Essere consapevoli delle proprie paure, purtroppo, non evita l’eventualità di doverle affrontare, ma consente di dedicare le energie all’oggetto della paura, piuttosto che a combattere le emozioni solo perché “fanno brutto” o non vogliamo crederci.
Pensando al mio ruolo di genitore, alle responsabilità che sento di avere nei confronti di mia figlia e di mio figlio, e al tema dell’educazione sessuale, quello che borbotta in fondo alla mia pancia, laggiù, dove teniamo le paure più scomode, quelle che ci fanno sentire inadeguati, è la paura che possano incontrare la violenza fisica e non sapere come dire no, come sentirsi al sicuro, come ricostruire la propria sicurezza. Le parole non vengono da me, vengono da quest’articolo, su cui si proponevano le cose che un bimbo di 4 anni deve sapere e – a mio parere, giustamente – l’autrice, Alicia Bayer, non proponeva “nozioni” ma consapevolezze dell’essere. Ecco, io pensando al fatto che ho la responsabilità di fare loro conoscere la sicurezza ma soprattutto di far loro
“sapere che può fidarsi del suo istinto riguardo alle persone, e che non deve mai fare qualcosa che non gli sembra giusto, a prescindere da chi glielo chiede”
mi sento un po’ sollecitata e messa in allarme dalla paura e, forse, anche un po’ dall’angoscia.
Purtroppo, si tratta di una paura estremamente razionale anche se difficile da governare. La violenza fisica sui bambini, l’incontro con il pedofilo, è infatti un avvenimento che nella maggior parte dei casi avviene non per mano di un estraneo, di un lupo nero incontrato perdendosi nel bosco. La violenza sessuale sui minori avviene per mano di un familiare, di un conoscente, di un amico di famiglia. Di qualcuno di cui bimbo e genitori si fidavano.
Capisco, quando l’autrice dell’articolo, allo stesso punto, cita
“Dovrebbe sapere quali sono i suoi diritti personali e sapere che la sua famiglia li sosterrà”
Nell’ordine, quali sono i contorni della mia paura? L’incontro con il male, ovviamente, ma anche e forse soprattutto, l’esistenza, la creazione di un terreno subdolo in cui un bambino, incontrando il male, senta di non potersi proteggere, senta anzi quasi di meritarselo, il male, che sia l’unica strada per coltivare un rapporto, la segretezza e le derive della segretezza di certi rapporti e infine, la paura di non essere stato capace di costruire sufficiente fiducia in sé da dire NO, da sapere di poter essere creduto, da sapere che la nascita e la costruzione del suo IO, che comprende anche il rapporto con il suo corpo e con zone inviolabili, intime, protette del suo corpo, trovano, in casa, spazio per essere accolti e crescere.
Il nostro cervello è fatto apposta per dirsi “a me non accadrà”. È un meccanismo salvifico, evolutivo, quello che ci spinge a migliorare, a credere nel nostro futuro. Lo potete leggere in questo libro Ottimisti di natura. Perché vediamo il bicchiere mezzo pieno.
In queste mie righe non troverete ovviamente, per ragioni scaramantiche e per non essere una futile “Cassandra”, probabilità statistiche di incontrare il male. Per voi o i vostri figli. Perché saggiamente la vostra testa vi direbbe che esagero.
Quello che vi propongo, che mi propongo, è di pensare che questa paura nasca per proteggere me e una persona che amo molto da una violenza così orrenda da non poter essere neanche immaginata, dalla perdita di un’occasione unica nella vita, quella di fidarsi di se stessa, del proprio istinto, anche delle proprie sensazioni corporee. E quindi di lavorare su questo, serenamente.
Esiste un libro, colorato e semplice, promosso dal Consiglio d’Europa. Si intitola “Qui non si tocca!”: leggiamolo, leggiamolo assieme ai nostri figli.
Invece di cacciare sotto al tappeto la paura dicendoci “non accadrà mai” diamole un posto sulla credenza. Non un posto di rilievo, ma sufficiente a ricordarci, ogni tanto, di rileggere assieme questo libro, o altri che ci suggerirà la nostra mente, anche le favole antiche, come Barbablù o La Bella Addormentata.
Quello che importa è fare un po’ di spazio a quella paura che ci dice che, talvolta, anche nel più bel castello, tra le stanze ricolme di gioielli e quadri e tessuti magnifici, in fondo a un buio corridoio, c’è una porticina che apre una stanza piena di sangue. E che occorre fidarsi dell’istinto che suggerisce di scoprire l’esistenza di quella stanza, per chiamare i fratelli in soccorso, e fuggire dal castello fatato di Barbablù. Pena, perdere se stessi, in quel castello.
Cara Silivia, mi piace moltissimo come affronti in generale sul blog e qui in particolare il tema della paura. Intendo la paura degli adulti, nel blog evidentemente visti come genitori. Legata alla paura della sessualità, molto spesso, che ne trascina altre e rischia di far davvero grossi guai nello sviluppo delle persone. Penso sia un lavoro molto utile quello che fai e spero che molti ti leggano. Sul tema in questione, che dire. Anche io ho incontrato, molto piccola, un paio di lupetti, per fortuna non troppo dannosi, ma m’è capitato, purtroppo. Uno dentro e uno fuori casa. Di educazione sessuale ne sapevo, ma è vero che non basta, davanti alle situazioni concrete è difficile capire cosa stia succedendo, difficile capire da soli come reagire.
