Involuzione dei bambini in età prescolare in GB

Questo è il post che ci ha ispirato il tema del mese di maggio. Ce lo ha regalato Alessandra Libutti, scrittrice (è appena uscita la nuova edizione del suo “Thomas Jay“, che considero un romanzo imperdibile), insegnante nella scuola elementare inglese e anche blogger sotto le mentite spoglie di Raperonzolo. Con l’esperienza dell’insegnamento nel Regno Unito, il blog di Alessandra ha preso strade nuove, passando spesso dalle cronache familiari a quelle scolastiche e viceversa. Il suo è l’occhio di chi osserva e coglie sfumature. Ma quello di cui ci parla qui è un fenomeno macroscopico e inquietante: quello per cui si abdica del tutto al compito di cura e di educazione.

Il mestiere dei genitori non ha una ricetta precisa, ognuno lo fa secondo la propria personalità, quella dei figli e delle situazioni della vita. Esistono tante sfumature per quanti sono i genitori.
Che succede però quando in un Paese queste varianti cominciano a definire una direzione precisa, un trend negativo che piomba come un macigno sulle strutture scolastiche? Che succede quando troppi genitori misinterpretano questo ruolo? Perché è soprattutto da loro (o dalle persone o strutture che scelgono per accudire i figli) che dipende il grado sviluppo dei bambini di età prescolare.

Un recente studio condotto da Sir Michael Marmot (direttore del University College London Institute of Health Equity) ha dimostrato che, in Gran Bretagna, il 41% dei bambini di cinque anni arriva a scuola con un livello di sviluppo inadeguato. Una regressione rispetto al passato.
Dallo studio è evidente che il problema ha basi sociali e dipende dal diverso approccio dei genitori di diversa estrazione. Se un tempo il divario poteva essere ristretto al sistema scolastico britannico: scuola statale per le lower and middle classes e public schools per le upper, adesso il divario nasce prima dell’ingresso a scuola.
Vengono indicati come mile stones una serie di abilità e conoscenze che il bambino deve acquisire entro una certa età. I miles stones vengono solitamente raggiunti dai bambini in modo naturale, a condizione però che il contesto gli consenta uno sviluppo adeguato (ascoltare gli adulti che parlano, interagire con loro, ascoltare storie, essere introdotti al gioco, a routine precise e venire istruiti su cosa è giusto e cosa è sbagliato). Purtroppo le statistiche dimostrano che quasi la metà dei genitori in Gran Bretagna falliscono nell’offrire il giusto contesto.

Era un problema che il governo Blair aveva affrontato, lanciando nel 1998 il programma Sure Start, una piattaforma di strutture d’incontro, mediazione, educazione e servizi destinati ai bambini in età prescolare, consapevole che si trattava di educare i genitori delle lower classes offrendogli strutture e soprattutto educandoli alla genitorialità. Ma all’indomani dell’elezione, David Cameron ha drasticamente ridotto i fondi di Sure Start, suggerendo piuttosto, come ricetta la reintroduzione della disciplina fisica nelle scuole.

Quello del bambino è un percorso di apprendimento graduale che comincia già nell’utero materno, e quando i genitori, vuoi per incompetenza, vuoi per disinteresse o semplicemente perché credono che le cose avverranno in modo naturale, non si preoccupano di trasmettere, fosse anche attraverso semplicemente il dialogo, alcune cognizioni fondamentali, il danno colpisce direttamente la società e le sue strutture.
Quando nel febbraio scorso, The Mail pubblicava il terrificante resoconto di una maestra: Indossano pannolini, bevono coca cola dal biberon e non sanno come aprire un libro, l’articolo, piuttosto che suscitare scalpore, confermava quello che era davanti agli occhi di tutti gli addetti ai lavori. Faceva il punto sul degrado tangibile della prima infanzia e il fallimento di molti genitori nel loro ruolo di educatori.
Dice la maestra: “…Insegnamo ai bambini di quattro e cinque anni attraverso il gioco, ma la triste verità è che molti di loro non sanno giocare. …Ogni estate, visito le case dei 30 bambini che cominceranno nella mia classe. In circa due terzi di quelle case, vedo tutti gli ultimi gadget in mostra, tra cui televisori al plasma, giochi console e computer ultimo modello. Quello che non vedo sono giocattoli o libri. …Tommy, cinque anni, un mago del computer. Sapeva manipolare un mouse con facilità ed aprire programmi, ma non aveva idea di come aprire un libro. Quando mi sono seduta e ho cercato di leggere con lui, cercava di aprirlo dal dorso. Non aveva idea di come tenere una matita e quando gli ho chiesto con che lettera iniziava la parola ‘rosso’, è emerso che non sapeva cos’era. Non conosceva il nome dei colori. Purtroppo, Tommy non è il solo. Molti dei piccoli a cui insegno non conoscono i concetti più fondamentali. Volevo fare un progetto sulle stagioni, ma la maggior parte della classe non sapeva cos’erano o che nome avessero.

