Sono sempre stata bravina a scuola. Mai bravissima, ma sicuramente tra le più secchione della classe. Non avevo il massimo dei voti, ma voti sempre ben sopra alla sufficienza. Tranne in educazione fisica alle superiori, perché volevano farmi fare ginnastica e io invece volevo giocare a calcio con i maschi, e allora mi mettevano 4, ma questa è tutta un’altra faccenda.
Quando sono arrivata all’università è tutto cambiato. I miei voti erano decisamente sul bassino, oscillavo intorno al 20.
Dopo un paio di semestri di questa solfa mi sono rotta. Mi sono messa li durante un esame ad osservare le interrogazioni degli altri e a capire cosa faceva la differenza tra quelli che prendevano 20 e quelli che prendevano 30. Entro un esame o due ho capito il trucco. I miei voti hanno iniziato ad oscillare tra il 28 e il 30.
Non ho cambiato metodo di studio, ho capito come pormi all’esame per ottenere un voto più alto. Perché alla fine, a parità di preparazione è tutto un problema di atteggiamento (all’orale si intende).
E anche da questo ho capito il perché il voto, a vederlo bene, non significa un bel niente. Non è una valutazione della tua preparazione, o almeno non solo. Il voto è un tentativo di catalogare in maniera chiara ed inequivocabile il tuo livello di preparazione. Funziona? No. Però si usa perché è semplice. Anzi più si va in su nella carriera scolastica, più la scala aumenta (o almeno aumentava ai miei tempi ma non so ora come funziona) quasi a sottolineare le infinite sfumature di qualità della preparazione. Oddio a ripensarci, anche alle medie o alle superiori con quel trucchetto del meno meno, la scala la moltiplicavano almeno per 3.
Forse è proprio per questa mia esperienza personale che ho accolto con favore la notizia dell’assenza di voti alla scuola primaria qui in Svezia. Mi sono subito sentita sollevata. Perché è inutile nascondersi dietro un filo di paglia. Se tuo figlio torna a casa con un 6 meno meno aivoja a dirgli che è meglio di un 5 e mezzo, e che basta che si impegna un po’ e poi prende anche 7 più più come il suo amichetto! Anche se il voto si da al compito fatto, è inevitabile prenderla sul piano personale. E poi diciamo la verità, se sei un tipo da 6, resti un tipo da 6 per tutto il tuo curriculum. Magari hai punte di autostima per un compito azzeccato in cui hai preso 7, ma poi ritorni al tuo 6, ti ci siedi, e alla fine ti ci accoccoli pure. Se sei un tipo da 7 lo stesso. Insomma una volta che sei stato catalogato resti più o meno li nei paraggi. Ecco a che serve il voto!
Per dire, la mia insegnate di scienze alle superiori aveva deciso che io ero una tipa da 6, e io invece avevo deciso che lei era una incompetente. Ho combattuto contro quel 6 che mi metteva ogni volta, anche se rispondevo bene a tutte le domande. Alla fine ho studiato a memoria il libro di scienze. Sapevo ogni virgola del libro perché lei era così idiota da fare domande a sorpresa durante l’anno, tipo: quale era il nome della nave con la quale Darwin partì in giro per il mondo? (ve l’ho già detto che era incompetente, no? ) Insomma magari con una domanda così ti fregava e ti metteva un voto del cacchio. Alla fine mi ha messo 8. Una gran soddisfazione. Mi ricordo ancora il nome della nave di Darwin, anche se non serve a nulla saperlo.
No, non ci inventiamo storie. I voti non si mettono per far sapere al bambino come era il suo compito. Non si mettono per far sapere all’alunno che deve prepararsi meglio. Quello lo si fa parlando, discutendo, dicendo quali sono i punti di forza e di debolezza: scrivi meglio, leggi di più, attento alla punteggiatura, concentrati sui concetti principali, cerca i punti di incontro tra gli argomenti. Il voto non dice nulla. Serve solo a catalogarti, a riempire uno schema, a dividere gli alunni in caselline, e magari anche a tenerti in pugno con minacce. Il voto serve a fare le medie a fine anno.
