Un bunker terapeutico per il puerperio

C’è una fase, chiamata puerperio, che è costituita dai primi quaranta giorni di vita del bambino e che per me è stata un momento davvero particolare.
Ero una puerpera stanca dal parto, stressata dalle ragadi e dall’allattamento a richiesta ma soprattutto preoccupata di dover affrontare – nella nostra solitudine di nucleo familiare– un eventuale crollo degli ormoni, un baby blues o peggio.
In realtà fin dalla prima notte mi sono accorta con stupore che la testa era molto lucida, nello scegliere e nel decidere in un lampo le strategie per affrontare un pianto, un momento di sconforto, lo spaesamento delLaPulce. Il problema era che non sapevo se queste energie sarebbero bastate per me, per lei, per MrWolf fino a quando … sarebbe passata. Perché, come ho già scritto, ero cosciente che sarebbe passata, anche se io non sapevo con certezza quando e come …. E per una control freak questo era difficile da mandare giù…
Perché energie me ne occorrevano: pativo molto quelle “piccole” seccature fisiche che colpiscono il corpo della donna nel post parto (le perdite, i punti che si devono chiudere, lividi, emorroidi e già che ci siamo il dolore delle prime poppate – dolore che, grazie alle ragadi, è durato giusto giusto fino al quarantesimo giorno) ma soprattutto c’era questa “piccola” novità con tutti i suoi bisogni e le richieste che rendeva spesso i momenti in cui mi sarei voluta dedicare alla ripresa di me stessa momenti da (giustamente) dedicare a lei, anche per capire qual era il suo approccio all’esperienza della vita.

Allora scelsi di tenermi al minimo dei giri. Di starmene al minimo storico senza sforzarmi di fare niente. Starmene in pigiama per devolvere ogni energia a stare bene. Starmene sdraiata per recuperare più riposo possibile. Stare, e basta.

Atteggiamento che ho definito “la terapia del bunker”.

Circa quindici giorni di “bunker”, totale.
In quelle faticose giornate usavo sms, email, internet, ma evitavo in tutti i modi telefonate e visite, che vennero agilmente deviate grazie all’aiuto MrWolf, essenzialmente perché non si possono facilmente – e cinicamente – “spegnere” quando senti che le energie scivolano via.
Ho osservato con stupore chi si è lanciata molto prima e con molta più energia di me “fuori”. E mi sono chiesta se ho sbagliato, se dovevo comportarmi diversamente. Ora credo di sapere che a me è servito comportarmi così.
Sono stata io a decidere di uscire quando sentivo di avere tutte le energie per stare fuori, a stabilire con MrWolf quando invitare gli amici per il tè e avere ancora voglia di stare con loro quando il tempo era ormai finito, a riaprire il pc per ri-iniziare a lavorare.

Non potrà accadere mai più.

Mai più potrò darmi questa totale disponibilità di tempo e di spazio. D’ora in avanti, ci sarà sempre qualcuno che ha un po’ più bisogno di me.
Quindi, a posteriori, so di dovermi giustificare il mio atteggiamento egoista e cinico, so che è stato quello che mi ha consentito di dedicarmi totalmente ad essere lucida per LaPulce e – anche se a malincuore – so che ci sono momenti in cui la funzione materna è quella di non far altro che essere, anche limitando il fare.
Ma che fatica accettarlo, una volta finita la “terapia del bunker” e ritornati al solito cervellino “devo-fare-tutto-e-ora-e-subito!

Prova a leggere anche:

Previous

Presentazione di “Una mamma da URL” a Roma

La fatica di chiamarsi papà. Trento 26 e 27 maggio.

Next

13 thoughts on “Un bunker terapeutico per il puerperio”

  1. Perché energie me ne occorrevano: pativo molto quelle “piccole” seccature fisiche che colpiscono il corpo della donna nel post parto (le perdite, i punti che si devono chiudere, lividi, emorroidi e già che ci siamo il dolore delle prime poppate

    Come ti capisco…. ci sto passando io in questo periodo… Le emorroidi sono la mia tortuna preferita ultimamente…

