L’inserimento alla materna e il lavoro delle mamme

L’inserimento al nido o alla scuola di infanzia può durare anche molto tempo. Quali sono i motivi di questa prassi, e quali sono le conseguenze per le madri che lavorano?

Vi siete mai chiesti per quale motivo il periodo di inserimento al nido o alla materna sembra dover durare in eterno? Si parla di 2 o 3 settimane, e in alcuni casi ho sentito parlare persino di 5 settimane. E le mamme come fanno con il lavoro? Ecco vedo che siete saltati sulla sedia perché è evidente che il lavoro della madre deve assolutamente passare in secondo piano rispetto al benessere del bambino. (O forse siete saltati sulla sedia perché da voi l’inserimento lo ha fatto il padre? In tal caso “Chapeau!”)

Le teorie dell’attaccamento materno di John Bowlby

Per capire per quale motivo la maggior parte delle scuole d’infanzia sceglie un periodo di inserimento così lungo bisogna risalire alle teorie dell’attaccamento, di cui John Bowlby è considerato il padre. Questa teoria studia le varie fasi che caratterizzano la relazione tra madre e figlio nei primi anni di vita e come la qualità dell’attaccamento stabilito con la madre condizioni la capacità di relazione con gli altri e con il mondo esterno persino nella vita adulta. Volendo riassumere al massimo i concetti, possiamo dire che dalla simbiosi iniziale dei primissimi mesi in cui in realtà la madre, o la persona che si prende cura del neonato, è ancora perfettamente sostituibile, si arriva alla fase intorno agli 8-9 mesi in cui il legame con il caregiver diventa più speciale, e il bambino inizia a differenziare il suo comportamento con le persone con cui viene in contatto. Man mano che il bambino cresce riesce ad acquisire crescente autonomia a patto di avere instaurato un legame sicuro con il caregiver principale. Il concetto è quello di avere una base sicura a cui far ritorno, che gli garantisca la stabilità emotiva di sopportare un temporaneo allontanamento. Un attaccamento sicuro si crea quando la madre, o il caregiver, risponde immediatamente ai bisogni del bambino offrendogli tutte le cure pratiche e affettive e la vicinanza fisica di cui ha bisogno. Nella vita di un bambino si creano anche delle figure di riferimento secondarie che svolgono una funzione rassicurante in assenza della madre (o del caregiver principale). Il rapporto con le figure secondarie è tanto migliore tanto più sicuro è l’attaccamento con il caregiver principale.

Questo è un riassunto banalizzato della teoria dell’attaccamento, e spero di non aver semplificato troppo il concetto, ma mi premeva introdurlo per spiegare il motivo dei metodi normalmente scelti per l’inserimento nelle scuole. Il tempo dell’inserimento è in teoria quello necessario al bambino per crearsi delle relazioni con i caregiver secondari, che andranno a sostituirsi alla figura di riferimento principale durante la permanenza al nido o alla scuola. Ovviamente il tempo dipende dall’età del bambino, ma non solo.

Quando possiamo affermare che l’inserimento è avvenuto con successo? Per quanto tutti noi vorremmo lasciare il bambino all’asilo felice e sorridente, questo non è detto che avvenga, almeno non sin dal primo giorno. Il momento del distacco dalla mamma può prevedere comunque un certo numero di lacrime versate, il che è semplicemente il segnale di una salda relazione con il caregiver principale, e della naturale tristezza nel lasciarlo. L’inserimento è ben riuscito se l’educatrice, ovvero il caregiver secondario, è in grado di consolare il bambino in un tempo ragionevole.

Come facilitare l’inserimento nel nuovo ambiente?

Vediamo quindi quali sono le condizioni che favoriscono l’inserimento, ricordandoci che lo scopo è di far avere al bambino la possibilità di conoscere il nuovo ambiente e le persone che si prenderanno cura di lui/lei in assenza della madre. Il bambino dovrebbe imparare a sentire quell’ambiente come accogliente, sereno, tranquillo. Perché questo avvenga ci sono alcune condizioni importanti:

  • l’ambiente deve essere accogliente e a misura di bambino
  • l’educatrice deve accogliere il bambino cercando di stabilire un contatto con lui, ad esempio abbassandosi al suo livello quando gli parla, guardandolo negli occhi, mostrandosi disponibile sin dall’inizio
  • la mamma (o chi per lei) deve riuscire a trasmettere al bambino il messaggio che lo sta lasciando nelle mani di qualcuno di cui lei per prima si fida ciecamente.
    Se la mamma lascia il figlio li con la morte in petto, allora ci sono ottime probabilità che il bambino non si sentirà a suo agio, perché per quanto si tenti di far finta di nulla i bambini sanno leggerci dentro.

