Scuole crescono è nato da una considerazione (che ritrovavo poi nel post di Lorenza ‘La scuola deve aiutare la conciliazione famiglia lavoro’) su come i mesi della pausa estiva mal si concilino con i tempi lavorativi richiesti dalla società. Continuo a pensare che su questi tre mesi e sul fatto che “la scuola è parte di un sistema. Se il sistema vede la famiglia, e vede il tema della conciliazione famiglia-lavoro, anche la scuola lo vedrà.
Se il sistema non lo vede, neanche la scuola si porrà il problema.” occorrerebbe fare un ragionamento globale e collettivo, ma come le “cape” di Genitoricrescono mi insegnano, i cambiamenti si affrontano un passo alla volta.
Oggi non voglio “mugugnare” ma portarvi un caso positivo. Lasciatevi stupire com’è accaduto a me.
In Valle d’Aosta (dove vivo) esiste una legge (che esiste sicuramente anche in Trentino e Lombardia) – la Legge Regionale 27 maggio 1998, n. 44, che riguarda le Iniziative a favore della famiglia. In particolar modo, si riconosce il ruolo della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, (la legge riconosce la famiglia “comunque formata”, indipendentemente dalla presenza del vincolo matrimoniale: è tipico delle politiche assistenziali, non familiari. Fa eccezione l’art.20, invece, che si distingue per il carattere sussidiario del provvedimento) o comunque su legami di convivenza anagrafica, di solidarietà, di mutuo aiuto, di responsabilità nella cura delle persone che la compongono e nell’educazione dei minori. Di conseguenza, la legge prevede, per i residenti in Valle d’Aosta, interventi economici riguardanti le seguenti aree: famiglia, prima infanzia, minori, adulti, anziani, disabilità.
Uno degli articoli della legge, l’art. 20 in particolare, prevede contributi a favore dell’auto-organizzazione familiare, laddove gruppi di almeno 4 famiglie, organizzate anche in forma cooperativistica ed associazionistica, si riuniscono in un progetto per identificare e organizzare soluzioni “innovative” alle esigenze quotidiane e non, che riguardano minori, adulti e anziani nel territorio.
Di per sé la cosa può apparire molto complicata o troppo semplice, per chi va a classificarla come una mera elargizione di denaro per inventarsi babysitting o altre forme di gestione dei bambini (per esempio) mentre i genitori lavorano.
Per questo sono andata particolarmente incuriosita ad ascoltare una presentazione dedicata all’articolo e ho potuto ascoltare l’esperienza di Michela Colombarini, presidente del Forum delle Associazioni Familiari della Valle d’Aosta.
Michela, com’è nata l’idea di presentare un progetto sull’art. 20?
Circa sei anni fa eravamo alcuni amici con figli a una cena e ci siamo chiesti reciprocamente “Che cosa fate quest’estate con i bambini?” Il problema era ovviamente quello, in assenza di nonni o di una vasta rete familiare (o di sufficienti entrate per mandare ai centri estivi 2 o più figli), di gestire la lunga pausa estiva della scuola dei bambini mentre noi continuavamo a lavorare. Abbiamo iniziato a pensare e ci siamo detti “ma se prendiamo ferie a turno?” 8 genitori, 8 bambini, 8 settimane… il conto tornava.
Conoscevamo la possibilità di presentare una richiesta sull’art. 20 e ci siamo quindi recati in assessorato Politiche Sociali a parlare di quello che stavamo pensando e a scoprire come ci potevano venire incontro.
Nel frattempo come si era strutturata la vostra idea?
Avevamo pensato che ogni genitore avrebbe gestito il gruppo dei bambini proponendo un tempo da passare assieme con attività interessanti. Ognuno avrebbe gestito la settimana a casa propria e per gli spostamenti, avremmo utilizzato i mezzi pubblici.
