La guerra dei Roses

Che i figli debbano sempre essere preservati e difesi dai conflitti di una separazione tra i genitori è una grande verità ed è una cosa sulla quale tutti possiamo dirci d’accordo. Del resto è noto ed è quasi un luogo comune che, nelle separazioni, quelli che soffrono di più sono i figli.
I genitori non dovrebbero far ricadere le tensioni sui bambini, non dovrebbero utilizzarli come merce di scambio per fare pressioni sull’altro, non dovrebbero far gravare sulle loro spalle responsabilità che non sono adatte a dei bambini, non dovrebbero contenderli, non dovrebbero influenzarli, non dovrebbero stravolgere le loro vite. Non dovrebbero, eppure accade.
Le condizioni di separazione, però, vengono spesso discusse e trattate nel momento culminante della crisi familiare e di coppia. In quel momento nel quale il coniuge o il compagno rappresenta il peggior nemico, il responsabile del proprio fallimento come persona e come genitore.
In quel momento, avere la lucidità di affidare il proprio bambino alla persona che ci ha fatto del male, che ha tradito le nostre aspettative, che ha avuto comportamenti sconsiderati, se non addirittura violenti, non è certo facile.
Per questo voglio dire che molte delle guerre che nascono intorno all’affidamento, al mantenimento ed alla gestione comune dei figli, sono sempre ingiuste e non hanno mai vincitori, ma sono umane.
Molte volte sono portate avanti in buona fede: una buona fede spesso cieca e sorda, ma piena delle migliori intenzioni se vista da un solo punto di vista.
Sono guerre, però. E quindi portano morte e distruzione. La portano nella vita delle persone che si separano ed in quella dei bambini che sono convinti di tutelare. Ecco spiegato il titolo di questo post: rivedete quel film e pensateci un po’ su.
Affidare un bambino per due o tre giorni ad un padre che è quello stesso uomo che ormai si considera indegno, colpevole e sconsiderato, non è affatto facile. Sapere che il proprio figlio condivide la maggior parte della giornata con la sola madre, che è quella stessa donna possessiva, opprimente o pretenziosa che si è appena lasciata, non è un bel vivere.
Eppure, compiere il passo successivo, è necessario per non disgregare e disorientare i figli.
In dodici anni di esperienza professionale, non ho mai visto finire “bene” per qualcuno una separazione giudiziale e combattuta. Sono sempre più profondamente convinta che solo la conciliazione paga.
Un esempio. Di recente ho conosciuto una donna separata che pronuncia ripetutamente questa frase davanti a sua figlia dodicenne: “tanto tuo padre che si crede! adesso lo rovino!”. Non mi permetto di esprimere riprovazione nei confronti di questa persona: io capisco il suo rancore, la sua preocupazione, il suo smarrimento, capisco la sua umanità di donna delusa e di madre che vorrebbe essere tutto per i suoi figli. Ma il risultato che ottiene qual’è? Quello di ingenerare nella figlia una grave preoccupazione con la quale, vista la sua età, non ha strumenti per fare i conti.
In realtà quella donna non “rovinerà” affatto l’ex compagno: cercherà di ottenere quello che pensa le sia dovuto economicamente, gli impedirà di vedere i bambini insieme alla sua nuova compagna e magari farà anche intervenire i giudici. Ma quell’uomo, adulto, non sarà realmente “rovinato”: avrà nuove risorse e magari reagirà alla guerra con altra guerra.
Chi invece non può reagire? Chi non ha le capacità per capire cosa relamente significa quella frase? Chi non dormirà la notte pensando al papà lontano ed “in pericolo”? Chi amerà intensamente tutti e due i genitori, con le loro debolezze d i loro torti, e non saprà come gestire questo amore che fa sentire in colpa verso l’uno o verso l’altro?
Per trovare un accordo ed una conciliazione bisogna indubbiamente buttar giù bocconi amari, cedere, concedere e bisogna farlo nei confronti di quella persona che ora è la peggiore che ci venga in mente. Che non è facile, io lo so ed a volte non sembra neanche giusto, lo capisco. Ma la guerra dei Roses finisce con la morte.

