Ieri è avvenuto il processo al turista italiano arrestato a Stoccolma per aver rimproverato troppo duramente il figlio dodicenne. Ne ho lette di cotte e di crude in giro su vari siti, e ho deciso di commentare questa notizia perché ci sono un sacco di cose da dire. Non sarò imparziale.
Iniziamo dai fatti.
La versione degli accusatori è di aver visto un uomo rincorrere un ragazzino, strattonarlo, tirarlo per i capelli, schiaffeggiarlo e sbatterlo addosso al muro. Uno dei testimoni, ha dichiarato che non aveva nemmeno capito che si trattasse del padre, vista la veemenza dell’attacco. Ha dichiarato inoltre che quando lui si è avvicinato correndo, il padre si è spaventato e ha fatto un passo indietro. Un testimone gli ha detto che in Svezia non è consentito picchiare i bambini, e il padre gli ha risposto “va bene, è tutto tranquillo ora” e poi ha proseguito attraversando la strada verso il ristorante, e lo ha visto dare ancora un paio di schiaffi al bambino.
La versione dell’accusato è che lui non ha assolutamente schiaffeggiato il figlio, ne ha usato nessuna forma di violenza. Ha semplicemente rimproverato il bambino che faceva i capricci e che si rifiutava di entrare nel ristorante insieme a tutti gli altri. Ha dichiarato inoltre che si era spaventato perché il figlio stava scappando e sarebbe potuto finire sotto una macchina. Certamente le urla, il gesticolare esagerato che caratterizza noi italiani, e la differenza di lingua ha preoccupato i testimoni più del necessario. In altre occasioni ha dichiarato che forse è vero che ha preso il figlio per i capelli, ma per pochissimi secondi soltanto. Si è comunque difeso dichiarando che le accuse che gli sono state mosse sono infondate.
Ecco, ora capite il perché i fatti non sono affatto semplici da capire.
Leggendo dai giornali italiani, ad esempio Repubblica qui si avverte immediatamente un senso di ingiustizia nel racconto che viene fatto della faccenda. L’italiano viene immediatamente descritto come un politico, di 46 anni, buon padre di famiglia a detta di amici e parenti, dei testimoni dell’accusa invece veniamo a sapere solo che sono di nazionalità libica (ma c’entra qualcosa?). In reatà un’altra cosa salta subito agli occhi, ossia che il giornalista che ha scritto l’articolo non sa che Stoccolma è la capitale della Svezia e non della Norvegia, come sembra implicare da riferimenti al sistema giudiziario norvegese 😛
Sono andata a cercare informazioni sui quotidiani svedesi, e ho trovato nome e cognome dei testimoni, senza alcun riferimento alla loro nazionalità (come dire che è irrilevante?)
Inoltre gli italiani riportano la notizia come un attacco esagerato della polizia svedese contro un povero padre che pur deve farsi obbedire dal figlio. E quelli svedesi la riportano come un attacco di violenza nei confronti di un bambino, e della differenza di cultura tra il sud e il nord Europa.
Ora come genitore, per di più italiana residente in Svezia, ho l’obbligo di interrogarmi su questa vicenda, che per me va oltre il fatto che questo padre ignorasse il fatto che in Svezia è vietato picchiare i bambini rischiando la galera.
Provo ad ordinare i miei pensieri e i miei dubbi in semplici punti, e poi voi mi dite cosa ne pensate e come avete letto questa notizia:
1. quando si visitano altri paesi bisognerebbe conformarsi agli usi e costumi dei paesi che si visitano (oltre che, ovviamente, rispettarne le leggi). In Svezia non si urla e gesticola per strada come dei disperati a meno che non sia successo qualcosa di veramente grave.
2. Paura che un dodicenne scappando via finisca sotto una macchina? Ma veramente? Si trovavano a Lilla Nygatan nella parte vecchia della città, in una strada a traffico praticamente nullo. Stiamo parlando di un dodicenne, non di un treenne!
3. Se un padre arriva al punto di dover rincorrere il figlio dodicenne che non vuole entrare nel ristorante, forse dovrebbe interrogarsi sul suo ruolo di padre e sul rapporto che ha instaurato con il figlio. E se deve prenderlo a schiaffi e tirargli i capelli per farlo ragionare, forse si spiega perché il figlio stesse scappando.
