L’inserimento alla materna e il lavoro delle mamme

L’inserimento al nido o alla scuola di infanzia può durare anche molto tempo. Quali sono i motivi di questa prassi, e quali sono le conseguenze per le madri che lavorano?

Vi siete mai chiesti per quale motivo il periodo di inserimento al nido o alla materna sembra dover durare in eterno? Si parla di 2 o 3 settimane, e in alcuni casi ho sentito parlare persino di 5 settimane. E le mamme come fanno con il lavoro? Ecco vedo che siete saltati sulla sedia perché è evidente che il lavoro della madre deve assolutamente passare in secondo piano rispetto al benessere del bambino. (O forse siete saltati sulla sedia perché da voi l’inserimento lo ha fatto il padre? In tal caso “Chapeau!”)

Le teorie dell’attaccamento materno di John Bowlby

Per capire per quale motivo la maggior parte delle scuole d’infanzia sceglie un periodo di inserimento così lungo bisogna risalire alle teorie dell’attaccamento, di cui John Bowlby è considerato il padre. Questa teoria studia le varie fasi che caratterizzano la relazione tra madre e figlio nei primi anni di vita e come la qualità dell’attaccamento stabilito con la madre condizioni la capacità di relazione con gli altri e con il mondo esterno persino nella vita adulta. Volendo riassumere al massimo i concetti, possiamo dire che dalla simbiosi iniziale dei primissimi mesi in cui in realtà la madre, o la persona che si prende cura del neonato, è ancora perfettamente sostituibile, si arriva alla fase intorno agli 8-9 mesi in cui il legame con il caregiver diventa più speciale, e il bambino inizia a differenziare il suo comportamento con le persone con cui viene in contatto. Man mano che il bambino cresce riesce ad acquisire crescente autonomia a patto di avere instaurato un legame sicuro con il caregiver principale. Il concetto è quello di avere una base sicura a cui far ritorno, che gli garantisca la stabilità emotiva di sopportare un temporaneo allontanamento. Un attaccamento sicuro si crea quando la madre, o il caregiver, risponde immediatamente ai bisogni del bambino offrendogli tutte le cure pratiche e affettive e la vicinanza fisica di cui ha bisogno. Nella vita di un bambino si creano anche delle figure di riferimento secondarie che svolgono una funzione rassicurante in assenza della madre (o del caregiver principale). Il rapporto con le figure secondarie è tanto migliore tanto più sicuro è l’attaccamento con il caregiver principale.

Questo è un riassunto banalizzato della teoria dell’attaccamento, e spero di non aver semplificato troppo il concetto, ma mi premeva introdurlo per spiegare il motivo dei metodi normalmente scelti per l’inserimento nelle scuole. Il tempo dell’inserimento è in teoria quello necessario al bambino per crearsi delle relazioni con i caregiver secondari, che andranno a sostituirsi alla figura di riferimento principale durante la permanenza al nido o alla scuola. Ovviamente il tempo dipende dall’età del bambino, ma non solo.

Quando possiamo affermare che l’inserimento è avvenuto con successo? Per quanto tutti noi vorremmo lasciare il bambino all’asilo felice e sorridente, questo non è detto che avvenga, almeno non sin dal primo giorno. Il momento del distacco dalla mamma può prevedere comunque un certo numero di lacrime versate, il che è semplicemente il segnale di una salda relazione con il caregiver principale, e della naturale tristezza nel lasciarlo. L’inserimento è ben riuscito se l’educatrice, ovvero il caregiver secondario, è in grado di consolare il bambino in un tempo ragionevole.

Come facilitare l’inserimento nel nuovo ambiente?

Vediamo quindi quali sono le condizioni che favoriscono l’inserimento, ricordandoci che lo scopo è di far avere al bambino la possibilità di conoscere il nuovo ambiente e le persone che si prenderanno cura di lui/lei in assenza della madre. Il bambino dovrebbe imparare a sentire quell’ambiente come accogliente, sereno, tranquillo. Perché questo avvenga ci sono alcune condizioni importanti:

  • l’ambiente deve essere accogliente e a misura di bambino
  • l’educatrice deve accogliere il bambino cercando di stabilire un contatto con lui, ad esempio abbassandosi al suo livello quando gli parla, guardandolo negli occhi, mostrandosi disponibile sin dall’inizio
  • la mamma (o chi per lei) deve riuscire a trasmettere al bambino il messaggio che lo sta lasciando nelle mani di qualcuno di cui lei per prima si fida ciecamente.
    Se la mamma lascia il figlio li con la morte in petto, allora ci sono ottime probabilità che il bambino non si sentirà a suo agio, perché per quanto si tenti di far finta di nulla i bambini sanno leggerci dentro.

