Oddio sono gemelli!


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Succede che hai un figlio di un anno e mezzo, un bambolotto paffuto e sereno, re della tranquillità, mangione e dormiglione, il sogno di ogni genitore.

Succede anche se sei figlia unica e non vorresti che tuo figlio ripetesse questa tua esperienza, di solitudine in tanti momenti e in tante situazioni.

Succede poi che con tuo marito decidiate di mettere in cantiere il secondo, “…tanto ora che arriva ci vogliono due anni…”.

E’ luglio, Milano è un deserto di caldo, afa e zanzare, si va dagli amici in terrazzo fino a tardi, il bimbo paffuto e stanco si addormenta sul passeggino senza fare un plissé, tu e tuo marito vi godete la serata che scorre veloce tra chiacchiere e vino leggero. Ad agosto il primo viaggetto itinerante con pupo a seguito, un Portogallo colorato e ospitale ad accogliere tre persone felici, curiose di scoprire luoghi, sapori e angoli nascosti.

Si cambia aereo e si approda dai nonni in Sardegna, l’isola che da sempre vi abbraccia con l’intensità di famiglia, un tripudio di profumi inebrianti e intensi, il mirto e la liquirizia fanno da scenario a lunghe nuotate e giochi sulla spiaggia, camminate sulla riva di un mare azzurro e accecante, sempre nelle vostre favole e nei vostri ricordi di bambini.

Succede che ti senti strana, e hai paura a capire perché, un malessere che intravedi e che in fondo già conosci, ma più forte, più insistente: cammini e ti devi sedere, ti gira la testa e ti viene la nausea, ti stendi sull’asciugamano all’ombra e inizi a pensare.

Guardi tuo figlio giocare, riempie di sabbia una formina a pesciolino, trasporta con fatica un secchiello pieno d’acqua, prende un rastrello e poi una paletta, mescola sabbia e acqua e crea strani intrugli. Lo guardi e ti senti un po’ in colpa per quello che sai che a breve andrai a scoprire. Ti chiedi se capirà, se avrà paura del bene che vorrai a un’altra creatura, se accetterà un’altra presenza e attenzioni diverse dalle sue. Chissà.

La notte ti svegli di soprassalto, senti che qualcosa non va, ti riaddormenti ma fai sogni confusi, agitati, la luce del mattino ti coglie impreparata e stanca.

E’ il 23 agosto, fa un caldo insopportabile, domani sarai già in una Milano deserta e inospitale. Con la coda dell’occhio vedi una macchia, un colore acceso e vivo che stride con il bianco immacolato del lenzuolo. Non più una sola ma tante paure si sovrappongono veloci, non più smarrimento ma terrore urlato con violenza.

Succede che sali le scale grigie, lui ti da la mano e ti rassicura, un sorriso che vuole essere un abbraccio.

“Si accomodi”, ti dice il medico, pronuncia marcata che ben conosci, pelle scavata dal sole e dalle storie ascoltate.

“Lo sa vero?”, ti dice sorridente, “lo sa che le sta capitando?”.

Lo immagini, ti chiedi se ci sia ancora quel bambino che non hai ancora immaginato, ma solo intuito sussurrando. Nemmeno il tempo di capire, di pensare, di comunicare.

“Che è incinta forse lo immaginava. Forse quello che non sapeva è che sono due i bambini, ma c’è il rischio che si interrompa la gravidanza. Deve stare a riposo, qui da noi”.

Una frase, uno scrigno di sorprese, caldo e gelido allo stesso tempo, il sorriso rassicurante del medico non riesce a smorzare le tue emozioni.

Sei al mare, a fine vacanza, ricordi di pesce fresco e sabbia dorata, di carezze e coccole del dopo pranzo, ti senti strana in quella stanza di ospedale, lontana dalle immagini che quel luogo ha sempre rappresentato per te.

Guardi davanti a te, una parete verde pastello e tanti poster di bambini e pance all’ultimo mese. Pensi a quelle creature, minuscoli puntini che già con difficoltà si affacciano al mondo.

Pensi a quel “due” pronunciato senza giri di parole, un numero pieno che ti è sempre piaciuto, che rischia di sgonfiarsi in uno zero, che pur rotondo non contiene niente. Riposo, assoluto riposo, sembra impossibile per te, così all’improvviso.

Pensi a quel bambino paffutello che ti ha guardato smarrito quella mattina, una mamma impaurita che si allontana, un papà che le cinge la vita e allenta lo sguardo con gli occhi scuri. Troppo seri quegli occhi, ti chiedi che cosa penserà. Non uno ma due sono i rivali, se tutto andrà fino alla fine, o peggio, al contrario, due ombre, piccoli fantasmi che si affacceranno sulla via.