4. Ho vissuto in Svezia abbastanza a lungo per dire che per quanto urlare per strada o rimproverare energicamente i figli non sia una scena normale, gli svedesi mediamente si fanno i fatti loro, e nessuno si sognerebbe di chiamare la polizia solo per questo, e la polizia avrebbe forse anche altro da fare. Io credo che se dei cittadini si prendono la briga di intervenire, denunciare e testimoniare in tribunale vuole dire che quello che hanno visto era ben al di sopra di un comportamento normale. E il fatto che fossero libici e non svedesi, semmai mi fa pensare ancora di più che quello che hanno visto fosse sopra le righe e ben più di un rimprovero energetico come vuole farci credere il padre (e sto assumendo in modo totalmente pregiudiziale che in Libia alzare le mani sui bambini sia mediamente più tollerato che in Svezia, ma magari mi sbaglio alla grande).
5. Le reazioni che ho letto su facebook e blog italiani mi lasciano come sempre abbastanza sconvolta. Di fronte a tanti “era ora!” ho letto moltissimi “che esagerati sti svedesi!”
Ma veramente gli italiani pensano che convincere un figlio dodicenne ad entrare in un ristorante a suon di schiaffi sia cosa buona e giusta?
6. Ma se un adulto della compagnia avesse espresso l’opinione di voler mangiare in un altro posto, come avrebbe accolto tale signore questa presa di posizione? Oddio, ci sarebbe mica stata una sparatoria in quel di Stoccolma? O forse i bambini hanno meno diritto di esprimere desideri degli adulti.
7. La legge di non alzare le mani sui bambini in Svezia è stata fatta nel 1979. Nel codice c’è scritto: “i bambini hanno diritto alla cura, la sicurezza, e una buona crescita. I bambini devono essere trattati con rispetto per la loro persona e individualità e non possono essere sottoposti a punizioni fisici o maltrattamenti di altro tipo.” (tradotto da me, quindi perdonate le imprecisioni).
Inizialmente molti genitori usavano punizioni corporali sui figli, e solo con il passare degli anni il cambiamento è entrato veramente nella cultura generale, e ora la Svezia può vantare delle statistiche invidiabili in Europa (e ancora purtroppo non nulle).
8. Se pure quel padre avesse ragione, ed effettivamente il suo rimprovero al figlio è stato forse un po’ troppo irruento, ma non violento, questa vicenda ci dovrebbe far riflettere sulle differenze culturali tra due nazioni europee, e sul fatto che una stessa scena possa essere vissuta come normale da alcuni, ed estrema da altri, tanto da preoccuparsi per la salute del bambino in questione.
9. Magari questo evento porterà qualche genitore in più a chiedersi cosa sia giusto o meno. E allora sarà stata comunque positiva (meno che per i diretti interessati, si intende).
Voi che ne pensate? Come avete reagito di fronte a questa notizia? E come hanno reagito le persone intorno a voi? Parliamone.
Beh, intanto grazie a Supermambanana per avermi citato 🙂
Intanto, il mio giudizio é di parte perché da piccola sono stata picchiata per bene, senza pietá e senza troppi risultati educativi a parte l’aver sviluppato paura, risentimento e scarsa fiducia nei miei genitori, per cui sono proprio d’accordo con la legislazione svedese.
Quindi, avrei dato il benvenuto a qualche testimone che avesse cercato di fermare le attitudini manesche della mia famiglia. In aggiunta, dico che coi miei figli eviteró di alzare le mani per una mia convinzione personale ancor prima del fatto che in questo Paese sia vietato.
Per Marco: contesto alcune cose dei tuoi commenti (oltre alla correlazione suicidi/ceffoni, che non esiste).
Intanto, se si va in un altro Paese non la si fa franca solo perché si é stranieri. la legge é applicata a tutti coloro che si trovano su quel territorio. Se vado a rubare in un negozio vengo arrestata, a prescindere che io sia straniera o no. Idem se picchio qualcuno. Eccetera.
*l’educazione di un figlio non puó essere regolata dal codice civile o penale* Beh, dipende da cosa fai. Secondo me alcune cose non le puoi fare a qualcun altro solo perché si tratta della tua prole. Qui in Svezia ( e non solo) l’alzare le mani é reputato maltrattamento sulla persona: a prescindere se lo fai con tua moglie, il tuo datore di lavoro, tuo figlio, un dipendente, uno sconosciuto per strada. Io sono d’accordo con questo principio.
Tu daresti senza problemi un ceffone ad un tuo amico adulto? oppure ad un tuo dipendente perché non ha completato i compiti assegnatili? E allora perché ti senti in diritto di farlo coi figli?