E’ davvero necessario così tanto tempo?

Il fattore tempo è ovviamente importantissimo, ma non è necessariamente lungo.
Prima di tutto perché la componente di temperamento del bambino, e le sue abitudini prima di entrare nel mondo scolastico hanno un ruolo determinante. Ci sono bambini (ed adulti) empatici, aperti e solari che riescono ad entrare in sintonia immediata con chi gli sta di fronte, e altri chiusi e sospettosi che prima di parlare con un estraneo ci mettono 3 mesi di frequentazione quotidiana (ogni riferimento a persone o bambini di mia conoscenza non è casuale 😉 ).

Lo stesso Bowbly probabilmente direbbe che il periodo necessario affinché un bambino entri in relazione sicura con il nuovo ambiente e il personale è assolutamente individuale. Quindi a rigore l’inserimento andrebbe fatto personalizzato a seconda della reazione del bambino in questione.
Non solo, l’inserimento da stillicidio, di un’ora il primo giorno, con aumento gradualissimo fino a 5 (cinque!!!!) settimane, per alcuni bambini potrebbe essere persino controproducente. Ad esempio per un bambino che odia i cambiamenti, il tempo necessario a familiarizzare con un nuovo ambiente è più lungo che nei bambini pronti ad saltare con entusiasmo nelle nuove situazioni. In pratica il primo giorno in un’ora ha appena deciso di spostarsi dalle ginocchia della madre che –zach– è ora di andare via. E il giorno seguente dovrà iniziare tutto da capo. Per un bambino di questo tipo un sistema che gli permetta di esplorare il nuovo mondo in sicurezza (ossia con la mamma o il papà vicini) per un periodo più lungo è la cosa migliore.
Allora mi chiedo perché si continua ad applicare ciecamente e pedissequamente una tecnica che non è detto sia la migliore per tutti e che crea dei danni economici pazzeschi, genera stress nelle famiglie, e potrebbe farlo persino nel bambino che tanto si vuole mettere a suo agio?

Un problema sociale di dimensioni enormi

E’ da una settimana a questa parte che non faccio che leggere commenti acidissimi sul web e su facebook per periodo di inserimento apparentemente infinito alla scuola materna o al nido. I tempi variano dalle 2 settimane fino anche a 5 settimane prima di arrivare a regime con l’orario completo. E devo dire che non posso fare a meno di simpatizzare con chi è arrabbiato per dover subire questa tortura, soprattutto dopo avere sperimentato il mitico inserimento in 3 giorni in un asilo svedese l’anno scorso con Pollicino.

La situazione ha raggiunto livelli al limite del paradosso. Ci sono mamme lavoratrici con bambini abituati a passare da una baby sitter ad un’altra, che subiscono un inserimento graduale lentissimo, quando molto probabilmente potrebbero sostenere direttamente l’orario pieno o quasi nell’arco di pochissimi giorni. Ci sono mamme che perdono il lavoro, magari in nero, perché sono costrette a prendersi settimane per inserire un bambino al nido, che poi si troverà ben inserito senza traumi, ma con una madre disoccupata. Ovviamente il tutto dipende molto dal tipo di lavoro che si ha, e da quanto è difficile prendersi qualche settimana di ferie in più, ma per la maggior parte dei lavoratori dipendenti questo è un problema, e anche per la maggior parte dei lavoratori in proprio questo è un problema perché potrebbe fargli perdere clienti. Eppure è chiaro che non dovrebbe essere il bambino a pagare le conseguenze di questa disorganizzazione sociale.

E se invece si scoprisse che un inserimento personalizzato è la soluzione migliore proprio per il bambino? Se il genitore potesse spiegare le abitudini del figlio al personale scolastico e decidere insieme una strategia che possa funzionare? Ad esempio un bambino che è già andato al nido, probabilmente reagirà meglio all’inserimento alla scuola materna rispetto ad uno che non ha fatto il nido. Se uno potesse dire: guardate che se non lo tenete voi, allora devo chiamare una baby sitter sconosciuta che se lo prenda per le restanti 8 ore perché io devo lavorare, e magari a quel punto si capisce che per il bene del bambino è meglio che la scuola si adatti. Mi rendo conto che flessibilità e organizzazione del personale, non sembrano essere di questo mondo, ma possibile che non ci sia soluzione e che le famiglie (le madri!) debbano accollarsi anche questo compito anche se sembra nuocere economicamente alla famiglia, e in alcuni casi anche al bambino stesso?

