Fateci caso, le grandi discussioni dell’estate sono spaziate dall’emergenza profughi, con annessa demonizzazione delle ONG e gita scolastica in crociera della destra europea, all’infinito bailamme su vaccini, obblighi e relative risse, al terrorismo, ai suprematisti in sfilata a Charlottesville, alla Corea del Nord e le sue prove nucleari, agli incendi che hanno bruciacchiato un po’ tutto l’Appennino, e chi ci sarà dietro che ci guadagna?
Tutta questa attività social mi ha fatto sorgere una domanda: ma la gente di cosa ha paura, esattamente?
Il filo rosso in tutto questo credo di vederlo nella paura di perdere lo status quo. Siamo stati così bene fino ad adesso, senza profughi, senza epidemie, senza pretese di diritti civili da parte di chi non ne aveva e cosa vogliono adesso? Siamo stati così bene con la certezza di un lavoro e un giorno, forse, di una pensione, di una sanità pubblica che ci mantiene sani e felici. Perché tutto questo dovrebbe cambiare, se io sto tanto bene? Perché il mondo continua a cambiare e vuole farmi star peggio?
E come madre di adolescenti questo filo rosso ho continuato a vederlo in figli ancora troppo piccoli o che crescono troppo in fretta, che stanno perdendo il proprio posto nel mondo perché stanno crescendo, e una volta si sentono troppo infantili rispetto ai compagni, altre mi sembrano così grandi e adulti, che non ci ritroviamo troppo bene, ma toccherà abituarsi.
E mentre miei colleghi genitori si chiedono come gestire gli obblighi vaccinali, io mi chiedo e cerco di informarmi se farli vaccinare per il papilloma virus, prima che crescano un po’ troppo e la faccenda ci sfugga di mano.
Tutto cambia, e il cambiamento fa paura, perché come diceva il mio povero papà: chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lascia e non sa quello che trova.
E allora visto che figlio piccolo da anni a scuola va benissimo, non ci dà un pensiero e gli tocca restare a casa durante le vacanze per via del fratello che invece aveva da riparare delle materie, abbiamo fatto una serie di escursioni su cose che interessano al minore.
Siamo andati a visitare i bunker della grande diga di sbarramento, quelli dove meno di 300 soldati olandesi hanno tenuto testa a 20.000 soldati tedeschi, e hanno dovuto arrendersi anche se loro stavano andando benissimo, per via della capitolazione generale del paese. E guardavo le interviste con i veterani, piangevo pensando a mio nonno che quella stessa guerra l’ha vissuta nei campi di concentramento e ringraziavo il cielo per il progetto Europa, che vuoi o non vuoi ci sta tenendo al sicuro da guerre da oltre 70 anni, e capisco che lo diamo per scontato, ma scontato non è. Perché sia in Europa che in America l’estrema destra si sente più sicura di poter promuovere le proprie idee di esclusione e suprematismo. Sono morti per niente i nostri nonni?
Siamo andati al museo marittimo di Rotterdam a visitare il progetto off-shore, che ci ha fatto riflettere sull’approvigionamento di energie, su quelle fossili che sono spesso al centro di conflitti più o meno dichiarati e che hanno come conseguenza la fuga di milioni di persone da casa loro, dal loro porto sicuro che sicuro non è più, in cerca di una salvezza che molti guardano dalla propria prospettiva, e si sentono invasi. (Abbiamo anche fatto la simulazione di atterraggio elicotteri su una piattaforma petrolifera e scoperto la cucina greca, però, e ci siamo divertiti.)
Siamo andati ad Aquisgrana a visitare la cattedrale con i resti di Carlomagno, che se proprio vogliamo parlare di un progetto Europa nel tempo, bè, lui sarà anche stato il primo a lavorarci dichiaratamente.
Siamo andati a fare il bagno a Dunkirk, prima di andare a vedere l’omonimo film, e già che ci stavamo specializzando in bunker, siamo andati a vedere quelli della controparte, la Batteria Todt che faceva parte del Vallo Atlantico voluto da Hitler per proteggersi da ovest, che poi abbiamo visto come è andata a finire.
Siamo andati a Bruges il tempo di mangiare delle patatine, per scoprire il centro dei traffici commerciali del rinascimento e scoprire che quegli Adorne che tanto hanno rappresentato per le Fiandre, venivano in fondo da Genova. La gente è da parecchio che va in giro per migliorare la propria esistenza e quella dei figli.
E io, in tutto questo, non ho potuto fare a meno di pensare che spesso abbiamo paura delle cose sbagliate, che i momenti di cambiamento sono caratterizzati da paure e timori, ma che queste paure servono solo a prendere la rincorsa per superarli questi momenti. Spesso il vero problema sono coloro che giocano a ingigantire queste paure, perché una popolazione spaventata è più facile da manipolare.
Che anche io come genitore ho paura del mondo che stiamo lasciando ai nostri figli.
Poi succede che mentre nel museo guardiamo i documentari dello sbarco in Normandia un ritardatario entra e si siede davanti a me. E figlio grande mi sussurra: “Ma ci vedi? Altrimenti ci scambiamo di posto, tanto adesso sono più alto di te.”
E mi rendo conto che tutte le nostre paure scompaiono di fronte alle promesse e alle speranze che ci possono dare i nostri figli.
Che crescono, ci fanno crescere, e troveranno soluzioni migliori delle nostre.