Smarrita ti guardi le punte dei piedi, il terrore di non essere all’altezza ti assale. Chi l’ha detto che l’amore si moltiplica? Pensi. E se invece non ne avessi abbastanza, di quest’amore? Se non avessi forza, energia, determinazione, dolcezza per tutti?

Pensi ai primi mesi, a quello che è stato, con quel bimbo che ora sembra cosi’ grande, poppate infinite sino al mattino. Pensi con terrore a quello che sarà, a te sempre in affanno, al tuo orologio incapace di moltiplicare le ore che ti serviranno. [pullquote]Chi l’ha detto che l’amore si moltiplica? Pensi. E se invece non ne avessi abbastanza, di quest’amore?[/pullquote]Quelle notti in cui ti vedi sola, con due neonati urlanti, un latte che non basta mai, gli occhi che si chiudono. Pensi allo svezzamento, alle fatiche dei cibi da provare, da preparare, da far assaggiare con convinzione a due piccoli difficili esploratori. Pensi a tutti i pannolini che cambierai, e anche a quando cercherai di toglierli, se saranno pronti oppure non ne vorranno sapere. Pensi alle scelte, insieme oppur divisi, gli stessi amici oppure no, la stessa classe oppure diversa. Pensi a quando li vestirai, se ameranno gli stessi colori, le stesse magliette, gli stessi pantaloni.
Pensi ai loro visi, se saranno uguali, a quanta gente li chiamerà sbagliando nome, per tutta la vita, sempre.

Pensi a tutto, tutto insieme, un gran quadro di colori schizzati, la cornice sei tu, che continui senza sosta a pensare.

Sei ancora li’, davanti a quel muro verde, un colore pastello che hai sempre detestato, un’infermiera dallo sguardo dolce ti accompagna nella tua stanza.

Ti fermi qui, e inizia il viaggio, il biglietto di andata l’hai preso, ma questa volta e’ senza ritorno. Piccoli vagoni di un treno che viaggia tuttora ad alta velocità, ogni giorno e ad ogni fermata.

Ma non scendi da quel treno, e prosegui il viaggio, da quel giorno, quel 23 di agosto di sei anni fa.

di Valewanda

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12 thoughts on “Oddio sono gemelli!”

  1. Mamma di gemelli presente.
    Alla prima ecografia la dottoressa ci disse che erano 3….poi, dopo una settimana ne erano “rimasti SOLO 2” (testuali parole). Noi sollevati torniamo a casa dicendo: “solo 2 già, ma 2 sono comunque tanti”!
    Abbiamo sempre sospettato che quella di dirci prima 2 e poi 3 fosse stata una mossa astuta della nostra dottoressa per farci superare l’impatto iniziale di passare da 0 a 2 figli contemporaneamente 🙂

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  2. Commovente!! E bellissimo
    Certo deve essere stata una bella altalena di emozioni, mi viene da pensare come se ti decidessi di buttarti col paracadute e un secondo prima di saltare ti dicono “ah, guarda che ti sei abbonata a 10 lanci obbligatori, va bene lo stesso?”
    Un abbraccio

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  3. @Sere, grazie a voi, è stato emozionante oter rivivere queslle prime sensazioni. Come ho scritto nel primo commento, una mia amica e collega mi ha facilitato il compito perché le sta capitando lo stesso, con già un figlio maschio. Rivivo in lei quello che ho provato, e mi sento forte per aver superato questa strada che sembrava difficilissima…
    @el_gae, è un momento che ricordo intensamente, era tutto paradossale in quel momento, compresa quella Sardegna che tanto amiamo, in cui sono passata dalla spiaggia all’ospedale. Un’esperienza unica!

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  4. Molto simile alla nostra storia. A dire il vero noi non avevamo nemmeno deciso che fosse proprio il momento di fare il secondo.
    Ma a quasi tre anni di distanza lo sgomento per quel momento ha lasciato il posto ad un sorriso sul ricordo

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  5. Non l’ho scritto nell’articolo, ma il post è dedicato all’amica Cristina, che proprio in questi giorni si trova in questa situazione, da me già vissuta, con tutte le gioie e gli smarrimenti del caso.

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    • Il chiedersi se è vero che l’amore di moltiplica è tipico del secondo figlio, anche se non si aspettano gemelli 🙂
      Posso solo immaginare lo sgomento che coglie una neomamma alla notizia dell’attesa, aumentato dalla consapevolezza delle difficoltà già affrontate una volta al primo figlio, come nel tuo caso. L’esperienza insegna che però è fattibile. In qualche modo si trovano degli equilibri che ci fanno andare avanti comunque. Grazie Vale per questa bella testimonianza.

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