Non trovo lecito usare trattamenti di sopraffazione, degradanti, lesivi, eccetera passandoli per ‘interventi educativi’.
Innanzi tutto vi posto con piacere il link a un articolo italiano che trovo obiettivo e anche ben fatto, in quanto dà indicazioni sui diversi sistemi legislativi:
http://sostenibile.blogosfere.it/2011/08/schiaffi-ai-figli-e-cultura-educativa-tra-svezia-e-italia.html
Poi, Marco, GRAZIE per la tua risposta.
La tua risposta sull’opportunità di uno scappellotto simbolico è chiara, io naturalmente non condivido la tua posizione ma (in quasi tutto il mondo) sei perfettamente nel diritto di applicarla. In relazione al caso in questione, tuttavia, non si è trattato di uno scappellotto simbolico, ma la sanzione è stata applicata per aver preso e tenuto per i capelli il ragazzo con l’intento di provocare dolore (che credo sia l’antitesi del simbolico). Tra l’altro, leggendo l’articolo che ho linkato, si vede bene come la pena sia stata lieve rispetto al massimo previsto per il reato di percosse ai figli (che se ho capito bene in Svezia è assimilato ai maltrattamenti), per cui anche il tribunale svedese ha riconosciuto una infrazione non grave.
Se volete una posizione super-partes, americana, potete leggere qui (in inglese): http://www.boston.com/news/world/europe/articles/2011/09/14/sweden_convicts_italian_official_of_child_abuse/
Per quanto riguarda i servizi sociali, non capisco bene cosa intendi. La mia minima esperienza coi servizi sociali è che si muovono su mandato della magistratura, non il contrario (correggetemi se sbaglio). Ovvero, non è che i servizi sociali siano un tribunale “leggero” e parallelo, ma vengono tirati in ballo quando un giudice decide di supportare una famiglia in difficoltà per vari motivi. Quando ho chiesto a un’assistente sociale se poteva andare a parlare con una figlia che trascura la madre novantenne mia amica di famiglia, l’assistente mi ha risposto che loro si muovono solo su mandato della polizia o di un giudice e che io potevo solo fare un esposto o una denuncia. Il che è perfettamente in linea con la presunzione di innocenza e rispetto della privacy, per come la penso io.
Perchè dici che la situazione è intermedia? Ripeto, gli è stata applicata una sanzione lieve rispetto al massimo previsto dalla legge. E per il fatto che il cittadino è straniero… beh… non credo che nessun Paese al mondo applichi la propria legge in modo diverso a seconda della nazionalità dell’imputato.
Dici poi: “l’educazione di un figlo non può essere regolata dal codice civile o penale”. Cioè un genitore violento può picchiare i figli a sazietà? Neanche il nostro codice accetta questa posizione, e io aggiungo per fortuna.
Non so quale interesse rivesta per altri la notizia (dalla nota di colore allo scontro di civiltà, può andare bene quasi tutto). Il mio interesse personale è nel chiedermi quale declinazione debba avere anche l’applicazione di un giusto principio: cioè che i bambini vadano difesi dalla violenza.
Sono solo io a vedere numerose sfumature tra maltrattamenti gravi e abituali e un momentaneo gesto di aggressività?
Fino a che punto è lo stato che deve regolare i miei comportamenti familiari?
Provo a spiegarmi con esempi:
– la cattiva alimentazione non è certo desiderabile, ma è lo stato a dover decidere come devo alimentare i miei figli (pena, come è successo in Scozia – quindi non invento – vedersi sottratti i figli perché sovrappeso)?
– il fumo fa certamente male, ma è lo stato a dover decidere se posso o meno fumare? O, un gradino oltre, se posso fumare in presenza di mio figlio?
– Allo stesso modo, picchiare i figli non è certo un atteggiamento positivo, ma siamo sicuri che sia compito dello stato regolare i rapporti tra un dodicenne magari esasperante come capita alla sua età e il proprio padre? Fatti salvi ovviamente quei casi di vere lesioni personali, che vanno certamente sanzionate?
Il punto è che nessuno degli atteggiamenti che ho descritto è virtuoso, ma non per questo ritengo che debbano essere classificati come reati, cioè non ritengo che si debba essere obbligati alla virtù per legge.
Dobbiamo prendere atto che tra un comportamento auspicabile o desiderato e uno sancito per legge c’è una bella differenza. Colasante secondo me non deve diventare il paladino del genitore manesco e non credo che neppure lui definirebbe la propria reazione come un “modello pedagogico” da seguire. Ma da lì a meritare la prigione c’è (ci dovrebbe essere) una certa differenza.