Prima di quest’articolo, ero convinta si trattasse di un fatto circoscritto alla nostra scuola. Se ogni anno i bambini che entravano alla Nursery Class erano più difficili di quelli dell’anno precedente, poteva significare che l’area stesse cambiando base sociale, attirando famiglie provenienti da un contesto meno privilegiato. Ma confrontandomi con colleghe di altre zone mi sono resa conto che il problema è su larga scala. Chiesi a una mia amica che insegna a Silverstone se anche da loro ci fosse un segnale di regressione nello sviluppo dei bambini, lei mi rispose laconicamente “Ormai da noi arrivano pochissimi bambini, il resto sono piccoli animali.” Il termine può sembrare estremo, ma va inteso come lo intendeva Voltaire: bambini privi di quello che potremmo chiamare il lume della ragione, primo tra tutti il linguaggio come facoltà comunicativa e razionale.
Da alcuni anni a questa parte sono sempre di più i bambini che, senza avere alcun problema specifico, a quattro anni non sanno ancora parlare, o comunque non usano la parola per comunicare, piuttosto strillano, mordono e lanciano oggetti. Dopo un anno, quando cominciano le elementari, sono solo un poco più avanti.
…Potrebbe sembrare assurdo, ma molti genitori a fatica parlano ai figli, figuriamoci educarli. Una collega mi ha detto che i bambini della sua classe, di cinque anni, non sono in grado di parlare in frasi compiute. ‘Dare matita,’ dicono. Imputo il fatto che i genitori preferiscono piazzarli davanti alla TV invece di interagire con loro. Ho persino dovuto rinunciare ad attività come la pittura, perché molti dei bambini della mia classe non sanno tenere un pennello. Non lo hanno mai fatto in casa, e hanno una capacità di concentrazione così scarsa che dopo la prima pennellata, lasciano tutto e si mettono a correre per la classe“.

Mentre è chiaro che il trend negativo riguarda prevalentemente i ceti più bassi, si sta assistendo ad un graduale ampliamento di questa fascia, si sta infatti allargando la fetta di popolazione che ne rappresenta il livello culturalmente più basso. Una spaccatura che non è strettamente economica, ma più propriamente culturale. La spaccatura tra il genitore ben educato o comunque coscienzioso e il resto.
…Sono convinta che molte mamme e papà non hanno alcuna cognizione delle proprie responsabilità.

Il sogno di Blair era quello di incrementare il numero di laureati provenienti dalle classi meno agiate, ma malgrado i tentativi si è verificata una tendenza opposta, destinata ad aggravarsi ulteriormente dopo la decisione di Cameron di innalzare le rette universitarie da 3.000 a 9.000 Sterline l’anno.
Ma il problema nasce nella prima infanzia. La cultura del Grande Fratello, delle Soap e dei Talk Show e dei social network ha portato coloro che un tempo “miravano in alto” attraverso l’educazione dei figli, a rinchiudersi in un ghetto di banalità anestetizzanti, egocentriche e fatue, dove il concetto di responsabilità è alieno quanto quello di educazione e dove i figli sono per lo più lasciati in balia di loro stessi.
…Adoro i piccoli della mia classe, e mi intristisce a fa arrabbiare quando alcuni di loro arrivano a scuola d’inverno senza calzini. E parliamoci chiaro: questa non è povertà. I genitori stanno semplicemente omettendo di prendersi cura di loro.

