Quei terribili sei, sette anni: l’opposizione

Da un confronto nato su genitorisbroccano e da altri spunti di conversazione con genitori, mi sono resa conto che, alcuni dei nostri figli, vivono una crisi dei sei/sette anni.
Nonostante abbia cercato molto in rete in proposito, mi sono resa conto che la questione non è ben codificata nella letteratura pedagogica-evolutiva come lo sono invece i famosi “terrible two“. Eppure noi sparuto gruppetto di genitori esausti e snervati, assistiamo alla crisi quasi-adolescenziale che si situa proprio in questa fascia d’età.

Questo, solo come esempio, uno dei tanti “sbrocchi” lasciato da una nostra lettrice: “La peste, 7 anni, peggiora sempre più. Mi sembra di aver a che fare con un’adolescente. Non ascolta mai quello che le viene detto, vuole fare quello che le pare e ci provoca finchè non sbrocchiamo. Dopo 5 minuti ripete esattamente gli stessi errori. Tutti i metodi provati non funzionano nulla di nulla!
Sembra che per fermarsi abbia bisogno di vedere il padre e la madre fuori dai gangheri e spesso neanche questo è sufficiente.”

Io, non sono un’esperta, non ho nozioni di psicologia dell’età evolutiva, se non quelle di divulgazione che mi sono procurata per sopravvivere! Ma una cosa la so fare, professionalmente, direi: valutare gli indizi!! E così ho deciso di procedere con un metodo che mi è noto per cercare una spiegazione.

La prima domanda è: cosa accade a sei o sette anni di tanto dirompente nella vita dei nostri bambini? La scuola elementare. I bambini intorno a quell’età transitano per uno dei grandi passaggi della vita: iniziano ad assoggettarsi a regole davvero articolate, più rigide, codificate. Sono sottoposti ad una valutazione, assumono dei doveri: è il primo incontro/scontro con la logica del risultato. Stabiliscono rapporti con i coetanei più stabili e duraturi, costituiscono dei gruppi, nei quali si includono o, anche, dai quali vengono esclusi. E’ un’età socialmente stressante, è un momento di crescita.
Non c’è da stupirsi che alcuni reagiscano con uno stravolgimento interiore a questi cambiamenti: soprattutto chi non ama per carattere i cambiamenti ed ha bisogno di tempo per elaborarli. Chi non ama che il suo tempo sia scandito dal ritmo altrui, soffre particolarmente l’adattamento alle regole scolastiche. Chi mal tollera l’insuccesso, patisce la frustrazione del non riuscire in qualcosa.
Regole, compiti, voti, mamma e papà che chiedono e controllano, maestri che correggono… Ufff… che fatica!!
Del resto, a febbraio di quest anno, io scrivevo questo post.
A pensarci bene ce n’è a sufficienza per essere arrabbiati con il mondo degli adulti, non trovate?! E quali adulti migliori con cui prendersela se non mamma e papà? Anche perchè ogni NO, ogni opposizione, ogni protesta, è in fondo una richiesta d’aiuto. E’ un modo di chiedere: “come si fa da grandi?”

Il secondo elemento mi è stato offerto dalle letture sul web: ho scoperto il DOP, disturbo oppositivo provocatorio. Badate bene, è una cosa seria ed è questione eminentemente medica, quindi mi limiterò a qualche blanda spiegazione ed a linkare siti adeguati.
Si tratta di un disturbo spesso associato all’ ADHD – disturbo da deficit di attenzione e comportamento dirompente, ovvero ai casi di c.d. iperattività (in senso tecnico, non colloquiale). Si manifesta spesso con l’ingresso nella scuola elementare e poi, successivamente, nell’adolescenza ed è così identificabile: “La caratteristica fondamentale del Disturbo Oppositivo Provocatorio è una modalità ricorrente di comportamento negativistico, provocatorio, disobbediente, ed ostile nei confronti delle figure dotate di autorità che persiste per almeno 6 mesi ed è caratterizzato da frequente insorgenza di almeno uno dei seguenti comportamenti: perdita di controllo, litigi con gli adulti, opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli adulti, azioni deliberate che danno fastidio agli altri, accusare gli altri dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento, essere suscettibile o facilmente infastidito dagli altri, essere collerico e risentirsi, o essere dispettoso o vendicativo” (da educare.it).
Con questo non voglio sostenere che ai nostri figli sia diagnosticabile in massa un disturbo della condotta di questo tipo, ma vorrei solo evienziare che, se un bambino con disturbo ADHD può sviluppare questo tipo di comportamento nel momento dell’ingresso nella scuola, tutti gli altri bambini, in particolare quelli più energetici e persistenti, possono presentare un atteggiamento oppositivo nella stessa fascia d’età.

