Ieri è avvenuto il processo al turista italiano arrestato a Stoccolma per aver rimproverato troppo duramente il figlio dodicenne. Ne ho lette di cotte e di crude in giro su vari siti, e ho deciso di commentare questa notizia perché ci sono un sacco di cose da dire. Non sarò imparziale.
Iniziamo dai fatti.
La versione degli accusatori è di aver visto un uomo rincorrere un ragazzino, strattonarlo, tirarlo per i capelli, schiaffeggiarlo e sbatterlo addosso al muro. Uno dei testimoni, ha dichiarato che non aveva nemmeno capito che si trattasse del padre, vista la veemenza dell’attacco. Ha dichiarato inoltre che quando lui si è avvicinato correndo, il padre si è spaventato e ha fatto un passo indietro. Un testimone gli ha detto che in Svezia non è consentito picchiare i bambini, e il padre gli ha risposto “va bene, è tutto tranquillo ora” e poi ha proseguito attraversando la strada verso il ristorante, e lo ha visto dare ancora un paio di schiaffi al bambino.
La versione dell’accusato è che lui non ha assolutamente schiaffeggiato il figlio, ne ha usato nessuna forma di violenza. Ha semplicemente rimproverato il bambino che faceva i capricci e che si rifiutava di entrare nel ristorante insieme a tutti gli altri. Ha dichiarato inoltre che si era spaventato perché il figlio stava scappando e sarebbe potuto finire sotto una macchina. Certamente le urla, il gesticolare esagerato che caratterizza noi italiani, e la differenza di lingua ha preoccupato i testimoni più del necessario. In altre occasioni ha dichiarato che forse è vero che ha preso il figlio per i capelli, ma per pochissimi secondi soltanto. Si è comunque difeso dichiarando che le accuse che gli sono state mosse sono infondate.
Ecco, ora capite il perché i fatti non sono affatto semplici da capire.
Leggendo dai giornali italiani, ad esempio Repubblica qui si avverte immediatamente un senso di ingiustizia nel racconto che viene fatto della faccenda. L’italiano viene immediatamente descritto come un politico, di 46 anni, buon padre di famiglia a detta di amici e parenti, dei testimoni dell’accusa invece veniamo a sapere solo che sono di nazionalità libica (ma c’entra qualcosa?). In reatà un’altra cosa salta subito agli occhi, ossia che il giornalista che ha scritto l’articolo non sa che Stoccolma è la capitale della Svezia e non della Norvegia, come sembra implicare da riferimenti al sistema giudiziario norvegese 😛
Sono andata a cercare informazioni sui quotidiani svedesi, e ho trovato nome e cognome dei testimoni, senza alcun riferimento alla loro nazionalità (come dire che è irrilevante?)
Inoltre gli italiani riportano la notizia come un attacco esagerato della polizia svedese contro un povero padre che pur deve farsi obbedire dal figlio. E quelli svedesi la riportano come un attacco di violenza nei confronti di un bambino, e della differenza di cultura tra il sud e il nord Europa.
Ora come genitore, per di più italiana residente in Svezia, ho l’obbligo di interrogarmi su questa vicenda, che per me va oltre il fatto che questo padre ignorasse il fatto che in Svezia è vietato picchiare i bambini rischiando la galera.
Provo ad ordinare i miei pensieri e i miei dubbi in semplici punti, e poi voi mi dite cosa ne pensate e come avete letto questa notizia:
1. quando si visitano altri paesi bisognerebbe conformarsi agli usi e costumi dei paesi che si visitano (oltre che, ovviamente, rispettarne le leggi). In Svezia non si urla e gesticola per strada come dei disperati a meno che non sia successo qualcosa di veramente grave.
2. Paura che un dodicenne scappando via finisca sotto una macchina? Ma veramente? Si trovavano a Lilla Nygatan nella parte vecchia della città, in una strada a traffico praticamente nullo. Stiamo parlando di un dodicenne, non di un treenne!
3. Se un padre arriva al punto di dover rincorrere il figlio dodicenne che non vuole entrare nel ristorante, forse dovrebbe interrogarsi sul suo ruolo di padre e sul rapporto che ha instaurato con il figlio. E se deve prenderlo a schiaffi e tirargli i capelli per farlo ragionare, forse si spiega perché il figlio stesse scappando.
