Tre ragazze chiacchierano alla fermata dell’autobus davanti al mio dipartimento. Una ha i capelli rossi, lunghi sulla spalla, ondulati e lucidi alla diva anni 50, con un cappottino bianco strizzato in vita, una gonna a ruota e scarpette basse con la fibbia. La sua amica a destra ha capelli corti neri, con un ciuffo verde che spicca sulla fronte, unghie laccate verdi, la calzamaglia bicolore (una gamba verde e una marrone) sotto una minigonna jeans e un maglione di 4 taglie oversize fatto a patchwork di tanti colori diversi. La terza ha un paio di jeans con un top chiaro ricamato sotto un pellicciotto chiaramente finto dal colore improbabile. Vengono raggiunte da due amici, uno in maglietta, anche se ci saranno 10 gradi scarsi, e jeans, l’altro con un camicione tipo boscaiolo a scacchi rossi su dei pantaloni neri. Accessori vari ed eventuali. Questi sono solo un esempio della fauna coloratissima, soprattutto se aggiungete la componente etnica, che si aggira per il campus quotidianamente. E, no, non sono gli studenti della scuola d’arte.
Questi cinque ragazzi, incontrati un paio di anni prima, avrebbero costituito un gruppo molto più omogeneo e regimentato, visto che qui a scuola si va in divisa.
Aaaah, la divisa, la quintessenza della scuola britannica, gli ambienti di noce scuro, il college con ettari di prato intorno, la scuola austera, i maestri burberi, quelli scapigliati e simpatici… Non vi evoca tutto un immaginario, dall’Attimo Fuggente a Harry Potter?
La divisa a scuola, quando ne parlo con gente in Italia, provoca sempre opinioni estreme, o in un verso o nell’altro. Quelli che “oooooh che cariiiiini sembrano piccoli lord” (specie per i piccoli). Quelli che “ma poveriiiiiini che triste che dev’essere vestirsi così tutte le mattiiiiiine”. Quelli che “oh bene così imparano la disciplina ‘sti ragazzetti”. Quelli, tipicamente a formazione pedagogica, che “ma questo uccide la creatività, che delitto inaccettabile, io non lo permetterei MAI nella mia scuola/non permetterei MAI ai miei figli di frequentare una scuola così”.
Io, nei miei primi dieci anni di vita qui nei quali il problema non si poneva ancora, fin quando sono arrivati i boys e comunque prima che boy-one si affacciasse all’età scolare, devo ammettere che propendevo per il partito del no, e questo non perché mi piacesse l’idea di esprimermi col guardaroba, e anzi a questo proposito, dovrei fare un importante disclaimer qui, e cioè che io sono una che si veste per coprirsi, un po’ come si accusa gli inglesi di mangiare per nutrirsi e basta, nel senso che io possiedo un numero molto limitato di oggetti vestimentizi, tutti nella sostanza uguali, le casacche di Paperino praticamente, da usare e lavare a rotazione. Questo per dire che quindi dal punto di vista modaiolo non posso permettermi di dare alcun giudizio di merito, per cui il mio discorso verterà per necessità di cose su altri fattori. Ma, dicevo, propendevo per il partito del no per una naturale inclinazione al rifiuto verso una costrizione, e all’idea che la divisa rendesse di fatto la scuola una caserma.
Come per ogni cosa, la polemica uniforme si o no si riaffaccia periodicamente, ma alla fin fine mi sembra che il consenso generale sia che l’uniforme sia cosa buona e giusta, e in effetti mi pare siano davvero poche le scuole senza uniforme, per esempio so che ne esistono in certe zone ultra snob, tipo alcune scuole in Oxford. La massa si “uniforma all’uniforme”.