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21 thoughts on “La guerra dei Roses”

  1. Grazie Silvia.
    La tua risposta mi conforta parecchio: ho sempre il dubbio di essere completamente fuori strada.
    Volevo farti i complimenti per questo blog.
    Lo trovo una preziosissima fonte di informazioni molto utili e una miniera di impagabili spunti di riflessione.
    Ho grande difficoltà, sia qui che da altre fonti, a trovare articoli che si occupino dei compagni di partner separati: molta attenzione è posta, come è logico che sia, sui genitori, sui figli, ma trovo ben poco materiale relativo al ruolo dei nuovi compagni di vita di chi si è separato.
    Nello specifico, non ho ancora capito che tipo di relazione è più corretto intrecciare coi figli della mia compagna: devo avere il ruolo che avrebbe un padre? O quello di un fratello maggiore? O, ancora, quello di un amico più grande? Di uno zio? O che altro?
    Fino ad ora abbiamo deciso di comune accordo le regole per i bambini (alcune nuove, altre leggermente modificate), ma, ufficialmente, agli occhi dei bambini, è sempre e solo la mamma che le decide e le “impone”.
    Capita a volte che i bambini mi chiedano l’autorizzazione a fare qualcosa ed io, non so se sbagliando o meno, rimando sempre alla loro mamma.
    Non so nemmeno se i bambini percepiscano che in realtà dietro molte decisioni c’è il mio contributo, a volte determinante.
    Infine a volte, per fortuna di rado, ci troviamo di fronte a situazioni in cui una regola su cui io e la loro mamma concordiamo, cozza con una regola imposta dal padre.
    Faccio un esempio per spiegarmi: quando il papà dei bambini ha scoperto che andavo a prenderli a scuola in moto, ha vietato loro di salirci.
    A noi è sembrato ovvio ignorare il divieto del padre (dettato secondo noi da gelosia o invidia) spiegando ai bambini che la loro mamma aveva parlato con il loro papà ed avevano insieme concordato che in moto si poteva andare.
    A venirci incontro in questa piccola bugia, è stato poco dopo il comportamento del padre che ha acquistato lui stesso una moto ed ora non ritiene più valido il divieto.
    Insomma, dato che i bambini, entrambi, sembrano avermi accettato con entusiasmo, non vorrei rischiare di rovinare questo risultato, che va ben aldilà di ogni nostra più rosea previsione.

    Grazie

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    • Ennio, in effetti dobbiamo fare i conti con il fatto che la nostra società non si è adeguata ancora all’idea che le famiglie si stiano “allargando” e così non ha ancora creato il ruolo “compagno/a di mamma/papà”. Ti domandi che tipo di relazione dovresti stabilire, rifacendoti a categorie esistenti e note. Diciamo a categorie tradizionali, ma forse ormai superate. Eppure quelle abbiamo.
      Quando ti chiedi se devi avere il ruolo di uno zio, pensaci bene: in molte famiglie (non più allargate in senso patriarcale, ma in senso di diverse relazioni affettive in diversi periodi della vita) ormai i bambini vedono gli zii solo a Natale. In quei casi, chi è più uno zio? Che ruolo ha?
      Ed invece non si trova una chiave per interpretare il ruolo di “compagno di mamma”: che è ben più presente di qualsiasi parente.
      Creati il tuo ruolo con sincerità: sei una persona che vuole bene a loro e alla loro madre, quando sei in casa, sei in una casa che è anche tua (non intendo in senso di appartenenza materiale, ma nel senso che devi sentirti a casa). Quindi è giusto che tu possa chiedere di rispettare alcune tue regole, così come devi accettare quelle degli altri. Hai il diritto di identificare quel nucleo che formate con una famiglia, dove sicuramente tu non sei il padre dei bambini, ma sei una persona che li ama e che ha doveri e diritti.
      Se ti chiedono l’autorizzazione a fare qualcosa, vuol dire che ti stanno riconoscendo un ruolo. Se li rimandi sempre alla madre, in qualche modo puoi deluderli: ti stanno chiedendo di essere presente, chiedendoti un’autorizzazione; stanno in qualche modo ammettendo che ti hanno accolto e ti riconoscono un ruolo. Accettalo.
      Secondo me il filtro della tua compagna è necessario quando si tratta di rapporti con loro padre. Ma se loro chiedono un rapporto diretto con te, fatto anche di autorizzazioni e permessi, vuol dire che lo stanno chiedendo proprio a te: osa! Prova a prenderti la responsabilità di permettere e vietare. Non da padre, ma da compagno della loro madre, quindi da persona adulta di famiglia.