A questo punto mi piacerebbe anche capire quanto questo fenomeno sia sentito come un problema in Italia. Facciamo un piccolo censimento tra di noi. Indicate nel commento qui sotto, se avete fatto l’inserimento al nido o alla materna, quanto è durato, e magari la regione di appartenenza, per capire se ci sono differenze regionali. E magari anche se avete dovuto prendere permessi speciali, insomma come vi siete organizzati con il lavoro in questo periodo. Ci aiutate?
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98 thoughts on “L’inserimento alla materna e il lavoro delle mamme”

  1. Anno scorso, primo anno di nido (privato) di Mia, due settimane di inserimento, la prima settimana sempre con lei, la seconda allontanandomi gradualmente. Quest’anno, il secondo, lasciata il primo giorno sulla porta, bacio e via, quindi senza inserimento. Con il lavoro il primo anno mi sono organizzata, ho una società mia ed miei problemi nn sono stati organizzativi ma di perdita di clienti, questo si, ne ho risentito a livello economico indubbiamente. Siamo di Roma.

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  2. mi considero fortunata: sono riuscita a inserirli in una settimana tutti e due, sia al nido che alla scuola materna (e l’inserimento solo per il primo anno di nido e il primo anno di materna, dopo erano già dei veterani). non ditemi che sono banale ma i bambini sentono l’ansia dei genitori, più noi abbiamo paura che loro non ce la facciano, più loro non ce la faranno… :-)))

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  3. Ho fatto l’inserimento di mia figlia al nido quando aveva 11 mesi, è un piccolo nido privato dove hanno un approccio molto “caso per caso” ma mi avevano assicurato che in media in una settimana al massimo di solito tutti i bambini sono a loro agio.
    Il primo giorno l’ho portata alle 9.00 e ripresa dopo 1-2 ore, il secondo giorno un po’ più tardi e il terzo quando sono arrivata alle 12.30 mi hanno fatto aspettare perché stava mangiando lì…è andato tutto liscio e i pianti sono stati limitati.
    L’anno successivo, con il fatto che conosceva già la struttura, l’inserimento non c’è stato, l’ho portata e basta, idem quest’anno che è iniziata la materna.
    Sicuramente ho avuto fortuna, però anche questa gradualità esasperata che sento raccontare mi sembra eccessiva, è utile per il bambino o per la struttura?
    Devo dire che le mie colleghe mi invidiano tutte e stanno gufando per il secondo, ma se ne parla l’anno prossimo 🙂

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  4. Ho già parlato del nostro inserimento al nido sia qui che sul mio blog: molto positivo.
    Invece tremo già per l’inserimento alla materna dell’anno prossimo: ho parlato con una mamma che mi ha detto che si entra a pieno regime alla fine di ottobre! Non viene fatto nessun colloquio preventivo con i genitori e non viene fatta distinzione tra i bimbi che hanno già frequentato il nido e quelli che non l’hanno frequentato!
    Tenete conto che io ho un lavoro part-time sempre in bilico e che per andare al lavoro devo fare quasi un’ora di auto!
    Sono già nel panico!!

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  5. @CloseTheDoor: se nel posto dove lavoro non mi avessero concesso tante ore di permessi e ferie avrei insistito con le maestre per un inserimento ancor più rapido! Hai ragione, non si può perdere il lavoro, specie al giorno d’oggi. Ho sottolineato quell’aspetto perchè mi sono sentita dire diverse volte dalla maestra con espressioni “strane”: ma signora, il bimbo ha bisogno di tempo, non è detto che se non piange si stia ambientando bene, poi magari ne risente in seguito, è meglio fare tutto con calma, se proprio deve… Queste frasi mi hanno ferito. In teoria potevo essere d’accordo con l’inserimento lentissimo e graduale ma nella pratica non potevo assecondare tutti i tempi. Mi sono sentita una mamma cattiva, per fortuna per poco tempo. Perchè comunque il mio bimbo ha fatto un inserimento di due settimane ed ha iniziato a mangiare a scuola dopo due settimane e mezzo e a rimanere fino alle 15.30 solo alle fine di ottobre.

