Più che un contenitore, un colabrodo. Le emozioni dei figli, la storia dei genitori

Penso all’ultimo post di Supermambanana da quando l’ha pubblicato: il pensiero dominante, in principio, è stato quello che avendo bimbi molto piccoli per ora non si sono viste grandi differenze di genere (o comunque, fino all’anno scorso, non c’era ancora un confronto fra i gusti miei e della Pulce).
Certo, estranei e conoscenti hanno fatto a me i commenti relativi al pink/blue – ma, ovviamente, trattandosi quello della neutralità dei colori un principio con cui mi trovo d’accordo, non mi sono mai trovata in difficoltà a fare spallucce le volte in cui mi si criticava perché in pieno inverno e in piena epoca di gattonamento mia figlia girava in pantaloni marroni e maglioncione invece di essere ben (ac)conciata con vestitino e calzamaglia bianca o rosa.

Quello a cui mi ha fatto pensare è quanto è diverso quando il figlio se ne accorge. A quanto le sue lacrime “abbassano la nostra soglia di tolleranza” (per riferirmi a un’espressione uscita nei commenti). Su quanto, cioè, tremiamo noi vedendo “tremare” il cuore di lui.

Una delle aspirazioni a cui spesso faccio riferimento come mamma è di essere “contenitore” per quelle emozioni così grandi che – si vede benissimo – sembrano rischiare di mandare in frantumi i bimbi piccoli.
Però ci sono occasioni in cui non ci riesco, non ci si riesce. A parte i normali “incidenti” di percorso, quelli che ho imparato a perdonarmi (quando cioè sei troppo stanca, indaffarata o tesa per riuscire a entrare in empatia con lui/lei), ci sono momenti in cui capire che cosa voglio e che cosa posso contenere, ma soprattutto che cosa devo contenere è un bel busillis.

Ecco, la riflessione di Supermambanana mi ha riportato alla memoria un libro, di cui vi riporto un passo.

… si pone un problema di relazione che è estremamente delicato e non è solo una questione di buona o cattiva volontà, perché ci relazioniamo in base al nostro modo di essere profondo che comprende anche i lati oscuri e non conosciuti della nostra storia, sia personale che familiare. Si tratta allora di cercare il miglior equilibrio possibile in quella situazione fra il bisogno del bambino e quello della madre, senza dare per scontato che la madre non debba avere anche lei dei bisogni.
[…]
Non è facile cambiare, per nessuno, mentre un bambino che cresce ha bisogno che anche l’atteggiamento dei genitori cresca con lui, secondo i suoi bisogni, tenendolo vicino quando ha bisogno di tornare a dipendere e permettendogli di allontanarsi quando invece ha bisogno di esplorare.
Questo gioco fra vicino e lontano è uno dei temi di discussione più animati nei gruppi di genitori…

Alda Marcoli, Il bambino arrabbiato, Oscar Mondadori, 1996.

Mi rendo spesso conto, tornando sopra, che anche se la mia aspirazione è quella del “contenitore” ci sono momenti in cui – per la storia stessa in cui ci collochiamo io e LaPulce e io e ilPulcino – sembro piuttosto un colabrodo e quelli che sono i lati della mia storia emergono prepotenti sulle mie aspirazioni genitoriali. Eppure, in qualche modo, sento che va bene anche così.
Non è un’assoluzione, intendiamoci.
Ma semplicemente constatare che per quanto sia importante passare alla Pulce principi, aspirazioni, cura e sostegno emotivo, lei stessa si colloca in una storia (anche emotiva) di cui io sono un tramite, nell’imperfezione dei miei comandamenti e delle mie scelte. E che anche lasciandole vivere queste le lascio la libertà di essere e diventare se stessa.

Sarà forse questo a rendere così sfidante e affascinante l’essere genitori? Questo continuo cambiare, avvicinarsi, allontanarsi per tornare di nuovo a scavarsi dentro per crescere e veder crescere?
Io so che talvolta mi spronano a cambiare, a migliorare e talvolta a essere me stessa (splendidamente imperfetta e rabboccata per la mia storia) perché così possono essere loro stessi, pieni di buchi e di desideri peculiari e inopportuni (come indossare maglia a fiori, pantaloni a quadri, calze a righe e scarpe a pois!).

[foto da flickrCC]

Prova a leggere anche:

Previous

Bambini in fuga

I bambini e la noia

Next

7 thoughts on “Più che un contenitore, un colabrodo. Le emozioni dei figli, la storia dei genitori”

  1. Che bello Silvietta, grazie! A me e’ venuta in mente una canzone “come si cambia x non morire, come si cambia x amore…” ogni giorno, ogni mOmento che passo con le mie due bimbe sono alla ricerca di un equilibrio che solo raramente mi sembra di sfiorare. Credo fermamente che la fatica più grande di in Genitore non sia quella di insegnare chissà cosa, di educare o altro. Penso sia piuttosto di capire se stesso, di guardarsi dentro, cercando di metteree insieme i mille puzzle che lo hanno portato fino a li’ x poi poter dare in modo autentico qualcosa al figlio.
    Se ci accontentiamo di vivere senza tenere presente ciò si costruiscono rapporti insicuri, a volte freddi, perché restiamo incapaci di guardare oltre…
    Le mie figlie sono l’occasione per mettere in luce la vera Federica, con tutte le bruttezze ma anche i lati positivi di me!
    Io mi sento spesso un contenitore, soprattutto x la topolona di tre anni e mezzo, che e’ molto sensibile, ma mi piace anche quando sono loro a contenere me, con un abbraccio o un semplice sorriso…
    A me piace davvero crescere con loro!

    Reply
  2. ma come sei avanti,Silvia, il colabrodo per me era un’immagine “negativa”, di quando le cose mi prendono male… però vogliamo o no essere ottimisti? l’equilibrio si trova “crescendo”! 😉

    Reply
  3. Contenimento delle emozioni e strappi… Bell’equilibrio quello del colabrodo: contiene, ma lascia uscire pian piano.
    Ma quando le sue emozioni sono esplosioni? Ho un figlio che esplode, che chiede ancora aiuto per contenere le sue emozioni quando deflagrano: lui sente e percepisce tutto in modo amplificato e restituisce al mondo i suoi sensi amplificati. Ed io mi sento davvero colabrodo, solo che a volte mi spacco anche io, perchè i buchi sono troppo pochi o troppi. Vorrei avvolgerlo, ma anche lasciarlo strabordare… No, non abbiamo trovato un equilibrio.

    Reply
  4. grazie a voi. è che ci sono pensieri su cui mi arrovello, per quanto siano semplici.. queste riflessioni sono l’esito del mio cuore tormentato!!
    grazie di lasciarmi questo spazio per crescere

    Reply
  5. grazie del post. io già tremo a pensare quando lo sguardo della Stellina diventerà consapevole e potrà rimanerci male per le osservazioni altrui o per delle delusioni, per cui… per il momento cerco di non pensarci 😛

    Reply
  6. grazie del post, bello spunto di riflessione, rimango sempre meravigliata di come riesci a rendere pensieri comuni probabilmente a molte mamme, o almeno a me, in modo lineare tant’è che sembrano quasi “semplici”

    Reply

Leave a Comment