In tutto questo, la scuola rappresenta l’unico baluardo. A lei il compito di colmare il divario. Ma questo talvolta è già così ampio a cinque anni che pur riducendosi purtroppo non lo si elimina. Non si possono insegnare le addizioni ad un bambino che non capisce cosa siano i numeri, né si può insegnare a scrivere a un bambino che a malapena sa parlare. Bisogna fare un passo indietro. In prima elementare, spesso metà della classe deve colmare lacune della prima infanzia. Le maestre sono costrette a intervenire in modo diversificato e a svolgere il programma, pur sapendo che per metà della classe risulta incomprensibile e spesso svolgendo il tutto con enormi problemi disciplinari, perché ai bambini non è mai stata data alcuna regola.
…Alcune mamme e papà pensano che il loro compito sia quello di dare ai propri figli ciò che vogliono, e il resto – maniere, disciplina e limiti – è compito degli insegnanti. Ma la gioia dell’infanzia non è avere campo libero per fare ciò che si vuole purché non intralci i genitori.

E’ qualcosa di difficile comprensione per quei genitori che, pur nelle proprie imperfezioni, si dedicano anima e corpo ai figli. Il pensiero che tutti facciano lo stesso: le persone normali. Ma la normalità purtroppo è un dato di percentuali. Nel tempo normale può diventare l’incuria.
E’ una realtà su cui è necessario aprire gli occhi e un monito per gli altri Paesi, perché questo potrebbe non essere un fenomeno proprio della Gran Bretagna, che forse è in questo semplicemente in anticipo rispetto agli altri.

Articoli di riferimento:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2101292/They-wear-nappies-drink-cola–dont-know-open-book-One-teachers-terrifying-insight-5-year-olds-failed-parents.html

http://www.bbc.co.uk/news/health-12423543

http://www.dailymail.co.uk/debate/article-2101504/Mothers-teach-basic-life-skills-failing-just-children-elses-too.html

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66 thoughts on “Involuzione dei bambini in età prescolare in GB”

  1. HHmmm… l’articolo dici cose giuste e interessanti, ma su alcune cose mi sembra male informato.
    Sul programma Sure Start non so dire perché non lo conosco personalmente. So quello che si legge sui giornali, ma soprassediamo.

    Sulle tuition fees chi scrive non ha compreso come funziona il meccanismo. Per andare all’università avrebbero potuto chiedere un milione di sterline, non avrebbe fatto differenza, dato che sono tutti soldi del monopoli o poco più, in quanto chi li prende non dovrà restituirli fino a che non guadagna oltre un tot (non basso), i soldi vengono presi direttamente dalla busta paga (per cui è a tutti gli effetti una tassa) e se non lo ripaghi entro 30 anni, non lo devi più restituire. Detto tutto ciò, perché le classi meno abbienti dovrebbero essere disincentivate dall’andare all’università? Se non capiscono neanche come funziona il meccanismo che regola la restituzione dei soldi presi a prestito per le fees forse è segno che all’università proprio non ci dovrebbero andare. Poi il sogno che tanti debbano andare all’università è senz’altro mal concepito e non farà altro che creare frustrazione (dopo tutto che ci fai con una laurea da sciampista?)

