Monica è la mamma di una bambina allergica a moltissimi alimenti e sofferente di dermatite atopica. Se oggi la conoscerete è perché ha aperto il blog Mi mangio l’allergia, dove mette a disposizione di tutti le sue esperienze, le famose ricette “senza”, libri e testimonianze sul mondo delle allergie. Nel mese dedicato all’educazione alimentare, mi è sembrato utile e interessante aprire una finestra su un modo necessariamente diverso di affrontare il cibo.
Il tuo blog è molto curato, aggiornato spesso e documentato. Chi te lo fa fare?
Bella domanda e me lo ha chiesto di recente anche mia figlia:
“Ma mamma, ma il tuo blog è infinito?”
“Sì finché lo vorrò io.”
“E tu lo vuoi?”
“Sì.”
“Perché?”
“Perché dall’altra parte del video ci sono tanti genitori, come me e tuo padre, che non si conoscono tra di loro, ma che desiderano incontrare altre famiglie di bimbi allergici. E possono così conoscersi nel nostro (tuo e mio) blog, come se fosse una bella panchina al parco, dove sedersi e chiacchierare… Con alcuni è nata anche una bella amicizia e mentre loro prendono qualcosa dal “nostro” blog, come le tue ricette, le nostre riflessioni, anch’io prendo da loro qualcosa di utile, sempre, anche quando si tratta di critiche. […]”
Col tempo, con alcuni lettori si è instaurato un legame tale che non posso più farne a meno. E sento il bisogno di confrontarmi con loro, in un clima rilassato, di reciproca fiducia, di scambio reciproco da cui spesso scaturiscono dibattiti vivaci e costruttivi, nel rispetto delle reciproche posizioni. C’è chi commenta e chi no, chi per la prima volta chi da sempre, e so che c’è chi legge e basta, e va bene così, perché non tutti se la sentono di esporsi, e li capisco, perché sebbene io dimentichi talvolta che siamo in una piazza virtuale, e non nel mio salotto di casa, alcuni preferiscono scrivermi privatamente quello che pensano o sentono, dubbi, richieste, altri invece, accettano di esporsi, quindi anche al giudizio altrui, e decidono di condividere uno spaccato della loro vita come è avvenuto in questo post.
Inoltre, oggi come ieri, sento il bisogno di parlare con altri genitori dei vari aspetti correlati con allergie e dermatite atopica, come nel caso della gestione dell’adrenalina autoiniettabile, prescritta ai bambini “a rischio di shock”, sia sul piano tecnico-pratico, sia sul piano psicologico, spesso trascurato dal protocollo medico (tranne rare eccezioni). E le allergie (come molte patologie croniche) possono mettere a dura prova una famiglia, minando talvolta la loro autostima familiare.
Non dimentichiamo poi che, sebbene le statistiche indichino un incremento crescente dei bambini allergici, non è poi così frequente incontrarli (tranne che nell’ambulatorio dell’allergologo). Anzi. Proprio ieri ho sentito telefonicamente una mamma, la quale mi ha confidato di non averne ancora conosciuto uno! Pensa soltanto che nella scuola di nostra figlia (dove si va dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado) lei è l’unica bambina allergica, in compagnia di una sola celiaca (ad oggi…) e questo a volte può creare qualche difficoltà, anche sul piano della comunicazione con chi allergico non è.
Penso all’anno scorso, quando il padre di un compagno di classe di A. mi ha chiesto: ”Monica, spiegarmi bene di cosa si tratta, così posso a mia volta spiegarlo a mio figlio ed evitare che metta in pericolo tuo figlia”… eravamo in assemblea di classe, ma non sono riuscita a trattenere le lacrime per la commozione di fronte alla grande apertura, generosità di questo papà.
Aprirci agli altri, ammettere i nostri limiti e i nostri timori, è l’unico modo talvolta, secondo me, per superare alcune difficoltà.
Ammetto che qualche volta ho pensato: Ora “chiudo baracca e burattini”, ma come si può da un giorno all’altro rinunciare “a sentirti con gli amici”? E non importa se alcuni di loro sono “solo” virtuali, ma lo scambio, in termini di vissuto ed emozioni è tale che talvolta dimentico di essere nel web e che il mio blog non è un “salotto privato”, come accenno in questo post in un mio commento, bensì una piazza virtuale dove tutti ti mi/ci leggono. In ogni caso, io cerco di alternare riflessioni serie a divagazioni sul tema, come in questo post, altrimenti che pesantezza, e io nel mio blog voglio anche divertirmi!