Man mano che l’idea prendeva forma ci siamo resi conto che avremmo potuto realizzarla -in una sorta di primitiva banca del tempo – anche senza finanziamento, e questo ci ha dato forza.
In che cosa si è rivelato utile il rapporto con l’assessorato e la predisposizione del progetto?
Intanto il rapporto con l’assessorato è stato facilitato dal clima di accoglienza che abbiamo trovato. Abbiamo apprezzato molto il valore che in assessorato veniva attribuito alla famiglia. La formulazione del progetto, invece, ci ha aiutato a comprendere l’importanza di quanto stava accadendo: stavamo di fatto gettando le basi per acquisire un nuovo stile di vita aperto agli altri e fondato sulla condivisione dei bisogni e sulla solidarietà. Abbiamo capito che Ciao, amici! ci avrebbe uniti per sempre, e questo avrebbe inciso positivamente sulla qualità della nostra vita.
Il progetto Ciao, amici! (il cui finanziamento era comunque ogni volta inferiore ai 1000 euro) si è svolto serenamente grazie ad una adeguata copertura assicurativa che ci ha indotti a dotarci di un Regolamento che disciplinava lo svolgimento delle attività e i rapporti tra i genitori coinvolti. Tutto ciò è stato finanziato, insieme ai costi dei trasporti per le attività fuori casa, delle attività ludiche e didattiche.
Quali sono gli aspetti più interessanti che avete vissuto nei sei anni del progetto?
All’interno del progetto, con i bambini, sono tre gli aspetti chiave.
Prima di tutto apprezzare il rafforzamento di una sana relazione tra nuclei familiari, tra i bambini e integrarci con i servizi, il fatto che – grazie al regolamento che ci eravamo dati ma anche al confronto – lo stare assieme diventava l’occasione di rafforzare le regole (a casa tua si salta sul divano? A casa mia no, allora ci spieghiamo assieme quella che è la regola che si segue qui – rafforzati anche dai tuoi genitori), infine la possibilità di affrontare assieme le criticità, adulti e bambini.
Ci sono però altri due elementi molto interessanti: il fatto che nei sei anni di progetto non siamo rimasti le stesse famiglie (il gruppo originario di amici) ma altre si sono affiancate e qualcuna è uscita dal nucleo di progetto e il rapporto con i servizi pubblici. Ci siamo sentiti protagonisti (anche se sostenuti) di un modo nuovo di concepire le responsabilità e i carichi familiari.
Ringraziando Michela, spero che l’idea sia di ispirazione per altri. Laddove non ci sono leggi, ci sono banche del tempo che possono sostenervi nel regolamentare questo aspetto o altre associazioni familiari. Un giorno forse le cose cambieranno. Intanto, se volete, io credo si possa uscire dalla logica figli a casa – anch’io sto a casa e non lavoro oppure li affido ai nonni o ai centri estivi.
@Mammame grazie a te, per il contributo indispensabile, sia per i link ma soprattutto per il commento!