Molti commentatori hanno detto: la legge c’era ed è stata applicata. Nulla da eccepire.
Però, se posso permettermi, rispondo a Barbara che chiede “La legge non va rispettata sempre?”.
La mia personale risposta è NO. Rispettare la legge a prescindere dal suo fondamento morale è un grave errore, secondo me. Un errore che porta ad autoritarismo, una specie di incubo alla Orwell.
E’ la legge che deve partire da principi condivisi e trasformarsi in giurisprudenza, non il contrario. Nel caso della Svezia sono convinta che ci sia stato un lungo processo (avvenuto con alcune sfumature in tutto l’Occidente) che ha portato a una maggiore consapevolezza dei diritti dei bambini e ne sono francamente contenta. Ma ritengo che il caso in oggetto abbia avuto l’effetto di mostrare, almeno in parte, anche l’effetto paradossale di alcune cose buone, se prese in modo tetragono.
Ritengo inoltre, in modo più generale, che stiamo prendendo una deriva, se le più recenti generazioni risultano più difficilmente educabili, e c’è il timore che per raddrizzare il timone per una tendenza a destra (l’eccesso di autoritarismo), stiamo rischiando ora di pendere a manca (perdita di autorità).
La mia posizione è chiara
…. non credo che rimproverare alzando la voce un figlio di 11 anni che lo merita arrivando, in casi estremi e a fin di bene, a dargli un “simbolico” scappellotto …… ma ripeto “simbolico” perchè sono totalmente contro ogni forma di violenza fisica e morale …. possa arrivare a far arrestare imprigionare e condannare un genitore !
Se è appurato che trattasi di “maltrattamenti” gravi e ripetuti …. allora credo che lo stato debba intervenire ma con i servizi sociali non con un agente di polizia in divisa ed armato ……
Contesto l’intolleranza e la rigidità di quesa “legge” che non prevede situazioni intermedie ed il modo intransigente di applicarla su un cittadino straniero per giunta …
Questa regola strigente ed i modi possono creare a mio avviso DANNI sociali e psicologici più gravi del fatto che si vuole prevenire …. l’educazione di un figlo non può essere regolata dal codice civile o penale …. la cosa, come sapete benissiomo, è molto più complessa e si gioca ad altri livelli affettivi …..
poi sulla Svezia come per Ustica o JFK mi sembra che ” tutto il mondo è paese” ….. e allora perchè sostenere sempre di essere “superiori” o “”avanti” …. ripeto …. velato razzismo ????
….. io credo che questo ci sia
P.S. Non è stato processato e punito perchè ha “rimproverato” il figlio, ti faccio notare. Lo ha picchiato, e lo ha fatto in modo abbastanza violento da attirare l’attenzione e provocare la denuncia di diversi passanti, poi testimoni al processo. Poi io per “picchiato” intendo dallo scappellotto al linciaggio, ma voglio credere che l’entità del fatto sia stata presa in considerazione durante il processo.
@Marco, ma chi l’ha detto che non c’è violenza nei Paesi di tutto il mondo, Scandinavia intera compresa? Ma soprattutto, questo che c’entra????
Ti chiedo, senza provocazione e roba simile, per favore, mi spieghi la tua posizione? Non per altro, ma per capire una cosa che io non capisco e allora forse tu me la puoi spiegare. Cosa contesti, la legge in sè, e pensi che uno scappellotto possa essere educativo, oppure la modalità di applicazione della legge, o il fatto che non si sia tenuto conto della diversa cultura di provenienza dell’imputato, o la mancanza di tolleranza verso un peraltro onesto cittadino o cosa? Non ti chiedo di convncermi, solo di spiegarmi un punto di vista che non riesco proprio a comprendere.
Ti prego solo di non darmi come risposta che la Svezia ha voluto mettersi in cattedra e insegnare l’educazione agli italiani perchè sono arcistraconvinta che non sia questo il caso e che siano stati i media italiani a prendere questa posizione.
Le statistiche sull’incidenza dei suicidi e delle malattie mentali (depressioni) nei paesi del nord europa rispetto al resto del mondo sono note e consolidate da anni ….. mettere in dubbio i numeri mi sembra averamente ridicolo !! Questo “problema” dei paesi del nord europa è tristemente famoso.
