Per Natale regaliamoci un linguaggio migliore.
Facciamo nostre più parole, più storie, più modi di sentire. Regaliamoci una maggiore capacità di trasmettere quello che pensiamo e desideriamo, regaliamoci una possibilità di esprimere quello che non siamo mai riusciti a far uscire fuori di noi. Impariamo a portare più in là il limite di quello che riusciamo a dire, conquistiamo ogni giorno una piccola fetta della nostra anima strappandola a ciò che non si riesce a dire.
Il linguaggio volgare non è tale per le parolacce, il turpiloquio o la maleducazione, ma perché trascina verso il basso, pareggia le differenze, rende tutto grigio, uniforme e indistinto, indifferente, fa scomparire persone, sentimenti, verità. Svuota di tutti i significati, ci fa diventare solo produttori di suoni insensati.
Evitiamo di dire quello che non significa più niente. È’ sempre più difficile fare il genitore, al giorno d’oggi ci sono più divorzi che matrimoni, di mamma c’è ne una sola, i figli son problemi, ti accorgerai quando avrai dei figli, in casa non c’è più dialogo, i bimbi di oggi sono più intelligenti, i bambini di oggi non sanno fare due più due, i figli maschi sono più attaccati alla madre, la famiglia non è più un valore.
Evitiamo di dire sempre le solite parole. La colazione è il pasto più importante, l’importante è essere giovani dentro, l’importante è essere belli dentro, nella vita l’importante è fare quello che ci piace, l’importante è che le scarpe siano comode, quando fa caldo l’importante è bere molto, a Capodanno l’importante è stare insieme.
Evitiamo il “capito come?”, la richiesta al nostro interlocutore di capirci senza parole, intuendo confusamente quello che confusamente è in noi, accordandoci in realtà sul nulla, su un fantasma.
Almeno a Natale, regaliamoci un linguaggio migliore.