E’ davvero necessario così tanto tempo?

Il fattore tempo è ovviamente importantissimo, ma non è necessariamente lungo.
Prima di tutto perché la componente di temperamento del bambino, e le sue abitudini prima di entrare nel mondo scolastico hanno un ruolo determinante. Ci sono bambini (ed adulti) empatici, aperti e solari che riescono ad entrare in sintonia immediata con chi gli sta di fronte, e altri chiusi e sospettosi che prima di parlare con un estraneo ci mettono 3 mesi di frequentazione quotidiana (ogni riferimento a persone o bambini di mia conoscenza non è casuale 😉 ).

Lo stesso Bowbly probabilmente direbbe che il periodo necessario affinché un bambino entri in relazione sicura con il nuovo ambiente e il personale è assolutamente individuale. Quindi a rigore l’inserimento andrebbe fatto personalizzato a seconda della reazione del bambino in questione.
Non solo, l’inserimento da stillicidio, di un’ora il primo giorno, con aumento gradualissimo fino a 5 (cinque!!!!) settimane, per alcuni bambini potrebbe essere persino controproducente. Ad esempio per un bambino che odia i cambiamenti, il tempo necessario a familiarizzare con un nuovo ambiente è più lungo che nei bambini pronti ad saltare con entusiasmo nelle nuove situazioni. In pratica il primo giorno in un’ora ha appena deciso di spostarsi dalle ginocchia della madre che –zach– è ora di andare via. E il giorno seguente dovrà iniziare tutto da capo. Per un bambino di questo tipo un sistema che gli permetta di esplorare il nuovo mondo in sicurezza (ossia con la mamma o il papà vicini) per un periodo più lungo è la cosa migliore.
Allora mi chiedo perché si continua ad applicare ciecamente e pedissequamente una tecnica che non è detto sia la migliore per tutti e che crea dei danni economici pazzeschi, genera stress nelle famiglie, e potrebbe farlo persino nel bambino che tanto si vuole mettere a suo agio?

Un problema sociale di dimensioni enormi

E’ da una settimana a questa parte che non faccio che leggere commenti acidissimi sul web e su facebook per periodo di inserimento apparentemente infinito alla scuola materna o al nido. I tempi variano dalle 2 settimane fino anche a 5 settimane prima di arrivare a regime con l’orario completo. E devo dire che non posso fare a meno di simpatizzare con chi è arrabbiato per dover subire questa tortura, soprattutto dopo avere sperimentato il mitico inserimento in 3 giorni in un asilo svedese l’anno scorso con Pollicino.

La situazione ha raggiunto livelli al limite del paradosso. Ci sono mamme lavoratrici con bambini abituati a passare da una baby sitter ad un’altra, che subiscono un inserimento graduale lentissimo, quando molto probabilmente potrebbero sostenere direttamente l’orario pieno o quasi nell’arco di pochissimi giorni. Ci sono mamme che perdono il lavoro, magari in nero, perché sono costrette a prendersi settimane per inserire un bambino al nido, che poi si troverà ben inserito senza traumi, ma con una madre disoccupata. Ovviamente il tutto dipende molto dal tipo di lavoro che si ha, e da quanto è difficile prendersi qualche settimana di ferie in più, ma per la maggior parte dei lavoratori dipendenti questo è un problema, e anche per la maggior parte dei lavoratori in proprio questo è un problema perché potrebbe fargli perdere clienti. Eppure è chiaro che non dovrebbe essere il bambino a pagare le conseguenze di questa disorganizzazione sociale.