E’ infatti evidente che, spesso, verso i sei, sette anni, i bambini possano iniziare a dire di “no” anche a cose che prima facevano normalmente e che ora, invece, rifiutano categoricamente.
Accettiamo che questo è un percorso naturale di crescita, che a volte può presentare degli eccessi che disorientano i genitori, soprattutto quando si manifesta nei confronti di attività che prima venivano svolte senza nessun problema.
Per esempio mio figlio ha sempre adorato la lettura: ora che potrebbe leggere da solo, da un po’, si rifiuta di farlo e fargli leggere il libretto che ha come compito delle vacanze è un’impresa impossibile.

Perchè accade? Perchè è un momento in cui il bambino, come poi avverrà per l’adolescente, deve affermare il suo posto nella famiglia, deve ritrovare se stesso ed il suo spazio dopo questo passaggio epocale di crescita. Ma anche perchè la sua personalità si delinea in modo più complesso e può collidere con quella dei genitori. Il bambino deve affermare continuamente che lui non è i suoi genitori, non è i suoi maestri, non è i suoi compagni di classe, è un’altra persona: ha bisogno di urlare al mondo che lui E’.

Ed allora, che fare quando si ha uno scricciolo di sei o sette anni (ma spesso anche cinque) fortemente oppositivo?
Il contrasto diretto, lo abbiamo, credo, sperimentato tutti, non paga. Bisogna trovare un equilibrio tra regole, che vanno mantenute, solide ed autorevoli, e flessibilità. Forse bisogna scegliere con cura le battaglie da combattere e cedere spazi in settori dove si pensa di poterlo fare. E’ necessario trovare un modo per dare sfogo a questo fiume in piena di crescita. E qui, ognuno, deve trovare la sua strada, con la sensibilità di genitore e con la conoscenza del proprio figlio.
Alcuni psicologi evidenziano che i bambini oppositivi e perennemente in contrasto con i loro genitori o con le altre figure adulte di riferimento, solitamente sono molto sensibili e più soggetti di altri a sentirsi esclusi e giudicati negativamente: ci si raccomanda, perciò, di essere delicati e comprensivi…
Si, ma lo sanno quanto ci costa? Ma lo sanno quanto mette alla prova un seienne perennemente ostile? Però è così: delicati e comprensivi…
Forza e coraggio, che finita questa toccherà all’adolescenza vera e propria…

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65 thoughts on “Quei terribili sei, sette anni: l’opposizione”

  1. Gloria mi sembra abbia tratto una sintesi molto efficace, passando anche per i commenti di D. e Daniela.
    Ve lo confesso, non è un buon momento con il Sorcio, ma da quando siamo insieme 24 ore su 24, dall’inizio del mese, va un pochino, pochino meglio… Magari abbiamo più tempo per godere anche dei momenti buoni.
    Però in questo sfacelo di guerra con mio figlio che proprio non mi andrebbe di combattere, che mi sfianca e mi sconfigge ogni momento, ora mi sento davvero meno sola ed anche meno preoccupata.