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  6. sto gestendo da sola l’inserimento di giuseppe e gianluca(gemelli) al nido. hanno un anno e mezzo.
    è ancora presto per trarre conclusioni su 8 giorni ne abbiamo persi 3 per febbre di entrambi. all’inizio li avevano messi in classe separate. adesso stanno insieme. io so solo che sto osservando due bambini diversi da quelli che conosco. già sono due+sdoppiamento di personalità=4. oddio! comunque credo abbiate capito a cosa mi riferisca. posto nuovo, gente nuova. continuerò a darvi notizie.

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  7. OK, quindi il trucco e’ mettere il pupo al nido verso i 5 mesi, o prima che arrivi agli 8-9 insomma, cosicche’ sviluppi l’attaccamento primario sicuro per l’educatrice del nido 😛

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  8. Vengo da selvazzano dentro in provincia di pd penso che la scola d’infanzia del mio bambino sia ottima. Infatti l’inserimento prima al nido e poi alla materna integrata è stato personalizzanto a seconda delle esigenze del mio bambino. e in una settimana il mio bambino già
    dormiva li.

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  9. Grazie Serena di questo post !!! 😉

    Io per il momento sto sperimentando un micronido privato con grande soddisfazione. L’inserimento è stato fatto quando la Stellina aveva 11 mesi, in due settimane: una prima settimana di presenza dalle 9.30 alle 10.30 con la mamma, la seconda settimana dalle 9 alle 12.30 senza la mamma. Mia figlia non ha mai pianto e si è affezionata moltissimo ad una maestra in particolare, anche se si vede bene dalle foto scattate dalle maestre, che ci è voluto un mese buono di ambientamento, ha cambiato espressione nelle foto dopo aver compiuto l’anno. Quando vado a prenderla è sempre sorridente e chiacchierona 🙂

    Degli interventi mi colpisce soprattutto il commento di Claudia & Topastro, queste “mamme cattive” non diventano ancora più cattive se perdono il lavoro?

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  10. Veneto, 2009, nido privato, piccolo guerriero di un anno (prima era passato da congedo materno, congedo paterno e poi da una nonna all’altra, che gran fortuna!). Due settimane di inserimento: i primi due giorni giocare al nido in compagnia della mamma, il resto della settimana 2 ore senza la mamma, la seconda settimana tutta la mattina. La prima settimana avevo ferie io, la seconda il papà ha chiesto dei permessi.
    Arrivo in Svezia: re-inserimento al nido svedese, di nuovo di due settimane (l’inserimento in 3 giorni dalle nostre parti non è ancora arrivato, ché noi stiamo in provincia :D). La prima settimana tutte le mattine (i primi due giorni con il papà presente), la seconda settimana uscita alle 14 dopo il riposino. Il tutto curato dal papà perché io avevo appena iniziato il lavoro nuovo mentre lui stava cercando lavoro.
    Il piccolo guerriero si è adattato al nido nel giro di pochi giorni in entrambe le occasioni, ma ha continuato a piangere disperato all’ingesso all’asilo fino a due settimane fa (3 anni passati), salvo consolarsi nel giro di 5 minuti appena io sparivo, e non voler tornare a casa alla sera. Quando era il papà a lasciarlo al nido invece andava tutto bene (‘sto maialino :D)
    Commenti sull’inserimento di 5-6 settimane: assurdo, immaginato per famiglie in cui uno non lavora. Non credo assolutamente che la maggioranza dei bambini abbia bisogno di un tempo così lungo. Aggiungo che i nidi pubblici dove abitavo prima (provincia di Padova) chiudevano alle 14, con il tempo prolungato alle 15.30 e costavano poco meno dei privati (che già costano più della rata del mutuo). Ora io non so chi è che finisce di lavorare alle 15…

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  11. Roma. Nido privato, inserimento, assolutamente ragionevole per tempi e modalità, a 9 mesi. Richiamino breve l’anno successivo (qualche ora di mia presenza), ritorno pacifico e sereno al terzo anno. L’anno scorso ho iniziato l’inserimento a una materna privata: un delirio. In classe, due bambini. Per 3 giorni solo compresenza (eravamo più adulti che bambini) per un’ora e mezza. La stessa solfa sarebbe proseguita per almeno altri tre giorni e poi, molto gradualmente, orario aumentato (sempre in compresenza)… Prima che mi licenziassero, mi hanno ripescato alla materna comunale. Inserimento rapidissimo, ma efficace. Quest’anno però, alla stessa scuola, ai nuovi viene riservato ben altro trattamento: per due settimane solo dalle 9 alle 10.30, mentre i “vecchi” già pranzano a scuola. Il sospetto che si tratti esclusivamente di una questione di organico è lecito, anche perché – almeno in una classe – i bambini inseriti sono quasi tutti al secondo anno di materna, dopo aver frequentato il primo a una scuola privata.