E se invece si scoprisse che un inserimento personalizzato è la soluzione migliore proprio per il bambino? Se il genitore potesse spiegare le abitudini del figlio al personale scolastico e decidere insieme una strategia che possa funzionare? Ad esempio un bambino che è già andato al nido, probabilmente reagirà meglio all’inserimento alla scuola materna rispetto ad uno che non ha fatto il nido. Se uno potesse dire: guardate che se non lo tenete voi, allora devo chiamare una baby sitter sconosciuta che se lo prenda per le restanti 8 ore perché io devo lavorare, e magari a quel punto si capisce che per il bene del bambino è meglio che la scuola si adatti. Mi rendo conto che flessibilità e organizzazione del personale, non sembrano essere di questo mondo, ma possibile che non ci sia soluzione e che le famiglie (le madri!) debbano accollarsi anche questo compito anche se sembra nuocere economicamente alla famiglia, e in alcuni casi anche al bambino stesso?

A questo punto mi piacerebbe anche capire quanto questo fenomeno sia sentito come un problema in Italia. Facciamo un piccolo censimento tra di noi. Indicate nel commento qui sotto, se avete fatto l’inserimento al nido o alla materna, quanto è durato, e magari la regione di appartenenza, per capire se ci sono differenze regionali. E magari anche se avete dovuto prendere permessi speciali, insomma come vi siete organizzati con il lavoro in questo periodo. Ci aiutate?
Se ti fosse venuta voglia di comprare il libro di John Bowlby, ti avverto che Silvia non ha esitato a definirlo leggero e scorrevole come un sampietrino e non posso darle tutti i torti 😉
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98 thoughts on “L’inserimento alla materna e il lavoro delle mamme”

  1. @Serena, Elena: bene allora resto 🙂 e mi leggo i post

    per quanto riguarda i baci nella scatola non è una mia idea (magari fossi così creativa) ma un’idea rubata dalla moglie di Babbo Natale,Natalina, che abbiamo incontrato nella casa di Babbo Natale (a Riva del Garda c’è la casa di Babbo Natale :-)))

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  2. Grazie, Serena e Cinzia, i vostri sono ottimi consigli. Io avevo provato queste cose, la mia bimba capisce che voglio renderla più tranquilla, darle dei modi concreti per sentirmi lì vicina e li rifiuta, mi sembra di capire che lei non voglia essere tranquillizzata, credo che pensi “Se io sono più tranquilla, la mamma mi lascia da sola” è un loop che rispecchia la usa piccola età 🙂 senza pensare che se è più tranquilla non ha più paura di lasciare la mamma… Dicevo che ho già provato, ma leggere le vostre risposte mi sprona a provarci ancora, con pazienza, mi devo dare del tempo e prima o poi funzionerà. Anche parlare con le maestre come mi consiglia giustamente Serena chiedendo loro aiuto è stato fatto, ma forse posso rifarlo. Leggendovi capisco che sono le cose giuste e non devo mollarle per un primo fallimento!
    Cinzia:quando ho avuto il mio primo bimbo, molto vivace ed esigente, credevo che fosse il massimo dell’impegno. Invece da quando è nata la bimba capisco cosa vuol dire “amplificato” e i consigli di questo blog vanno benissimo, sia per gli amplificati che per tutti gli altri bimbi.

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  3. @Illa: a mia figlia davo una scatolina piccina con dentro ripiegati in 4 dei bigliettini dove avevo stampato dei miei baci con il rossetto…le dicevo che se le mancavo (lei usa/usava questa frase “ma tu mi manchi mamma!) poteva aprire la scatolina e aprire un bigliettino e mettere un bacio della mamma sulla guancia….
    devo dire che ha funzionato….(anche se lei poi non ha mai avuto veramente bisogno di aprire la scatolina e mettersi il bacio sulla guancia, perchè troppo presa dalla giornata di scuola :-))

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  4. @Serena: probabilmente è così, non ne avrò visti e mia figlia è solo un pò rompina. cmq mi leggerò i link che mi hai segnato.
    un’ultima cosa “i bambini amplificati sono il motivo per cui questo sito esiste” mi hai scritto prima, ciò non vuol dire che possono scrivere solo i genitori di bambini amplificati? (ma quindi con amplificati intendi quello che qualcuno chiama iperattivi?) io,mamma di due bambini un pò rompini, posso continuare a scrivere? 😉