    Chi scrive l’articolo sembra suggerire che con Blair ci fosse stata questa apertura verso un mondo migliore, ecc. ecc. e che ora con Cameron siamo tutti nei guai.
    Innanzitutto, anche se ci fosse stato un governo laburista, la situazione sarebbe stata identica, semplicemente perché forze esterne e più potenti del governo di Sua Maestà Britannica pretendono determinate cose e se non li accontenti ti ritrovi come la Grecia o la Spagna o peggio.
    Secondo, è stato proprio con Blair che si è diffusa la nozione che “non è colpa mia”, “lo stato risolverà tutto”, “è sempre colpa di qualcun altro”, “non è mia responsabilità”, ecc. che oggi si riflette in genitori che non si vogliono prendere responsabilità.
    Personalmente, quest’età dell’oro che coincide con Blair come primo ministro non me la ricordo…

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  2. Dal post mi pare di capire che si sta parlano già un generalizzato abbruttimento della specie umana di cui la storia offre tanti esempi in diverse epoche. E l’abbruttimento dei figli, poveri nenè, è la conseguenza diretta di quello ormai consolidato dei loro genitori, che non provvedono a crescerli spiritualmente e intellettualmente, essendo loro i primi ad essere poveri in questo senso. E ‘ molto triste, davvero.
    Lo so che parliamo di casi estremi, ma qundo sento di azioni turpi e crudeli compiuti da ragazzini, mi chiedo quando i genitori si sono persi la loro anima, o se mai con essa si fossero messi in comunicazione. Qualche tempo fa la Rai, in un servizio di non so quale programma, poneva le stesse problematiche riguardo ai bambini che abitavano in zone degradate, come quelle di Scampia, nel napoletano. Ricordo che il giornalista parlava proprio di una mancata maturazione di certe facoltà intellettive, e a una complessità di pensiero che questi bambini non riuscivano a raggiungere e probabilmente non avrebbero raggiunto mai. Quando raperonzolo parla di un linguaggio fin troppo semplice, usato dai bambini in età prescolare, credo faccia riferimento anche a una mancata crescita cerebrale a cui il modo di esprimensi dovrebbe accompagnarsi. Ed è davvero sconfortante pensare a questo degrado senza fine. Forse solo le istituzioni scolastiche possono ovviare a questa catena e dovrebbero diventare il baluardo contro la barbarie. Sarò apocalittica, ma la barbarie inizia così, un po’ alla volta, con la perdita delle capacità speculative,superflue per la mera sopravvivenza, ma fondamentali per dirsi uomini

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  3. La prima impressioni è di brividi sulla schiena, lo ammetto: una specie di rifiuto a leggere di questa situazione (voglio sperare fuori dalla media, forse ho letto di fretta ma non ho capito il campione se sia riferito a tutto il sistema prescolare UK).
    La seconda reazione è quella di distacco: di certo questa casistica non può applicarsi al mio sistema (italiano, provinciale, famigliare), soprattutto perchè la mia esperienza (non ho preparazione, espimo solo un mio parere) mi porta a contatto con coetanei di mia figlia molto “avanti”. Mi viene in mente che la scuola primaria italiana è da sempre (sperimao ancora per molto)uno dei migliori istituti educativi a livello internazionale e che quindi abbiamo molte armi per combattere i casi limitati di bambini bisognosi di aiuto.
    Poi mi fermo a riflettere e mi sembra di vedere molto oltre: il disagio sociale di genitori inesistenti, impreparati, che non hannon voglia di sacrificarsi e dedicarsi ai figli che hanno messo al mondo. Mi pare che questo articolo non riguardi la scuola in sè, ma un ambiente famigliare guasto e da ristrutturare completamente.
    Ci sarebbe molto da dire, non ho tempo: l’articolo è davvero bellissimo e inquietante. Grazie

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  4. @supermambanana: i gemitori in carriera qui finiscono molto piu’ tardi delle canoniche 17.30, a volte restano in ufficio fino alle 21. Dopo l’asilo e la scuola ci sono le baby sitter. E cmq non e’ la quantita’ ma la qualita’. Se hai 3 ore per stare con un figlio, ma gliele dedichi come si deve, i risultati si vedono.

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  5. @supermambanana, però Claudia dice ” Ma ci sono anche genitori in carriera, che parcheggiano i figli all’asilo e a scuola, senza il tempo e la pazienza da dedicargli come si deve”
    E permettimi, la differenza sta in quel “parcheggiare”. Se alle 17,30 prendi tuo figlio da scuola e da lì inizi la giornata con lui, anche se le ore sono poche, non l’hai parcheggiato.
    Se alle 17,30 vai a prendere tuo figlio o ci mandi qualcuno e poi lo sistemi davanti alla tv in modo che se ne stia buono, fino all’ora di cena e letto, allora forse il senso di parcheggiare è più evidente.