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  2. Nonostante la mia latitanza dal web di queste settimane, l’argomento in questione ha finito con l’acchiapparmi.
    I commenti a questa discussione sono tantissimi, ma evidenziano un solo fatto: il cambiamento c’è. Forse sono cambiati i bambini, la nostra società è indiscutibilmente ricca di stimoli (e superstimoli). Forse i genitori sono cambiati. Il concetto di famiglia è cambiato. Il lavoro è cambiato.
    A chi sostiene che ormai tutte le battaglie siano state combattute farei leggere i vostri commenti.
    La verità è solo una: Noi non nasciamo col libretto d’istruzioni per la nostra vita. Nessun manuale ci insegna come ci dobbiamo rapportare con la scuola, il lavoro, gli amori, la famiglia, i figli.
    Forse diamo per scontato che i nostri genitori sapessero come fare (per educazione, per cultura). Ma quanti di noi hanno chiesto alle loro mamme e ai loro papà come si sentissero come genitori? Se anche loro avessero dubbi e perplessità? Oggi di sicuro noi ne parliamo di più. La rete ci ha permesso di allargare la nostra cerchia e allargare la nostra visione del mondo. Inevitabilmente aumentando la nostra conoscenza aumenta la nostra insicurezza.
    Se riuscite a leggere tra le righe, il detto che solo gli stupidi hanno la verità in tasca, dice moltissimo.
    Forse i nostri figli non sono più insicuri per tutti i motivi che avete detto. Forse sono più insicuri perchè sono più intelligenti.

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  3. Ciao a tutte!
    Noi siamo ancora nella fase dei terribili 2 da quando la Picccola aveva 18 mesi (ora ne ha 22). Lei non dice sì, sa solo annuire, mentre il no (GNO’!) arriva forte e chiaro da tempo.
    Con le vacanze e i ritmi meno strutturati, il suo carattere deciso e la voglia di esplorare hanno avuto libero sfogo: cammina senza dare la mano, nemmeno per attraversare la strada (urla belluine per obbligarla). Cerca di salire le scale da sola, decide che vuole fare il bagno e punta verso l’acqua alta, se ha fame apre il frigo e mi porta qualcosa dicendo “pappa!!”. Mette le mani per l’ennesima volta dove sa che non deve, guardandoci e dicendo “noooo”, ridendo (in questa occasione devo ricordarmi che è mia figlia).
    Non è che ci voglia necessariamente sfidare, è che vuole fare da sola. E basta. Mia madre gongola perché dice che ero uguale e mi guarda come se avesse aspettato questo momento tutta la vita.
    La cosa strana è che tutta questa indipendenza sparisce la sera e abbiamo ancora problemi con il sonno.
    Se il buongiorno si vede dal mattino, a 6 anni prenderà la macchina da sola? 🙂

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  4. Aggiungo una cosa: ho detto prima e ribadisco che non credo che il rapporto sia automatico “genitori separati= figlio oppositivo”, penso però in generale che in una società in cui molte certezze vengono meno, si diffonda nei figli anche un bisogno di sicurezza e di tempo dedicato che non sempre sono corrisposti, poi i bambini socializzano e certi atteggiamenti si “trasmettono”, quindi si crea piuttosto un humus per certi problemi, più che un vero proprio meccanismo automatico.

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  5. Daniela, forse ciò che dici tu non è in opposizione, ma si integra con quello che dico io: certo, è cambiato un mondo, una cultura, certe cose in meglio, altre in peggio. La famiglia in generale è meno monolitica di un tempo, ciò significa più fragile e indecisa a volte, altre in balia di sensi di colpa, altre ancora magari più creativa, chissà?
    Non voglio dire affatto che le mamme che lavorano abbiano “colpe” (io stessa lavoro), ma che una società che è concentrata sul successo personale e lavorativo, non sempre si rende a misura di bambino.
    D’altra parte io credo che certe “intransigenze” del passato dipendessero da una profonda sicurezza di sé degli educatori, magari non sempre ben riposta. Certamente l’ascolto è una “conquista”, ma sul versante del rapporto autorità/libertà, mi permetto di dire che ogni squilibrio (in un senso o nell’altro) è portatore di disagio. Francamente, non mi piacevano gli abusi di autorità di un tempo, così come non mi piacciono gli eccessi di libertà di oggi (e come madre di una figlia sedicenne, avrei molto da dire sul punto).
    Di una cosa sono certa, però, ed è che la storia del “tempo di qualità” è un po’ una pietosa bugia autoconsolatoria che ci diciamo, quando invece nell’educazione ha un’importanza immensa anche la “quantità” del tempo.

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  6. D., sai che a me invece questa colpa alle famiglie di ora piace poco? Insomma, mi sembra che alla fine si butti tutto lì: il bullismo, le risposte, le fasi oppositive, le difficoltà, se ne parla, riparla, si valutano tutte le cause (pure le merendine?) e poi alla fine tanto nessuna regge e beccati lì, ma si, che vuoi, le mamme lavorano, i genitori si separano, sarà quello.