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    • @Cinzia possiamo semplificare il concetto dicendo che i bambini amplificati qualcuno li chiama iperattivi, però non è esattamente la stessa cosa, perché l’iperattività viene diagnosticata da un medico, ed è una condizione più o meno seria, mentre l’amplificazione non è una diagnosi (ti prego leggiti i post!) Sia io che Silvia abbiamo dei bambini amplificati, e questo è il motivo per cui siamo diventate amiche e abbiamo deciso di aprire questo sito (puoi leggerlo nella pagina chi siamo). Però come vedi scriviamo articoli di utilità generale, quindi non è un sito per genitori di bambini amplificati, ma è un sito per genitori con voglia di condividere le proprie esperienze.
      Carina l’idea della scatolina con il bacio! 🙂

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  5. @Serena: diciamo che la maggior parte dei bimbi che conosco lo sono e questo mi porta a dire che i bambini sono così, io ero così all’età di mia figlia! cioè donne, i bimbi sono bimbi, mica bambolotti! ho sempre considerato mia figlia un pò rompina ma tendenzialmente nella norma,mai pensato fosse amplificata….nel senso che ogni bimbo ha il suo carattere, la sua personalità. Anche mio figlio Francesco è così, ma lo esprime in maniera diversa (lei parla parla parla chiede chiede chiede, lui ribolle ribolle ribolle, pensa pensa pensa)…….carino come termine, ci fa sentire tutti più speciali

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    • @Cinzia mi dispiace, ma dalla tua risposta capisco che tu non hai mai visto un bambino amplificato 😉
      Tutti i bambini sono speciali, e su questo siamo tutti d’accordo, ma ti prego non dirmi che fanno tutti così perché so con certezza che non è assolutamente vero. Comunque se vuoi discutere questo topic puoi farlo in uno dei post che ti ho linkato. Ti prego però di leggerli attentamente tutti e tre prima di commentare.

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  6. ad Illa:
    bambina amplificata? che vuol dire? mi sa che anche mia figlia lo è…nel senso che continua continua continua chiede chiede chiede ripete ripete ripete fino a che non ha risposta, o non le si dà ragione o non le si dà quello che chiede (naturalmente non esiste che ottiene tutto quello che chiede,ma ora,che è più grande, si accontenta delle spiegazioni razionali che lei ritiene convincenti)..

    per il resto sull’inserimento, non dico nulla (avevo già espresso le mie opinioni settimane) e mi scuso se sono andata fuori tema,ma mi interessa questa questione di “bambina amplificata”

