regole sono quelle dettate dal buon senso e dalla sana alimentazione, anche per gli adulti. Ne saremo capaci?
Che dire…se pensate che mia suocera ancora oggi ai figli chiede come prima cosa “hai mangiato? Cosa hai mangiato?” e se mia madre è da noi mi chiama alle 10 per sapere cosa voglio a cena, vedete bene che non si scappa dallo stereotipo.
I miei figli hanno sempre mangiato senza problemi, per quanto riguarda la quantità siamo a posto anzi! La qualità è quella che mi preoccupa perché la grande non mangia più verdura. E invidio tantissimo i racconti che trovo qui di come riuscite a fargli mangiare di tutto!!
Lo stesso “Problema” vale per il nido… dopo 8-9-10 a volte anche 11 ore da noi la mamma o chi per lei arriva e l’unica domanda è: MA COSA HA MANGIATO? HA FINITO TUTTO? a volte verrebbe voglia di rispondere : MA LEI DURANTE La GIORNATA NON PENSA AD ALTRO?! Sicuramente un aspetto importante ma con tutto quello che fanno al nido i bambini si potrebbe anche cambiare domanda ogni tanto.. o sbaglio?!
Sta a me?Dunque , confesso: sono una donna ansiosa e di conseguenza una mamma ansiosissima e prendo nota di questi appunti ma…(e qui arriva il bello…)mia figlia a Maggio compie 4 anni e pesa 11 chili scarsi e mangia pochissimo.Non la imbocchiamo,abbiamo orari “rigidi”per i pasti(colazione-pranzo-merenda-cena)che vengono quasi sempre rispettati, cerchiamo di prepararle piccole quantità di cibo ma ci mette comunque 2 ore per finire di cenare ( e manco finisce).Memomale a pranzo è alla scuola materna e lì finisce tutto,a volte fa il bis.E allora pensiamo che comunque è l’ambiente che fa appetito e che noi genitori non creiamo l’ambiente giusto .Rimanere lucidi però di fronte a uno scricciolo che mangia pochissimo non è facile.Ho anche pensato di inventare una scusa e allontanarmi quando mangia perchè sono io che intervengo più spesso con “dai Anna mangia…mangia… mangia”.Si ,è una lotta…e so che più passa il tempo e più si creano danni.
L’appunto che sperimenterò già da stasera è quello di farle preparare da sola la sua porzione..non ci avevo proprio pensato..grazie
Quando vado da mia madre è un continuo litigare perchè se mia figlia non ha fame o inizia a chiedere ventimila cose tranne quella che ha nel piatto (che guarda caso lo fa sempre e solo dai nonni), per quanto mi riguarda può scendere e ci si rivede al pasto dopo, invece mia madre s’incavola, mi tiene il muso, cerca di darle da mangiare altro, si mette in mezzo in continuazione. Io ho risolto così: dai miei non ci vado più e quando vado là (abito a 500km da loro) vado da mia sorella e così magari la capiscono che almeno quando ci sono io non devono mettersi in mezzo.
Non parliamo del fatto che noi mangiamo pochissima carne, fosse per mia madre gliela darebbe anche a merenda!!
Io mi sa che sono ben poco italiana in questo senso…
Nella mia esperienza personale, credo che l’interesse per la quantità di cibo (e anche la qualità, ma secondo me in modo errato) derivi da due fattori: un imprinting del tempo di guerra e l’utilizzo del cibo come veicolo di dimostrazione d’affetto.
Parlo di mio padre, perché incredibilmente la nonna italica non risponde agli stereotipi soliti.
Mio padre, anche se nato dopo la guerra, ha un’attenzione eccessiva su quanto si mangi; tanto più che malattie come ipertensione e colesterolo alto sono una piaga per tutta la famiglia; ma, pur essendo una persona intelligente, non applica il principio di buon senso secondo cui “se abbiamo tutti il colesterolo alto, forse è meglio mangiare magro” e “nel 2013 non moriremo di fame”.
È quel tipo di nonno che, anche dopo che la pupa è scesa di tavola e gioca da 10 minuti, se gli passa vicino le propone un boccone al volo; che si devono mangiare cibi “sostanziosi” e ci si deve “sforzare” anche quando non si ha fame (durante le mie nausee nell’attuale gravidanza ha provato anche con me la solfa dello “sforzarsi” a mangiare, l’ho mandato a quel paese).
La mia famiglia poi non mangia carne, e qui apriti cielo.
Anni per accettare la mia dieta vegetariana, che ovviamente è tendenzialmente più accurata di una dieta “normale”, proprio perché sono consapevole di dover supplire a un tipo di cibo che non mangio.
E lui, cosa fa? In modo del tutto non richiesto, fa la spesa per noi. E non compra le bistecchine di seitan o i minestroni di legumi; compra formaggi e pesce. Hai voglia a fargli capire che riusciamo da soli a farci la spesa, che il mio compagno potrebbe averne a male ad avere un suocero che contribuisce al bilancio familiare, che molta della roba che ci porta è superflua (ho dovuto smettere di comprarne, altrimenti il formaggio scadeva e il pesce mi riempiva il freezer).
È qui che, secondo me, il cibo veicola la dimostrazione di affetto: mio padre ci fa la spesa perché vuole occuparsi di noi, dare una mano in modo tangibile alla mia famiglia, portarci qualcosa di buono.
È animato dalle migliori intenzioni, ed è completamente sordo a qualsiasi considerazione che non rienti nel suo imprinting da dopoguerra; cerco di arginarlo e me lo tengo così com’è.
Tocchi un tasto che per un periodo mi ha fatto dolere la testa!
Come uscire dall’innata e genetica convinzione che il cibo è vita e se uno non mangia “è malato?”
Qualche tempo fa mi è stata chiesta una specie di testimonianza su questo tema… su come ho affrontato la presunta inappetenza di Filippo e e su come, bene o male, l’ho risolta.
Se vi va: http://www.autosvezzamento.it/un-bambino-inappetente-o-forse-no/
PS. quando lascio i miei figli di mia mamma, la prima cosa che mi dice sempre è: “Tutto bene, hanno mangiato…”!
… e per la prima volta in tanti anni posso affermare con cognizione di causa che questo il post di oggi di GC non mi riguarda 😛