4. Ho vissuto in Svezia abbastanza a lungo per dire che per quanto urlare per strada o rimproverare energicamente i figli non sia una scena normale, gli svedesi mediamente si fanno i fatti loro, e nessuno si sognerebbe di chiamare la polizia solo per questo, e la polizia avrebbe forse anche altro da fare. Io credo che se dei cittadini si prendono la briga di intervenire, denunciare e testimoniare in tribunale vuole dire che quello che hanno visto era ben al di sopra di un comportamento normale. E il fatto che fossero libici e non svedesi, semmai mi fa pensare ancora di più che quello che hanno visto fosse sopra le righe e ben più di un rimprovero energetico come vuole farci credere il padre (e sto assumendo in modo totalmente pregiudiziale che in Libia alzare le mani sui bambini sia mediamente più tollerato che in Svezia, ma magari mi sbaglio alla grande).
5. Le reazioni che ho letto su facebook e blog italiani mi lasciano come sempre abbastanza sconvolta. Di fronte a tanti “era ora!” ho letto moltissimi “che esagerati sti svedesi!”
Ma veramente gli italiani pensano che convincere un figlio dodicenne ad entrare in un ristorante a suon di schiaffi sia cosa buona e giusta?
6. Ma se un adulto della compagnia avesse espresso l’opinione di voler mangiare in un altro posto, come avrebbe accolto tale signore questa presa di posizione? Oddio, ci sarebbe mica stata una sparatoria in quel di Stoccolma? O forse i bambini hanno meno diritto di esprimere desideri degli adulti.
7. La legge di non alzare le mani sui bambini in Svezia è stata fatta nel 1979. Nel codice c’è scritto: “i bambini hanno diritto alla cura, la sicurezza, e una buona crescita. I bambini devono essere trattati con rispetto per la loro persona e individualità e non possono essere sottoposti a punizioni fisici o maltrattamenti di altro tipo.” (tradotto da me, quindi perdonate le imprecisioni).
Inizialmente molti genitori usavano punizioni corporali sui figli, e solo con il passare degli anni il cambiamento è entrato veramente nella cultura generale, e ora la Svezia può vantare delle statistiche invidiabili in Europa (e ancora purtroppo non nulle).
8. Se pure quel padre avesse ragione, ed effettivamente il suo rimprovero al figlio è stato forse un po’ troppo irruento, ma non violento, questa vicenda ci dovrebbe far riflettere sulle differenze culturali tra due nazioni europee, e sul fatto che una stessa scena possa essere vissuta come normale da alcuni, ed estrema da altri, tanto da preoccuparsi per la salute del bambino in questione.
9. Magari questo evento porterà qualche genitore in più a chiedersi cosa sia giusto o meno. E allora sarà stata comunque positiva (meno che per i diretti interessati, si intende).
Voi che ne pensate? Come avete reagito di fronte a questa notizia? E come hanno reagito le persone intorno a voi? Parliamone.
“dalle descrizioni di molti lettori (direi per lo più lettrici) qui emerge un’Italia violentissima, con genitori che tirano su i figli a suon di ceffoni..in confronto i paesi e i modi islamici, di cui so più che abbastanza, sono un paradiso…mah?”
Nessuno ha parlato di modi islamici paradisiaci. Se rilegge il post di Serena troverà la frase : “sto assumendo in modo totalmente pregiudiziale che in Libia alzare le mani sui bambini sia mediamente più tollerato che in Svezia”.
Sul violento razzismo anti-italiano ho diverse esperienze anche io come credo molte altre persone qui, personalmente le ho fatte quasi tutte in Gran Bretagna. Ma non si sta discutendo di questo: ci si sta domandando
a) che cosa possono avere visto i testimoni che hanno chiamato la polizia e perché questo padre si è contraddetto varie volte nelle deposizioni;
b) se sia giusto o meno farsi rispettare dai figli con una sberla.
Personalmente ho ben presente che le leggi non risolvono tutto, secondo Amnesty International le percentuali di donne morte uccise dal partner è più alta in Nord Europa (in Finlandia in particolare) che non in SudEuropa. Rimane il fatto che sul piano del diritto, il rispetto della persona-donna è arrivato prima da loro che da noi. Analogamente questo progresso sta facendo strada con i figli. Fino a qualche anno fa in Italia un genitore poteva prendere il figlio a badilate ed essere definito “cattivo”, oggi verrebbero chiamati i servizi sociali.
