Il senso di appartenenza ad un gruppo è un fattore molto importante per l’autostima di qualsiasi persona, e questo è ancora più vero per i bambini. Ma nell’istante stesso in cui si parla di gruppo esiste necessariamente altro dal gruppo, qualcuno che resta fuori, a volte anche isolato. Come expatriata o meglio immigrata in un altro paese sono particolarmente sensibile a questo tipo di riflessioni, perché noi siamo diversi per definizione. Ma le stesse riflessioni si applicano a molti altri aspetti della quotidianeità. Nel momento in cui facciamo un scelta, avere o meno la TV, avere o meno un certo tipo di giocattolo, scegliere uno sport invece che un altro, condizioniamo necessariamente i nostri figli a fare o meno parte di un gruppo (quante volte dobbiamo sentire la frase “ma fanno TUTTIIII così!”?) Molto spesso noi genitori dobbiamo fare degli autentici tour de force per garantire partecipazione a feste, e siamo costretti a uniformarci a improbabili iniziative collettive per amore dei nostri figli (oddio! di nuovo una festa ai gonfiabili!). A volte dobbiamo persino venire a patti con le nostre convinzioni più profonde per non far sentire i nostri figli degli estranei rispetto al vissuto dei loro compagni. Fino a che punto è giusto tutto questo? Fino a che punto bisogna annullarsi come individui in favore di un senso di appartenenza.
Il problema dell’appartenenza ad un gruppo è attuale a 2 anni, quando il gruppo è semplicemente formato da due o tre individui, e cresce con il bambino fino a diventare fondamentale in adolescenza. Ma persino noi genitori ci troviamo spesso a riflettere sul nostro senso di appartenenza o di estraneità, basti pensare al gruppo delle mamme del parco, o a quante volte ci sentiamo esclusi dal gruppo dei “bravi genitori”.
E’ possibile insegnare ai bambini a non lasciare fuori nessuno? E come possiamo comportarci quando è proprio nostro figlio ad essere emarginato, lasciato fuori dagli altri?
E possiamo aiutarli a sentirsi parte di una gruppo senza perdere allo stesso tempo la propria identità personale (o la propria capacità a ragionare con la propria testa)?
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Cara Mammamparallela, che bel consiglio che ci hai dato, perché è perfettamente vero, in casi come questi sei divisa tra il desiderio di aiutare e la paura di essere indiscreta e di troppo, soprattutto in casi come il vostro che devi per forza evitare contagi e quindi isolarsi di botta diventa difficile da capire al di fuori.
Un abbraccio a tutta la tua famiglia, da quello che scrivi avete fatto un team fortissimo tra di voi.
Con la mia bimba quasi seienne sentiamo molto questo tema! Poco più di un anno fa le è stato diagnosticato un tumore e abbiamo cominciato una nuova vita, isolata da tutto e tutti causa terapie. Ho lasciato il lavoro, la sorellina é stata ritirata dall’ asilo, papà ha ridotto i suoi impegni, la casa è diventata off limits anche per i pochi amici e parenti che frequentavamo… uscite solo in luoghi isolati, paranoie anche per andare a fare la spesa da sola al super d inverno quando gira di tutto… unica eccezione le “uscite“ in ospedale, diventate per molto tempo unico luogo di incontro e socializzazione. Personale fantastico, volontari encomiabili, i pagliacci persone meravigliose sotto il travest.
Tutto è stato rivoluzionato ma sono nate amicizie e sorellanze vere e nuove, del tutto inaspettate; molte delle altre relazioni (non uso appositamente la parola amicizie) sono state ridimensionate. Anche nel parentado. Mi sono sentita molto spesso sola, incompresa anche dalla mia stessa famiglia. Per giornate intere non ha squillato nemmeno il telefono… Ma io sono grande e in qualche modo tutto questo lo supero, ma le mie bimbe?! Ho fatto di tutto per farle sentire bambine e vivere la loro infanzia. La parte più dura? Dover dire loro che non possono giocare con gli altri, che se sulle altalene ci sono bambini noi non ci possiamo andare al parchetto, che alle feste di compleanno ci sono tanti malaticci… Isolarle per proteggerle. Però grazie alle splendide maestre della scuola le bimbe non hanno mai perso il senso di appartenenza ai loro gruppi classe: i collegamenti skype, i lavoretti per le feste, i disegni e i bigliettini dei compagni… Adesso qualche selezionata e controllata amichetta la frequentiamo, esami permettendo. Ogni volta è una festa.
Un appello dal profondo del mio cuore: qualche mammaparallela per malattia o disabilità la conoscerete, beh vincete quello stupido timore di disturbare (è una frase che ho usato spesso anche io e ora me ne vergogno), basta che non chiamiate in orari impropri, un saluto o anche un semplice sms non fa solo piacere, serve! Poi un po’ di buonsenso e di delicatezza.
Grazie per questo spazio! Mp