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  6. Ho riletto questo post tante volte nei giorni scorsi. Inizialmente, alla prima lettura, ho pensato: non mi riguarda, non riguarda neanche la società in cui vivo perchè vedo intorno a me genitori di modestissime possibilità molto attenti ai loro figli.
    Poi però ci ho pensato su, non mi riguarda è troppo sbrigativo.
    Io guardo la nostra scuola, i nostri amici, i nostri conoscenti. La scuola e quella di un quartiere medio-borghese, cultura medio-alta, immigrati molto bene integrati e con lavori stabili o anche professionisti, famiglie d’origine vicine (è il classico quartiere dove vai a vivere, se ci riesci, per stare vicino ai nonni, non è certo una zona di giovani), genitori in media molto presenti alle riunioni scolastiche, figli con attività extrascolastiche. Gli amici, è evidente, te li scegli, quindi è abbastanza frequente che siano simili a te.
    Ma io conosco anche tanta gente al di fuori di questa realtà, per il mio lavoro.
    Qualche anno fa, con le difese d’ufficio, giravo tante borgate e le rispettive stazioni dei Carabinieri. Di gente ne ho conosciuta tanta, tra cui anche ragazzini che vanno a rapinare i supermercati, con i vestitini carini e firmati e il pranzo pronto della mamma a casa. Così come, in quartieri del tutto diversi e opposti, figli di famiglie agiate che sfasciano la scuola come squadristi.
    Provenienze diverse, opposte, ma nessuna estrema. Nessun disagio evidente nelle famiglie di origine: solo il caso, l’irresponsabilità, la sensazione di onnipotenza, la mancanza di stimoli.
    E allora mi rendo conto che questa di cui parla Alessandra è molto vicino. E probabilmente ciò che accomuna situazioni che sono sicuramente “limite” è un essersi arresi nato molti anni prima: i genitori si arrendono, o non ci provano, i bambini sono spaesati, disorientati e alla fine possono salvarsi o possono sprofondare. E la differenza passa spesso attraverso il caso, che magari ha le vesti dell’insegnante giusto o sbagliato.

    Ma questi sono appunto i casi limite, mi rendo conto.
    E nei casi non-limite? L’istruzione è delagabile, ma l’educazione lo è?

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  7. @claudia, scusa la maniera brusca ma a mia discolpa devo dire che non ho tempo in questo momento, pero’, noi siamo genitori in carriera (ammesso che capisco che voglia dire) e parcheggiamo i figli al nido e alla scuola e doposcuola fino alle 17:30 ogni santo giorno, ma ci facciamo anche il culo cosi’, e i risultati si vedono, eccome. Per dire che demonizzare la “carriera”, no grazie, non ci sto.