Ti ringrazio di questo interessante articolo. Ho cercato qualche informazione su cosa accade in Lombardia in proposito e questo è link della legge regionale di riferimento http://62.101.84.82/gs/Portale/dati.nsf/4ed920d995034951c1256e3500458b59/54aa967e6457fdd8c12572ec0055b1a0/$FILE/lr23_99.pdf
Nel piano operativo famiglia della Regione Lombardia (di seguito il link) http://www.famiglia.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=DG_Famiglia%2FDetail&cid=1213447382038&packedargs=NoSlotForSitePlan%3Dtrue%26menu-to-render%3D1213276891234&pagename=DG_FAMWrapper
sono presenti una serie di interventi destinati ad incentivare i servizi alla famiglia e le pratiche di conciliazione in generale. Quello che mi pare interessante nell’esperienza della Valle D’Aosta però è proprio la valorizzazione da parte delle istituzioni del principio di sussidiarietà- come accennavi anche tu nell’articolo – in base al quale vengono favorite le attività gestite dai cittadini in auto-organizzazione anche in piccoli gruppi che possono poi avere una rilevanza per tutti e che quindi trovano un inquadramento normativo in modo che l’ente pubblico svolga le funzioni residue che non possono essere gestite adeguatamente dall’autonomia dei privati . Questa modalità implica un impegno e una partecipazione e anche un utilizzo consapevole degli strumenti normativi da parte dei cittadini stessi a cui probabilmente non siamo molto abituati e che mi sembra ancora poco diffuso culturalmente sia tra noi cittadini sia nelle istituzioni. Di solito l’associazionismo famigliare è legato alle situazioni di disagio anche perché in questo modo ci si può fare ascoltare meglio dalle istituzioni, spesso nel nostro paese più che in altri è un associazionismo ispirato a valori cattolici. Invece l’associazionismo famigliare laico e in condizioni “ordinarie” forse è proprio un modo per riappropriarsi di un ruolo che poi ha le sue ricadute positive sia a livello privato sia a livello collettivo contribuendo a creare quei servizi di cui si sente l’assenza e a migliorare da moltissimi punti di vista la vita dei singoli. Il fatto anche che un’esperienza del genere sia nata in un contesto territorialmente ridotto forse vuol dire qualcosa. Grazie ancora.
ciao close, grazie 😀
allora sotto mano ho solo questo
http://gestionewww.regione.vda.it/servsociali/contributi_finanziari_e_assistenza_economica/elenco_completo/lr44_98/famiglia_autoorganizzazione_i.asp
appena riesco ricerco un po’ su Lombardia e il resto d’Italia..
a presto 🙂
Mi sembra una cosa bellissima e importantissima, una soluzione creativa che finalmente non addossa tutto il peso dei pargoletti sulle spalle dei nonni -quando ci sono- né obbliga le donne a licenziarsi – se i nonni non ci sono.
Da copiare.
Chiedo anche io se possibile tutti i riferimenti legislativi del caso.
@Mammamsterdam: provo a chiedere 😉
@Giorgia: esattamente quello che speravo da quest’articolo una contaminazione positiva!! facci sapere, potresti essere la prossima intervistata per scuole crescono 🙂
@Silvia: il bello credo stia proprio nella condivisione dei talenti e nella ricchezza del piccolo gruppo. consente di dare tanta attenzione a tutti…
e comunque, per la cronaca, tenetemi alto il morale: sto già pensando all’estate prossima, ne avrò da tirarmi su le maniche 😀
In effetti è una forma di cooperazione che si può avviare anche senza contributi esterni. Se anche i genitori dovessero sovvenzionare trasporti e qualche attività ricreativa o culturale, il costo sarebbe sempre inferiore a qualsiasi centro estivo.
Quello che resta fuori è l’assicurazione che, con l’aiuto dell’assessorato, loro sono riusciti ad ottenere. Magari creando un’associazione tra genitori (anche un piccolissimo gruppo, come in questo caso il gruppo iniziale), si potrebbe spuntare da qualche compagnia assicurativa un prezzo decente.
Quello che mi piace molto è l’idea che ognuno dei genitori, nella “sua” settimana, farà svolgere ai bambini le attività che sente più congeniali. Quindi il programma delle settimane sarà vario e ogni adulto si sentirà a proprio agio e sicuro di gestire bene i bambini, amando le attività che propone.
E poi così si intensifica la reciproca conoscenza: nel condividerli, si scoprono i talenti.
Bellissima idea, complimenti, e bravissimi nell’essere riusciti ad organizzarvi: organizzare più famiglie e di conseguenza più menti con idee e backgroud differenti, non è affatto facile.
Proverò ad informarmi se anche nella mia regione, anch’essa a statuto speciale, ci sono politiche simili e proporrò l’idea. Grazie
Si potrebbe chiedere di mettere il regolamento online anche per avere un’ idea di come si distillano in 6 anni i vari passaggi e cambiamenti per strada?