non vivo in Svezia ma ho vissuto parecchio all’estero, e soprattutto in paesi centro e nord-occidentali di questa povera Europa. dalle descrizioni di molti lettori (direi per lo più lettrici) qui emerge un’Italia violentissima, con genitori che tirano su i figli a suon di ceffoni..in confronto i paesi e i modi islamici, di cui so più che abbastanza, sono un paradiso…mah? resto molto ma molto perplesso. ad ogni modo, mi permetta qualche commento, anche se in disaccordo con Lei: prima di tutto, per esperienza personale, ho avuto tristemente modo di vedere con quanta sufficienza, snobismo e malcelato razzismo soprattutto chi sta a nord dell’Italia tratti gli italiani (quando glielo fai notare allora cominciano a tenere le orecchie un pò più basse, ma ci provano in continuo, non so sulla base di quale “consolidato” pregiudizio). Anche quando sono turisti, cioè quando gli portano soldi, gli italiani sono automaticamente visti e trattati in un modo in cui qui non viene trattato nemmeno il più fastidioso ed insistente degli zingari. e so cosa sto dicendo. riporto un solo esempio emblematico: a Parigi, in un bar, solo per essere entrati parlando (e non urlando) in italiano, un gruppetto di ragazzi italiani è stato “accolto” dalla barista con un “merde, les italians!” con questo voglio dire che se quelli che ci disprezzano tanto fossero così evoluti, non adotterebbero ogni volta questo atteggiamento a dir poco disgustoso. Potrei raccontare molto di più ma non è tempo e luogo. Secondariamente, specie riguardo agli anglosassoni e agli scandinavi, mi permetto di far notare che se avessero veramente e intimamente assorbito l’alto grado civiltà di cui si fregiano, non si comporterebbero da vere bestie che spaccano tutto dopo le prime due birre(e dico bestie con tutto il rispetto per gli animali veri). Di tedeschi, olandesi, inglesi, danesi e svedesi maleducati, violenti e sozzi con la scusa della sbornia quando vengono da noi ne abbiamo visti anche troppi. se un italiano combinasse un decimo dei danni causati da questa bella gente finirebbe in carcere non per 3 giorni, ma per tre mesi…e ovviamente direbbero “italiani sporchi e mafiosi”, tiritera preferita dal centro-nord Europa.
Per quanto riguarda la nazionalità dei testimoni del fatto, direi che, a differenza di quanto si chiede Lei, sicuramente il fatto che si tratti di islamici fa quantomeno sorridere, anche se amaramente, dato che è assodato, reiterato e riconosciuto che loro i figli li allevano a suon di botte, per non parlare delle figlie. forse non tutti, d’accordo, ma molti. molti più egli italiani. ad ogni modo colgo l’occasione per farle notare che anche e soprattutto in Svezia (e Lei dovrebbe saperlo, dato che ci vive da anni), così come in altri paesi europei apparentemente tanto organizzati, avanzati ecc. se si è bianchi, cristiani e/o occidentali bisogna rigare dritto, come del resto è giusto, ovviamente, però se si è di fede islamica le cose cambiano, pena l’essere tacciati di razzismo…e questo l’ho già visto in posti come la gran bretagna e la francia, oltre che averlo letto anche dai commenti scritti in altri siti, sempre relativamente allo stesso fatto; parlo di commenti espressi da persone che come Lei vivono in Svezia. Potrei scrivere molto di più e forse anche meglio, ma volevo aggiungere qualche dato che forse altri hanno scordato di considerare, probabilmente nella foga di attaccare e condannare il “terribile” padre italiano che ancora non si è capito cosa abbia veramente combinato a questo figlio…a proposito: credo che il figlio dodicenne sia rimasto veramente traumatizzato non tanto dal presunto schiaffo ricevuto dal padre, quanto dal fatto di vedere il padre portato via dalla polizia sulla base di una denuncia da parte di due libici (sì, ribadisco che erano due libici e non due svedesi). Gli italiani saranno anche rumorosi, e questo può infastidire, ma a me infastidisce molto di più uno “Stato” che commette un errore più grande di quello che vuol punire. e mi infastidisce che a punire un italiano rumoroso e FORSE manesco (che lo sia stato è tutto da provare) sia gente che quando viene a casa mia non rispetta le leggi del mio paese..alla faccia di tanta sedicente civiltà nordica. Saluti, Sandro
ps. nè io nè mia sorella siamo cresciuti a sberle: forse ne avremo prese due a testa in tutta l’infanzia.E forse sono anche servite, chissà..di sicuro non siamo stati sconvolti da questo.Aggiungo che due anni fa, in Tunisia, un padre tunisino ha letteralmente fatto svenire il figlio di 5-6 anni dandogli un cazzotto pauroso, per strada e in mezzo a una folla fatta anche di noi turisti “cristiani infedeli”: il sottoscritto ha osato dire in francese “cavolo, ma gli ha fatto male!” e in francese si è sentito rispondere “vai a casa tua e fatti i c***i tuoi”. non aggiungo altro
Mammastraniera, a Roma non è affatto normale che un papà alzi le mani sui figli. Ecco, iniziamo a ragionare da qui e poi andiamo avanti ad analizzare la situazione concreta.
