Educazione sessuale ed affettività nel tema del mese, ovvero come smuovere molti dei blocchi sotto i quali si vanno a infilare ricordi e vecchi aneddoti.
Presumibilmente nell’immaginario collettivo lo spogliatoio di uno sport di squadra richiama immagini di condivisione, racconti e grandi risate; non me lo invento, molto spesso tra le curiosità gli amici mi chiedevano quali storie circolassero tra di noi nel momento di massima rilassatezza dopo l’allenamento o durante i lunghi viaggi di trasferta.
Posso pensare che chi non abbia mai fatto parte di una squadra sportiva, o non abbia vissuto il rapporto atleta/allenatore e non sia affine alla filosofia sportiva, si figuri sceneggiature da Bar Sport (alcuni anche da soft porno, ma questo lasciamolo in secondo piano): uno/a che racconta le avvenuture con la/il compagna/o di letto temporanea, sparate grosse e assurde, il resto della banda che si fa grasse risate.
Mi pare una barzelletta degli anni cinquanta più che una vera e propria rappresentazione dello spogliatoio.
Quello che accade veramente è ben diverso.
Un gruppo affiatato, come necessariamente sono i componenti di una squadra sportiva, si compone di persone molto diverse tra loro. Certamente ci saranno i personaggi più egocentrici, che non si fanno problemi a condividere pene e successi d’amore, ma il contraltare sono una maggioranza di elementi discreti e naturalmente portati a preferire comunicazioni più sottotono e meno “colorate”. Si inizia quindi a costruire un rapporto di fiducia emotiva, che può essere sviluppato in maniera singola oppure affidandosi al gruppo.
Esiste poi una questione importante che è quella anagrafica; oltre i primi anni di corsi propedeutici che prevedono gruppi omogenei per età, successivamente i ragazzi si troveranno necessariamente a confrontarsi con compagni più grandi (o più piccoli). Sarà quindi un percorso formativo anche quello dal lato sessuale, che durante la crescita porta in contatto esperienze e racconti diversi.
Molto più facilmente che con i compagni di scuola, gli amici di squadra diventano un confessionale dove dichiarare dubbi e incertezze, rivelare successi e delusioni. Inoltre nello spogliatoio ci si ritrova a venire a conoscenza di vicende o abilità sconosciute, che stimolano la curiosità (e anche la capacità critica).
Quante volte succede poi che l’allenatore è visto come un porto sicuro a cui affidare l’incertezza di una reazione del corpo dominato dagli ormoni, il coach dei dilemmi d’amore oltre che delle strategie di vittoria? Non sottovalutiamo il sostegno alternativo che può dare un adulto affidabile al di fuori della famiglia. Esisteranno sempre le remore e il conflitto generazionale, l’allenatore risulta perciò un individuo a cui affidarsi e di cui fidarsi, a cui chiedere consigli e suggerimenti. Avviarsi al proprio cammino sessuale ed emotivo è cosa delicata e molto complicata, difficile da percorrere da soli soprattutto nei primi passi incerti.
Tutti gli sport, sia quelli di squadra che quelli individuali, danno inoltre la possibilità di partecipare a tornei o gare lontane da casa, frequentando persone di diverse abitudini e comportamenti sociali, aumentando la possibilità di venire a conoscenza di sviluppi e consapevolezze diverse da quelli con le quali si è cresciuti. Torniamo al bar sport: negli anni cinquanta i vitelloni romagnoli andavano in brodo di giuggiole pensando alle donne nordiche, libere dai tabù culturali. E allora quale migliore possibilità di apertura mentale, libertà sessuale e maggiore consapevolezza affettiva della conoscenza di sportivi di altre latitudini? Avere più informazioni è sempre il modo migliore per poter fare le scelte che sono più giuste per la propria personalità.
Considerare lo spogliatoio come una grande mamma, il consulente sessuale e affettivo perfetto? No, non è possibile, diciamolo subito.
Deve esistere sempre e comunque la capacità familiare all’ascolto e al chiarimento: i genitori non possono sollevarsi dall’impegno di educare e appoggiare i figli in questo campo così delicato. Però può essere molto importante lo spogliatoio sportivo perché aiuta i nostri ragazzi a confrontarsi con gli altri, ampliando la capacità di elaborare informazioni che non provengano solamente dai coetanei compagni di scuola e sostenendoli durante le situazioni difficili e delicate del percorso emotivo di crescita.
– di Lucia Busca –
(foto credits @ y-cart )
Lucia me lo aveva detto che questo post era vagamente ispirato al Piccolo Jedi, che è in uno spogliatoio con i più grandi. Insomma, scritto per rincuorarmi dalle ansie materne, forse! 😀
E infatti l’idea di un allenatore come figura di rilievo mi piace. Sperando che siano sempre simili a quello che ha ora.
Certo, pensarlo con quelli di seconda e terza media, che forse sono ancora più confusi di lui!!! Brrrrrrr