In cosa consiste quindi questa uniforme? Innanzitutto, almeno nella scuola primaria, non si tratta di chissà che: tipicamente si richiede una polo o una camicia, di un colore predefinito, uguale per tutti, un pantalone o gonna in stile classico, e senza connotazioni (cioè che non è o non sembri un jeans per esempio), di solito grigio scuro o nero, scarpe nere, e un maglioncino tipo felpa a giro collo, o pullover a V, o cardigan, anche questo di colore prefissato. Il tutto si correda con una borsa per i libri, uguale per tutti, come foggia e colore, tipicamente del tipo cartella di una volta, quelle da portare a mano, anche perché sono sempre praticamente vuote: i libri, i quaderni e tutta la cancelleria viene fornita dalla scuola e resta a scuola, e il materiale da usare a casa, tipo i libri su cui fare qualche compito, si porta a casa il primo giorno e resta a casa, per poi essere restituito a scuola l’ultimo giorno. Alcune scuole offrono un servizio di ricamo del logo sul maglioncino o sulla borsa, se si vuole avere su il nome della scuola e il simbolo, ma spesso questo non è richiesto o obbligatorio. Insomma l’idea di base è che siano vestiti pratici, senza fronzoli, e, soprattutto, tutti uguali. Ma anche che l’uniforme venga decisa dalla scuola in modo tale che i bambini non siano discriminati sulla base di “genere, etnia, disabilità, orientamento sessuale e credo”, come dice l’Equality Act, la direttiva per i presidi e i governatori delle scuole UK.
Ora, opinione sul campo, al quinto anno di questa manfrina, devo dire che come mamma vedo dei vantaggi inestimabili, e trovo il tutto estremamente comodo e pratico. All’inizio dell’anno scolastico, acquisto in serie, e sempre in un negozio fisso, se non ordino anche qualcosa direttamente dalla scuola quando riesco a restituire il modulo in tempo prima della fine della scuola a luglio, per poi ritirare il tutto due giorni prima che si riapra a settembre, un set composto da: 4 camicie, 4 polo (per i mesi estivi), 3 maglioncini, e 4 pantaloni (tutto moltiplicato per i due boys). Le scarpe nere si trovano in tutti i negozi nella sezione “school”. In mezzo pomeriggio ho risolto l’abbigliamento che servirà per il 70% buono dell’anno. E ogni mattina, 5 giorni su 7, la routine diventa una passeggiata: ci si lava, spazzola i denti, si pesca dal set l’esemplare pulito, e lo si indossa; pratico, veloce e senza esitazioni di sorta, senza ma che mi metto oggi, senza non mi piace questo pullover. No fuss. La corsa mattutina per arrivare a scuola in tempo subisce un drastico taglio di scaletta. Tranne un giorno al mese, giorno in cui (per noi il primo venerdì di ogni mese) le scuole festeggiano il ‘non uniform day’ e ci si veste come si vuole.
Solo che, a parte il chiaro beneficio per la mamma in questione, mi incuriosiva sapere cosa spingesse ancora le scuole, all’alba del terzo millennio, a portare avanti questa tradizione che, diciamocelo, per noi italiani sa molto di college ottocentesco. E insomma ho scoperto diversi aspetti interessanti, che vado ad esporre.
Per esempio, l’aspetto sicurezza. Qui si esce molto con le scolaresche, visite ai musei, visite all’ufficio postale, visite alla casa di riposo di zona per portare ai residenti una ventata di canti di natale, visite allo zoo, visite al teatro, visite al centro informatico interattivo, chi più ne ha più ne metta, ogni due per tre mi arriva la letterina a casa che annuncia una passeggiata di gruppo di lì a poco. E molte di queste passeggiate sono davvero passeggiate, si va a piedi. E per gli insegnanti avere la classe tutta uguale in uniforme costituisce un supporto visivo non indifferente al compito arduo di tenere tutti sotto controllo, e ripescare quello che rimane indietro a guardare un cartellone. Senza contare che anche nel circondario degli edifici scolastici, la gente impara a capire che un ragazzino col maglioncino rosso appartiene alla scuola X, quello col maglioncino verde alla Y, e può reagire meglio se vede ragazzini in strada in orario scolastico (per esempio, al mattino, nella scuola dei miei, quando il cancello si chiude alle 9, c’è sempre un insegnante che prima di chiudere definitivamente, si affaccia in strada e recupera quelli che deve recuperare, immediatamente riconoscibili dal maglioncino azzurro).