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  7. Per me è stata illuminante la frase di Serena sul criterio di successo dell’inserimento, è proprio utile pensarla così e mi sta guidando nell’inserimento della mia Fragolina alla materna. Purtroppo nel mezzo dell’inserimento abbiamo dovuto sospendere la frequenza della scuola per un incidente capitato al fratello, accaduto lontano da casa e che ha comportato un ricovero in ospedale a 100 km da dove abitiamo, con conseguente permanenza nostra vicino all’ospedale.
    Fragolina ha anche assistito a quello che è accaduto al fratello di 8 anni, che è caduto da un albero e lei l’ha visto accasciato per terra, con sangue che usciva dalla bocca e il papà che era lì con loro del tutto sconvolto. Lei dice “Mi ha fatto tanto piangere quello che è successo e ha pianto anche il papà…” Da quel giorno, mi sta attaccata come un’ombra, mi riempe di baci da mattina a sera, mi dice che sono il suo amore e che senza di me si sente sola, che ha paura che io vada via, ecc… Ora il bimbo si sta riprendendo bene, ha varie ferite ma nulla di preoccupante. Ma la bimba sembra aver subito un trauma e aver sviluppato una forte ansia da separazione da me. Ieri ha ricominciato la materna dopo la settimana di interruzione. Fortunatamente c’era una maestra molto dolce ad accoglierla e nonostante le difficoltà, dopo un po’ sono potuta uscire lasciandola non angosciata come quando eravamo arrivate. Per le regole della scuola il periodo inserimento è terminato, perciò quando chiudono i cancelli io devo essere fuori. Ma ieri mi è servito molto ripetermi la frase di Serena “La maestra Elena sa come consolare Fragolina e la bimba accetta di essere consolata da lei”. Oggi invece… la maestra che accoglieva i bimbi era un’altra, molto esperta e brava per certi versi, ma che nonostante le abbia raccontato di come sta male in questo periodo Fragolina, le ha prestato attenzione solo nel momento in cui si avvicinava l’orario della chiusura dei cancelli. La bimba ha cominciato a riempirmi di baci – di solito lei quando accetta che il papà o la mamma vadano via, suggella questa cosa con un bacio solenne di saluto – ma i baci continuavano, a me sembrava che stesse continuando fino a che non si sarebbe sentita meno angosciata, era uno stato d’animo visibile a chiunque, era proprio angosciata… la maestra me l’ha strappata dalle braccia, Fragolina si attaccava alle mie dita, ai capelli con tutta la sua forza urlando “Un bacino, un bacino…” e la maestra mi ha chiesto di andarmene perché sennò era peggio. Da parte mia non c’è mai stata una comunicazione alla bimba di sfiducia verso le maestre, anzi, quindi a lei non è arrivata di sicuro un’incertezza – o una svalutazione -in questo senso, ma oggi dentro di me oltre alla grande tristezza nel vedere la mia piccola che si dimenava per avere quello che comunque è un SUO DIRITTO c’è stata disapprovazione per questo modo di concepire il distacco da parte della maestra. Mi ha ricordato vecchi metodi, non sono del tutto sbagliati, ma non c’è un ascolto al bisogno specifico di quel bimbo o di quella coppia genitore-figlio, che renderebbe invece più piacevole e “veloce” un tale addattamento alla scuola e anche un attaccamento alle figure delle educatrici e dei compagni.
    Preciso che la bimba ha anche frequentato il nido e ci andava volentieri, ora il problema c’è solo nel distacco da me, per il resto della giornata a scuola la piccola sta volentieri, gioca, mangia, dorme. Solo che il suo dramma inizia già la sera quando deve andare a dormire e mi chiede di prometterle che il giorno dopo o non andrà alla scuola o che se ci andrà io sarò lì con lei tutto il tempo per continuare la mattina dopo. Io non voglio dirle bugie, perciò non le prometto quella cosa, ma che l’aiuterò a farsi coraggio, che le maestre la abbracceranno, ecc..
    Però questo non funziona, lei è una bambina amplificata e sapete come sono intensi e tenaci/persistenti.
    Ho cercato di sintetizzare, so che ci sarebbe molto altro da dire, ma avrei bisogno di un consiglio: come posso parlare a questa maestra in modo efficace, per concordare una modalità di inserimento adeguato alla mia piccola in questo momento così difficile? Come posso farlo senza che lei si metta sulla difensiva? E senza che inserisca ciò che le dirò nelle cose-che-scocciano-genitori-iperprotettivi? Non la conoscete, però ho fiducia nei vostri consigli, secondo me ci azzeccherete lo stesso! Grazie

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    • @Illa ma hai provato a spiegarle tutta questa storia a questa maestra? E a dirle che è proprio un periodo così per la bimba. Ovviamente evita di dire “non mi piace questa tecnica che tu applichi” ma parla solo delle difficoltà di tua figlia, e chiedile se potete pensare insieme una strategia per aiutare la tua bambina in questo momento delicato. Gli insegnanti, anche i più incompetenti, sono mediamente molto contenti se il genitore chiede il loro aiuto. Parlatene insieme, senza porre giudizi su quello che lei fa, ma pensando alla bimba e a cosa può funzionare. Magari potresti accompagnarla un quarto d’ora prima per poter rimanere con lei li e avere un passaggio più graduale. A parte il discorso dell’insegnante provate a pensare te e la tua bimba ad un qualcosa da fare insieme che segna il passaggio. Un braccialetto speciale che vi scambiate al momento del saluto, che lei tiene con se. Una formula speciale, un rito, insomma qualcosa di vostro che ripetete ogni giorno rigorosamente. Una volta raggiunto l’accordo però, pensa che fatto il rito tu vai via, e non ci sono urla o pianti che possano trattenerti. Lo so che suona male, ma è importante che tu rispetti il patto: facciamo il rito e poi ci salutiamo. Questo le da sicurezza, le fa capire che tu rispetti la parola data, e quindi che tornerai a prenderla proprio come le hai promesso. Sono riuscita a spiegarmi?

