Leggere con le mie figlie è sempre stato un momento di condivisione, e ora che sono grandi (potrebbero essere classificate come preadolescenti) è ancora più bello, perché finalmente possiamo leggere libri che interessano anche a me e non solo favole in loop. Li scegliamo con cura in biblioteca: a volte sono veloci letture che per un paio di sere soddisfano le nostre curiosità su un Paese, un personaggio storico; altre volte sono romanzi che ci accompagnano per più settimane.
Siamo piuttosto versatili nelle letture, e spaziamo da Harry Potter all’epica; dai Promessi Sposi ai classici della letteratura per ragazzini.
Poi ci sono i libri che leggono da sole, che comunque spesso interesserebbero anche a me, e sono le collane come i Diario di una schiappa e cloni; Geronimo e Tea Stilton; Valentina, passando per le graphic novel e i fumetti.
Però devo dire la verità: da quando ahanno iniziato le medie, Camilla e Lucia escono così presto al mattino, per godere di quel quarto d’ora di autonomia fuori dal cancello della scuola, che quando le raggiungo alle 21.30 per leggere qualche pagina, in genere le trovo già svenute tra le coperte e dunque le letture diventano più lente e sporadiche. Peccato.
A questo punto vi starete chiedendo se ho citato i gattini nel titolo per attirare l’attenzione degli internauti gattofili. Ebbene no: la mia gatta, che è una gatta davvero sdegnosa e scontrosa, adora la lettura ad alta voce. Quando ci mettiamo a letto con un libro, lei entra di soppiatto e ci ascolta rapita: ce ne accorgiamo dalle fusa in sottofondo.
Amo leggere con loro anche per un altro motivo: lo considero un momento di dialogo, che tuttavia non richiede un mio vigile impegno, che a fine giornata sono come una pila scarica. Mentre leggo, ci sono, ci siamo, parliamo. Ma non dobbiamo dire niente. Quando leggo, vado su un altro pianeta: metto il pilota automatico e mi godo il viaggio.
Ho chiesto alle ragazze di consigliare un libro per una ai lettori di genitoricrescono: una lettura che possa essere “di famiglia”. Del mio preferito invece ho già parlato: era Il mare colore del vino. Una volta terminato, non ho potuto fare a meno di andare a leggermi l’Odissea, che al liceo avevo snobbato (sarà che a scuola te ne proponevano degli assaggi impossibili, con traduzione ottocentesca).
Nella nostra top list mancano, incredibilmente, le mie letture preferite di bambina compreso il mitico Roald Dahl. È che non amo le riletture; e le bambine, dopo qualche assaggio, mi pare non se ne siano ancora innamorate.
Camilla:
“Mi è piaciuto molto Lessico Famigliare (di Natalia Ginzburg), che stiamo ancora leggendo. È autobiografico e parla di una famiglia antifascista che non mi sembra né povera né ricca. Mi piace perché è ironico, mi fa ridere. È anche molto dettagliato e quando ce lo leggi immagino le scene e i personaggi. Per esempio il babbo me lo immagino burbero, con la barba un po’ rossa e un po’ grigia e degli occhiali blu. Al padre della scrittrice non va bene niente e nessuno, per esempio non vuole che i figli si sposino. La mamma invece me la immagino un po’ robusta, con un vestito a fiori e dei tacchi bassi.”
A me invece piace perché parla di un’Italia di cui i nostri nonni ormai non possono più narrare, e lo fa anche attraverso un’attenzione tutta speciale per, appunto, il linguaggio usato in famiglia, in grado di comunicare intere visioni del mondo, abitudini condivise, storie di famiglia.
Lucia:
“Mi piace Il giardino segreto (di Frances Hodgson Burnett). Parla di una bambina inglese che vive in India i cui genitori muoiono e si si deve trasferire da uno zio in Inghilterra, nella brughiera. Qui fa amicizia con un ragazzo che sa parlare con gli animali e un bambino malato. Grazie a un uccellino, scoprono un giardino segreto di cui si prenderanno cura. Mi piace perché Mary anche grazie al giardino scopre il valore dell’amicizia, cambia, cresce e a un certo punto non è più la bambina viziata che era all’inizio”.
Come lettura “educativa” questo romanzo non mi ha esaltato: un po’ semplicistico e démodé, non c’è stato quasi nessuno spunto di discussione. Ma le belle storie, anche se non sono pedagogiche, sono sempre un piacere da leggere. Detto questo, agli inizi del ‘900 non doveva essere così scontato un romanzo che mostrava quanto i ragazzi si crescessero meglio da soli che con gli adulti che avevano attorno, aridi e poco presenti.
Carolina:
“Consiglierei La casa nella prateria (di Laura Ingalls). Parla di una famiglia che, in carovana, attraversa l’America per cercare un posto dove vivere meglio, e si ferma in una prateria, dove costruisce una casa di legno. Qui vive diverse avventure, come l’incontro con gli Indiani, la malattia. Mi è piaciuto perché c’è spesso la suspence che mi fa venire voglia di continuare a leggere: non sai mai che cosa succederà”.
Non ricordando quasi nulla dell’omonima serie tv, trasmessa quando ero piccola, non avevo particolari preconcetti. Ricordavo solo un padre macho e muscoloso, una madre col cappellino e tre bambine. Ha rappresentato un motivo per parlare di emigrazione, che, con tutti i pericoli e i disagi del caso, è sempre la ricerca di una condizione più felice. Ne abbiamo anche approfittato per dare un’occhiata alla cartina degli USA, i cui confini interni a volte sfuggono anche a me. E pensare che mia figlia porta il nome di uno degli Stati federali. 🙂
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Lessico famigliare
Il giardino segreto
La casa nella prateria