In compenso quando, ormai adulta, un tizio ha provato a mettermi le mani addosso nel portone di casa, l’ho preso per il bavero e sbattuto sul medesimo. Peccato solo non aver avuto le forze per sbattercelo più forte…
Daniela: grazie. Mi sarai di ispirazione per i prossimi dialoghi…
Qui non si tocca l’ho letto a mia figlia anni fa. Ora ha 8 anni, e… e la paura è sempre più grande. Gli scout, e sta fuori casa con persone che alla fine appena conosco, a casa dell’amichetto, in gita, sempre più indipendenza. E’ giusto e sacrosanto, ma come madre corro ai ripari. Le parlo in crescendo fin da quando andava al nido. Ho approfittato spudoratamente della sorella per questo, lei la abbracciava spesso troppo forte e troppo a lungo, e la sorella piangeva. “Tesoro, le coccole sono coccole solo se le vuole chi le fa e chi le riceve, sennò sono una cosa brutta e non si devono mai fare.” oppure “amore, senti, ognuno di noi ha uno spazio suo personale. Non si vede ma c’è. Prova ad aprire le braccia e fai un giro. riesci a vedere nella testolina il cerchio che hai fatto? Quello è il tuo spazio. Solo tuo. Così ne ho uno io, uno papà, uno la sorellina, tutti. Se sei sul treno e c’è troppa gente, fa niente, lo impresti. Ma se non serve, è tuo, solo tuo e nessuno può entrarci se non vuoi. Se non vuoi dici no, e anche la tua sorellina a volte dice no, e allora la guardiamo un po’ più da lontano, perché le vogliamo bene e chi vuole bene non ruba lo spazio degli altri”.
Sono passata poi ai “le regole esistono per far stare bene tutti, e per questo tutti devono rispettarle. Ma se non fanno stare bene tutti, e fanno del male a qualcuno, allora sono sbagliate. E se sono sbagliate si possono cambiare” (concetto superficiale, ma era piccola, direi che basta). e poi ancora “no amore, i grandi non hanno sempre ragione, nessuno ha sempre ragione. Se qualcuno fa qualcosa che ti fa star male tu puoi dire no, anzi devi dire no perché sei importante e nessuno deve farti male, se qualcuno ti fa triste (era il momento del “mi fa triste” 😛 ) lo puoi dire sempre, e se lo dici e ti fa stare più male puoi anche urlare, sempre, e mamma e papà sono qui per farti stare bene sempre, ok?”
Ecco, queste le cose da piccola. Quelle che dovrei riprendere con la sorella che ha 4 anni, ma che a differenza della prima, sembra non sentire mai cosa diciamo, come se il mondo intorno non la riguardasse…
Ora che ha 8 anni sono passata alle vie più dirette. E ho cercato libri utili. L’ultimo che le ho preso è “quel signore non mi piace”. Decisamente più diretto e specifico ma… ma a portata di ottenne. E col vantaggio che forse l’esplicità (niente di innominabile, un signore con l’impermeabile che fa vedere il pisello alla protagonista mentre torna a casa) toglie un velo, un tabù. Forse avendolo già detto, avendoci anche riso, avendone mai parlato, se mai succederà sarà meno imbarazzata.
E ora che iniziano le gite di due giorni… Si, lo so, non servono due giorni, bastano 10 minuti, è che si aspetta un po’ il momento giusto, la maturità giusta, e insomma, se la lascio fuori casa due giorni forse ce l’ha. Ora che sa cos’è il sesso, ora che sa tutto quello di cui sopra, troverò un giorno semplicemente per parlarle a cuore aperto.
@Polly: sono un’esperta a nascondere emozioni protettive sotto al tappeto, quindi non posso dire niente, salvo che quando avrai voglia di ricontattare l’esigenza di aprire il sito, piano piano potrai farla. Proteggersi e sapere come proteggersi è qualcosa che possiamo imparare, con l’allenamento. baci
Anch’io ho letto La risposta del cavolo e ho subito sentito l’esigenza di andare ad aprire quel sito con le bimbe. Poi non l’ho fatto. Come dici tu, il mio cervello s’è rifiutato di immaginare questa cosa orrenda, e ho preso questo consiglio e l’ho spazzato sotto al tappeto. 🙁
@close grazie, Close: intervieni sempre puntualmente e con aspetti cruciali. Anche a me certe dichiarazioni lasciano sorpresa, stupefatta, interdetta. per questo mi sembra tanto importante il diritto di “sapere quali sono i suoi diritti personali e sapere che la sua famiglia li sosterrà” ma, come sempre, forse riferisce alla capacità di rileggersi e rileggere la propria esperienza…
Sto leggendo adesso il libro “La risposta del cavolo” di Mammamsterdam (grazie!!! bellissimo :D) ed ero arrivata appunto alla nota sul sito e libro Quinonsitocca. L’idea è bella, comincerò a pensare a come proporla a mia figlia. Penso che come in tante cose la nostra esperienza di figli dovrebbe guidarci nell’esperienza di genitori, cioè se ci è capitato, che pensieri abbiamo fatto, perché (non) abbiamo reagito, perché (non) ne abbiamo parlato. In quanto mamma di una bambina poi ho una paura ulteriore, non è solo della violenza in sé ma della reazione del “coro” alla denuncia della violenza avvenuta. Mi piacerebbe avere l’opinione delle mamme di maschi in proposito. Ho letto reazioni irripetibili su notizie che riguardavano bambine delle elementari che mi hanno fatto male. Per cui la paura è: mi crederanno?
Se riesco ci scrivo su un post via blogstorming.
@Mammasterdam: grazie del tuo intervento, che integra e completa.
Di “Qui non si tocca” esiste anche un filmino online, che ho guardato insieme a figlio 1 in un periodo in cui era talmente giù e stranito, che con sua nonna ci siamo chieste seriamente se non gli fosse capitato, come dici benissimo (madò che belle parole) che il male sia la strada per coltivare un rapporto. Si è fatto una tale risata di cuore durante il filmino che ho capito che non era quello il suo caso, e ci siamo rilassati.