Se si vuole che uno studente impari ad amare lo studio non lo si premia con un numero per i traguardi raggiunti. Gli si danno pacche sulla spalla, lo si porta per mano, lo si aiuta a crescere spiegandogli perché studiare è bello, e gli fa bene, anche per la sua vita da velina o da calciatore al limite.
Mi ricordo le (rare) volte che mi è capitato di incontrare insegnanti veramente brave! Il voto perdeva immediatamente di importanza, e notavo in loro stesse un certo disagio a dover quantificare con un numero sul loro registro.
Lo studio è un percorso da fare insieme, insegnanti, genitori e soprattutto studenti. E se qualcuno si sente valutato per quello che fa, tramite un numeretto che non significa niente, perde tutta la voglia di studiare bene, oppure impara a farlo per le ragioni sbagliate.
Quando sento mia nipote, che ha iniziato la prima elementare da appena due mesi, che dice che deve fare i compiti altrimenti la maestra si arrabbia e le mette un brutto voto, mi si stringe il cuore. Vorrei prenderla e dirle di fregarsene del brutto voto. Che non significa niente. Di concentrarsi su quanto si sta divertendo a scoprire lettere e numeri. Di come è dolce imparare cose nuove ogni giorno.
La curiosità e la voglia di imparare dei bambini viene spenta così facilmente quando viene catalogata con un semplice numeretto. Perché il voto diventa l’unica cosa importante, e toglie la scena alla voglia di imparare. Il voto diventa troppo facilmente lo scopo finale dello studio e ci si dimentica del fatto che è solo uno strumento. Ma è uno strumento così limitato, che io sto decisamente meglio senza.
Daniela con la tua utopia hai praticamente descritto le elementari in inghilterra 🙂
@Daniela aggiungo a quello che dice supermambanana che da quel poco che ho visto finora e capito del sistema svedese, hai anche appena descritto le elementari e medie in Svezia! Ma forse è proprio questa differenza di prospettiva che è difficile capire ed accettare quando si vive dal di dentro un altro sistema. Io non voglio dire che il sistema svedese sia necessariamente meglio, anche perché giuro che non lo so, ci stiamo entrando ora e certamente me ne farò un’opinione man mano, però finora mi piace molto. Sono certa che ne scoprirò presto anche i difetti, però intanto mi pongo domande, tipo a che servono i voti? 😉
@LGO no no, lei era ed è ancora totalmente entusiasta di andare a scuola e di imparare, e voleva assolutamente fare i compiti. Quello che mi stupisce è proprio la motivazione data: devo fare i compiti sennò la maestra mi mette un brutto voto, invece di “voglio fare i compiti ora!” “mi piace fare i compiti!” “mi piace la scuola” “mi piace imparare a leggere!” Capisci la differenza?
La classe è un gruppo di persone che devono crescere insieme, quoto assolutamente.
Ma il confronto con i voti a che serve? Io ho 8, lui 9, tizio 10, solo caio 7, ecco, non sono il più bravo. E mi faccio problemi. O non me ne frega niente, e allora non serve, o mi fa sentire il migliore (e io lo sono stata, per qualche anno, non è una parte simpatica).
Insomma, ripeto, ma andare per progetti è proprio utopia?
Prima elementare: dobbiamo imparare tutti a scrivere in stampatello e in corsivo. Si va per tappe: alfabeto, stampatello, corsivo (ho semplificato, non fanno così, almeno non da noi). Allora, andiamo, alfabeto, abbiamo tempo fino a gennaio. Fatto a dicembre, chi c’è? Chi manca? Non manca nessuno? Bene, chi ha difficoltà? Guardo i quaderni, i libri, vedo che tot bimbi hanno problemi con questo o quello, si segue quello, si suggerisce il modo giusto, si lavora in quel senso. A gennaio l’arrivo, chi c’è bene, speriamo tutti (e se li si è seguiti, penso che almeno alle elementari sia la regola), chi manca dovrà, purtroppo (lo so anche io che i programmi ci sono e vanno seguiti, non si può arrivare in seconda senza saper scrivere perché pochi sono indietro), trovare un modo alternativo di andare avanti (coinvolgendo i genitori, dando compiti mirati in più, e cose simili). Step due, stessa cosa.