Qualche problemino li c’è sicuramente …. soprattutto tra giovani e giovanissimi … i problemi legati ad abuso di alcol sono anche tristemente famosi …. i problemi di bullismo sono sulle pagine di tutti i giornal
….. e poi non ci scordiamo che in Svezia è “legale” un partito dichiaratamente “neonazista” …. discretamente votato e che ….. ha rappresentanti in parlamento e mi sembra che appoggi l’attuale governo !!!! ….. e chi ha ucciso PALME ??? …. forse un pericoloso italiano urlando e imprecando ???? …. gli efficienti svedesi ancora non lo hanno detto …
Ma avete letto la trilogia di Larson ????? Anche lui non più tra noi …. e svedesissimo ma forse non troppo allineato ???
E questo sarebbe un paese in cui non c’è “violenza” ..?? in cui si processa per direttissima un padre che rimprovera un figlio ????
@Marco non so quale siano le tue fonti di informazione assodate, comunque fare uno processo alla Svezia è veramente al di fuori dallo scopo di questo post e di questo sito. Il punto è semplicissimo: c’è una legge, una persona non ha seguito la legge, ed è stato condannato. Poi possiamo discutere all’infinito sul fatto che la legge sia giusta o meno, se il paese abbia un codice morale coerente, se le persone in quel paese si comportano o meno secondo quella legge, se è giusto o meno mettere il ketchup sulla pasta, ma ripeto, non è lo scopo di questo post, e non credo proprio che riusciremo a metterci d’accordo viste le premesse da cui partiamo.
PS. io se fossi Colasante sarei contento del fatto che il processo si è svolto in fretta, tu no? A meno di voler pensare che anche questa sia una pecca da parte della Svezia.
(PPS. chi ha ucciso Palme mi piacerebbe tanto saperlo. Così come vorrei sapere chi ha ucciso JFK, cosa è successo ad Ustica, e molte altre cose)
@Marco, i fatti SONO stati chiariti, il processo è finito. In questo la Svezia ci è avanti non credi? In pochi giorni processo finito, tenendo anche conto che l’imputato è straniero e voleva tornare a casa sua. Quanto ci avrebbe messo qui? Vabbè, non voglio buttare altra benzina sul fuoco.
“tutte le valutazioni sono solo il frutto dell’idea preconcetta o della simpatia che si ha per l’Italia o per la Svezia”… ahem… non direi proprio, e noi qui sono giorni che stiamo cercando di superare queste posizioni. Leggi sopra per favore.
Poi dici: “Mi sembra piuttosto il solito modo schematico e semplicistico dei popoli nordici di ridurre tutto a “regola” … e credere che le loro “regolette” siano “le migliori del mondo”” ma come?? stiamo proprio parlando dell’importanza delle regole nell’educazione dei figli (e non solo, evidentemente)? che facciamo, minimizziamo le regole che ci sono scomode, magari mettendo in mezzo la mancanza di tolleranza? E allora le regole quali sono? La legge non va rispettata sempre?
Mi sembra che se non saranno chiariti i fatti … tutte le valutazioni sono solo il frutto dell’idea preconcetta o della simpatia che si ha per l’Italia o per la Svezia !
Credo che se non si è trattato di un vero “pestaggio”, la reazione del sistema Svezia sia paradossale, molto dannosa e diseducativa per il bambino stesso.
Ma voi vi rendete conto di quello che può aver provato il bambino nel vedere il proprio padre arrestato, messo in galera ecc ecc ?? Quali saranno le conseguenze sul loro rapporto affettivo ?? E i sensi di colpa, giusti o ingiusti, che svilupperà ?? ….. ma vi sembra questo il modo di aiutare il bambino …. anche se avesse un padre “violento” ??
A me sinceramente NO.
Mi sembra piuttosto il solito modo schematico e semplicistico dei popoli nordici di ridurre tutto a “regola” … e credere che le loro “regolette” siano “le migliori del mondo” ….. (presunzione ?? velato razzismo … ??)
….. e qualcuno mi può spiegare perchè se in Svezia la società è così “perfetta” …. c’è il più alto indice di SUICIDI giovanili ????? …..
@Marco come abbiamo già scritto qualche commento fa non è vero che in Svezia c’è il più alto indice di suicidi giovanili. Guarda il link condiviso da supermambanana come esempio.
E poi qui mi pare che nessuno stia a dire che la Svezia è una società perfetta. Si sta parlando di tutt’altro.
Se questo modo di fare abbia aiutato o meno il bambino in questione non lo sapremo mai. Alcune testimonianze in questo post di persone che hanno subito maltrattamenti sembrano indicare il contrario. L’unica cosa certa è che se c’è una legge questa va rispettata. E su questo non c’è molto altro da aggiungere.