    SAi invece cosa credo sia cambiato? Queste cose, si, certo, ma non le vedo come causa. Io lavoro ma dedico tempo alle mie figlie, sicuramente le educo più di chiunque altro, e intorno a me alla fine vedo famiglie normalissime, che stanno insieme come possono ma cercando di starci al meglio, le separazioni ci sono, tante, ma non così tante, alcune disastrose, alcune no, insomma, non mi sembra così drammatica la cosa.

    La differenza è che ora ai bambini/ragazzi queste cose vengono permesse! E attenzione, non dico che sia un male, tutt’altro. Ma già quand’ero bambina io, se provavo a dire la mia a tavola mentre parlavano i grandi, o non mi sentivano o si facevano una risata, quando era bambino mio padre, prova a protestare, una bella cinghiata e via (e non per dire). A scuola idem, prova a chiedere a mia suocera se fiatava al momento sbagliato che le succedeva… Forse non per la mia generazione, quasi sempre per quella dei nostri genitori, per i nostri nonni era la regola. Disobbedisci? Dietro la lavagna. Rispondi? Uno schiaffone. Mica ci si faceva tanti problemi!

    Ora no, ora anche i bambini vengono rispettati (e giusto che sia, anzi, a volte ancora ce lo dimentichiamo!) e anche a loro viene dato il beneficio di parola. Ora un bambino che si arrabbia non viene zittito con uno schiaffone e spedito altrove perché non disturbi, viene ascoltato.

    Ecco, forse la difficoltà ora sta qui, abbiamo iniziato ad ascoltare e ancora non sappiamo bene però come rispondere e reagire. Ci vuole allenamento. Almeno per me… Ecco, penso che le fasi oppositive e le altre difficoltà ora ci siano perché concesse, una volta se ci provavi erano guai. Poi magari anche questa è una generalizzazione, ma secondo me le separazioni incidono su cose diverse. E le madri che lavorano possono farlo senza nessun danno, se non sono del tutto assenti.

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  7. Posso essere (come al solito) poco “political correct”?
    Le fasi oppositive di ciascun bambino e la sua storia personale sono, ovviamente, percorsi individuali che difficilmente si possono generalizzare. Ma a fronte di allarmi continui da parte di insegnanti, famiglie, medici, operatori sociali, dobbiamo forse riconoscere che siamo di fronte a un fenomeno collettivo, che somma le varie storie individuali trasformandole in una tendenza su cui riflettere.
    Silvia, sopra, parlava di televisione e merendine industriali come cause scatenanti, e probabilmente queste cose hanno il loro ruolo. Per altro, il problema sussiste anche in case in cui la prima è contingentata e le seconde bandite, quindi deve esserci dell’altro.
    Ora qual è il cambiamento sociale rilevante che possiamo osservare nella nostra epoca rispetto al tema dell’educazione? Uno sfilacciamento (a dire il minimo) del concetto di famiglia: madri lavoratrici (per scelta o per bisogno) assenti troppo a lungo, figli troppo delegati a terzi, spesso figli unici gestiti tra tempi lunghi a scuola e nonni supplenti, famiglie instabili, percentualmente sempre più tendenti allo sfascio, al dissolversi per riformarsi (anche più di una volta), in alcuni casi tra lotte furibonde. Genitori dilaniati tra le esigenze delle proprie vite e un senso di colpa nei confronti dei figli, che favorisce un rapporto troppo spesso squilibrato. E’ possibile chiedersi se questo non sia un male per i bambini? E’ possibile che alcuni problemi oggettivi dipendano da alcuni mutamenti oggettivi? Non dico neppure che si tratti di un’equazione semplice, del tipo “figlio con famiglia “debole” alle spalle = figlio oppositivo”. Forse è più complesso, ma ho l’impressione che una società che ha perso gran parte della centralità del rapporto famigliare possa generare bambini con maggior problemi comportamentali. E ho la certezza che molte donne questo non lo vogliono sentir dire.