Ecco, in tutto questo, a che servono i voti? Niente. Tutti ci sono, qualcuno scrive benissimo, qualcuno meno, qualcuno in fretta, qualcuno più piano, ma il punto è che io dovevo raggiungere con tutti uno scopo (hanno imparato l’alfabeto e lo sanno scrivere sufficientemente bene) e l’ho fatto. Punto.
Lo so, è utopia, non proporrei una cosa così in Italia domani. Bisogna cambiare tante teste, i maestri (anche per quelli bravi diventa difficile cambiare tutta la meccanica, e affrontare diversamente tutto), i genitori (quello che “voglio sapere quanto è bravo il mio, ma io come faccio, ma il voto, ma lo voglio..”) i bambini (se iniziano così è una cosa, se gli togli i voti da oggi a domani… mia figlia piangerebbe! 🙂 ).
Però non mi sembra stravolgente, insomma, poi per le pagelle si parla del bambino, si spiega ai genitori dove ha, eventualmente difficoltà (se per esempio, sempre parlando di prima, non riesce a lavorare con il minimo dell’ordine, non riesce a seguire le righe del quaderno, o se al mattino è troppo stanco, o se non riesce a seguire la lezione perché troppo agitato, ecco) e gli si suggerisce come collaborare a casa. Se non ha problemi “tutto bene, signora, risultati raggiunti, andiamo avanti”.
Serve davvero altro? Io non credo. Se una classe segue il programma e lo raggiunge, non vedo cosa serva ancora.
Sempre di elementari parlando, poi non lo so se davvero le cose cambiano così tanto, non voglio esprimermi su una realtà che non conosco.
Però ecco, ora sono curiosa: in Svezia quando vengono introdotti i voti? E ci sono valutazioni alle elementari quando i voti non ci sono?
Io invece sono per la pubblicità dei voti in classe. Proprio perchè la classe è un gruppo di persone che devono crescere insieme, e il confronto con gli altri deve essere costruttivo. E’ anche utile al processo di autovalutazione sapere quali sono i voti degli altri.
Quanto alla stonatura, non so. Mi sembra anche stonato che una bambina che ha iniziato la prima con entusiasmo non voglia fare i compiti: se non li vuole fare dov’è l’entusiasmo? Poi, magari può essere sbagliato dire a una bambina che le si può dare un brutto voto se non fa i compiti, però lei deve anche sapere che fare compiti è parte di quello che le è richiesto di fare, e se non lo fa la valutazione non è positiva. Insomma, mi sembra un peccato veniale 🙂
@Serena, io dico i voti a voce alta solo se i ragazzi mi danno il permesso. Dite ai vostri figli che hanno il diritto di mantenere privato il proprio voto. Tra l’altro, se non vogliono dire il loro voto agli altri, difficilmente gli altri lo diranno a loro e abbiamo ottenuto una buona mancanza di competizione 🙂
A parte scherzi, anche se mica tanto scherzi, dico davvero: i bambini/ragazzi hanno il diritto di mantenere privato il loro voto. I voti di fine anno invece sono un dato pubblico e sono affissi, come la promozione o bocciatura. Capisco anche che i maestri delle primarie tendono a creare questa atmosfera condivisa di “gioco di gruppo” al momento del voto (ripeto: io trovo che sia poco divertente e molto controproducente coi bambini delle primarie), e casomai accompagnate la richiesta dei vostri figli con un colloquio con il maestro/professore, insomma date una mano ai vostri figli, ma è un loro diritto.