Una cosa che mi è saltata all’occhio è che il tuo blog è adv free. Mi chiedo come fai a resistere agli assalti degli sponsor, perché essendo il sito molto specializzato ti staranno sicuramente alle calcagna…
Ti ringrazio sinceramente di questa domanda, in quanto è da quando ho partecipato all’ultimo evento di MammaCheBlog che penso ad un post su questo tema, post che non ho mai scritto, poiché ero in partenza per l’estero… e poi il tempo è volato. Approfittando di uno spazio per le domande, esposi in quell’occasione le mie perplessità sul fatto di ospitare nel mio blog pubblicità, soprattutto se trattasi di alimenti, per diverse ragioni.
La prima in assoluto è che nel momento in cui ho uno sponsor, dovrei “compiacerlo” e io sono “allergica” alle pressioni e imposizioni, ai vincoli, e avrei il timore di perdere la mia “indipendenza” di pensiero, nonché la mia “autorevolezza” nei confronti dei miei lettori e allo stesso tempo non voglio influenzare il lettore in un senso piuttosto che un altro.
La seconda, è che nel caso dei prodotti alimentari, inoltre, c’è un rischio da non sottovalutare. Non sono solita indicare su Facebook o nel blog i prodotti che usiamo noi, perché ogni soggetto allergico è un caso a sé stante, e se da un lato un prodotto può andare bene per un verso, potrebbe non andare bene per l’altro. Un esempio? Ricordo dei cracker che non contengono proteine del latte e dell’uovo, ma che contengono grano saraceno a cui nostra figlia è allergica… Non solo. I prodotti cambiano continuamente, senza preavviso. Ricordo delle barrette al cioccolato senza proteine del latte, scomparse per qualche mese e ricomparse con latte, ed io mi ero insospettita e prima di acquistarlo avevo riletto gli ingredienti.
Inoltre, le esigenze di ciascuno possono essere molto diverse e qui dipende anche da cosa dice l’allergologo di riferimento, ossia: ci sono casi in cui è l’allergologo a dire di non usare prodotti con la dicitura “Può contenere tracce di…“, come è sempre l’allergologo a dire: Usate pure i prodotti con la dicitura “Può contenere…“, “Prodotto in uno stabilimento… “, eccetera.
Occorre sempre verificare in prima persona l’idoneità di un prodotto, leggendo gli ingredienti e consultando il medico in caso di forti dubbi. E se i genitori di bimbi allergici possono essere allenati a leggere le etichette, non è detto che lo siano chi sta loro attorno, e tra i miei lettori NON ci sono solo genitori, ma anche sorelle, fratelli, zie/i, nonni, oppure genitori di bambini NON allergici che vogliono capire.
In ogni caso, gli attacchi li ho ricevuti solo all’inizio di questa avventura e provenivano per lo più dal mondo del gluten free (e che io respingevo gentilmente, facendo notare che quello o quell’altro prodotto in realtà non erano idonei ad un pluri-allergico, ma gli addetti al marketing delle aziende non sempre sono informati sulla differenza tra celiachia e allergia al grano o allergia in generale),
ma da quando ho esposto il logo ADV Free vivo tranquilla 🙂
La terza, io non impazzisco per Facebook, lo ammetto, come ho spiegato qui, e ospitare pubblicità mi costringerebbe ad una frequentazione massiccia dei social network per “attirare” l’attenzione sul mio blog e non so se è quello che voglio.
In che modo le allergie alimentari influiscono nella concezione di cibo come cultura e momento di convivialità e svago?
Non mi è facile rispondere in modo sintetico, perché questo è un tema vastissimo, ma una cosa è certa: le allergie alimentari influenzano e condizionano la vita dell’intera famiglia, ma… si può imparare a vivere nonostante e non solo sulla base del “No, non si può“. Bensì: “No, non puoi questo, ma puoi quest’altro e quando non puoi nulla, pazienza, potrai un’altra volta.”
