“Sentite balordi, non siete speciali. Non siete un bellissimo, unico fiocco di neve. Siete la stessa materia organica deperibile di chiunque altro e noi tutti siamo parte dello stesso cumulo in decomposizione.”
E’ il discorso di Tyler Durden/Brad Pitt, ai membri del Progetto Mayhem, cosa che ricorderete senz’altro se avete visto il leggendario film Fight Club.
O meglio, che ricordereste, se la traduzione fosse stata fedele all’originale. In particolare quell’espressione lì, quel fiocco di neve, crucialmente manca nella versione italiana (ricorrete al libro!). Il che significa che, se state seguendo le vicende statunitensi, vi state perdendo un pezzo importantissimo per decodificare che si sta dicendo.
I fiocchi di neve.
Così sono chiamati i giovani degli anni 2010, i nostri ragazzi. E non è un apprezzamento.
La scuola li rende pigri, la società li rende molli, i genitori li hanno protetti, gli hanno spiegato che sono “unici e bellissimi”, che possono fare quello che vogliono, e loro si sentono in diritto di pretendere tutto. Vittime di un modello genitoriale che non ha insegnato loro la resilienza, o il rispetto. Vittime di una società che ha reso tutto facile, che ha elargito medaglie per la semplice partecipazione, sminuendo il duro lavoro di chi arrivava ai traguardi.
Ma anche, e soprattutto, come appunto alcune discussioni politiche recenti hanno enfatizzato, una generazione pronta alla lagna. Che si offende per un nonnulla.
Mi chiedo come chi usa questo termine, molto probabilmente, vista l’anagrafica, esponente delle rivolte studentesche dei favolosi anni sessanta, avrebbe reagito se le sue proteste fossero state definite “lagne”. Perché è di questo che stiamo parlando.
Il termine fiocco di neve in questa accezione recente è stato per la prima volta usato a seguito di una protesta nella università di Yale, nel 2016, quando un gruppo di studenti fece notare che alcuni costumi per le feste di Halloween, da messicano col sombrero, da nativo americano con le piume, fossero da ritenere non appropriati, in quanto manifestazione di appropriazione culturale, e quindi di fatto un’espressione di razzismo. Il video della protesta diventò virale, l’emittente televisiva Fox News lo trasmise apostrofando l’attitudine “isterica” degli studenti ripresi, e la discussione che ne seguì sulla stampa e i social sancì l’uso denigratorio del “fiocco di neve”. Neologismo che poi si è definitivamente consolidato nel dibattito pubblico negli Stati Uniti che ha portato all’elezione del presidente Trump, e quello in UK che ha portato al Brexit.
Insomma questi fiocchi di neve, di che si lagnano, perché si offendono così facilmente?
Ah, è per questo femminismo “esagerato”, questo #metoo che sta diventando veramente seccante quasi, controproducente direi, ma allora non possiamo più fare niente, ma fatevela una risata?
Ah, è per questo antirazzismo “spinto”, questa correttezza politica che sta rendendo tutti isterici, a questo punto si cade nell’eccesso opposto?
O forse è per questo voler dire basta alle promesse vuote della politica degli interessi che non riesce a prendere la decisione più ovvia per fermare la strage dei ragazzi statunitensi nelle scuole, quelli sparati e quelli, che, non lo perdiamo di vista, sono spesso ragazzi esattamente come loro, ma che la sorte e le vicissitudini hanno piazzato dall’altro lato del grilletto?
Stanno protestando, i fiocchi di neve. Si sono stancati. Gli è stato detto da noi, generazione che li ha preceduti, che sono tutti unici e rari, che tutte le vite valgono. E, accidenti, sono venuti a vedere il bluff. Protestano come i loro predecessori 50 anni fa, e sono allo stesso modo derisi. Rifiutano di entrare a scuola, partecipando in massa al “walk out day”, partecipano a tradizionali cortei, ma anche trovano modi nuovi, con mezzi nuovi, con internet, con i social, per far sentire la loro voce.
Creano nuove icone, neanche ventenni. Emma Gonzales, 17 anni, che sta catalizzando le voci di chi preme per una riforma sulle armi in US. Malala Yousafzai, 20 anni, la conosciamo tutti, la più giovane premio Nobel per la pace, e attivista per l’istruzione delle ragazze. Yara Shahidi, 18 anni, promotrice di una iniziativa per fare in modo che i diciottenni si interessino di politica e vadano a votare. Marley Dias, 13 anni, che dal 2015 porta avanti la campagna “1000 black girl books” per promuovere l’abbattimento di stereotipi sulle ragazze nere nella letteratura specie per i giovani. Hu Ranran, 18 anni, registra cinese che ha diretto un film su cosa vuol dire essere transgender in una Cina che ancora considera l’omosessualità un abominio, e censura internet. Muzoon Almellehan, 19 anni, la più giovane, e la prima rifugiata, Ambasciatrice dell’UNICEF.
E potrei proseguire a lungo.
Se questi sono i fiocchi di neve, l’inverno sta arrivando.
Non so
Ma mi piacciono sti fiocchi di neve.
Poi sarò un po’ “biased” ma ai miei figli dico sempre che sono unici e particolari. Grazie!!
🙂
??