Non ho capito in che senso un esame valuterebbe il modo di *porsi* piuttosto che la preparazione. Anche se all’università il voto è una valutazione di competenze complesse, tra cui sicuramente quella di discutere con sicurezza un argomento, per cui diventa difficile. In media, se si segue la carriera scolastica di una persona, dalla materna all’università, a meno che non sia uno sfigatissimo che becca sempre insegnanti e professori disastrosi, se uno è *sempre da sei* vuol dire che è sempre da sei, appunto, il che ovviamente non vuol dire che non sia un ottimo bambino o ragazzo, vuol dire che le sue competenze scolastiche sono su quel livello lì, punto. E nella vita vera a me sembra che la casistica sia infinita, c’è quello sempre da sei, quello con gli alti e bassi, quello con le materie sì e quelle no…
Io non sono contraria ai voti neanche alla primaria (dico voti, ma intendo voti o giudizi: insomma, una valutazione che chiarisca se so fare quella cosa, non la so fare, devo farla meglio, deve farla più in fretta…) e non sono contraria nemmeno a pretendere che si sappia il nome della nave di Darwin, dato che lui era Darwin e quella è una delle navi più famose della storia. A dirla tutta, non sottovaluterei affatto neppure il possesso di un bagaglio minimo di *nozioni*, cose che è vero che uno può imparare a cercare su Google, ma è anche vero che se le possiede nel suo bagaglio personale poi può procedere più speditamente sungo le sue strade personali.
Del resto, anche fuori dalla scuola, se si vuole incoraggiare un bambino che sta imparando a svolgere un compito, qualcosa bisogna pur dirgli.
E, soprattutto alla primaria (ma anche dopo, andiamo) dove sono gli insegnanti che danno i voti per minacciare e tenere in pugno? Magari ci sono gli incompetenti, ma il voto come arma non è più di questa scuola – forse lo era ancora vent’anni fa, ma oggi? Anzi 🙂
@LGO ma se una bambina di 6 anni che ha appena iniziato la prima con entusiasmo e dopo due mesi mi dice che deve fare i compiti sennò la maestra le da un brutto voto, non ti sembra stonata come cosa? Mica dico che tutti gli insegnanti fanno così, però ho l’impressione che i lettori di gc che sono anche insegnanti sono in una categoria un po’ più particolare di tutto il range di comportamenti possibili. Insomma mi illudo che abbiamo lettori intelligenti ecco 😉
Comunque ora lasciatemi fare una domanda costruttiva. E se le valutazioni fossero una faccenda tra alunno e insegnante? Cioè ad esempio se non fossero dati pubblicamente i voti? Secondo voi potrebbe funzionare?
PS. ma il nome della nave di Darwin in se non mi dice nulla. Se mi obblighi a saperlo insieme ad altri principi di biologia ci può anche stare, ma se l’insegnamento è tutto basato solo su nozioni idiote come questa, allora permettimi di dire che è totalmente inutile perché io quelle nozioni le ho dimenticate tutte.
Personalmente sono anch’io a favore dei voti, per lo meno a partire dalle medie. Mi sembra che molte obiezioni siano basate piuttosto sull’uso distorto che si fa del voto che non sul concetto del voto come valutazione del lavoro fatto.
Se l’insegnante è competente e scrupoloso valuterà il lavoro in sé ed eviterà il più possibile di dare etichette. Un insegnante superficiale avrà mille modi di classificare gli alunni anche senza l’uso del voto.
Non so, forse sono un po’ all’antica, però credo nell’utilità del giudizio come pungolo a fare meglio, naturalmente insieme alla comprensione dell’insegnante e allo sforzo per trasmettere l’amore per lo studio. E anche come modo di testare le proprie capacità e prendere anche delle batoste, ogni tanto male non fa.
Sulla questione dei confronti tra alunni credo sia una cosa inevitabile e devo dire che non necessariamente essere “tipi da 7” è cool. Io avevo la fortuna di andare bene senza studiare troppo e poi mi piaceva studiare, e questo ha fatto di me una specie di freak per tutto il liceo, mentre chi lottava per la sufficienza era sempre un po’ più fico. L’adolescenza è una brutta bestia anyway 🙂
@Serena lo so che tendono a farle, e io da insegnante cerco di spiegare loro perchè ritengo che sia sbagliato farle. Ma allora perchè loro fanno una cosa stupida buttiamo la valutazione? Alla fine di un’interrogazione l’alunno mi chiede “come sono andato?” e se io dico “bene” la domanda è immediata “quanto bene?”. E io lo capisco, cacchio, vuole sapere quanto bene ha fatto! E non ci trovo assolutamente nulla di male in questo! Poi li spingo a riflettere sul fatto che stanno migliorando, e in cosa, e in come. Chiedo loro quanto hanno studiato per un’interrogazione, se sono soddisfatti dei vari aspetti, se fanno particolare fatica con cose particolari… insomma li spingo a tirare le somme del loro lavoro, per avere chiara la loro situazione generale.