Oppure, l’aspetto equità. Gira e rigira si torna sempre su questo valore fondamentale per la società britannica. Tutti i bambini sembrano davvero uguali, cosa che anche il grembiulino di memoria italiana non offriva, perché da sotto comunque ti trasparivano i tuoi jeans firmati o le scarpe alla moda (senza dire che io trovo il grembiule particolarmente scomodo e non pratico, ma vi ricordate come si era impacciati a correre col grembiule? O ero solo io quella impedita?). Certo pare un po’ una generalizzazione ardita, ma alcuni sostengono addirittura che l’uniforme scoraggi aggressività e bullismo, se non altro perché viene meno uno dei fattori scatenanti, le prese in giro per il look.
Un altro fattore è quello economico. Le uniformi costano davvero poco, anche perché in generale sull’abbigliamento per bambini non c’è l’equivalente dell’IVA. Certo puoi tentare di acquistare il pantalone o la gonna di gabardine “buono” invece che di misto cotone da grande magazzino, ma in essenza il look non cambia tutto ‘sto gran che. Cosa che contribuisce ulteriormente al fattore equità. Esistono persino delle direttive governative perché le scuole scelgano una divisa che mantenga il costo basso, e che sia largamente disponibile nei negozi di maggior diffusione: i genitori non devono passare mesi a procurarsi capi particolarissimi.
Il punto di vista disciplinare è una componente, certo, ma non nel senso che immaginavo io: l’atmosfera militare, col maestro severo con la bacchetta che pretende silenzio assoluto, come si è potuto capire forse da molti post sulla scuola oltralpe in questo forum, che sia Svezia o Olanda, è molto molto lontana dalla quotidianità scolastica qui, e anzi la regimentazione delle attività, con i banchi dove stare seduti, le interrogazioni, i compiti a casa, è una caratteristica molto più pertinente alla scuola italiana. Invece quello che l’uniforme aiuta a stabilire è lo spirito di gruppo, come appartenenza, l’orgoglio di far parte di qualcosa, e il desiderio di fare bene per contribuire al benessere di quel qualcosa, o di non far male (comportarsi male quando in visita ad esempio) perché quel qualcosa non ne sia compromesso. Lo stesso meccanismo delle “case” di cui parlavo in un altro post. Tutto che contribuisce automaticamente, pare, a migliorare le relazioni in classe.
E infine, sorprendentemente, l’aspetto creatività. Il messaggio principale in una scuola con uniforme è che l’individuo e la sua espressività non sono determinati dall’aspetto: è quello hai nella testa, i tuoi pensieri, quello che conta. E l’individualità di espressione è, anche questo è stato evidenziato varie volte su questo forum, un valore molto importante qui. La testa, la capacità di pensare autonomamente, di abituarsi a criticare quanto viene comunicato, anche se lo dice l’insegnante, viene sempre prima della memoria, della replica di quanto studiato, anche a costo di “sapere” meno, di fare programmi meno intensi. L’uniforme elimina le “distrazioni” allora, come in una pratica zen, mette il focus su quello su cui concentrarsi.
Che poi, anche se uniformati a scuola, non sarà un caso che questo sia il paese degli “eccentrici”, almeno per come lo stereotipiamo sempre, né può essere soltanto per reazione all’imposizione vetusta di doversi vestire tutti uguali per 12 anni di vita. Il lato positivo di immediata fruizione è che diventa proprio difficile essere “anormali” qui. Ne parlavo proprio qualche giorno fa in una chiacchierata via Facebook: a volte mi capita di guardare con tenerezza i miei colleghi e colleghe e di pensare che alcuni di loro in Italia non avrebbero avuto scampo, sarebbero stati bollati come “strani” ben presto, e probabilmente la carriera, qualsiasi carriera infatti, sarebbe stata non solo spenta sul nascere ma neanche contemplata come possibilità, condannati dalla loro goffaggine, o dai calzini turchesi. Insomma, il mio mantra mi rendo conto si ripete sempre uguale: se uno non si ferma alle apparenze, se uno comincia a non parlare in termini di storie, la cosa acquista sempre un maggior interesse, anche un discorso che sembra bello che chiaro, le uniformi che distruggono l’estro e creano bambini tristi, magari non corrisponde poi a quanto viene vissuto veramente. E io ho imparato tanto, anche su me stessa, anche in questo caso.