      @Cinzia i bambini amplificati sono il motivo per cui questo sito esiste. Prova a leggere qui:
      https://genitoricrescono.com/capire-il-temperamento/
      https://genitoricrescono.com/bambino-vivace-come-altri/
      https://genitoricrescono.com/il-mio-bambino-amplificato/
      o a cercare bambini amplifiicati su questo sito 🙂

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  8. Abbiamo appena concluso l’inserimento alla materna, inserimento che è durato 3 settimane. Avendo 5 lavori in due, dato che siamo precari, è stata un gioco di incastri abbastanza stressante che però abbiamo concluso noi: dopo le prime due settimane abbiamo comunicato che o lo prendevano full time o lo rimettevamo nel vecchio nido privato (ovviamente pagato come baby parking) per poi riportarlo una volta inziate tutte le attività e l’orario normale.
    Quindi fatte solo due settimane, con nessun problema da parte del cucciolo, abbiamo iniziato l’orario pieno.
    Siamo nelle Marche e sto parlando di una scuola statale, qui le differenze di inserimento sono tante anche da una Dir. didattica all’altra; ma mi è pesato dovermi piegare a delle esigenze che di fatto erano amministrative (pochi soldi?) e avevano poco a che fare con le esigenze dei bambini. E poi mio figlio è stato da subito espansivo, invadente, entusiasta.. riprenderlo dopo 1 ora di inserimento significava letteralmente inseguirlo perché non voleva farsi portare via.

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  9. Sarà che vivo all’estero (Belgio) da più di 10 anni ma sono proprio sconvolta quando leggo (o so via le mie amiche in Italia) di questi periodi eterni di inserimento. Qui in Belgio – anche se le pratiche variano un minimo da asilo ad asilo e da scuola a scuola – mio figlio Raphael ha fatto l’inserimento alla scuola materna (ha quasi 3 anni) in pochi giorni: è andato per una settimana solo la mattina e poi ha iniziato fino alle 4 del pomeriggio (e questo solo perché ho voluto io, grazie al fatto che mia madre era qui ad aiutarmi, senno’ avrebbe potuto benissimo cominciare full time). Tra l’altro devo dire che l’ho fatto gradualmente anche perché la scuola è in un lingua diversa (francese) da quella in cui ha fatto l’asilo (olandese) e che lui non parlava veramente. Be’, nonostante tutto questo (e il fatto che dalla 4 alle 6:30/7:00 stia con una baby sitter perché sia io che il padre lavoriamo full time), devo dire che l’inserimento è andato benissimo, e anche la nuova lingua non è stata un grosso problema.

    Conclusione: mi sa che le vere ragioni siano appunto che c’è in Italia purtroppo una carenza di personale, non tanto il benessere del bambino…

    Laura

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  10. Anche io comprendo benissimo la preoccupazione di Rosaria, io stessa il primo anno di materna di mia figlia ho avuto le stesse preoccupazioni (su questioni diverse) e nonostante all’inizio venissi ignorata, sono voluta andare a fondo e ho risolto (purtroppo) solo dopo uno scontro abbastanza acceso con la maestra, che ovviamente è risultata l’unica responsabile della situazione che si era creata. Mi è costato moltissimo, ancora adesso tremo dalla rabbia, ma da quel giorno le cose sono migliorate. Gli ambienti scolastici, a qualsiasi livello, dipendono dagli insegnanti, le maestre magari non riescono ad occuparsi in modo approfondito di 25 bimbi contemporaneamente (anche a me veniva detto ciò), ma se un genitore solleva un problema, hanno l’obbligo morale e professionale, di ascoltarlo e adoperarsi per risolverlo… Non so come funzioni a Napoli, ma a me è servito segnalare il problema alla Preside del plesso scolastico. In bocca al lupo!