Rifletti, valuta, ma sappi che ci sono molti giudici propensi a considerare non-normale che un bambino venga picchiato, anche se sembra nei limiti “educativi” o, come si dice, purtroppo con un termine vecchio “correttivi”.
@Mamma straniera, non so se le mie riflessioni ti saranno utili, ma io penso questo: il padre di tua figlia ha mai alzato le mani su di te? se si, credo dovresti tenerne conto, parlarne con il tuo avvocato, o come dice Claudia con un altro più “attivo”. Contatta il telefono azzurro e/o il telefono rosa per avere più informazioni su quello che puoi fare (non so se forniscono anche assistenza legale).
Sii dura con lui, fagli vedere che non sei una vittima ma hai intenzione di batterti duramente per i diritti tuoi e di tua figlia.
Per ora un abbraccio forte.
@Mamma straniera, non vorrei proprio che la tua richiesta d’aiuto si perdesse in mezzo ai commenti. Mi dispiace molto per la situazione in cui ti trovi e penso che se hai consultato un avvocato, hai già una mezza idea di separarti. Io non ho esperienza legale di nessun tipo ma la prima cosa che mi viene in mente è: cambia avvocato, e cerca di farti aiutare da chi ne capisce. Spero che qualcuno che sta a Roma e magari si occupa di queste cose possa darti qualche consiglio più utile. Ti mando un grosso abbraccio, forza!
ma sere’ a stoccolma come state messi con le leggi per i bambini seienni che picchiano i genitori? No perche’ manderei Boy-two a fare uno stage da voi…
Credo che non sapremo mai come sono andati realmente i fatti (anche perchè dai racconti qui sopra capiamo come un momento di particolare rabbia e tensione stravolgano la percezione delle nostre stesse azioni), ma poi davvero importa? Siamo sicuri che uno scappellotto sia poi così diverso da uno schiaffone? Che a tre anni sia diverso che a 12? Io no, per niente.
Ho DECISO di non alzare mai, in nessun modo, le mani sua mia figlia. Arriverò a trattenerla con forza se sarà necessario, e per ora sono stata fortunata, non è ancora mai successo. Ma alzare le mani mai, in nessun modo.
Diversi anni fa mi successe di quasi investire un bambino di 3-4 anni sbucato di corsa dalle macchine parcheggiate sul bordo della strada. Io ero in bicicletta e ho seriamente rischiato di farmi male (ripensandoci, probabilmente mi sarei fatta male più io di lui). Riuscii a frenare a pochi centimetri da lui e a non toccarlo nemmeno, ma la madre gliele ha date di santa ragione riportandolo sul marciapiede urlando.
TopaGigia per fortuna questo non l’ha mai fatto, ma ha cominciato ad allontanarsi da me quando siamo al parco. Dopo il discorso “puoi andare ma mi devi avvertire” (ha 2 anni), una volta che non lo ha fatto sono sparita per un pò, controllandola senza che mi vedesse. Poi, senza aspettare che lei mi cercasse (la tecnica di spaventarla la userò fra qualche mese, se non impara la lezione), sono corsa da lei con la faccia terrorizzata, l’ho presa in braccio e stretta forte e le ho detto “ero preoccupatissima, non ti trovavo più. Per favore non mi far spaventare più in questo modo, avvertimi quando ti vuoi allontanare, che io se non ti trovo poi come faccio senza di te? ti voglio bene e voglio sapere dove sei, sempre”. Lei era interdetta, ma spero che il mio spavento le abbia lasciato un segno. Perchè anche se ho enfatizzato e recitato, quello che le ho detto è la verità, è il vero motivo per cui voglio che mi avverta, la mia paura e disperazione sono la vera conseguenza del suo sparire.