    Reply
  2. Vedi che belle le tante esperienze diverse… per me e’ stato tutto il contrario. Primi tempi molto piu’ facili di quelli successivi, forse complice una mia condizione di salute generale un po’ complicata.
    In gravidanza sono stata bene per la prima volta dopo credo 12 anni, e lo stato di grazia si e’ mantenuto tale per qualche mese dopo il parto. Avevo tante energie, tanta gioia e in fondo una TopaGigia abbastanza facile (noi scherzando la definivamo una bambina “trattabile”). Dopo un cesareo d’urgenza, il giorno che sono tornata a casa ho portato fuori il cane (45 chili di lupo in crisi di astinenza da giochi con la mamma per 4 giorni…). A parte qualche problema con l’inizio dell’allattamento e’ andato tutto benissimo.
    Io non avevo remore a chiedere: una suocera affettuosa e molto impegnata con gli altri nipoti (quindi sempre in senso di colpa per dover trascurare noi), una madre che sarebbe ridiventata nonna da li’ a 4 mesi e che quindi aveva solo quel periodo per me mi sono state di grande aiuto.
    Le visite, i parenti, gli amici non mi hanno dato gran fastidi. Abbiamo deciso di fare una festa per il primo mese di TopaGigia pensando che fosse meglio sopportarli tutti insieme per qualche ora che non avere una processione continua. Devo dire che e’ stata una grande idea.
    Poi la mia salute ha ricominciato a fare bizze, e’ finita l’estate e mio marito e’ tornato al lavoro, mia suocera ha ricominciato a dedicarsi tutti i giorni agli altri nipoti, e’ nato l’altro nipote e le cose si sono complicate un po’, ma direi che ce la siamo cavata alla grande.
    Per quanto riguarda gli infiniti consigli di chiunque, alle mie amiche incinte ne ripeto solo uno che mi e’ stato davvero utile: ascolta tutto, che non si sa mai da dove puo’ venire una buona idea, ma poi filtra. E poi rifiltra. E se serve poi rifiltra.
    Quando ho avuto problemi con l’inizio dell’allattamento, mia madre cercava di aiutarmi ad accettare il passaggio al latte artificiale (d’altra parte lei aveva allattato me per 40 giorni scarsi, poi le e’ finito il latte), ma io mi sono incaponita e sono andata a cercare chi potesse aiutarmi a trovare la soluzione che volevo io. E ce l’ho fatta (ne approfitto per ringraziare Serena, fra le altre…).
    Ripeto: non bisogna sentirsi in colpa per essere stanche, provate e coi nervi a fior di pelle, per pretendere di rimanere tranquille a casa coi propri tempi e di pretendere cio’ di cui sentiamo il bisogno. Il piu’ delle volte le persone che ci stanno intorno vogliono solertemente aiutarci: dobbiamo solo avere il coraggio di chiedere a gran voce cio’ di cui sentiamo il bisogno.

    Reply
  3. Io sono una mosca bianca: ho partorito quest’inverno e l’ospedale aveva bloccato le visite a ostetricia per via dell’influenza A. Il riscontro è stato talmente positivo da parte delle partorienti che hanno trovato una scusa per prolungare questo sistema. Io e mio marito ci siamo goduti la nascita di nostra figlia in due, senza testimoni. Stavamo a casa dei suoceri che però sono due persone molto timide e schive, e a parte i miei genitori e due coppie di amici che hanno macinato i chilometri per venirci a trovare, non ho visto nessuno per 40 giorni. Fisicamente è stato comunque pesante perché avevo i punti del cesareo e dopo i primi 20 giorni scleravo lo stesso, ma ripensando a come sarebbe stato se fossimo stati a gestire il via vai di visite, è stato un puerperio meraviglioso!

    Reply
  4. @Lorenza: grazie! bellissime parole e… centrato in pieno! è un brutto vizio mio, quello di dovermi giustificare … forse avevo in mente un’immagine totalmente diversa di me stessa ma quando ho fatto i conto con le mie energie .. bè, ho steso da sola le priorità!

    @Coccola: si, la mamma sei tu! decidi quello che è meglio per lui ma anche per te perchè lui sente tanto il tuo disagio e patisce di quello, non per chissà quali errori del materno: come mamme,… conoscono solo noi, ed è un ottimo punto su cui affidarsi :-D!

    @Mammafelice: avevo in mente questo tuo racconto, e devo dire mi da sempre tanta forza! ..poi certo, l’ideale … 😉

    @Silvia, Daniela: da noi c’erano gli orari ma poi si faticava a farlo capire ad alcune “tribù familiari” … una sera sono arrivata a spegnere la luce, visto che erano quasi le 22 e c’era ancora una mandria in camera!

    Reply
  5. Silvia, nel mio ospedale l’opposto: solo un’ora di visite, solo dalle 12 alle 13. L’ho saputo prima di partorire e mi sono indignata: ma come, che senso ha? CHi può venire a quell’ora? Solo le nonne, chi lavora non può, così impediscono praticamente la stragrande maggioranza delle visite!