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  11. Si, Rosaria, le classi miste esistono e spesso sono molto costruttive. Qui invece, dal tuo racconto, mi sembra proprio che lo spirito non sia quello giusto.
    E’ un po’ troppo diffusa l’etichetta di “mamma ansiosa” per sminuire quello che un genitore segnala ai maestri o educatori. Condivido l’analisi di Claudia: questi bambini criticano perchè abituati alla critica. Francamente mi sembri più che giustificata.
    In questi casi secondo me bisogna insistere per far sentire la propria voce: se poi ti renderai conto di essere stata “mamma ansiosa”, magari sarai pronta a tornare sui tuoi passi, ma così comprendo benissimo la tua preoccupazione.
    La verità è che la maestra DEVE stare dietro a tutti. Non si può trascurare un bambino in difficoltà e se in questo momento è necessario che si concentri su tua figlia, credo che tu possa pretenderlo.

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  12. @Claudia, sto indagando dal 1° giorno di scuola.ogni volta che dico qualcosa sono presa per la “mamma ansiosa” con 1 solo figlio :(.mi dicono spesso che i bimbi fantasticano ed esagerano, il fatto è che io ho sempre dialogato con mia figlia e mi faccio raccontare quel che fa. in pratica quelli più grandi si “occupano” di quelli più piccoli xchè le classi sono di 25 bimbi con una sola maestra che non può star dietro a tutti…questa è la spiegazione. secondo me è impensabile! ma anche nelle vostre città esistono le classi miste di età?
    grazie

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  13. @Rosaria, del tuo racconto mi ha colpito il fatto che i bambini più grandi prendano in giro i piccoli per quello che non sanno fare. Questo atteggiamento non ce l’hanno innato ma lo “copiano” dagli adulti – anzi probabilmente l’hanno subito e lo subiscono loro stessi e si rifanno con quelli (rispetto a loro) più deboli. Io se mia figlia fosse nella stessa situazione cercherei di capire le maestre che dicono di questo comportamento. Cercano di arginarlo, lo giustificano, lo accettano, lo praticano in prima persona? Perché cavolo, essere baby-mobbizzata a 3 anni è un po’ eccessivo.

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  14. Buongiorno a tutti! Il 1 settembre ho iniziato l’iserimento del mio piccolino 11 mesi. L’asilo nido (privato) si è dimostrato molto ragionevole. Mi ha chiesto che tipo di disponibilità avevo (non ho problemi di orari) , e mi ha detto che la durata dell’inserimento sarebbe dipesa dal bimbo.Il primo giorno abbiamo trascorso un’ora insieme solo io il bimbo e le due maestre, senza altri bimbi : avevano diviso per orario. In questa occasione le mastre hanno voluto sapere tutto del mio piccolo : carattere, abitudini alimentari, sonno ecc. Il secondo giorno , essendo un bambino super tranquillo e socievole, me l’hanno fatto lasciare un’oretta da solo. Poi siamo passati a due ore, infine a due ore comprese il pranzo.Lui ha reagito benissimo, dormiva mangiava e giocava. In tutto è durato 4 giorni.

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  15. salve a tutte, sono rosaria da napoli. ma a quanto leggo solo qui le cose sono diverse? mia figlia lo scorso anno ha iniziato la sz. privamera alla comunale. inserimento 4 gg. 1° giorno due ore con i bimbi in aula e poi a casa.dal 2° gg, un’ ora e poi le mamma fuori a guardare.4° gg da soli e mia figlia è stata l’ unica a non piangere, anche xchè consentivano il ciuccio e la piccola aveva 2 anni appena compiuti. due settimane fa ha iniziato la materna, sempre comunale, stesso circolo. nessun giorno d’ inserimento sono partiti da soli e perdipiù in classe mista con bambini di 3,4 e 5 anni. mia figlia in lacrime.ogni mattina si sveglia dicendo che non ci vuole andare e che si sente sola,che le “amichette” dicono che non parla bene, che non sa colorare,ecc..quando torna dice di essere arrabbiata e è nervosissima.è la più piccola di tutti, compirà i 3 anni a dicembre. on era il caso di fare un inserimento di almeno qualche gg ,visto anche che maestre, bidelle ed ambiente sono completamente diversi rispetto alla “primavera”?
    p.s. ovviamente grazie ai tagli è tutto a carico nostro. materiali didattici, acqua, bicchieri, rotoloni, ecc. eppure paghiamo la retta!!!

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