Insomma, per il momento l’uniforme mi sta bene, e i boys sono contentissimi di usarla, non si sentono poi così “tristi”, anche perché non ne esisterebbe il motivo, quando tutti gli altri bambini sono nella stessa barca, e in generale le anticipazioni sull’effetto uniforme in classe si stanno rivelando accurate. Certo, non so come il tutto possa declinarsi quando andranno alla high school, con l’adolescenza. Vedremo. Ma sicuramente non sono più preoccupata della questione creatività soffocata. Del resto, sarà anche il nostro il Bel Paese della moda, del buon gusto, e dell’aperitivo chic, che non accosta giammai il rosso col nero, ma, a fronte dei ragazzi alla fermata dell’autobus di cui sopra, qui si capisce immediatamente quando, ad Agosto, le frotte di ragazzi italiani vengono in vacanza: basta individuare a colpo d’occhio nel centro di Liverpool i gruppetti di giovani in divisa!
😀
Ho portato la divisa dall’asilo alla terza media: quando me ne sono liberata ho passato circa 10 anni senza indossare mai il colore blu! Un leggero trauma devo averlo subito…Ora però, lo ammetto, il blu è il mio colore preferito!
Da noi c’è il grembiule sia alla materna che alle elementari. Un grembiule uguale ed obbligatorio per tutti ma stupido perchè senza maniche, quindi i bambini si sporcano lo stesso e si vede benissimo cosa indossano sotto.
Il che non sarebbe così male se purtroppo certe smorfiose non lo sollevassero per mostrare gli abitini griffati o le scarpe alla moda.
Quindi, io sono stra-favorevole alla divisa descritta da Supermambanana.
Magari ai miei figli non piacerebbe, chi lo sa, ma ho la sensazione che i benefici siano superiori agli svantaggi.
Che bell’argomento! Non ho un’idea precisa riguardante l’uniforme, insomma, sì bella, ma come ha detto qualcuno se identifica una scuola o un’altra il principio di equità va a farsi una passeggiata…
Io odiavo i grembiuli e ancor più mia mamma che oltre a lavare i vestiti aveva in più anche il grembiulino…che poi essendo di quel materiale sintetico economico per smacchiarlo auguri…
Insomma, la divisa mi pare cosa buona per certi versi, per altri magari anche lì penso alla comodità (a vedere certi giacchini e gonnelline delle divise inglesi, comoda comoda non mi pare molto…e poi le cravattine e le camicie, parliamone pure della comodità). Sul discorso creatività mi pare giustissimo quello che è stato detto cioè che la creatività sta nella testa non nell’abbigliamento (almeno non solo).
Boh…non avendo un’opinione precisa direi che per me può andare anche la divisa, a patto che gli indumenti siano comodi e di buona qualità.
ma certo el_gae, qui si parla di equita’ all’interno della stessa scuola, non dimenticarti che questo e’ anche (le varie contraddizioni sempre presenti) il paese delle lotte di classe, sulle primarie non tanto ma quando ti sposti sulle high school e ti fai una passeggiata a Londra… tipo scuole come Eaton per esempio che hanno ancora la marsina a due code! 🙂
Oh, questo post mi è piaciuto molto e mi ci ritrovo. Ne condivido i dubbi ma per l’esperienza che ho tratto io dai nani in una scuola con divisa obbligatoria (in stile british e con tanto di stemma ricamato su polo e felpe) posso dire che la divisa come abitudine è un’ottima scelta. Niente storie la mattina, ma nel we Fashiongirl si sbizzarrisce negli abbinamenti. Niente confronti fra ceti sociali. Stimola lo spirito di gruppo, il senso di appartenenza (molto forte nelle scuole inglesi, nullo in Italia). Io da bambina ho sopportato il grembiule fino alla scuola media, nero, quello che mortificava la persona e lasciava aperti i confronti per come eri vestita sotto. L’ho odiato.
