Mangiare fuori casa per un allergico (molto allergico)

allergia-lupo“Per alcuni essere allergici è solo una scocciatura, per altri un disagio, ma per qualcuno può essere addirittura fatale”. Da questo suo motto parte l’opera di informazione che Monica compie da tempo, con cura e competenza sul web, attraverso il suo sito Mimangiolallergia.
Lei è la mamma di una bambina allergica. Si, ma non così per dire: molto allergica! E un’allergia alimentare severa può tarpare le ali, può rendere impossibili molte cose che sembrano normali… oppure no! Oppure può essere un modo per ripensare la vita, per coordinarla con quella di chi ti circonda e per trovare una strada tutta personale per regalare l’autonomia a una figlia.
Monica, l’allergia e una figlia che cresce.
E noi che allergici non siamo? Impariamo a metterci nei panni.

Per alcuni essere allergici è solo una “scocciatura”, per altri un disagio, ma per qualcuno può essere addirittura fatale. E ‘Mangiare Fuori Casa’ (MFC) per chi ha allergie alimentari o figli allergici può costituire una ragionevole pre-occupazione.

Ogni volta che la figlia deve mangiare fuori casa è un punto di domanda! Mia nonna diceva “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, e talvolta quel detto ci azzecca, però… quando si tratta della figlia, io e mio marito cerchiamo sempre di trovare un punto di equilibrio, tra i nostri timori (giustificati) e la sua voglia di andare nel mondo (più che giustificata), nonostante le sue allergie, perché sta crescendo, così come la sua voglia di autonomia, e non possiamo non comprenderla e non sostenerla.

E’ evidente che la combinazione di allergie alimentari col MFC scatena tantissime emozioni, di cui dovremmo imparare ad essere consapevoli. Parlare di allergie alimentari anche dal punto di vista delle emozioni (e non solo dal punto di vista degli allergeni, delle etichette alimentari, dei farmaci salvavita, dei protocolli che non esistono, eccetera) potrebbe contribuire a fare cultura sull’argomento, perché l’allergia agli alimenti non è solo un fatto meramente di cibo.

E di proposito ho scritto ‘ragionevole’ e ‘pre-occupazione’, perché spesso i genitori di bambini molto allergici sono percepiti dal loro prossimo come “eccessivamente preoccupati, ansiosi, allarmisti, esagerati…”. Però… se leggiamo la parola ‘preoccupazione’ nell’accezione di D. W. Winnicott (famoso pediatra e psicoanalista inglese) ossia della preoccupazione materna primaria, che lui definiva “[…]uno stato psicologico indispensabile perché ella possa fornire le cure adeguate al piccolo […] (D.W. Winnicott, “La preoccupazione materna primaria. In: Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli. Firenze, 1975) ecco che forse e dico forse è più facile comprensione lo stato d’animo di quel papà e di quella mamma.

Se ragioniamo in termini di “preoccupazione indispensabile per fornire le cure adeguate”, forse, noi genitori ci sentiamo tutti più alleggeriti di un peso, più legittimati, più capaci, o no? E forse, dico forse, potrebbe essere più facile mettersi nei panni del genitore di un bimbo/adolescente molto allergico, al quale, al momento della diagnosi di allergia medio-grave e/o di consegna dell’adrenalina autoniettabile, è stato chiesto di adoperarsi per prevenire le reazioni allergiche, evitando gli allergeni, possibilmente anche quelli occulti, con la consapevolezza che l’industria alimentare è una giungla, non solo per le famiglie, ma anche per gli operatori del settore alimentare.
Quel genitore non può NON pre-occuparsi. Ciascuno di noi farà del suo meglio.

La linea di confine tra il pre-occuparsi ragionevolmente e il vivere in perenne allarme è molto labile.
Uno fra gli obiettivi che ci siamo dati io e mio marito però non è la normalità – ci sono momenti di normalità e momenti di anormalità – non è nemmeno evitare tutti i rischi – perché sappiamo benissimo che un margine di rischio e di errore ci sarà sempre – bensì è consentire a nostra figlia, passo dopo passo, di acquisire strumenti per imparare “a mangiare fuori casa”, adeguati alla sua età e alla situazione. Come?