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  2. Ho omesso un particolare che forse può essere importante e che non si evince dalla lettura del pur prolisso post precedente.

    L’ex-marito della mia compagna, pochi giorni dopo al separazione ha stretto un rapporto con un’altra donna, anch’ella separata e con due figli.
    Abbiamo salutato la notizia con grande gioia, credendo che la novità avrebbe contribuito a rassenerare l’animo dell’ex. Invece non è servito a niente.
    Mentre non fa nulla per nascondere la nuova fidanzata al mondo intero, coi figli continua a negare la vera natura del loro rapporto.
    Ancora non siamo riusciti a capire il perchè di questa…manovra.

    I bambini, dal canto loro, premono affinchè il loro padre trovi al più presto una fidanzata e sarebbero più che contenti se fosse proprio la fidanzata che il loro papà si ostina a spacciare, senza essere troppo creduto, come una semplice amica, continuando a ripetere di voler rimanere solo.

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    • Ennio, sono contenta che la tua compagna abbia deciso di far riequilibrare le forze in campo con l’intervento del giudice. In questi casi, sopportare per il bene dei figli, non fa che alimentare la prepotenza di chi si comporta in questo modo.
      Dare una chiave di lettura ai bambini per il comportamento del padre è giusto e molto corretto da parte tua. Sembrano comunque aver fiducia in te se, ogni volta che tentano di minarla, loro riescono a ritrovarla intatta. Fai in modo di essere sostenuto dalla tua compagna nella spiegazione ai bambini dei comportamenti del padre.

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  3. Vi porto la mia esperienza di compagno di madre separata con due figli di 10 e 12 anni.

    La separazione è avvenuta circa nove mesi fa in modo formalmente consensuale; in realtà la mia nuova compagna ha scelto di sottostare a tutte le imposizioni dell’ex-marito, anche se palesemente ingiuste e vessatorie o irragionevoli, sperando che si trattasse di atteggiamenti di rivalsa comprensibili e passeggeri destinati a scemare.

    L’ottimo mio rapporto coi suoi figli, anzichè tranquillizzarlo, sembra che lo faccia imbestialire.
    Ha iniziato una guerra psicologica, sotterranea, subdola, tesa a screditare la mia figura e a peggiorare la qualità della vita dei bambini quando stanno con me e la loro mamma.

    Ha dapprima sbattuto fuori dalla casa di comproprietà l’ex-moglie ed i figli (“vattene via e portati via i due zainetti”; “ti ridurrò a mangiare riso bollito”) costringendola, sotto continue pressioni, ad abitare in una casa il cui affitto pesa enormemente nel suo bilancio familiare (735 Euro su 1280); ha poi fatto pervenire minacce nei miei confronti (“se si avvicina ai miei figli lo faccio gambizzare”) e contemporaneamente ha cercato, riuscendoci fortunatamente solo in minima parte, di fare il vuoto sociale intorno alla ex-moglie, raccontando una marea di fandonie e recitando di volta in volta, a seconda della platea, il ruolo di marito ferito, dell’uomo tradito, del padre amorevole e dell’angelo vendicatore.