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  8. Rape’… tu mi spaventi…
    Silvia, ben arrivata! Io questa storia che ci hanno scelti non osavo dirla, ma ogni tanto la penso anche io… Magari la televisione può avere qualche influenza (ma non determinante), ma le merendine industriali… beh! Qui se ne mangiano davvero poche, ma siamo sempre sulle barricate.

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  9. Oh, caspita!Ho trovato il blog giusto per l’umore di questi gg!!! :/
    Il commento di Daniela sembrava che lo avessi scritto io! Mio figlio (Nahele)compirà 6 anni il 5 novembre e a volte mi sembra di avere a che fare con un ragazzino di 11-12 anni… Al di là delle varie sindromi (per le quali,secondo me si deve ringraziare molto la TV e le merendine industriali!), credo che i ns figli appartengano ad una generazione di “dissestatori di sistemi”: CI HANNO SCELTE!!!Le loro anime si son ben guardate intorno prima di decidere quali genitori scegliere!!! E’ difficile, è una lotta quotidiana tra ciò che vorremmo facessero e ciò che invece non riusciamo a fare…ma, come ho scritto nel mio post (condivido il blog con mio marito:www.sacroprofanosacro.blogspot.com; i miei sono sotto l’etichetta Eco di casa di Silvia), c’è bisogno di educare noi stessi per educare loro…Il cammino è difficile e tortuoso, ma sono convinta che a lungo andare le nostre scelte miglioreranno tutti.
    Serenità, a tutti noi!

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  10. Vado tranquilla. Nel caso dei miei due non c’è stata alcuna interruzione tra i terrible 2’s e i terrible 6’s. Hanno optato per una soluzione di continuità puntando sull’assuefazione genitoriale.

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  11. Vediamo… DOP: ce l’ho. Incubi notturni: ce l’ho. Pipi’ notturna: ce l’ho. Posso pensare di arrivare preparata all’ adolescenza! In queste settimane siamo al “mamma cattiva” gratuito e linguacce. Mi sa che di ‘sto passo chiederò un finanziamento per mantenermi la psicologa!

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  12. Silvia, te lo confermo il libro è quello. Ovviamente ci sono anche sezioni dedicate a chi ha problemi molto seri ma la filosofia di base “kids do well if they can” è un bellissimo approccio. Buona lettura.

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  13. Come al solito leggere i vostri post mi rincuora. Almeno per un po’. La fase oppositiva del mio Nano è iniziata purtroppo da molto tempo, da sempre credo. Per lui i 6 anni arriveranno a dicembre ma la scuola inizierà tra un mese e non riesco a pensarci serenamente. Nelle ultime settimane ha avuto crisi molto forti, violente, in cui si trasforma in un altro. In quei momenti non si può far altro che contenerlo e fargli capire che nonostante tutto non siamo arrabbiati con lui, che siamo lì per aiutarlo a fermarsi.
    Sono consapevole che si tratta di qualcosa di più che gestire un bambino energetico. Anch’io mi sono dovuta documentare e sono arrivata alle stesse sigle (ADHD, DOP) e al terrore che esse generano. Immagino che dovrò venirne a capo presto, ma non è pertinente con questo post.
    Nel frattempo però ho letto un libro bellissimo (non soltanto per bambini molto difficili come il mio) che purtroppo è solo in inglese “The Explosive Child”. I principi di base sono quelli dell’intelligenza emotiva ma finalizzati alla comprensione e alla prevenzione delle “esplosioni”. I bambini come il mio vengono definiti “pensatori in bianco e nero che vivono in un mondo grigio”: non hanno ancora imparato a gestire le sfumature del vivere sociale e questo li rende incapaci di gestire al meglio le delusioni e le frustrazioni. Le esplosioni sono quasi sempre destinate ai genitori, con i quali non esistono forme di autocontrollo per vergogna.
    E’ possibile che molti bambini – assolutamente non patologici – nel momento in cui entrano ufficialmente nella struttura sociale possano avere qualche problema con il “grigio” e si sfoghino con mamma e papà.
    Detto così suona un po’ semplicistico ma è difficile riassumere certi concetti.
    Per ora cerco di allenarmi alla prevenzione e spero tanto tanto che funzioni al meglio tra un mesetto …

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