Se io fossi un padre che è stata ingiustamente accusato di un atto del genere, tranquillizzarei mio figlio (che ha 12 anni non 4!) spiegandogli che la polizia ha fatto il suo dovere, perché ci sono padri che picchiano i loro figli, e questa è una cosa sbagliata. Siccome ci sono state delle persone che hanno pensato che io stessi facendo questa cosa a te, quelle persone da bravi cittadini hanno chiamato la polizia, e poi i giudici hanno verificato cosa fosse successo in realtà. Coglierei insomma l’occasione per parlare di come funziona la giustizia, di quale è il dovere di un cittadino, e di come fino alla condanna si è tutti innocenti, però la polizia deve comunque agire a volte in modo forte, come mettendo in prigione l’accusato, come forma preventiva. Certo il fatto che alla fine sia stato riconosciuto colpevole rende il discorso decisamente più complicato da fare. Come lo è per qualsiasi persona che commetta un reato.
@Marco, permetti che il grado di tolleranza da applicare lo decida il Paese in questione e non l’imputato?
@Calenda Maia, attenzione alla questione del background culturale. I nostri ragazzi tollerano un ceffone, le donne di non so quale Paese islamico (anche questo è un pregiudizio, ma vabbè) tollerano un ceffone in pubblico, e le bambine di certi Paesi tollerano l’infibulazione. Anche la lapidazione fa parte di certe culture. Anche l’apartheid. L’omosessualità in certi Paesi è reato penale. Sto dicendo solo che spazio per migliorare c’è sempre, non che queste culture siano totalmente da buttare.
Il fatto che il nostro Paese ci permette di educare i figli anche con metodi “fisici” non fa di noi dei trogloditi. Io preferirei che non lo permettesse, ma rispetto pienamente la mia democrazia e mi avvalgo della possibilità di non avvalermi di questo diritto.
@D. dimenticavo: lo sai che in Italia probabilmente quei due figli americani in parte l’avrebbero spuntata? Noi abbiamo il dovere di elargire ai nostri figli in relazione alle nostre possibilità economiche, non in base a ciò che riteniamo giusto.
Anche in Italia un bambino picchiato dal padre può vederlo arrestato per maltrattamenti, e sono sicura che si colpevolizzerà ma qualcuno gli spiegherà che suo padre sta male e che quello che ha fatto è sbagliato. Oppure siamo tutti d’accordo che per evitare questo trauma, bisogna lasciare che i genitori cosiddetti sbandati picchino i loro figli?
Non vorrei essere fraintesa ma secondo me la questione posta dal diritto Svedese è profondamente etica.
L’idea di fondo è che tu stai difendendo il bambino maltrattato dal padre, in quanto il gesto di acchiappare per i capelli, spingere addosso al muro e schiaffeggiare non è ammissibile in nessun caso.
Se una donna venisse presa per i capelli, spinta addosso al muro e schiaffeggiata – e vedesse la polizia che interviene per questo, si sentirebbe colpevolizzata dell’arresto solamente in un contesto profondamente misogino dove va da sè che “deve aver fatto qualcosa di grave per buscarle”.
Non so se mi sono spiegata.
L’articolo della stampa è assolutamente pazzesco. Volevo commentare, ma non si può.
@D. i tuoi presupposti sono assolutamente condivisibili, ma mi permetto di farti notare che questo non mi sembra il luogo adatto. Se cerchi in questo sito, troverai fior fiore di contributi su come EDUCARE i figli SENZA ricorrere a metodi (da molti di noi considerati) violenti. Questo è proprio un sito dove i genitori si incontrano per scambiarsi pareri ed eventualmente metodi per educare i figli serenamente e al meglio.
Poi non mi pare che nessuno di noi qui abbia detto che la Svezia è un campione di civiltà, magari che certi raffronti possono essere utili per migliorarsi “in parallelo”, senza dire chi è meglio e chi peggio. Questa differenza l’hanno fatta i giornali italiani, non quelli svedesi (se ti fidi di chi li ha letti per noi, la lingua è effettivamente un problema).
Perdonami, ma io il limite fra difendere i più deboli e la paura di educare non lo trovo affatto sottile. Non considero i giovani come un’orda di indemoniati pronti ad accoltellarmi se non gli lascio fare il falò in terrazza, piuttosto come esseri bisognosi di un esempio, che io personalmente sto cercando di dare a mia figlia e non solo.