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  12. Premetto che mia figlia non era stata al nido, ma a uno spazio cuccioli solo per due mesi, quando gia aveva più di 2 anni, con risultati disastrosi.Quindi ho iniziato trepidante. I bambini che non avevano frequentato il nido, hanno iniziato circa una settimana più tardi di quelli che lo avevano frequentato. Il che già mi pareva strano, perchè, per dedicare maggiore attenzione ai bambini “non nidiati” avrei fatto il contrario.
    Comunque il primo giorno di scuola era arrivato anche per noi e mia figlia entrò come niente fosse, anzi, direi, piuttosto entusiasta della presenza di molti tati della sua età. E così, a sorpresa, anche nei giorni successivi, per una settimana consecutiva. Alla seconda settimana ho pregato la maestra, per mie esigenze lavorative, di abbreviare l’inserimento. All’inizio si oppose, ma poi si dovette arrendere all’evidenza. Così, già dalla terza settimana potè fermarsi a mensa. Il primo anno non ho voluto comunque eccedere con l’orario e non lo mi lasciata fino alle 4. Però, devo dire che, nonostante i problemi (purtroppo !) con le maestre (che si si sono spintonate e insultate davanti ai bambini), è sempre stata contenta di andare a scuola.
    La prima settimana ho chiesto giorni di ferie, per le altre 2 hanno sopperito i santi nonni!

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  13. Quest’anno ho vinto il premio, elementare con tre giorni di orario ridotto, dunque una specie di inserimento, e materna per due con gemelli in classi diverse in cui dopo una settimana siamo ancora 10,00-11,30. Uno stillicidio, con la materna sto zitta solo perché conosco le maestre e sono bravissime, gente che ha passione per il lavoro e lo fa in modo egregio, ma se la solfa non cambia diventa un delirio… E io lavoro in banca, dunque sono tutelata. Mi chiedo come facciano le altre…

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  14. Care Serena e Silvia, questa vostra proposta è intelligente e utile, sono felice di partecipare. Intanto premetto, Anna (ora 3 anni e mezzo) si è inserita al nido all’età di 7 mesi e 15 gg, ci ha messo un giorno e mezzo e poichè il nido era privato, vista la tranquillità di mamma e bambina, sono stata dispensata dalle fasi più trucide e lunghe dell’inserimento. Elena, 7 mesi oggi, ha iniziato in un nido comunale qui a Torino il 7 settembre e pare che finiremo solo venerdì 23. Sono infastidita e anche un po’ perplessa. A quanto pare il protocollo comunale è questo: tra i 15 e i 21 gg. Ma la cosa pazzesca è che per ora entriamo solo alle 9:30, Elena non piange mai, e ripeto mai, al momento della separazione, io ho dovuto prendere un mese di maternità, quando ne avrei fatto volentieri a meno, vista la retribuzione ridicola, e pare che non ci sia modo di far diversamente. A ottobre tornerò a lavoro e entrerò alle 8:30, ciò mi impone di portare la bambina presto. Quando la abituerò all’ingresso alle 7:30 se ora al massimo la porto per le 9:30? Per di più, domani farà la nanna lì, per la prima volta e mi hanno chiesto di andarla a prendere alle 14. Ma Elena alle 14 dorme… Insomma, mi pare che tutto sto tran tran abbia fatto male sia a me sia a Elena. Forse sarebbe stato più saggio inserirla in tempi più rapidi. Per quanto riguarda la materna, avevo la convinzione che la mia figlia più grande, dopo tre anni di nido, sarebbe andata alla materna senza problemi e l’inserimento infatti, non era nemmeno previsto (per nessun bambino, politica della scuola-convenzionata, cattolica). Invece ne avrebbe avuto un gran bisogno, visto il cambiamento totale di ambiente, maestre e compagni. Risultato: pianti lunghi e silenziosi nel corso di tutta la giornata. Questo periodo è stato il più faticoso in assoluto, anche perchè dovevo andare e venire dal nido per un’ora, poi due, poi tre, non riuscivo a combinare un tubo. Ora devo anche calcolare di andare a prendere la più grande alla materna. Insomma, un vero gioco a incastri! Ah, dimenticavo, per rendere migliore e più semplice la vita di noi mamme, non posso lasciare il passeggino all’asilo nido. Ordine del comune!

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