    Poi ho partorito. E ho ringraziato profondamente chi ha fatto questa scelta! Visite ridotte all’osso, per poco, nonne, qualche nipote, e basta. E la sera pace. I papà ovviamente in reparto dalla 9 alle 22, gli altri fuori. Qualcuno ha provato a far entrare lo stesso i parenti, ma il personale oltre che gentile era anche deciso. Se volete farvi male, liberi voi, ma fuori nell’androne, senza disturbare gli altri.

    Reply
  6. Io mi ricordo lo shock dell’ospedale senza orario di visita: per umanizzare la permanenza in ospedale, per non “ospedalizzare” la nascita, la soluzione brillante era quella di lasciare l’entrata libera dalle 9 alle 19 (mi pare). Il tutto con rooming in.
    Ci siamo stati due giorni scarsi, ma è venuto il mondo intero (almeno a me è parso tale). Partorito alle due di notte, quindi notte in bianco. Tutto il giorno dopo fiume di visite. Notte successiva insonne perchè il Sorcio dimostrava già di essere amplificato…
    Stavo per dire: no grazie, tenetelo, ci ho ripensato!
    Altro che 40 giorni! Così neanche le 48 successive sono state tranquille!
    Arrivata a casa ho cercato di difendere la postazione più possibile. Non ci sono riuscita del tutto, ma le retrovie in difesa hanno tenuto…
    Ah, dall’anno dopo so che hanno istituito anche li un normale orario di visita… Forse troppe neomamme hanno minacciato di lasciarlgi li il pupo!

    Reply
  7. Io ho iniziato a GODERE della mia maternità quando sono stata da sola con Dafne. I primi 15 giorni sono stati un incubo: prima mia madre, poi tutta la mia famiglia, poi i suoceri: non ne potevo più!!!
    Avere gente per casa che ti guarda costantemente le tette, che decide di svegliare tua figlia esattamente quando si è addormentata, che alle 8 del mattino bussa alla porta della camera per chiedere se dormi… è davvero troppo.
    Il giorno in cui tutti se ne sono andati, ho urlato di gioia. Stare sola con mia figlia è stata la cosa più bella che potesse capitarmi.
    Certo, una via di mezzo sarebbe auspicabile, ovvero poter chiedere aiuto e riceverlo quando ti serve e COME ti serve. Ma con i miei era davvero chiedere troppo.

    Reply
  8. @Coccola, sante parole!
    Con tutto che avevo preso le cose con filosofia, che sono una persona razionale e che i miei ormoni non mi hanno scombussolato più di tanto, quando piangeva la Piccola piangevo anch’io perché non sapevo che fare.
    Sensi di colpa e di inadeguatezza da vendere. Amplificati poi dai consigli continui, in buona fede per carità, ma cheppalle (scusate, ma quando ce vò ce vò) su qualsiasi cosa ti dicono tutto e il contrario di tutto.
    Ecco, su questo aspetto, sarà che sono un po’ testarda di mio, ma i sugggerimenti mi sono sempre entrati da un orecchio e usciti dall’altro.
    Ho provato la tecnica del sorriso angelico e risposta pronta, tipo:
    “Ma le dai il ciuccio??” – “Da quando è nata”
    “La camomilla?!” – “A litri!”
    “Ma ha lo zucchero e poi il latte materno basta per l’idratazione” – “Tanto non ha i denti e con più liquidi fa tanta plin plin”.
    Chi ha orecchie per intendere…

    Reply
  9. Concordo in pieno…ma non è facile!
    Il mio Coccolino ora ha 5 mesi, i miei 40 giorni sono stati traumatici: dolori ovunque, una quasi infezione, dolore al seno da non resistere (eppure attaccalo lo stesso sennò il latte non viene), pianti disperati e inconsolabili, nottate in piedi fino alle 4 (io, perchè il papà deve lavorare il giorno dopo…), ecc…
    In tutto questo mi sono sentita inadeguata, come mamma, perchè non mi sentivo in grado di accudire il mio Coccolino, come moglie, perchè vedevo la casa un disastro e non riuscivo a riprendere le fila di tutto…
    Tante visite, non troppe, ma abbastanza da non sopportarle…Quando potevo me ne stavo chiusa in casa, complice quest’inverno gelido!
    Il brutto è che ora mi sento dire che Coccolino non è abituato alla gente, ai rumori, che dovevo portarlo fuori più spesso…
    No comment…
    Quando credi sia meglio dedicare del tempo a te stessa, per il bene anche della tua famiglia, ecco che sbagli da un’altra parte!
    Sono giunta alla conclusione che qualcuno avrà sempre da ridire su quello che deciderò di fare io, ma dentro mi ripeto sempre “La mamma sei tu!”, è questa la forza che sento di avere!