    Non un gesto, non una scelta sembrano originati dall’amore di quest’uomo nei confronti dei propri figli.
    E volgendo ora lo sguardo al passato, sembra che l’egoismo abbia sempre prevalso in lui.
    Pur avendo un reddito disponibile doppio rispetto a quello della mia compagna, partecipa alle spese dei bambini in parte nettamente inferiore.

    L’affidamento dei bambini è congiunto ed entrambi i genitori vivono nella stessa città poco distanti l’uno dall’laltra.
    Il calendario delle visite è stato stabilito in modo cervellotico esclusivamente per assecondare le esigenze di lui: ad esempio, quando è periodo di caccia, non li prende mai il sabato e viene a prenderli la domenica, solo al ritorno dalla battuta di caccia con gli amici, per restituirli il lunedi successivo; quando invece, deo gratias, la caccia è vietata li prende un weekend si ed uno no (ven,sab e dom); nelle settimane in cui non li tiene per il weekend, li tiene “due giorni”, solitamente mercoledi e giovedi o giovedi e venerdi: li ritira da scuola all’uscita del mercoledì e li “riconsegna” (passatemi il brutto termine) la mattina del venerdì all’ingresso della scuola che si trova sottocasa sua.
    Per le vacanze estive ha deciso di tenerli solo 9 giorni su 31 perchè “…se permetti, una settimana di vacanze la voglio fare da solo…” (testuale).

    Ogni volta che i bambini ritornano dal periodo che passano col padre, devo quasi “ricostruire” il mio rapporto con loro: la bambina (10 anni), che di solito è molto affettuosa con me (mi chiama “papastro” in mancanza di altro termine) e che sembra adorarmi, da’ quasi l’impressione di costringersi ad evitare effusioni; dopo poco però non resiste ed allora torna serena e si lascia andare.
    Il bambino (12 anni), di natura indolente e prepotente, intraprende (forse più con la mamma che con me) una sorta di sfida, asfissiandoci con continue richieste di ogni genere e rispondendo no a qualsiasi richiesta gli venga fatta, sforzandosi di essere il più disobbediente possibile.
    Questi atteggiamenti, con il passare dei giorni, tendono a svanire o ad attenuarsi, lasciando il posto ad un’armonia che ci rende tutti felici.
    Almeno fino a quando i bambini non tornano a stare col padre….

    Sappiamo che il padre parla male di me con i suoi amici, incurante della presenza dei figli (o forse volendo sfruttare la loro presenza…).
    Ripete che gli sono antipatico; e quando la bambina mi ha chiesto “mio papà ti è antipatico?” io h risposto “non lo conosco, come faccio a saperlo?”.

    Un giorno tornano entrambi molto interessati alla suddisivisione delle spese tra me e la loro mamma (possiedo una mia casa ed aiuto la mia compagna a far quadrare i conti integrando ciò che l’ex-marito si rifiuta di pagare).
    L’altro giorno terrorizzati che io possa portargli via la mamma.
    Un altro giorno mi chiedono se ho intenzione di picchairli e che se lo faccio “mi denunciano”.
    Ed iniziano a provocarmi con atteggimenti disubbidienti e molesti che sembrano tesi a mettere alla prova la mia pazienza e la mia capacità di sopportazione.
    Insomma, di volta in volta è evidente che il padre usa vari argomenti per sobillarli nei miei confronti e screditarne la mia immagine ai loro occhi nel tentativo di rendere meno idilliaco il nostro rapporto.
    Si comporta come una persona infantilmente gelosa ed invidiosa.

    E la cosa sembra stia peggiorando con l’andar del tempo.
    Per me è una continua fonte di frustrazioni.

