Mangiare è un fatto culturale.
Sì, d’accordo, mangiare oggi è un fatto culturale, perchè per diverse migliaia di anni è stato un fatto di sopravvivenza. E forse proprio il fatto che a un certo punto dello sviluppo dell’occidente sia diventato rapidamente un fatto culturale, ci ha un po’ disorientati.
Ha segnato la più grande barriera tra noi, che lo consideriamo una questione culturale, e chi ancora deve considerarlo una questione di sopravvivenza. Il cibo è lo spartiacque tra i “mondi”, è la più grande questione ecologista che attende di essere risolta e la disponibilità di cibo è comunque quello che ancora oggi caratterizza le società del “benessere”, da quelle della povertà, molto prima della tecnologia o dell’istruzione.
Che poi la crisi economica, abbattutasi su tutto l’occidente “ricco”, possa riportarci a considerare il cibo nella sua essenza di vita in quanto sopravvivenza, è un fatto che possiamo sperimentare ormai anche intorno a noi: troppe famiglie stanno avendo difficoltà anche a fare la spesa per tutto un mese.
Se il cibo è un fatto culturale, mangiare fa parte dell’educazione. Se il cibo è un fatto di sopravvivenza, mangiare fa ancor di più parte dell’educazione.
Educazione a nutrirsi ed educazione a non sprecare.
Se siamo ciò che mangiamo, i bambini lo sono ancora di più. Su di loro l’effetto dell’alimentazione è immediato: crescono, dimagriscono, ingrassano, reagiscono con una immediatezza che poi si perde nell’età adulta. E’ in loro che ritroviamo la semplicità del meccanismo della macchina umana, che ha bisogno del carburante giusto per funzionare.
Per questo l’educazione passa anche per l’alimentazione. Dal grande tema dell’allattamento, allo svezzamento, all’alimentazione di bambini e ragazzi. Dall’obesità infantile, all’anoressia infantile, fenomeni tristemente in crescita, laddove i disturbi dell’alimentazione sembrano vedere abbassata l’età della loro insorgenza. Dalle allergie e intolleranze alimentari, insidiose e difficili da individuare, alle differenze culturali legate al cibo.
Il cibo e il nostro rapporto con esso, offrono innumerevoli spunti di riflessione.
Il cibo è la prima relazione col neonato: quella che identifica, in quel momento, la funzione del materno. Il primo gesto è quello di attaccarlo al seno.
Oggi, primo ottobre, inizia anche la 20a settimana mondiale dell’allattamento materno (SAM) promossa dal Movimento Allattamento Materno Italiano, un’occasione per promuovere questo primo, importante nutrimento.
Il cibo per sempre identifica una parte della relazione con i figli: per crescerli, li nutriamo. Li nutriamo bene, con cura, oppure ci facciamo domande su come nutrirli, ci preoccupiamo perchè non mangiano o mangiano troppo e magari per loro rimettiamo in discussione le nostre abitudini alimentari.
E così li educhiamo e ci educhiamo, anche a mangiare.
Per leggere il blogstorming legato a questo tema, clicca qui
cosa penso io in merito:
http://amomamma.blogspot.it/2012/12/mangiare-con-le-mani-vizio.html
ho trovato un blog post interessante (in inglese) proprio sull’argomento, niente di sconvolgente ma ribadisce l’importanza di offrire scelte sane ai pupi:
http://www.glamoursquaw.com/post/33888667659/family-trusting-a-childs-food-choices
Il nostro svezzamento prosegue con qualche riflessione sull’autosvezzamento. Credo che questa modalità sia perfetta come approccio generale al cibo, al cibo che c’è in tavola. Assaggiare tutto, maneggiare tutto: è un ottimo principio e uno stimolo per i genitori a portare in tavola solo prodotti sani. Ma alimentarsi è un’altra cosa.
http://naturalbirthwhisper.blogspot.it/2012/10/io-mi-svezzo-da-sola-riflessioni-ed.html