Come può collegare una bambina di due anni lo scappare senza avvertire con uno scappelloto o uno scapaccione? Qual’è il rapporto di causa-effetto? che se non ubbidisce le prende? E quando non basterà lo scappellotto dovrò usare più forza, e per farmi obbedire dovrò picchiarla di più e più forte. Perchè dite quello che volete, ma se a 2-3 anni gli dai uno scappellotto, a 12 devi menare forte…
Non è facile decidere di non picchiare, nella nostra cultura. Non è facile quando sei in compagnia e gli altri non la pensano come te. Non è facile spiegare a tua figlia perchè la zia ha dato uno scapaccione a tuo cugino, quando “nella nostra famiglia non ci piacciono le botte: non ci piace darle e non ci piace riceverle”, ma preferisco fare quasta fatica che uniformarmi.
Sulla questione del padre non mi esprimo, perchè la verità non la sapremo mai. Paese che vai usanza che trovi e bisogna rispettare le leggi.
A proposito di sberle e mentalità, invece vi stupirò. Io non sono contraria ad alzare le mani sui figli.
Non tutti i giorni e non è il mio metodo.
Ma se sculaccio una figlia – anche in pubblico – non mi vergogno e non mi sento in colpa.
Non ho avuto infanzie di maltrattamenti e l’unica sberla l’ho presa a 14 anni per aver attraversato la strada come una disgraziata. Me la ricordo ancora oggi e penso a mio papà e allo spavento che si deve essere preso.
Purtroppo questo è un comportamento normale a Roma.
Mia figlia e io soffriamo molto. E le poche persone che si sono ribellati, invece di andare contro il padre è venuto da me. Ho cercato di spiegare al papa che questa brutalità non era giusta, perché nostra figlia voleva solo giocare in quanto lui il padre è sempre assente.
la nonna invece di proteggere la nipotina lo ha sempre incentivato il figlio, dicendo di alzare le mani così imparava ad comportarsi.
Io sono andata a parlare con mio Avv. che ha detto che è normale che il padre alza le mani a volta al figlio e per fare qualcosa io aveva bisogno di prove.
Sono davvero contenta che in Stoccolma stato un processo e che serva da esempio.
I bambini non se aggredì, il bambino va capito. I genitori non devono sfogare il loro stress nei figli.
Io sto combattendo questo comportamento da tempo senza avere una risposta positiva.
Mia figlia ha 5 anni e per questo motivo non la lascio da sola con il padre. Ogni volta che lui perde la pazienza alza le mani alla figlia e poi mi accusa.
Lui è una persona che riesce girare tutto e tutti a tuo favore nel senso che farebbe di tutto per arrivare a quello che vuole e fare del male alle persone che gli stanno attorno, è una vera e propria strategia per il raggiungimento degli obiettivi sia per liberasse dei capricci di una bambina o altri.
Mia figlia sta in fase di sviluppo e tutto che ha bisogno è di essere capita e tanto amore.
@ supermambanana
Sono convinta che quel ragazzo dodicenne sia rimasto scosso, sicuramente, ma anche sollevato: finalmente qualcuno lo ha “visto” e difeso. Sono certa che non siano state né le prime né le ultime che ha preso. Il problema è che gli assistenti sociali non bussano alle porte dei politici perbene. Ad una famiglia straniera avrebbero già tolto i figli…
Almeno, a quel ragazzo, resterà un soffio pulito nel cuore: c’è qualcuno, nel mondo (più a nord) che ritiene ingiusto quello che lui subisce come “normale”.
Sul padre, dubbi non ne ho: quando ha ammesso di averlo preso per i capelli “ma solo poco” ho capito tutto. Spero che il giudice ci dia giù duro.
Mi prendete in un momento… ecco, in quello giusto.
Per il fatto in sé, non l’ho seguito, ma ho sentito i commenti. Gli svizzeri sono esagerati, uno schiaffo non fa male a nessuno. Nessuno che abbia approfondito se è uno schiaffetto o uno schiaffone (e la differenza c’è), il motivo (anche uno schiaffetto per un’idiozia o uno schiaffo grande per un treenne che si butta in strada come da esempi sopra, sono due cose diverse), né altro. Triste perché l’impressione è che qui la sculacciata è ancora vista come metodo, non come momento di crisi, e che il genitore ha la proprietà del figlio e gli altri non s’impiccino. Poi succedono cose terribili e tutti a dire “sembravano una famiglia per bene…”
Sono d’accordo con la legge svizzera. Non si picchiano i bambini. L’esempio di close sulle bambine, ecco, quello devo farlo mio. Altroché esagerato, è bellissimo (cioé, tristissimo veramente, ma rende bene l’idea…).