    Non pago e soddisfatto dei bastoni tra le ruote che l’ex-marito tenta di metterci, ha iniziato a recitare la parte dell’uomo svenato dalla moglie ma, contemporaneamente, effettuando acquisti e spese voluttuarie che mai prima d’ora erano state alla sua portata: TV LCD, lettori di DVD, motociclette, viaggi, costosi vestiti su misura e/o di marca, ecc.
    Ai figli (ma anche a chiunque gli fa notare l’incoerenza di queste spese con il presunto status di uomo con pochi quattrini a disposizione) racconta delle infantili bugie a cui loro si sforzano faticosamente a credere.
    E così l’LCD l’ha vinto alla lotteria, la motocicletta gliel’hanno regalata gli amici e così via….
    Il tutto perchè possiedo una moto, la mia casa è colma di aggeggi tecnologici che sono la mia passione ed amo viaggiare, portandomi dietro anche loro.

    Questo suo atteggiamento, a mio parere, potrebbe servire, da un lato, a fare il grandeur con la nuova compagna ed i suoi due figli, dall’altro a umiliare la sua ex-moglie, dall’altro ancora a far denigrare ai bambini il tenore di vita che si possono permettere quando stanno con noi.

    La mia compagna, dopo aver per tanto tempo accettato passivamente questo tipo di angherie, ha deciso di rivolgersi al giudice affinchè una persona terza, superpartes, stabilisca oggettivamente quale sia l’equa ripartizione delle spese dei bambini.
    La speranza è che il suo ex, a cui il mondo intero ha già spiegato che l’accordo raggiunto finora è pesantemente sbilanciato a suo favore, capisca che i doveri di un padre verso i propri figli esistono a prescindere dal rapporto personale con la loro madre e che possa perciò partecipare alle spese senza sentirsi defraudato e senza che abbia la possibilità di usare la elva economica contro la mamma, non rendendosi conto che a patirne, alla fine, sono anche i bambini.

    A me è venuto in mente di parlare coi bambini, insieme alla loro mamma, e spiegare che il loro papà è un po’ geloso, forse un po’ invidioso, e che dice certe cose per questo motivo.
    Ma che è normale che alcune persone reagiscano in questo modo e che occorre solo del tempo perchè ritrovino la loro serenità.
    In questo modo vorrei fornire loro una chiave di lettura di ciò che vedono (sembrano combattutti tra la voglia di credere al padre e la realtà che percepiscono) senza denigrare il loro papà, giustificandone l’atteggiamento.
    Il ragionamento è semplice: non potendo agire sul comportamento dell’ex-marito della mia compagna, che si sta dimostrando ottuso e irragionevole oltre ogni previsione, mi sembra una buona idea tentare di preparare i bambini, corazzarli rendendoli più difficilmente usabili come arma di rivalsa contro la mamma, cercando di fornire loro una chiave di lettura degli avvenimenti e delle cose a cui assistono.
    Ma la paura è di fare danno.

    Qualche consiglio? Che errori evitare in una situazione come questa?

    Grazie.
    E scusate la prolissità. Questo sfogo mi ci voleva proprio. 🙂

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  4. Vincent, capisco che si tratta di una situazione altamente conflittuale.
    Probabilmente quando riuscirete a distorgliere l’attenzione dalla “colpe” dell’uno o dell’altra, troverete maggior equilibrio, ma, evidentemente, ora è presto.
    Trascorri al meglio il tempo con tuo figlio e vedrai che non ti vedrà mai come un nemico: prova a concentrarti di più su te e lui.
    Un bambino che scoppia a piangere dicendo che “papà è brutto” (dopo 2 ore d’auto, non subito dopo averti visto) forse ti sta solo dicendo: non vedo l’ora di arrivare a casa, perchè siamo in giro da così tanto tempo? o forse, soltanto: papà abbracciami perchè sono stanco e mi manca mamma che ho appena lasciato ed ho paura che mi mancherà nei prossimi giorni.
    Il modo migliore per aiutare tuo figlio è smussare gli angoli con tua moglie, anche di fronte a gravi conflitti e porti in ascolto.

    Sull’abbandono del tetto coniugale avrei da dire, ma non conoscendo la situazione nel caso specifico, possiamo soprassedere.