    Reply
  10. Cara Silvietta,
    mi sento molto vicina ai tuoi post caratterialmente, vedo che spesso abbiamo fatto praticamente le stesse scelte.
    Io avevo messo le mani avanti con tutti fin dall’inizio. Ricordo che l’ostetrica mi aveva detto: “quando nasce la piccola pensa a lei e a te, dormi quando dorme e non ti preoccupare della casa”. Ho chiesto aiuto a mia madre, ho imposto di non ricevere visite in ospedale e a casa. Certo qualcuno è venuto e non l’ho cacciato, ma nel complesso anch’io mi sono rinchiusa nel bunker a doppia mandata.
    Non condivido però il fatto di doversi giustificare per questo. Non è una questione di egoismo, è una questione di priorità e di gestione di risorse scarse (il tempo e l’energia); l’importante è il bambino e la propria salute, il resto sono fronzoli inutili.
    Visto che fare un figlio non è una passeggiata, credo sia il diritto di ogni madre stabilire i ritmi e imporre la propria “tabella di marcia”, anche a rischio di sembrare maleducati. E’ istinto di sopravvivenza, tanto poi si può sempre imputarlo agli ormoni 🙂
    Concordo invece sul fatto che purtroppo duri poco e che sia difficile se si hanno altri figli…non si potrebbe allungare questo periodo di grazia almeno a 1 anno? No eh? Vabbè ci ho provato…

    Reply
  11. grazie, Daniela, grazie Claudia. Per molti mesi ho temuto di aver fatto la scelta “sbagliata”, troppo egoista. Ma alla fine, sempre io ero e altro non sapevo scegliere. Credo che comunque, anche dalle esperienze che ci hanno fatto male, ci siamo aspetti da trarre per il futuro. Insomma: non è solo il puerperio il momento in cui chiedere aiuto. ci sono anche altri momenti nella vita in cui si ha bisogno di noi stessi e delle persone più care!

    Reply
  12. non è un caso se una volta si passava il puerperio a letto, servite e riverite per 40 giorni, con l’unico pensiero di accudire il neonato.
    poi dal 41° di nuovo in mezzo ai campi, fino al giorno del parto successivo, mavabbè…

    io non ho potuto farmelo in pace, il puerperio, e ne ho subito le conseguenze (io e mio figlio, a dire il vero): la depressione che non ho mai finito di curare per bene si è riaffacciata per mesi… se riesco a fare un altro figlio mando tutti a quel paese, altro che visite e parenti a casa. soprattutto i suoceri. tutti fuori dai piedi per almeno un mese, e poi si vede. solo mia madre voglio, che lei sì che mi sa aiutare come ne ho bisogno (e se non fosse stato per lei sarebbe stato tutto anche molto peggio).
    e non lo farò per me, ma per i miei figli, perchè una mamma depressa non se la merita nessuno.

    Reply
  13. Quanto hai fatto bene… IO ho fatto l’errore contrario, con Sara non mi ricordo nemmeno più, uscite, commissioni, parenti, il bello è che non ci limitavamo ad accettare visite, eravamo noi ad andare da loro!
    Per la seconda peggio che mai, nata venerdì, a casa domenica, lunedì ero completamente sola, porta la grande all’asilo, fai la spesa, torna a casa. E così via da lì in poi.
    Ce l’ho fatta, e confesso di essermi crogiolata ad ogni “oh, ma è in formissima, ma quanto è in gamba”. Ma poi sono scoppiata. Mesi dopo, perché ho vissuto mesi col rancore e la rabbia, con le nonne, che non c’erano, con mio marito, che lavorava e non vedeva che sforzo facevo. Eppure cocciuta non ho mai chiesto. Per esplodere poi con lui, dicendogli tutto, piangendo di rabbia. Certo che anche lui un po’ di colpa l’aveva, una figlia già ce l’avevamo, non era così difficile immaginare che non fosse una passeggiata. Ma comunque me lo sono trovata davanti quel giorno con la faccia di chi casca dalle nuvole, e io a dirgli tutto quello che avrei voluto che facesse, ma troppo tardi.

    Ecco, se facessi il terzo mi fermerei anche io. Peccato che il terzo non lo faremo, e che queste cose si imparano quasi sempre dopo…

    Reply

Leave a Reply to Silvietta Cancel reply