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  8. Ciao, il problema non e’ solo il divario tra classi sociali, per cui, se ho i soldi, posso mandare mio figlio alle scuole migliori e all’università, mentre se sono in condizioni disagiate o nella media devo necesariamente accontentarmi di quello che si trova. Lavoro in un museo e a contatto con le scuole, si vede immediatamente se il gruppo viene da un istituto privato o pubblico, e le insegnanti spesso non preparano gli scolari alla visita, non sono in grado di orientarsi e non trasmettono entusiasmo e curiosità ai piccoli allievi. Trovo ingiusta una società che non dia a tutti le stesse opportunità di sviluppo e apprendimento, anche se poi ci si gloria di avere musei e gallerie gratuiti. Al tempo stesso, pochi mesi fa l’Evening Standard ha messo in luce come tantissimi bambini arrivino a 8 o 9 anni senza saper leggere.
    Perché a casa non ci sono libri, perché i genitori (spesso mamme single) non ci sono mai e/o non hanno tempo di seguire i figli, oppure sono immigrati e non sanno bene l’inglese o non sono alfabetizzati e aspettano che sia la scuola a compiere il miracolo. Ma ci sono anche genitori in carriera, che parcheggiano i figli all’asilo e a scuola, senza il tempo e la pazienza da dedicargli come si deve. Poi si va più avanti e ci sono lacune incredibili, in un sistema dove lo studente e’ portato a mettere la crocetta giusta al posto giusto, senza sviluppare un minimo di senso critico per quello che apprende. E la grammatica non e’ contemplata nei programmi, così, non solo esistono laureati che non sanno scrivere perché non sanno che consonanti o vocali mettere, ma si ignora cosa sia un verbo, un articolo. Insegno il nostro bell’idioma ad adulti professionisti, tutti laureati e con master. Anche se utilizzo il metodo comunicativo, essendo adulti, vogliono giustamente sapere le regole e, ogni volta, sono ‘dolori’. Comunque la cosa piu’ importante e’ seguire i propri figli, dargli tempo, saper dire di no quando occorre, stimolarne l’apprendimento al di fuori delle strutture scolastiche. Richiede energie, pazienza, dedizione. In questa società tentacolare, edonistica, sempre di fretta, non sembra impresa facile. ;(

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  9. Questo post mi ha davvero spaventata, perchè contiene una rinuncia rilevante che però non si realizza con la scelta di non avere figli – scelta che ritengo sacrosanta – ma con il respingere il ruolo e le responsabilità che la genitorialità impongono. E’ il rifiuto sia di tutti i momenti “difficili” che possiamo incontrare sul percorso (tolgo ciuccio e pannolino, insegno a fare le cose, dico no, ignoro capricci, etc.) sia di quelli più belli e costruttivi (diamo un nome agli oggetti, impariamo una canzoncina, leggiamo un libro insieme, ascoltiamo musica, giochiamo, etc.).
    Io però non vorrei demonizzare nè il denaro nè la tecnologia, so bene che mio figlio ha avuto un rapporto diverso con entrambi rispetto a me però nessuna delle due cose ha rappresentato un surrogato della mia presenza o della mia dedizione. Lui usava il PC a tre anni e contemporaneamente ha imparato a leggere, però gli mancava altro e lì abbiamo lavorato e lavoriamo ancora. Di sicuro ha più “cose” di quante dovrebbe, nei limiti delle nostre possibilità, però ha anche noi – ogni giorno. Immagino che per tutti arrivino momenti in cui la tentazione di mollare un pò, di delegare magari la scuola, sia alta ma poi passa. Io non mi spiego questo regresso, voglio dire nel passato i genitori almeno preparavano i figli ad inserirsi nel mondo – spesso con metodi discutibili – ma almeno regole e competenze di base non mancavano. Amiamo così tanto le nostre abitudini da essere disposti a tutto (ossia “fai quello che vuoi basta che non rompi”) pur di mantenerle? Ho molta paura …

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  10. @Cosmic, sono perfettamente d’accordo con te, e infatti TopaGigia va al nido da quando aveva un anno, ma qui la questione è capovolta: non si può neanche sottrarsi alle proprie responsabilità di genitore perchè ci pensa il nido (/scuola materna/scuola elementare/scuola media/eccetera). Il fatto che i figli vadano a scuola non esime i genitori dal loro compito educativo fondamentale. Sono molto d’accordo con te che per chi non va nemmeno all’asilo gli eventuali problemi descritti sono sicuramente più gravi.