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  5. Grazie Silvia per la tua risposta.
    Il problema del disagio dello spostamento per il bambino, che in quetso modo non ha un riferimento fisso è senza dubbio vero. Ma cosa fare quando i genitori abitano in città diverse (circa 3h di auto)??
    Tra un mese circa ci sarà la sentenza che stabilirà anche il domicilio prevalente di mio figlio, cmq il problema dello spostamento rimane in questi casi quando si abita in città diverse. Ovviamente se in base alla tua esperienza hai dei suggerimenti io sono disponibilissimo perchè ciò che mi interessa più di ogni altra cosa nella mia vita è il benessere di mio figlio.
    Una cosa importante che non ho detto è che la causa di questa instabilità per la residenza del bambino è data dalla mia ex moglie in quanto, prima di avere deciso di separarci, noi abitavamo insieme nella mia città, dove lei aveva anche un lavoro in proprio. Dopo lei ha deciso di andarsene nella sua città di origine dai suoi genitori. Quindi se qualcuno ha una colpa in più dell’ altro credo sia lei perchè in quetso modo costringe il bimbo a questi spostamenti. Io tra l’ altro non ho deciso neanche di denunciarla per abbandono del tetto coniugale, anche perchè il mio avvocato mi ha detto che nn sarebbe servito a nulla.
    Ovviamente la situazione (come tutte del resto) è più complessa e quindi ho cercato di fare un riassunto.
    Io penso che sia lei che la sua famiglia fanno di tutto per screditarmi davanti a mio figlio e nn voglio ritrovarmi in una situazione in cui il bimbo mi vede come un nemico.

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  6. Vincent, se non ho capito male questo è avvenuto una sola volta?
    Forse non è il caso di mettersi così in allarme. Come tu hai detto il bambino era stanco. Queste parole potrebbero anche non essere farina del suo sacco, oppure potrebbero essere semplicemente un modo di dirti che questo andirivieni lo stressa.
    Io sconsiglio sempre soluzioni come quelle che avete adottato voi. Un bambino dovrebbe avere, secondo me, una casa che può identificare come la sua casa. Passare ogni due settimane da una casa all’altra non da stabilità e regolarità.
    E quando andrà a scuola? Magari solo tra un anno? Pensate di rimodificare di nuovo tutte le sue abitudini?
    Premetto, io non sono un’esperta di psicologia infantile, ma di separazioni ne ho viste e di coniugi ne ho consigliati. Fare il pendolare ogni due settimane non va bene neanche per un adulto, figuriamoci per un bambino di due anni.
    Prima di paarlare con gli assistenti sociali perchè riferiscano ai giudici, prova a metterti un po’ in ascolto di tuo figlio.
    Anche perchè i giudici non amano molto queste soluzioni in cui i bambini vivono con la valigia in mano, quindi potresti ritrovarti con una cattiva relazione dei servizi sociali, ma non necessariamente solo sulla madre.

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  7. Salve a tutti, vi racconto brevemente la mia piccola ma brutta situazione. Tra 1 mesetto ci sarà la prima sentenza sulla separazione giudiziale con la mia ex moglie. Avendo un figlio di appena 2 anni ci siamo messi d’accordo di gestire il bimbo x 2 settimane ciascuno, visto che cmq abitiamo in città diverse. L’ ultima volta che sono andato a prendere mio figlio, dopo circa 1 paio di ore di auto x ritornare a casa, mio figlio forse in preda alla stanchezza, ha cominciato a piangere a dirotto dicendo che il papà è brutto, la nonna è brutta e che persino la ns città è brutta…invece la mamma è bella cosi come la sua città!! Vista la tenera età di mio figlio, che tra l’ altro con me e i miei ha sempre avuto un atteggiamento ottimo, è palese che queste parole non sono farina del suo sacco, ma sono state inculcate ad arte dalla mia ex moglie e famiglia. Inutile dire la mia indignazione. Ho pensato di parlare di questo con l’ assistente sociale in modo che possa riferire al giudice. E’ un comportamento ignobile cercare di plagiare in questo modo la mente di un bambino…vorrei sapere se esisotono gli estremi per un’ azione giudiziaria o comunque per farli smettere di influenzare la mente di mio figlio. So bene che la separazione non è un mondo di rose e fiori, posso accettare di tutto sopra le mie spalle…ma mio figlio deve rimanere fuori da questi malvagi giochi che non giovano a nessuno. Per favore chi ha avuto precedenti o è 1 esperto della materia risponda perchè mi sento esasperato.
    Grazie.