Perdonami, ma tu scrivi: “In Italia quanti insegnanti affermano di non riuscire più a mantenere la disciplina per il terrore di ripercussioni (genitori violenti, minacce di denunce, aggressività diffusa)”… Appunto, il problema sono i genitori violenti, non i ragazzi. I miei non hanno mai alzato una mano su di me, ma a me non è MAI vebuto in mente di fare la voce grossa (o peggio) con un insegnante. L’educazione è un’altra cosa. Gli insegnanti non avrebbero tutti quest problemi se i genitori educassero i figli, e sono convinta che ne avrebbero di più se tutti i genitori li picchiassero.
Poi, tornando alla vicenda specifica, sta di fatto che ci sono Paesi al mondo nei quali picchiare i figli è reato (l’articolo della Stampa riporta fra le motivazioni il fatto che il genitore ha voluto provocare dolore, e questo è inammissibile in Svezia e anche a casa mia), quest’uomo ha commesso un reato in un Paese straniero ed è stato processato e condannato.
Non vedo perchè farne una questione di Stato. Alla domanda che ti poni tu alla fine io personalmente risponderei che forse al ragazzo fa bene sapere che ci sono posti al mondo nei quali questo tipo di violenza non è tollerata.
“E per tornare infine al nostro caso di partenza, mi chiedo se una discussione concitata e probabilmente trascesa con il proprio padre sia più scioccante del saperlo arrestato per alcuni giorni. Summus ius, summa iniuria.”
Io credo che ognuno ragiona in base al proprio back-ground culturale: secondo me a meno di gravi abusi, i bambini italiani sono perfettamente a loro agio con un ceffone occasionale che sanno di avere meritato. Uno svedese probabilmente meno, perché ha tutta la società a dirgli di avere sbagliato.
Per questo motivo, per riprendere l’immagine – che trovo appropriata – del paragone con i maltrattamenti alle donne, sono abbastanza tranquilla che in paesi più misogini del nostro le donne troveranno più o meno normale essere schiaffeggiate anche in pubblico, se pensano di esserselo meritato. il che ovviamente traduce un rapporto di subordinazione che noi non possiamo accettare, ma fa parte di un sistema culturale.
Sono d’accordo con quanto dici sul rischio che i genitori abdichino al ruolo di educatori, ne ho sentiti diversi ormai che delegano alla scuola in questo ruolo, salvo poi contestare la scuola stessa se “si permette” un rimprovero in più.
Tuttavia, mi pare che la questione che si pone qui in questo blog, credo, è se il ceffone IN SE, non perché lo dicono gli Svedesi, è qualcosa che ti rende un genitore autorevole oppure autoritario.
Vorrei dire la mia opinione perché anch’io ho vissuto in Svezia, è un paese che mi piace ma anche lungi dall’essere perfetto.
Sono d’accordo sulla condanna. Non sono d’accordo sui modi. Come diceva giustamente qualcuno, per un bambino 12enne vedere il proprio padre essere arrestato e portato in prigione può essere uno shock enorme. Mi sembra strano che nessuno si preoccupi di questo.
In uno degli articoli, quello della Stampa, mi pare, (per quanto esagerato sia) viene anche descritta una scena dove gli italiani vengono infamati e ritratti come barbari.
Non so se sia vero, comunque è verosimile. Ritrarre il Sud dell’Europa come arretrato a priori, senza analizzare o cercare di capire, è cosa largamente accettata dalla popolazione svedese.
La conoscenza dell’Italia è spesso basata su stereotipi o su dati statistici che però non si preoccupano di leggere accuratamente.
Non confondiamo il “quando si va in un paese straniero bisogna attenersi alle sue regole” con la tolleranza zero.
Non voglio difendere nessuno ma spingerei chi può (o con l’aiuto di Google Translate) a leggere gli articoli apparsi sui giornali svedesi.
Certi italiani esasperati potrebbero dire “sì, è vero!” “hanno ragione, siamo dei barbari!” non sono d’accordo. O comunque non è questo il modo di ragionare che mi aspetto da chi fa informazione in un paese come la Svezia.
Come giustamente è irrilevante la nazionalità (origine forse) dei testimoni perché diventa così fondamentale la nazionalità dell’accusato?
@Marco sono d’accordo con te su molte cose, prima di tutto sul fatto che la Svezia è lungi dall’essere perfetta.