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  11. non ho nessuna competenza nè informazioni sufficienti per giudicare il fenomeno o per fare confronti con il nostro paese, solo un’impressione che mi sono fatta osservando famiglie di amici/conoscenti/vicini. penso che un grande aiuto sia l’asilo nido, secondo me dovrebbero frequentare tutti un asilo da un anno in su, e una scuola materna a tempo pieno (ossia mangiando anche lì) dai 3 anni. qui da noi i bambini che frequentano i nidi sono davvero pochi (per tantissimi motivi economici ma anche culturali) e ho visto tantissimi bambini piccoli che stavano a casa con la mamma o con i nonni che non sanno relazionarsi con i coetanei, non sono autosufficienti in cose come mangiare da soli (tanti a 4 anni sono ancora imboccati), lavarsi le mani, andare in bagno, non sano stare tranquilli a disegnare o giocare per conto loro, non sanno aspettare se la mamma è al telefono o se gli adulti non possono momentaneamente prestargli attenzione, passano ore davanti alla televisione, mangiano merendine e dolciumi a tutte le ore o comunque solo ciò che gli piace, se hanno difficoltà nel parlare non è un problema perchè tanto mamma/papà/fratelli/nonni capiscono lo stesso, dunque non sono motivati a migliorare nel linguaggio, ecc. non voglio certamente dire che è sempre così, ma senz’altro iniziare presto la frequenza di un asilo può mettere tutti i bambini se non allo stesso livello, ad un livello base minimo accettabile, e può insegnare ai genitori a riflettere sui loro metodi educativi o a colmare le loro lacune. di certo un bambino che passa alcune ore al giorno in un asilo NON può fisicamente passare tutto il giorno davanti alla TV, è costretto a migliorarsi nel parlare, e stimolato a diventare sempre più autosufficiente. in più se in famiglia i libri non si leggono, ci penseranno gli educatori.

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  12. ma è spaventoso!
    quello che noto nel mio piccolo, tra amici, conoscenti,vicini di casa è invece uno spendere troppo per i loro figli, che sembrerebbe un pò il contrario di quello che avete descritto voi..ma forse no…Si spende per vestiti e scarpe di marca (che durano una stagione, perchè i bimbi crescono…) per telefonini e Ipod Ipad e pc connessi alla rete ecc ecc ecc e giochi per ogni evento o solo perchè sono richiesti (a casa nostra Babbo Natale porta i regali a Natale e i genitori quelli del compleanno: stop)

    “ma cosa devono farsi perdonare questi genitori dai loro figli?” mi dice sempre mio marito sospirando quando arrivano gli amichetti dei nostri figli sempre con un gioco o un gadget nuovo

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  13. Quante riflessioni questo post… cercherò di andare sul pratico e non sul politico, facendo leva sulle mie riflessioni di cosa si possa fare a casa nostra per non incanalarci in queste direzioni spaventose.
    A volte, o potrei dire spesso, gli adulti dimenticano un fatto secondo me fondamentale, che è il rispetto delle fasi evolutive del bambino. E’ inutile far giocare un bambino di due o tre anni col computer, con il telefonino e andando su la playstation e altri ammenniccoli supertecnologici. Il bambino non vuole la novità su base giornaliera, anzi. Ha bisogno di imparare ad usare gli oggetti di uso comune, e impara passandoci le ore. Bambolotti, posate da cucina, vestiti, oggetti del bagno… manipolazione e imitazione sono due parole magiche. Certo, per far manipolare ad un bambino piccolo una forchetta bisogna stare lì con lui, pronti a bloccarlo se la spinge verso gli occhi, e qui si finisce a parlare del tempo da DEDICARE ai nostri figli. Qualche piatto e qualche bicchiere andrà in mille pezzi, ma a furia di rendergli le cose facili con le scarpe con lo stretch, mio nipote a 12 anni non sapeva fare un fiocco, e neanche un nodo, che son cose che nella vita servono prima o poi.
    Avete mai pensato a quante ore a settimana passavamo noi a giocare a palla, semplicemente? E i nostri figli? TopaGigia non mostra alcun interesse per la palla. Zero. Ma io gliela ripropongo, senza forzarla, ciclicamente, perchè giocare con la palla stimola un sacco di cose: l’inventiva (quanti giochi ci inventavamo!), la coordinazione, la socialità, e fa sfogare fisicamente. Piccole cose che in realtà sono grandi, ecco. E naturalmente dobbiamo stare lì a giocare e lavorare con loro, dedicare del tempo al gioco. Fra qualche anno ci cacceranno via per stare con gli amici….

