Understatement all’inglese come arte della conversazione

Gli inglesi a volte sono difficili da capire: sembrano distaccati e addirittura subdoli, sembrano mentire con cinica nonchalance. Vi spieghiamo cosa è l’understatement e perché non ha niente a che fare con la menzogna.

La porta del pub si apre e un gentleman coperto di neve entra portando con sè la bufera che si scatena fuori. Fatica a richiudere la porta alle sue spalle, lottando contro il vento. Oggetti vari vengono spazzati via nel locale, bicchieri si frantumano e tende si sollevano. Finalmente riesce a riaccostare la porta appoggiandovisi di peso, si gira e scuote la neve dalle spalle, avviandosi a passo sicuro verso il bancone, nell’imperturbabilità totale degli avventori. Il gestore del pub comincia a riempire la pinta dalla spina: “Piacevole brezzolina…”.

Foto Lainey Powell utilizzata con licenza Flickr CC
Foto Lainey Powell utilizzata con licenza Flickr CC

Non c’è nulla di più squisitamente proprio dell’inglese, come confermano anche i linguisti, dell’understatement. Tanto che nei testi di linguistica internazionale non si prova neanche una traduzione: understatement viene usato letterale, persino nei testi tedeschi, come a suggerire una speciale affinità con lo stile di vita Inglese. Perché diciamocelo, l’understatement ha una sua natura propria: non è una iperbole “al contrario”, non è litote, non è ironia, non è sarcasmo (anche se può essere usato per trasmettere ironia o sarcasmo). E’ proprio un “sotto-affermare”, un dire di meno.

Ed è una figura del linguaggio non letterale complicata da acquisire: studi sull’apprendimento del linguaggio dei bambini mostrano che mentre meccanismi come l’esagerazione o la finta bugia, o anche sarcasmo e domande retoriche, sono capiti relativamente presto dai bimbi, l’understatement rimane inutilizzato per molto più tempo.

Spesso spiegato come una manifestazione della caratteristica inglese di riluttanza ad esprimere emozioni, in realtà è un artificio retorico potentissimo, e usato con grandissima maestria, sia da chi lo pronuncia sia da chi lo riceve. E’ davvero un dire meno per dire di più, un less is more.

Cosa che produce profonda costernazione nello straniero che si trova in difficoltà a capirne i segnali. Perché certo noi siamo abituati all’ironia, ci mancherebbe, anche all’esagerazione, all’iperbole. Ma siamo un po’ abituati a contesti in cui ci sono frecce al neon più o meno grandi e luminose che vi puntano sopra. Nell’esempio del pub, ci aspetteremmo forse che il gestore del pub accompagni la sua battuta con uno strizzare d’occhio, con una mezza risata, con un “nevvero?” finale che ne veicoli l’intenzione giocosa. E ci aspetteremmo che la battuta sia accolta da chi la sente con altrettanti segnali di complicità, si-lo-so-che-stai-facendo-una-battuta. E invece no, invece l’understatement rimane lì a mezz’aria, come se tutti davvero ne condividessero il senso letterale. Less is more come illusione collettiva.

La costernazione si trasforma in insidia quando poi l’understatement viene frainteso completamente. Non sono pochi i casi in cui, durante magari una riunione di lavoro, ad una proposta da parte di uno dei partecipanti, un inglese può rispondere qualcosa come “interessante punto di vista”. Guai all’improvvido straniero che pensi di star ricevendo un complimento, e magari torni a casa tutto ringalluzzito di aver fatto buona impressione con i grandi capi. L’interessante punto di vista, che però non viene più ripreso o esplorato in dettaglio nella conversazione, su cui non si apre un dibattito o si soppesano pro e contro, altro non è che il nostro understatement, e il proponente farebbe meglio a pensare velocemente ad un’alternativa. Cosa che, mi affretto a dire, non è fatta per umiliare l’interlocutore, o per fare in modo che voci vengano zittite, al contrario è un modo per consentire un’uscita elegante e dignitosa anche a chi ha tirato fuori una emerita castroneria. Un atto di gentilezza, insomma. Perché mettere qualcuno in imbarazzo è quasi peggio che esserlo, in imbarazzo.

Ecco perché è difficile che in una conversazione ci siano domande accolte male: il paternalismo nelle risposte è un peccato capitale, si cerca una risposta elegante sempre, magari understated, ma sempre pronta a fornire una scappatoia che salva la dignità di tutti.

C’è un altro aspetto importante dell’understatement che in realtà si comprende solo con la pratica, per me. Il “less is more” non è soltanto inteso come un sotto-affermare, un dire con meno enfasi, o un fornire vie di uscita. Ma è anche un letterale, dire meno per dire di più. Nei primi tempi in cui dovevo scrivere in inglese, mi hanno sempre costantemente rimarcato frasi troppo lunghe. Non nel senso di quantità di parole, ma proprio di quantitativo di cose espresse che potevano essere evitate. Se hai tre cose in mente da dire, scegline una e scarta le altre due. Se una cosa può essere inferita dalla conversazione, o dal contesto, non hai bisogno di dirla. Ora, devo dire che questo esercizio nello scrivere, diventa un esercizio nel comprendere anche. E che esercizio! Se avete mai provato a risolvere i cruciverba tipici inglesi, capite cosa voglio dire. La caratteristica principale del cruciverba inglese è che è criptico. Le definizioni non sono mai letterali, mai ovvie. Non sono mai appelli a conoscenza enciclopedica, ma a capacità di inferenza. Dei rebus praticamente.

E criptiche diventano anche le battute fra amici, o le cose buttate lì in una conversazione. Less is more. Leggi fra le righe. E aguzza l’ingegno. Certo anche questo porta a fraintendimenti non banali quando ci sono non inglesi coinvolti. La mia bacheca facebook che alterna sovente fra italiano e inglese tende ormai ad avere uno stile analogo fra le due lingue, e devo dire che è un esercizio che a me diverte molto ormai, pensare a quello che voglio dire scarnificando la frase in modo tale che il superfluo venga eliminato. Devo confessare che però questo mi ha a volte messo in situazioni di disagio quando magari sono stata fraintesa e sono passata per rude o sgarbata. O viceversa mi ha fatto passare completamente inosservati commenti magari polemici, perché letteralmente non lo sembravano.

Ma non importa, come dicevo, l’esercizio mi piace, e nell’arte della conversazione English style diventa anche una dimostrazione di alta considerazione per gli altri interlocutori: so che mi stai capendo, non ho bisogno di dire altro, e se te lo dico ti sto imbarazzando, sto diventando paternalistica, un po’ come se ti stessi spiegando una barzelletta.

Less is more, in un contesto pieno di rumore come quello che viviamo quotidianamente, mi pare un mantra che va bene comunque.

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