Il Natale della tribù

Una compagna di classe di mia figlia le ha chiesto che cosa si provi ad avere i genitori separati. Mia figlia ci ha pensato un attimo, e non ha trovato tutte queste differenze rispetto a quando vivevamo tutti assieme, così ha detto alla sua amica: “Mah, immagino che voi mentre cenate guardiate la tv tutti assieme. Noi no. Specie perché non abbiamo la tv. E poi perché mio babbo vive in un’altra città”.

Foto Nokdie utilizzata con licenza Flickr CC

Ma lontananza quotidiana a parte, la nostra famiglia separata non corrisponde allo stereotipo che vorrebbe che io e il mio ex ci parlassimo solo tramite avvocato, con in mezzo tre bambine che al mattino, quando si svegliano, si chiedono in quale casa sono e in quale casa si trovano i libri di scuola. Questo naturalmente non è un giudizio sulle famiglie che hanno la sfortuna di trovarsi in questa situazione, è solo un modo per dire: non va sempre così. E soprattutto è un modo per dire a chi si sta destreggiando tra alimenti e divisione dei beni: non andrà sempre così.

Nonostante le diverse decine di chilometri che ci separano, io, le bambine e il loro padre, trascorriamo del tempo assieme, a Natale e non, e non solo perché non ci parrebbe giusto privare le bambine di uno di noi durante le feste, o privare uno di noi delle bambine, ma proprio perché ci fa piacere.
Il nostro Natale di separati è sempre tutti assieme. A dire il vero quel “sempre” è una bugia: non diamo mai nulla per scontato, ogni anno ci diamo conferma, che pensare che da qui al per sempre avremo un impegno fisso il 25 dicembre mi fa venire la claustrofobia.

Mi chiedevo che cos’è che fa di una persona un membro della tua tribù, inserito di default nell’elenco degli invitati al pranzo di Natale.
Essere consanguinei non si traduce per forza in un legame: non tutti i parenti fanno parte della mia cerchia ristretta.
Vivere assieme non è un requisito fondamentale: ad esempio io non desidero vivere con mio fratello, che pure è membro della mia tribù a tutti gli effetti.

Ma che cosa distingue gli amici, quelli stretti, quelli che se volessero potrebbero partecipare a tutti i Natali e Capodanni a casa mia, da un membro della tribù a pieno titolo?

Mi sono data una risposta un po’ antropologica. Primo, il membro della tribù è qualcuno con cui ci si scambia protezione, sia all’interno della tribù, nel senso che ci si prende cura l’uno dell’altro, che verso l’esterno, nel senso che si è pronti a combattere per difendere il proprio caro, anche se ha torto. Secondo, un membro della tribù è riconosciuto socialmente come tale. Il senso di appartenenza non è solo privato, non è solo una cosa tra noi, ma è qualcosa che gli altri riconoscono. Non siamo cani sciolti, e il mondo lo sa.

Ho condiviso con le bambine questo pensiero, e abbiamo convenuto che il loro padre fa parte a tutti gli effetti della nostra tribù.
E anche questo Natale, a tavola ci saremo tutti.

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2 thoughts on “Il Natale della tribù”

  1. Questo concetto è molto bello, quello di tribù, di appartenenza, di riconoscersi e di essere riconosciuti come tali…questa vostra attitudine vale di più di qualsiasi regalo, a Natale e per tutto il resto dell’anno!!!
    Le tue bimbe poi, hanno la scorza dura e quelle domande lì se le divorano per colazione…
    un abbraccio a te e a loro

    Lia

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