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  14. a me Cameron spaventa molto. Comunque io credo che quello di cui ci si rende forse poco conto in Italia e’ come questa distinzione fra le classi sociali sia cosi’ rilevante in UK. E come le classi meno agiate siano cosi’ ancorate ai loro pregiudizi che poi rifiutano anche i benefici piu’ ovvi. Ricordo le grandi sommosse quando Jamie Oliver fece approvare la legge sulla mensa scolastica, come alcuni genitori rifilavano ai ragazzi a ricreazione i panini di macdonald cosi’ potevano evitare di mangiare il cibo “salutare” della mensa. SureStart e’ stato un programma di grande successo, di cui forse pero’ i benefici maggiori sono andati non esattamente alle persone giuste, e secondo me il vantaggio maggiore e’ stato proprio quello di aiutare le mamme a rimettersi sul mercato del lavoro, quindi quelle che hanno voluto approfittare di questo hanno poi quasi indirettamente passato i vantaggi ai bambini. Quelli che invece campano sui sussidi (e campano BENE sui sussidi, nel senso che tutti quei gadget nelle famiglie senza libri che menzioni su e’ abbastanza probabile che siano venuti gratis, o comunque che siano venuti perche’ affitto, bollette, trasporti, sussidio alimentare etc erano a carico del governo) non si sono proprio posti il problema, non c’era un incentivo a migliorare e migliorarsi.

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  15. Ciao Alessandra, mi ero già spaventata a suo tempo quando lo scrivevi sul blog e trovo conferma qui che è veramente un trend diffuso. Non ho i mezzi per valutare se anche in Olanda si stia prendendo questa scia, certo è che intanto il consultorio pediatrico obbligatorio e gratuito fa molto per accertare ed eventualmente segnalare situazioni preoccupanti e aiutare i genitori a chiedere un sostegno specifico.

    Abbiamo per esempio gli Opvoedpoli, centri che offrono corsi e consigli su come allevare i bambini, dal pupo inappetente, al bambino difficile, all’adolescente che si fa le canne di nascosto. La domanda è poi chi ci vada, alla fine ci andiamo noi genitori di classe media e un minimo di cultura non televisiva. Il consultorio fin da subito da consigli su cosa dar da mangiare ai bambini, mettere i paletti sull’ oretta di TV fissa al giorno. Poi vedo però certi amichetti ingestibili dei miei figli che fanno un po’ l’ accidenti che gli pare e sono spesso soli in casa.

    Anche iniziare scuola a 4 anni (alcune scuole offrono una pre-school di mattina per bambini di 3,5 anni per esempio) fa. Alla fine si può fare molto se ci si rende conto del problema e lo stato ci vuole investire, cosa che non sta succedendo spesso in Europa di questi tempi. Poi tu spesso scrivi di casi estremi delle booze-moms, delle madri giovani che fanno figli per uscire di casa prendere il sussidio e fare l’ accidenti che gli pare. Qui questo delle madri adolescenti fa parte sia di certe classi sociali che di certe sub-culture, per esempio quella surinamese, che per`ø conosce anche un forte livello di coesione e controllo sociale nel bene e nel male, accompagnato di nuovo però a un’ ampia presenza di famiglie monoparentali con figli di padri sparsi e poco presenti. persino così questa situazione sta cambiando, queste madri surinamesi severe e lavoratrici hanno tirato su generazioni di figli educati, almeno formalmente, che spesso capiscono che andare appresso agli amici del gruppo a spacciare sul lungo termine rende meno rispetto a finire la scuola e trovarsi un lavoro, e quindi anche la middle class scolarizzata e spesso anche di livello culturale alto adesso è una presenza normale. Salvo che come dici tu, queste cose sono possibili finchè esiste un accesso a scuole e università su base larga, cosa che a quanto pare da voi viene di nuovo ristretto su base economica.

    Bellissimo articolo con chili di materiale di riflessione per stare anche noi all’ erta su cose che succedono. Ti dico solo che alcune madr degli amichetti quando li vado a riprendere a volte si sentono in dovere di rassicurami che hanno anche giocato davvero, non solo col computer o guardar film. Ma che impresisone do io alla gente?

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