Per me… vengo da una famiglia un po’ dissestata, poche sberle, ma anche poco di tutto il resto. E a volte mi trovo assolutamente incapace di gestire le situazioni. Solo ieri una sculacciata (e non soft) a mia figlia, era stanca, e quando è stanca non crolla, anzi, si attiva di più, perde il limite, salta dal letto (alto), sbatte contro i mobili, travolge tutto, fa male, fa linguacce, diventa un tornado fastidioso e anche pericoloso. Mentre arginavo preparandole per dormire ennesima rispostaccia, con ennesimo salto (ed ha tremato tutto) dal letto, e via, sculaccione dato perché non ce la facevo più, ero oltre al limite.
Ci sta? Si, forse si. Ma non è giusto. Non è giusto perché bastava metterla a dormire prima, ma ti sembrava carino portarla sulle giostre, non è giusto perché non hai il tempo di metterti lì, fermarla e fermarti con lei e parlarle guardandola negli occhi, perché c’è sempre la sorellina che ti chiama mentre ti parla, perché ti canta la canzone e la sorellina ti parla e ti gira e tu le guardi tutte e due ma non guardi lei, solo lei, anche solo un attimo, perché vuoi farlo, darle quel tempo, ma non ci riesci, e allora se lo prende lei, così, ti travolge, ti fa male, che almeno la senti… Ecco, da quando ho sentito dell’articolo ogni volta che mi succede, confesso che sento ancora più come un fallimento quando succede, perché se lo faccio è anche perché mi viene concesso. Se fossi per strada e sapessi che rischio l’arresto mi fermerei. Non lo rischio. E’ ingiusto per mia figlia, ma questo non basta a fermarmi. E così si, così ti chiedi quanto davvero
lei conti, quanto rispetto lei… meno delle leggi? A quanto pare si.
Appena letta la notizia sui giornali on line italiani ho commentato anch’io “che esagerazione” e tale riterrei l’intervento della polizia svedese se si fosse in effetti trattato soltanto di uno schiaffo. Non per dire che vada bene educare i figli con gli schiaffi (non va bene, per motivi già detti da Serena e da altri), ma perché non mi parrebbe superato il limite oltre al quale Stato e società hanno il diritto-dovere di intervenire nella sfera privata di una famiglia. E che dove esattamente debba porsi questo limite possa essere oggetto di valutazioni diverse a parte di persone diverse, non toglie che un simile limite debba esistere. Va detto, perché casi di genitori veramente arrestati per uno sculaccione ce ne sono stati (per esempio mi ricordo in Inghilterra, qualche anno fa, un papà arrestato per aver dato uno sculaccione alla figlia di 3 o 4 anni che era scappata e si era persa in un centro commerciale) e lì viene davvero da chiedersi quale beneficio ne possa trarre il figlio che vede una marachella trasformarsi in un affare di Stato. Credo che nella maggior parte dei casi, se si vede un genitore che dà uno sculaccione o uno schiaffo a un figlio, si è davanti ad una relazione familiare sana in cui per un momento il genitore ha esagerato o ha perso il controllo, situazione che è sicuramente negativa e da evitare, ma umana, e che non mi pare il caso di criminalizzare. E non credo nemmeno che in un caso simile uno schiaffo faccia più danni al bambino di un furioso rimprovero da parte di un genitore che ha perso le staffe. Non credo proprio che uno schiaffo isolato, dato per esasperazione, sia il sintomo di metodo educativo aggressivo (e quindi sbagliato “di fondo”).
La scena che i testimoni descrivono invece, così come è stata riportata sui giornali svedesi, si configura proprio come un’aggressione e qui, da parte mia, non c’è più alcun dubbio che l’intervento della polizia sia giustificato e doveroso. Visto che la discussione in Italia è stata falsata dalla scarsa accuratezza dei media nel riportare il fatto, sarebbe interessante vedere quanti cambierebbero idea conoscendo la versione originale del racconto e quanto invece sosterrebbero che un padre abbia pure diritto di prendere per i capelli e colpire ripetutamente il figlio.
@ Rossamente
ti mando un grande, grande abbraccio forte
“Anni dopo, quando oramai eravamo cresciuti e prossimi ai 30?anni, mio padre non ricordava minimamente di aver alzato le mani su di noi!!!!”
Ecco questo è interessante, chissà com’è che succede questa cosa, e sono sicura che tuo padre non è l’unico.
@ Serena
Posso approfittare dell’anonimato per rispondere alla tua domanda: allora la volta in cui mi sono dimenticata la porta di casa aperta avevo 15 anni, una sorella piccola di qualche mese ed ero via in vacanza con mia mamma, mio papà ci ha raggiunto dopo.