@supermambanana è ovvio, ma anche per i giudizi! ma una scala SERVE, puoi anche dire benino, bene, benone, benissimo ma una scala ti serve! Sennò come fanno a sapere se migliorano o peggiorano? E’ vero che io insegnante ho una visione generale dei punti forti e punti deboli dell’alunno, ma non mi posso ricordare i singoli errori di tutti i compiti in classe che ha fatto per potergli dire se sta migliorando o peggiorando! Poi sul diario del professore c’è una pagina per ogni alunno e lì ti segni tutto volta per volta, non solo i voti ma anche le tue impressioni.
Insomma io penso che alla fine il discorso sia sempre lo stesso: gli insegnanti scrupolosi non hanno problemi a gestire la scala delle valutazioni in una classe, per gli insegnanti menefreghisti il voto è l’ultimo dei problemi. Se lavori bene in una classe la classe lavora bene con te, ti stima, ti rispetta, se l’alunno ti stima pende dalle tue labbra più mentre gli dai consigli che mentre gli dici il voto. E se gli hai fatto una ramanzina perchè è bravo nella tua materia ma quel giorno ha preso “solo” 7, se ne va a posto insoddisfatto. E non per il 7, ma per quello che gli hai detto. Che ti assicuro, se c’è un buon rapporto conta molto di più. E adesso tu mi dirai: ma allora il voto a che ti serve? E io ribadisco: a valutare la resa, indipendentemente da tutto il resto. Perchè per carità, il resto è importante (e infatti non ti giochi l’anno scolastico con un singolo voto) ma io credo che sia importante anche imparare a rendere nonostante tutto il contorno.
scusate ma la graduatoria e’ intrinseca nella nozione di numero, magari non lo dici ad alta voce, ma sette rimane maggiore di sei comunque
Eh ma se le graduatorie le fanno gli studenti, secondo me le fanno comunque voto/giudizio/smiley o no. Se non ci sono le valutazioni, cominceranno a contarsi i segnetti rossi sui compiti, o le volte che l’insegnante durante l’interrogazione ha detto “uhm” o “sì però…”. È naturale che fra di loro competano. (anche noi avevamo la classifica per le assenze 😀 bei ricordi!)
@super ma chi l’ha detto che si fa una graduatoria??? Cioè, quando metto un voto cerco di essere onesta su chi ha fatto meglio o peggio (se tizio ha fatto meglio di caio non deve avere un voto inferiore) ma non dico i voti a voce alta e chiedo loro almeno di guardare il loro compito attentamente prima di guardare quello dei compagni, se proprio devono farlo!
Per me il voto che gli dò serve a loro, non a me per sapere chi è più bravo! Non mi serve a nulla sapere chi è più bravo!
@Barbara stai scherzando??? In classe nostra c’era pure la graduatoria per le assenze! Le graduatorie le fanno gli studenti è chiaro, mica gli insegnanti (almeno non ufficialmente, anche se non mi stupirei di sentire qualche esempio in tal senso). Le graduatorie sono pane quotidiano per i bambini, se le fanno da soli esplicitamente o implicitamente.
e ma valutare le conoscenze e’ un conto, fare una graduatoria e’ un altro, e’ questo che volevo dire, una valutazione (qui hai fatto male) che prescinde da una graduatoria (tizio ha fatto meglio) non sarebbe una cosa anche piu’ matura di un voto? Dalla quale non c’e’ neanche bisogno di “proteggere” i piccoli?
@Serena è chiaro che non desideri niente. Qui si discute e riflette, come sempre.