Forse attraverso la condivisione con chi allergico non è (così anche i non allergici imparano a convivere con chi invece lo è, e ha esigenze diverse). Forse attraverso la nostra presenza (perché da che mondo è mondo i figli stavano sempre al seguito, guardavano, ascoltavano, imparavano, mentre ora sembra che se non ‘vanno da soli’ a quattro anni, saranno degli inetti da grandi, vabbe’ mi sono sfogata). Forse allenandoci e allenandola gradualmente a fare da sola, accettando anche i fallimenti…

Ma il nostro obiettivo più ambizioso è quello di consentirle di fare ESPERIENZE POSITIVE legate al mangiar fuori casa, con o senza di noi, perché vogliamo che sperimenti che sono più le occasioni in cui va tutto bene piuttosto che quelle in cui qualcosa va storto. Certo, non ci si può improvvisare. Nel senso che ogni volta che io telefono ad un ristorante, ad un albergo, o parlo con la scuola, cerco sempre di mettermi nei LORO panni, per cercare di trovare una soluzione ‘equilibrata’, che armonizzi le reciproche esigenze con le ‘realistiche’ aspettative.

Il problema è… Ecco appunto, qual è il problema?

E’ la domanda che mi pongo ogni volta che devo affrontare il ‘problema’ del mangiare fuori casa della figlia (dal ristorante nuovo, alla gita scolastica, alle feste di amici, e così via). E non voglio pensare a quando la sarà una giovane adolescente, in piena rivendicazione di libertà e indipendenza.

CAPIRE qual è il problema significa però, prima di tutto, COMPRENDERE quali sono LE EMOZIONI. Perché?

Perché se siamo in balia delle nostre emozioni, senza esserne consapevoli, il rischio potrebbe essere 1) che i nostri stati d’animo del momento distorcano la realtà, 2) impedendoci di vedere il problema e allontanandoci dalla soluzione dello stesso, 3) facendoci guidare solo dagli “automatismi” acquisiti nel tempo, e 4) privandoci in ultima analisi della preziosissima possibilità di trovare altre soluzioni.

Ma di quali emozioni stiamo parlando? Penso per esempio a stanchezza, inquietudine, bisogno di controllo, rabbia, dolore, fatica, tensione, insofferenza, voglia di liberarsi del ‘problema’, diffidenza, aspettative realistiche altre meno, frustrazioni, paura di una reazione allergica irrimediabile.

Una cosa è certa. Nella vita dobbiamo prenderci dei rischi. Dobbiamo assumerci delle responsabilità. I genitori degli allergici, be’, diciamo che hanno qualche pensierino in più… dipende dalla severità dell’allergia.

Cosa c’entra tutto questo con il ‘mangiare fuori casa’? C’entra, moltissimo, perché io da un lato non voglio che i miei timori condizionino eccessivamente la nostra vita di famiglia, ma allo stesso tempo devo tenerne conto, altrimenti rischio di compromettere l’obiettivo che mi ero posta.

Individuare quelle emozioni… be’ non è una cosa immediata. E’ da tempo che io ci penso. In ogni caso mi è servito moltissimo scrivere nero su bianco, senza censura, in ordine sparso, perché mi serve per fare ordine dentro e fuori. Poi ai tempi dell’università ho scoperto un metodo ideato da Hubert Jaui (un guru in fatto di creatività) che non ho più abbandonato e a cui ricorro in certi casi: il metodo PAPSA che sta per Percezione, Analisi, Produzione, Selezione, Applicazione, che io però semplifico molto, partendo da una mappa mentale e arrivando a selezionare alcune parole chiave. Potreste trovarlo utile anche voi, soprattutto quando siete di fronte al problema di gestire un “mangiare fuori casa” che non vi mette tranquilli. Ma potrebbe tornare utile anche ai genitori di non allergici secondo me.

Forse vi aspettavate istruzioni per l’uso, un bel prontuario con esercizi commerciali ad hoc, oppure un elenco dei locali in cui andiamo noi… Mi spiace deludervi, ma sono certa che comprenderete anche voi che non è possibile disporre di alcun vademecum, valido per tutti e per tutte le situazioni, perché non solo la popolazione di allergici è molto variegata e ogni soggetto allergico è diverso dall’altro, per condizione di allergia, età, situazione famigliare e sociale, così come sono diversi gli esercenti (alberghi, ristoranti, pizzerie, gelaterie…), i dirigenti scolastici (mense scolastiche), i padroni di casa che ci ospitano, e così via, ma anche perché ciascuno si pone di fronte al problema in modo diverso.

Volendo però dare qualche indizio, potrei cominciare col dire di prendervi tempo per: indagare, per fare conoscenza, prendere confidenza con l’idea, ma anche per scegliere quando, dove e con chi.

Soprattutto quando si tratta della prima volta.