Quello che credo abbia salvato il mio rapporto con loro è stato poter confidare a mio papà quello che era successo, e vedere che mi ha dato ascolto seriamente, come a prendere le misure del grado di esaurimento psicofisico a cui era arrivata mia mamma durante il puerperio. Davanti a lui mia mamma ha negato di avermi presa per i capelli (mentre lo aveva fatto, io credo che sia andata avanti per quasi un minuto).
Ancora oggi il rapporto complicato ce l’ho con mia mamma, mio papà è più defilato ma sa imporsi quando la situazione lo richiede.
Forse perché è un uomo e le donne comunque accettano che sia l’uomo a mettere l’ultima parola.
Pensando a quello che racconta Rossamente, mi dico che tante mamme che assistono alle violenze in famiglia dei padri dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza e sapersi imporre, in qualche maniera.
Sono qui che mi domando se quel papà o quel ragazzino leggeranno mai queste pagine di riflessione… chi lo sa.
Vuoi sapere come ci si sente a ritrovarsi gli arti inferiori e superiori pieni di lividi, tanto da non aver il coraggio di uscire di casa?
Vuoi sapere cosa si prova a dover pregare tua madre di intervenire perchè quei pizzichi sono così dolorosi?
Non ci si sente bene! Si odiano i genitori e tutto il resto, si desidera scappare via il prima possibile!!!
Ancora oggi mi si riempiono gli occhi di lacrime.
La regola di casa mia era “se sbaglia uno, vengono puniti tutti, perchè così imparate che quello è un errore e non si fa!”
Io ho tre fratelli, due maggiori che erano tremendi, vi lascio solo immaginare la mia infanzia.
Anni dopo, quando oramai eravamo cresciuti e prossimi ai 30’anni, mio padre non ricordava minimamente di aver alzato le mani su di noi!!!!
Fummo glaciali “tu non te lo ricordi, ma noi si”
Non voglio questo per mia figlia, mai!!!
Per fortuna mio marito non ha idea di cosa siano le punizioni corporali!
Confesso che quando ho letto la notizia, mancando i dettagli sulla scena dell’aggressione non conoscendo bene la Scandinavia ho pensato ad una modalità “americana” di gestione dei conflitti, per cui se vedi qualcuno che fa qualcosa di anomalo, invece di andargli a parlare telefoni alla polizia (evidentemente presumendo che si tratti di uno psicopatico con la pistola).
Comincio con il dire che sono in totale disaccordo con il punto (1), perché se l’adeguamento ai costumi locali deve valere per tutti, anche gli Svedesi dovrebbero mettersi a urlare e sacramentare quando vengono a Roma, e non credo che reggerei a questa vista !!! 😉 In ogni caso credo che sia quasi impossibile controllare alcune modalità di reazione imparate da piccolissimi, come parlare a voce alta o gesticolare freneticamente.
Sono molto d’accordo invece con chi dice che l’assuefazione alla violenza verbale può predisporre alla violenza fisica. Anche se ho più di qualche dubbio sul fatto che comprimere l’aggressività come si fa in altri paesi sia la panacea a tutti i mali… Negli USA sono tutti molto civili e garbati ma hanno un tasso di violenza fra i più alti al mondo. Sicuramente la buona educazione farebbe un gran bene a tutti, ma non so quanto cambierebbero le relazioni.
Ecco le relazioni familiari. Di sicuro c’è parecchio su cui ragionare e vorrei portare un punto in particolare. Quando si discute con amici di tematiche sociali tipo immigrazione ecc., si finisce spesso per parlare di condizione femminile, e raccolgo spesso la frase « Le donne islamiche sono trattate come esseri inferiori ». E io rispondo « Sono trattate come bambine ». Di solito trovo facce stupite, quindi riassumo alcuni aspetti del nostro modo di vivere il rapporto con l’infanzia : 1) il bambino non può decidere per se stesso 2) non è quasi mai opportuno essere completamente sinceri con lui perché non capirebbe, o non potrebbe sostenere la verità 3) qualche sculacciata ogni tanto gli fa solo bene.
Qualcuno mi troverà la (solita? 😉 esagerata, ma trovo questo paragone illuminante e da quando l’ho imbastito sono colpita dal concetto della sculacciata come metodo di « disciplina » per il clima di violenza e di mancanza di rispetto che sottende. Ricordo di esserci rimasta male anni fa quando ho visto un ragazzo di circa dodici-tredici anni prendersi un ceffone ben assestato (dal padre ? dallo zio?) perché non aveva piegato bene la camicia, cioè proprio la futilità del motivo mi ha lasciata di stucco.