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  8. Che dolore Arnaldo! Com’è possibile accada quel che tu dici? Da fuori non si dovrebbero dare consigli è vero, ed è vero anche che i bambini hanno grandi risorse e bisogna fidarsi di loro, ma io non resisterei al tuo posto: farei DI TUTTO perché il diritto delle mie figlie a vedermi e stare con me e scambiare amore, idee, tempo, sguardi, ecc venga rispettato!

    @ Marco anche mi permetto di dire cosa penso: credo dovresti parlare francamente con i tuoi figli e dire loro: “io so che qualcuno vi dice questo e questo ma voi dovete fidarvi più di quel che vedete e sentite che di quello che vi viene detto!”… E è ovvio che per avere una risposta emotiva devi poi mettercela tutta per prima tu. In questo caso che battaglie legali vuoi fare? Se anche un giudice intimasse a tua moglie a non parlare male di te come puoi sperare che lei lo rispetti? No, visto che i tuoi figli li vedi sta a te smentire nei fatti quel che viene detto loro, a ance a parole, poche, adatte all’età dei piccoli, ma…

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  9. “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.” L’incipit di Anna Karenina andrebbe sempre tenuto a mente quando ci si imbatte in una crisi familiare.
    Perchè la separazione non è un fatto planetario ed universale e che ce ne siano molte, non significa che si somiglino tutte. La separazione non è un fenomeno, sono storie singole e private.
    E me ne date atto in questi commenti: rifuggire i conflitti non è una regola e non può esserlo se non è condivisa dall’altra parte.
    Eppure, dimostrano ancora le vostre storie qui accennate, dovrebbe essere l’unica strada percorribile: la separazione come cura al male di stare insieme e non come lotta.
    Qui ci sono le testimonianze delle parti che vorrebbero deporre le armi o che vorrebbero non averle mai imbracciate.
    Andrea, Arnaldo, Marco, di dare consigli non me la sento: le strade legittime per tutelare i vostri diritti e quelli dei vostri figli le avete percorse. Ora tutto sta a trovare lo spazio di costruire qualcosa.
    I bambini e i ragazzi, comunque sono sempre recettivi. Abbiate fiducia nei vostri bambini e nella loro capacita di godere anche di poco tempo buono. Fate del poco tempo, anche di quello telefonico, un’occasione.
    Un padre non si delegittima, ad un padre si vuole bene: questo, secondo me, è il pensiero di un bambino, quello che non è filtrato dalla mente degli adulti. Cercate di parlare ai vostri figli, alla loro natura di bambini. Dategli la sensazione di essere presenti quando vorranno cercarvi e non recriminate mai nulla.
    Mi dispiace ancora una volta prender atto che queasto è un problema “da padri”.

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  10. come comportarsi quando ci si rende conto che anche i figli (come nel mio caso) ormai hanno maturato un vero e proprio istinto che li porta a “gestire” con freddezza le situazioni di incontro con il genitore non convivente, grazie alle sollecitazioni che ricevono da un ambiente – quello in cui vivono – costantemente animato dalla volonta’ di delegittimare la figura paterna??

    come si puo’ accettare passivamente una situazione simile quando il padre, in costanza di matrimonio, ha sempre cercato di educare i figli al piacere di manifestare le proprie emozioni ed il proprio affetto?

    probabilmente bisogna solo armarsi di una grandissima forza d’animo, per evitare di consumarsi in inutili battaglie legali che servono solo a prolungare la permanenza di sentimenti di odio e di rancore, a danno proprio dei più deboli ed indifesi: i figli, appunto.