Ma all’università e nell’ambiente di lavoro vedo anche io (in Italia e in una zona provinciale) tante più uniformi, stesso stile, stesse griffe, stesso look e di creativo ed originale non trovo proprio nulla. Anzi, noto sguardi di disapprovazione a chi non si adegua.
Yu
Mah! Quando andavo alle elementari vigeva ancora l’ultima coda di tradizione di utilizzare il grembiule (per le ragazze) e la casacca (per i maschi) rigorosamente neri. Il colletto bianco ed il fiocco scomparivano subito dopo la foto del primo giorno. Poi, in quinta elementare (ormai emancipati), si buttava tutto, salvo pochi irriducibili. Non erano comodissime. Quando poi sono stato in Africa, ricordo che tutte le scuole avevano la divisa e, almeno in pratica, l’equità era il principale valore portato a difesa. In pratica, perchè poi ogni scuola aveva la sua e non tutte le scuole sono uguali. Se vai in quella sei un pezzente, se vai in quell’altra sei un figo. In un paese dove la differenza fra figo e pezzente può significare anche la possibilità di sopravvivere l’equità andava a farsi benedire.
Detto questo non ho un’idea mia in proposito. Per fortuna si può giudicare la scuola anche da altri parametri.
oh, son contenta che anche voi troviate il grembiule scomodo! Anche io avevo il grembiule bianco con fiocco blu, che si disfaceva sempre a meta’ mattina e non ero capace di rimetterlo su come lo annodava la mia mamma 🙁
@Close, il discorso e’ molto piu’ ampio di cosi’ ovviamente, il bullismo e’ una cosa seria, lo studio che linkavo nel post raccoglieva opinioni di studenti e genitori, ma ne’ il mio post ne’ il link voleva concludere niente in questa direzione
@Slibietta, ecco quello che non mi aspettavo era proprio che i bambini adorassero le uniformi, quando sono arrivati alla fine del nido e hanno cominciato a vedermi comprare i maglioncini e la cravatta (noi abbiamo anche la cravatta, quindi ho un figlio di 7 anni e uno di 9 che si sanno fare il nodo da soli, sconvolgente al pensare che hanno un padre che la cravatta la mette solo ai funerali e matrimoni) sono stati tutti orgogliosi! Ci tengono moltissimo ad andare ordinati ogni mattina.
@Chiara, e per le altre che parlavano di costi. Tanto per dare un’idea, per una uniforme media come qualita’, ma comunque abbastanza durevole (sperimentata) te la puoi cavare con una decina di sterline (12 euro?) tutto compreso, polo, pantalone, maglioncino intendo. Poi i grandi magazzini ogni anno partono con la guerra dei prezzi, quindi ad esempio quest’anno Tesco si vantava di vestire un bimbo per la scuola per 4sterline e mezza (http://www.thesun.co.uk/sol/homepage/news/4385137/Tescos-450-school-uniform-leads-price-war.html). Certo i prezzi variano se punti sul puro cotone, se punti al Fair Trade, o il misto lana costoso, ma sono decisioni tue, il look non cambia. Ma per dire io ho comprato quest’anno un set di 3 camicie in puro cotone Fair Trade a 12sterline (il set), quindi comunque non e’ da spennarsi.
Anche a me non piaceva l’idea della divisa ma di certo la prefisco al problema giornaliero del cosa metto, inoltre c’è l’eliminazione del vestito griffato e del paragone quotidiano sul vestito/gonna etc
Noi stiamo sperimentando la divisa ormai da tre anni, concordo che NON è economica e la qualità non è buona ma ha i suoi vantaggi.
Quest’anno da noi è arrivato il grembiule. Dalla prima alla terza l’avevamo scampata, perché inviso alla nostra maestra, ma la nuova dirigente ha preteso il grembiule per tutti (insieme ad altre regolamentazioni molto pertinenti e sicuramente utili ed efficaci). La divisa non è prevista nella scuola pubblica e non introducibile, quindi, per ottenere quei vantaggi di cui parla Supermambanana, c’è solo l’odiato grembiule.