Credo che una chiave di lettura di quello che dici tu sia data dalle riflessioni di CloseTheDoor. Come si reagirebbe in Italia se si parlasse di un caso di una donna maltrattata per strada dal marito e si sapesse che la nazionalità è di qualche paese musulmano? Si partirebbe forse con una crociata, dicendo che in quei paesi la donna non è rispettata e che sono dei barbari.
In realtà se leggi l’articolo del Dagens Nyheter linkato più su, il caso non è stato affatto presentato in questi termini. La nazionalità di origine del Colasante è stata detta, ed è vero che si è fatto un discorso relativo alle differenze culturali dei paesi, ma io non ci ho letto nessun tipo di stereotipo contro l’Italia e gli italiani. Se ti guardi i Rapport su svt.se ti accorgi che ci sono anche le testimonianze di italiani che dicono che è inammissibile picchiare i bambini, proprio per dire che non tutti gli italiani la pensano così, quindi contro l’idea dello stereotipo. Ovviamente non so se i testimoni sono stati spinti da un odio raziale nei confronti degli italiani ad agire, è possibile, ma non possiamo saperlo. Mi auguro che in tribunale il razzismo non sia entrato. (tra parentesi aggiungo che in 11 anni di permanenza in Svezia non sono mai stata trattata male per via del mio essere italiana. E non posso fare la stessa dichiarazione per quanto riguarda la Francia. Forse sono stata fortunata, non so.)
Quello che a me fa paura sono i riflessi condizionati, uguali e contrari, di chi difende il Colasante contro gli svedesi “rigidi e fiscali” e di chi difende gli svedesi, campioni di civiltà contro la mentalità italiana “furbetta e magari un po’ violenta”. Mi sembra un atteggiamento inutile, perché conferma ognuno nei propri pre-giudizi senza aggiungere nulla.
Posto che non ero presente al fatto (come credo la totalità delle lettrici di questo blog), posto che forse qualche contraddizione nei resoconti c’è davvero e non si può scegliere una versione piuttosto che un’altra solo perché è quella che meglio sostiene il nostro punto di vista o – peggio – i nostri pregiudizi, rimane il fatto che un tribunale in primo grado ha deciso per la colpevolezza e a questo mi attengo.
Non dubito che gli svedesi ritengano di aver applicato la legge e difeso il ragazzo, non dubito che il Colasante possa ritenere di essere stato vittima di un episodio surreale, forse condito da eccesso di zelo e di razzismo (vero o presunto).
Volendo però astrarre, ed è il motivo per cui ho riportato il link più sopra, mi fa molto riflettere il labile confine tra una società che difende – doverosamente – i più deboli e una società che ha il terrore di educare per paura delle ripercussioni.
E non intendo con questo la sola società svedese, ma quella occidentale in generale. In Italia quanti insegnanti affermano di non riuscire più a mantenere la disciplina per il terrore di ripercussioni (genitori violenti, minacce di denunce, aggressività diffusa). Lo psichiatra svedese citato nel mio link forniva alcuni elementi che indicano un atteggiamento di pre-potenza dei giovani rispetto agli adulti, in una condizione di soggezione che io vedo anche qui in Italia e che è sempre più diffusa. E’ notizia di qualche settimana fa una causa intentata da due fratelli negli Stati Uniti nei confronti della propria madre, rea di non aver dato loro una paghetta ritenuta adeguata, di aver imposto un coprifuoco a una certa ora, di non aver comprato loro abiti firmati e di averli addirittura obbligati a mettere le cinture di sicurezza in auto… ovviamente la signora è stata assolta, ma il fatto stesso che si possa arrivare davanti a un giudice per motivi simili (e se avesse imposto loro le verdure o di lavare i piatti?) è assolutamente surreale.
I ragazzi tendono ad essere sempre più un gruppo autonomo, esente da ogni regola imposta dall’esterno: contano solo le regole del gruppo, anche a discapito dei più deboli fra loro. Credo che ciò sia vero qui in Italia, come in Svezia.
Significa allora che dobbiamo prendere a ceffoni i nostri figli? No.
Ma non possiamo neppure nasconderci il fatto che educare significa essere degli adulti che introducono il bambino in un mondo fatto di regole che egli ignora, a volte anche imponendo tali regole. A me i genitori che discutono su tutto (che dici, tesoruccio, andiamo a dormire? Che ne pensi di far cena, amorino?) fanno tanto orrore quanto quelli che si impongono in tutto.
E per tornare infine al nostro caso di partenza, mi chiedo se una discussione concitata e probabilmente trascesa con il proprio padre sia più scioccante del saperlo arrestato per alcuni giorni. Summus ius, summa iniuria.