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  11. Proprio lo scorso settembre il tribunale ha accolto il mio ricorso per modifica condizioni separazione,presentato in seguito ai continui soprusi da me subiti a far tempo dal gennaio 2008 (firma separazione)…la Ctu da me richiesta, oltre a certificare la necessita’ di una frequentazione regolare tra me e le mie figlie (12 e 11 anni),ha consigliato un percorso di mediazione familiare per sanare la conflittualita’ esistente.
    Peccato che in un contesto simile: 1) il tribunale nel dispositivo dell’ordinanza mi ha invitato a “non imporre i diritti giudizialmente acquisiti”…della serie “se comunque non riesci a stare con le tue figlie,mettiti l’anima in pace!” 2)la mediazione familiare non puo’ essere imposta (ed infatti la mia ex ha negato la propria disponibilita’)
    Risultato: nonostante il riconoscimento formale, in realta’ non riesco a stare con le mie figlie e da 2 anni ormai non ci passo neppure un w.end!!…Sto male nel vivere un rapporto genitoriale solo telefonicamente e temo che la pazienza di cui mi sono armato finisca per abbandonarmi, ma voglio proteggerle da ogni ulteriore tensione e percio’ evitero’ ogni nuova azione legale.
    Dicono che il tempo mi dara’ ragione,mi premiera’…sara’ vero?
    E poi, chi protegge le mie figlie dai danni emotivi (certificati in Ctu) gia’ subiti e destinati a consolidarsi, di questo passo?

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  12. Andrea, sono assolutamente d’accordo che ricorrere in Tribunale per tutelare i propri diritti e, ancora di più, quelli dei figli, è assolutamente necessario se la situazione lo richiede. Ci sono casi in cui alle aggressioni dell’altro è bene rispondere con mezzi istituzionali, piuttosto che con altra aggressione. In fondo è un modo di rimettere il conflitto ad un terzo e cercare di risolverlo.

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  13. Beh, ci ritrovo molto di quello che sto passando in quello che scrivi.
    Per quanto mi riguarda, però, l’unica cosa che fino a questo momento ha potuto arginare il delirio di ostilità ed aggressività che mi è stato gettato addosso (usando i bambini come arma e strumento) è stato proprio il Tribunale.
    Nonostante gli errori che ritengo siano stati commessi dal giudice (per errata o mancata valutazione di alcuni elementi, ma questo poi in fondo è opinabile, magari mi posso sbagliare io), se non mi fossi rivolto al Tribunale dei Minori in tempo, a quest’ora starei ad inseguire una situazione anche peggiore.

    Si spera che il tempo attenui, non dico la disistima reciproca o il rancore, ma almeno la furia cieca che non permette di valutare gli interessi superiori che ci sono in ballo, ovvero il fatto che per il bene dei bambini si devono mettere da parte le conflittualità per lasciare che loro possano vivere la loro nuova (e difficile) vita con sufficiente armonia.

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  14. Parole sante. La mia esperienza professionale conferma ciò che scrivi. E se è vero che i figli vorrebbero sempre una famiglia unita (chi non la vorrebbe?)è altrettanto vero che i disagi peggiori arrivano da separazioni troppo conflittuali. O meglio, da matrimoni tenuti in piedi o da separazioni nei quali la guerra è la regola e i figli sono armi e proiettili di questa guerra. A volte accade nelle separazioni, a volte i matrimoni durano negli anni con questi conflitti nei quali non c’è attenzione alcuna ai figli: ( e forse questi ultimi sono i casi in cui i figli a un certo punto sperano in una separazione…). Ancora troppo spesso i figli vengono usati per alleanze e scopi che nulla hanno a che fare con il dovere dei genitori di essere tali anche quando la coppia ha smesso di esistere.

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