Scomodo: un camice sopra ai vestiti non è comodo e vestirsi troppo leggeri sotto non è possibile, perché il grembiule ingombra ma non tiene caldo (e parlo da madre di un bambino che si veste leggerissimo rispetto ai suoi compagni per insofferenza verso i vestiti pesanti).
Antipatico: non crea l’effetto visivo di uniformità, perché alla fine sono tutti diversi per sfumatura di colore (una gamma infinita di blu! Ce ne fossero due uguali), non è utile in gita perché proprio quando si esce sono autorizzati a non metterlo!
Insomma, una divisa sobria ed economica io la vedrei con gran sollievo. Perché la creatività sta altrove e comunque la si può esprimere anche il sabato e la domenica.
Verissimo quello che dice Chiara. Qui le divise le hanno solo alcune scuole private e DEVONO essere acquistate in quei due, tre negozi che forniscono le scuole cattoliche di Roma e che producono abbigliamento di qualità da grande magazzino a prezzi da boutique di lusso: una vergogna! Ma non è la divisa a essere sbagliata, è la pretesa di veder soddisfatta la snobberia genitoriale!
Forse dovremmo smetterla di farci “legare” così tanto da quello che indossiamo, noi adulti per primi.
Premessa: d’istinto le odio. Così come odio le divise militari e le uniformi in genere, anche le non-divise-che-diventano-divise, pure se aiutano effettivamente a orientarsi. Certamente tutti i punti a favore che elenchi sono convincenti, in particolare il discorso delle differenze di classe.
Però rimango scettica sul bullismo. Cioè non credo che vestire i ragazzi tutti uguali aiuti davvero a prevenire il bullismo. La scuola italiana per molti anni non ha conosciuto il bullismo, e questo senza le uniformi. E’ vero che da noi fanno bullismo perché non vesti firmato, ma avrai visto forse il ragazzino che ha partecipato al Britain’s got talent, in cui diceva di aver subito bullismo perché cantava in un coro di voci bianche. Insomma quello che serve ai bulli è sopratutto una scusa per prendersela con qualcuno, se gli togli i vestiti, troveranno qualcos’altro.
Io l’unica esperienza di divisa che ho visto in Italia è quella delle scuole private. In quei casi il criterio dell’economicità certo non è rispettato: i capi, di qualità medio bassa, costano un occhio della testa (penso all’asilo frequentato a suo tempo dai miei nipoti). Soprattutto questo mi fa storcere il naso rispetto alla divisa.
Anch’io la penso esattamente come te: soprattutto per quanto riguarda la discriminazione in base al look anche se, prima di leggerti, persisteva una infondata idea che la divisa appiattisse la creatività (come espressione di se stessi attraverso il look).
Se oggi ci chiedessero di votare a favore o meno delle divise io voterei subito sì!!
A me la divisa ha sempre incuriosito.
Non posso dire di essere mai stata contraria ma nemmeno una fan sfegatata.
Da quando sono in Uk l’apprezzo di più.
In particolare per il discorso pratico sul come la vesto questa mattina.
Ma anche perché alla fine in qualche modo tutti i bambini sono uguali.
E poi a mia figlia piace la divisa.
E se è contenta lei…. 🙂
Non potrei pensarla diversamente. Tanto più che nella nostra scuola, in occasione delle gite, i bambini si devono mettere una maglietta fatta apposta, di colore sgargiante e con l’indicazione della scuola di appartenenza.
Il grembiulino invece mi sembra una grandissima menata senza senso: si sporca solo a guardarlo (è bianco), è da stirare (e quindi mia figlia va a scuola tutta stropicciata), non elimina la menata di scegliere i vestiti da mettere sotto.
Inglesizziamoci!!!
La penso proprio come te. A proposito di tristezza vogliamo parlare del grembiule blu con colletto bianco per i maschi e tutto bianco per le femmine, da indossare alle elementari? Almeno il fiocco sotto il collo è stato eliminato! Lo ricordo come un incubo, l’unica cosa buona era che quando finivo le unghie potevo succhiare le punte finali del mio fiocco blu!