Ok, ammesso (e non concesso) che io sia un’insegnate “brava”, ti rispondo sul perchè ritengo il voto importante anche come affiancamento a tutte le spiegazioni e approfondimenti del caso. Perchè valuto un lavoro, ti dico se va bene o no e quanto va bene. Poi ti dico secondo me quali sono i tuoi punti deboli se ci sono e come puoi migliorarli, ma sappi che il tuo lavoro ora come ora non è sufficiente. E hai bisogno di sapere se è appena non sufficiente (5 1/2) o se decisamente insufficiente (5) o se non ci siamo proprio, hai delle carenze e neanche ti applichi (4). Che tanto queste cose se te le dico a parole o con un numero, è uguale. Poi parliamone, rivediamo gli errori, vediamo perchè hai sbagliato eccetera, ma questo tuo lavoro vale tot. Oppure: hai preso 9. Quasi tutto giusto, due errori di distrazione. Perchè fai sempre degli errori di distrazione? Comunque il tuo compito è ottimo, forse ti stanchi alla fine, oppure hai sbagliato un segno da un passaggio all’altro, cerca di stare concentrato dall’inizio alla fine, lo so che per due ore è difficile ma la scuola serve anche a questo.
Oppure: tu che hai la media del 6 1/2, questo tuo compito vale 9 (questo mi è successo davvero). Sai perchè? perchè ti sei rotto il braccio destro e il compito te l’ho dovuto scrivere io e tu mi dettavi, e allora riflettevi 4 volte prima di dettarmi qualcosa da scrivere. Se stai concentrato e rifletti, tu hai una preparazione da 9, non dal 6 1/2 che c’è sulla pagella, e te l’ho dimostrato coi fatti. Questo ragazzo ha mantenuto la media del 9 e abbiamo ampiamente scherzato sui vantaggi di un braccio rotto. Ma la cosa più importante è che ha lavorato sulla concentrazione, ci metteva la metà del tempo a fare i compiti e a studiare matematica, ed era più sereno e felice. Rendeva di più lavorando di meno. E quel 9 voleva dire tanto.
@Claudia, aggiungerei a quello che hai detto tu solo una cosa: una delle cose fondamentali, anzi secondo me la più importante che la scuola deve dare è il metodo di studio e di lavoro. Che è molto personale, si deve capire quale sia il migliore per ognuno di noi e imparare a farlo fruttare al meglio. In condizioni diverse, con vari insegnanti.
E’ per questo che il lavoro dell’insegnante è così difficile: bisogna decifrare la mente degli alunni e aiutarli e guidarli nel loro processo di autonomia di studio e di lavoro. E farlo parallelamente, con metodi diversi, per più di 20 persone alla volta. Ma come per loro la cosa vale anche per noi: un buon risultato ottenuto con fatica è la massima soddisfazione professionale che si possa sperare.
Scusate, mi rendo conto che “saper stare al mondo” può essere interpretato in un milione di modi alcuni dei quali piuttosto antipatici, quindi mi spiego subito 🙂
Non intendo, ovviamente, che tutti i bimbi debbano comportarsi “ammodino” e stare allineati e coperti – caratterialmente intendo – e men che meno che debbano costringersi a farlo solo per prendere un buon voto/giudizio/smiley. E il premio lumaca a quella maestra so io dove glielo caccerei.
Quello che voglio dire è che nel corso degli anni di scuola si dovrebbero imparare cose che servono nella vita, e fra queste c’è anche, per esempio: imparare a gestire l’ansia quando mi si richiede una certa prestazione; imparare a capire che tipo di collaboratore ho davanti per ottenere il massimo da questa collaborazione; imparare a smussare anche i propri angoli (e prima di tutto a riconoscerli) quando questi angoli ostacolano la buona riuscita di una collaborazione. Giusto le prime cose che mi vengono in mente.
Ovvio che queste cose non le insegni a un bambino di 7 anni a suon di 4 in pagella. Ed è anche altrettanto ovvio, per me, che il compito della scuola elementare non può essere di preparare i bambini alla dura vita del mondo del lavoro.