Quando decidete di andare a mangiare in un ristorante nuovo:

chiedete di parlare col cuoco in persona, non tramite intermediari, perché solo lui sa cosa usa;
scegliete piatti semplici, specificate non solo gli allergeni, chiedete anche come pensa di cucinare quel piatto (queste chiacchierate svelano sempre imprevisti, perché i cuochi cucinano in base alle loro abitudini, quindi magari pensano all’ingrediente principale e non al condimento alle spezie, agli aromi, eccetera); con quali utensili, specificando che dovranno prestare attenzione anche alle contaminazioni.
– Scegliete per la prima volta un giorno che non sia magari il sabato sera, perché ci sia meno confusione in cucina e possano dedicare l’attenzione necessaria alla preparazione del piatto (anche loro saranno in tensione, non solo voi).
– Il giorno della cena presentatevi, fatevi riconoscere, chiedete del cuoco per salutarlo e presentargli il bimbo/la bimba allergici: sono incontri di grande scambio umano, di grande soddisfazione per entrambi, perché si dà valore e fiducia.
– E non dimenticate di esibire un bel sorriso a 32 denti (!!!) e ditegli che vostro figlio è nelle sue mani, e che siete sicuri che quella serata sarà un successo e che se solo avesse un dubbio, di farvi chiamare perché non vi disturberà. Diffidate di chi vi risponde “Non si preoccupi”, è la volta buona che dovrete fare 1.000 domande.

Idem se siete invitati a cena:

– concordate il menù prima con chi vi ospita,
– rendetevi disponibili a rispondere a tutte le domande anche le più banali,
– non aspettatevi che sappia fare, e nemmeno che non sappia fare;
– offritevi magari di procurare qualche ingrediente o di preparare qualche piatto.

Mensa, gite, e tutto il resto sono un altro capitolo a parte, densissimo e assai variegato e imprevedibile, ma questo voleva essere solo un post per prendere confidenza con il tema.

E’ un tema vastissimo che non può concludersi ovviamente con un post, ma condividere è il primo passo per diventare più consapevoli e quando si condividono emozioni in modo consapevole, cambia immediatamente anche la prospettiva con cui affrontiamo l’altro nonché il problema, qualunque esso sia. E non dimentichiamo di metterci nei panni degli altri e di provare a pensare cosa faremmo noi posto loro, potremmo scoprirci diversi.

– di Monica Mimangiolallergia

Qui la mission del suo sito

(Immagine: “Attenti al Lupo”, opera di Federica Filippi gentilmente concessa a Monica per illustrare un suo post “speciale” e scelta da lei proprio per questo guestpost su genitoricrescono)

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5 thoughts on “Mangiare fuori casa per un allergico (molto allergico)”

  1. Meglio tardi che mai! E scusate il ritardo con cui arrivo a rispondere ma solo oggi sono riuscita a mettermi qui con calma un attimo soprattutto per rispondere a Tiziana.

    @Tiziana
    “L’adolescente diventa ovviamente ribelle rispetto alla sua allergia e tende a NON DIRE quando esce con gli amici.” Eggià, quello degli adolescenti è un castello pieno di cunicoli e passaggi segreti a volte. Stare al fianco senza invadere non è facile talvolta. Se tu hai esperienze positive da raccontare in merito, spero proprio tu abbia voglia di condividerle. Io mi metterò in silenzioso ascolto, ma talvolta ho bisogno di immaginare come sarà attraverso le esperienze positive degli altri. Grazie di cuore del tuo contributo prezioso.
    p.s. Io rimango sempre stupefatta della fantasia e creatività con cui i genitori in generale affrontano un problema, e… quella delle borsette… non è male, da copiare direi. Non so quanti anni abbia tua figlia, la nostra è piccola e l’adrenalina la porto io nella mia borsa. quasi quasi la borsetta carina la prendo per me;)

    @ Silvietta, mi sei mancata, e sono strafelice di averti ritrovata su questa piattaforma tanto grande quanto basta per accogliere tante voci in un coro che fa sentire parte di un bel gruppo:) E grazie a te… per il commento che è come la copertina di Linus;)

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  2. grazie Monica, come sempre i tuoi post sono un concentrato di saggezza, informazioni utili e considerazioni puntuali sulle emozioni … grazie per quanto condividi e per la professionalità con cui metti gratuitamente a disposizione il tuo sapere! francesca aka silvietta

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  3. L’adolescente diventa ovviamente ribelle rispetto alla sua allergia e tende a NON DIRE quando esce con gli amici.
    Che il giro degli amici sia ben informato è sempre una buona cosa.
    E alla mia preadolescente regalerò delle nuove borsette per quest’estate in modo che avendo voglia si “sfoggiarle” porti sempre l’adrenalina con sé
    Quando vado all’estero preparo dei “bigliettini da visita” tradotti da mostrare in ogni locale dove mangeremo in modo che l’allergia sia ben scritta e per superare le possibili sbagliate interpretazioni dovute al differente linguaggio.

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