Ma credo come tutte le mamme, quando ho visto la figlia duenne del vicino che si è lanciata dal marciapiede per correre in strada (successo una settimana fa), ho avuto il cardiopalma pensando alla mancanza di senso del pericolo dei bambini e ho annuito energicamente a una signora che mi diceva « Quando me l’ha fatto mio figlio, ci ho pensato io a fargli venire il senso del pericolo ! »
Concludo con un ultimo paradosso. Ripensando alla mia storia personale posso dire di non aver praticamente mai conosciuto le botte se non molto di rado da piccolissima (ricordo un paio di sculacciate per aver, credo, messo le dita nella presa di corrente, dovevo avere 3 anni). Da più grande invece ho conosciuto un paio di « exploits » che nascevano in un contesto di stanchezza e tensione, e intendo precisamente, anche io, di essere presa per i capelli e presa a ciabattate. Una volta perché mi ero dimenticata aperta la porta di casa (« Entrano i ladri »), un’altra volta perché avevo rovinato il tavolo della cucina.
Insomma non mi meraviglierei troppo se la scena in questione fosse davvero un exploit anche da parte di questo padre altrimenti « normale » e stimabile. Anche se ovviamente non ho assistito alla scena e il fatto che sia accaduta in pubblico getta un’ombra su tutta la storia.
PS L’articolo di “Repubblica”… boh ! Cita alternativamente Svezia e Norvegia perfino nel virgolettato dell’avvocato, per cui davvero è incommentabile.
@Close The Door e no, nel punto 1 intendevo dire che uno non fa cose che nel paese che ti ospita vengono considerate sbagliate, chessò ballare nudi in mezzo alla città, o indossare la minigonna in alcuni paesi in cui le donne normalmente non lo fanno. Oddio uno svedese che urla in mezzo alla strada sarebbe una scena abbastanza sconvolgente a ripensarci 😉
Io invece non ti trovo assolutamente esagerata nel tuo confronto tra donne islamiche e bambine. Anzi mi sembra un paragone illuminante, e ti ringrazio per la visione che permette di interpretare meglio certe differenze culturali.
Invece mi permetto di notare che a me personalmente essere presa per i capelli e a ciabattate per aver lasciato aperta la porta di casa mi sembra un motivo altrettanto futile quanto quello della camicia. E il fatto che qualcuno si permetta di sfogare la sua rabbia del momento, per carità dovuta a nervosismo, ad un periodo di stress pauroso, ad una perdita di controllo, ci metto tutte le attenuanti che vuoi, contro un bambino, ma anche contro un altro adulto, secondo me non ha nessuna giustificazione comunque, a prescindere dal motivo. E’ un atto che supera un confine invisibile ma comunque importante che definisce quella che è la mia sfera personale. Se tu la superi, anche solo una volta, per quanto le condizioni sono estreme, per me diventa chiaro che non posso fidarmi di te, a meno di fare un lavoro di ricostruzione che possa farmi riacquistare fiducia in te. Se tu non hai perso la fiducia o il rapporto con i tuoi genitori in seguito a questo evento, evidentemente il rapporto tra di voi era sufficientemente solido da riuscire a superare questa cosa senza grandi conseguenze. Ma è tutto sempre e comunque un problema di equilibri, di mediazioni, e non ultima di come si definisce la sfera personale, di cosa è lecito e cosa no. E già solo questo dipende non solo dalla cultura del paese in cui vivi, ma anche dalla sensibilità personale di ognuno di noi. Per esempio in Svezia anche il solo contatto fisico innocuo, come un braccio su una spalla è generalmente considerata un’invasione della sfera personale, e ci si guarda bene dal farlo a meno di conoscere bene l’altro e avere un rapporto molto intimo. Io non sono mai stata picchiata, mai preso una sculacciata o uno schiaffo e non so dirti come mi sarei sentita se fosse successo. Posso solo provare ad immedesimarmi e paragonare a poche situazioni in cui mi sono trovata di fronte ad un expoit di persone veramente in preda ad ira in cui ho temuto (da adulta) di venire travolta fisicamente, e non mi sono sentita esattamente a mio agio. Questo per dire che io non ci trovo nulla di giustificabile nemmeno nella situazione in cui fosse solo un exploit (e insisto non era un trenne in fuga in una strada trafficata, ma un dodicenne!)