Però quando Serena dice che per prendere un voto alto in scienze ha dovuto capire come funzionava la testaccia dell’insegnante, e che all’università ha dovuto cambiare non tanto la preparazione quanto l’atteggiamento, a me viene da pensare che queste lezioni, per quanto al momento possano essere sembrata un’assurdità, sicuramente le sono servite più in là nella sua vita lavorativa e non. (E nel caso dell’insegnante di scienze, mi sembra che con una testa del genere voto, giudizio, smiley o il nulla, sarebbe stata esattamente la stessa cosa)
Un voto/giudizio/smiley non soddisfacente per il bambino per me vuol dire che la collaborazione insegnante/alunno non ha ancora ingranato.
In realtà non ho ancora capito Serena se desideri l’eliminazione del voto/giudizio alle elementari oppure in tutto il percorso scolastico.
allora fatemi chiarire una cosa: io non desidero niente! Questa non è una campagna per ottenere l’eliminazione dei voti a scuola. Volevo semplicemente riflettere con voi sull’utilità o meno dei voti, anche perché mi pare che ci sia molta confusione in merito. Sono d’accordo con Claudia che con la mia insegnante di scienze probabilmente non ci sarebbe stato nessun metodo funzionante sul serio, però il voto nelle sue mani costituiva una minaccia importante, anche per tutte le ragioni che state riportando voi. Perché va a pesare sulle medie e ad incidere su un sacco di cose. Allora è evidente che da un lato mi dite che il voto un’insegnate brava comunque lo giustifica e lo spiega, mentre l’insegnante non brava si lega al numeretto e non si schioda da li. Ma quello che intendo dire io è che visto che anche per l’insegnante brava questo modo di valutare non ha significato, che lo usiamo a fare?
Su un punto siamo d’accordo, ossia che sui bambini piccoli il sistema dei voti sia deleterio, però viene largamente utilizzato.
Sui più grandi? Parliamo di medie. La scuola sta diventando informativa come dice Barbara (però continua a svolgere il suo ruolo educativo nei confronti dello studio, a meno di immaginare che dei bambini di 11 anni abbiano davvero sviluppato già un metodo e una maturità necessaria ad autogestirsi). Il bambino ha bisogno che il suo operato sia valutato. Ha bisogno di sapere se sta facendo bene o male. Siamo tutti d’accordo. Ma il voto con tutte le sue limitazioni di cui stiamo parlando rappresenta il modo migliore per farlo? Possiamo immaginare altri sistemi di valutazione? O di autovalutazione? O di autovalutazione guidata? Come possiamo trasformare il voto da giudizio di merito a indicazione propositiva per lo sviluppo. Il voto poi per me ha un altro effetto collaterale che è quello di togliere la responsabilità allo studente. Come possiamo far capire allo studente che sta studiando per se stesso e non per il voto? Sono domande aperte, non ho una soluzione. C’è qualcuno che ha vissuto esempi differenti che funzionano (magari all’estero)?
Concordo con Claudia. A un certo punto della crescita, quando la scuola passa dall’essere prevalentemente educativa a prevalentemente… diciamo informativa (scusate oggi mi mancano le parole) , allora la valutazione di quanto si è fatto e di come si è fatto diventa fondamentale. Una persona che ne sa più di te in quella materia ti dice quanto stai lavorando bene, se devi fare di più, se hai delle lacune importanti o se per caso sei particolarmente portato. E io credo anche che da un certo punto in poi non ci sono e non ci devono essere scuse su tutto il mondo che ti sta intorno: devi saper fare una versione di latino e devi saper fare lo studio di una funzione, sennò il diploma di maturità scientifica non te lo posso dare. Perchè il diploma ha valore legale e chi ce l’ha deve sapere e saper fare questo e quello.
Io non sono molto d’accordo con questo sistema, così come sui concorsi, ma per ora le cose stanno così, e finchè le cose staranno così una valutazione asettica si rende indispensabile. Perchè ricordiamoci anche che non tutti i 110 e lode sono uguali: c’è dentro il genio, il secchione, l’ultraveloce, quello che si è fatto un culo così eccetera. E anche questo è ingiusto, ma è così.