Alle feste? Ci si va per divertirsi, farsi nuovi amici, rivedere quelli di sempre, ma non necessariamente per mangiare, perché ad un certo punto i vostri figli potrebbero dirvi come la mia: ”Io alle feste non ci voglio più andare, perché non possono mai mangiare nulla…” e voi pensate di aver sbagliato tutto. E invece vi stanno solo mettendo alla prova…
Una cosa è certa, essere allergici in Italia è diverso che essere allergici in Germania (dove nostra figlia è nata), in Islanda, o in Giappone (lì nostra figlia si abbufferebbe di uova di pesce e tofu e miso come fa ogni volta che ci fa visita il nostro amico giapponese). Io ho avuto la fortuna di viaggiare prima che nascesse mia figlia e ovunque mi sono sempre adattata, mangiando di tutto (rifiuterei solo qualche cibo “insolito” tipo formiche e vermi e insetti fritti che so essere graditi in alcuni Paesi, ma che non sarebbero di mio gusto), quindi so perfettamente che la colazione dei genitori del nostro amico giapponese è base di pesce, riso, miso e non di latte e latticini, solo per fare un esempio e questo, devo dire, mi ha aiutata ad offrire uno scenario possibilista a mia figlia che spero diventi una cittadina del mondo, nonostante le sue allergie, perché dobbiamo guardare oltre i confini di casa nostra, e attingere anche dalle altre culture, non solo in termini di ricette, ma prendendo il buono che ogni cultura porta con sé, perché il diverso può essere una risorsa.
Le allergie non hanno condizionato più di tanto il nostro piacere della convivialità e dello svago, ma lo abbiamo semplicemente adattato alle nostre esigenze, quindi continuiamo ad invitare amici a casa, allergici e non, così come cerchiamo di “educare”, nel senso di far conoscere le nostre esigenze a chi deve cucinare per noi e nostra figlia, dai parenti, agli amici, ai genitori degli amichetti fino ai ristoranti. Unico neo per ora sono i viaggi fuori dall’Italia, perché in caso di pluriallergie, la lettura delle etichette, lo spiegarsi in altra lingua può costituire talvolta un ostacolo, che supereremo a tempo debito. Ne sono certa.
Quando una famiglia scopre che il figlio è allergico a una quantità notevole di sostanze, la vita è rivoluzionata e scatta un corto circuito di ansia e sensi di colpa. Ma c’è un momento in cui l’ansia lascia il posto a una consapevolezza nuova: “è solo allergia”. Per voi quando c’è stato questo passaggio? Puoi dare un messaggio di conforto a quei genitori che invece sono ancora all’inizio del percorso?
In realtà, non so se sia possibile individuare un unico momento che stabilisca una linea di confine netta tra la tempesta e la quiete dopo, nel senso la condizione di allergia attraversa varie fasi che possono alternarsi in un moto perpetuo, come invece possono cessare ad un certo punto: c’è il bambino che a tre anni supera le sue allergie, c’è quello che le supera a sei, e quello che supera a 15 e quello che non ne guarirà mai, o magari continuerà ad essere allergico ma con una sintomatologia lieve, chi può dirlo. Ogni genitore ha i suoi tempi che dovrebbero essere rispettati, da tutti (a partire da noi stessi, senza fretta).
Noi, sin da quando abbiamo scoperto che nostra figlia è allergica (perché lo è ancora) e anche dopo il suo primo episodio anafilattico, abbiamo sempre pensato “c’è di peggio”. E’ banale, lo so, ma è la verità. E quest’estate, l’aver toccato con mano il dolore di una donna che ha perso la figlia e il cui nipote ha perso la madre, a soli tre anni… mi ha dato come una scossa, e ho pensato: è vero, a nostra figlia è stata prescritta l’adrenalina, quindi la sua vita è forse più a rischio di altri, ma questo aspetto lo ha descritto piuttosto bene un’altra mamma in questo post, meglio di quanto potrei riuscirci io, post nel quale forse non sono riuscita a spiegarmi bene, ma quando le emozioni in gioco sono forti, non sempre è facile spiegarsi, tra amici, figuriamoci nel web.
Il messaggio di conforto che vorrei dare non è “Tranquilli, i vostri figli guariranno presto, sicuramente” (probabilmente sì, ma non è questo il punto) bensì sappiate che la sorpresa, il disorientamento, le incertezze, le frustrazioni, il senso talvolta di impotenza, la rabbia, sono in buona compagnia di una nuova consapevolezza, una forza, una voglia di condividere, gioia, perché alla fin fine è solo allergia 🙂
– di Chiaradinome –
Rileggendo i commenti mi è venuta in mente una cosa, nel “mese dell´allergia”, non è stato trattato l´argomento dell´allergia al pelo degli animali, vero? (Commento di Lorenza) Io purtroppo sono molto sensibile agli odori e ai profumi e se mi ritrovo in un locale chiuso con degli animali inizio a stare male. (A dire la verità anche se capita di visitare delle stalle, con l´odore di fieno…) A causa di questa allergia passo per quella insensibile alla dolcezza dell´amico a 4 zampe. Per autodifesa, ho sviluppato una “paura” nei confronti di cani, gatti et similia, così almeno non devo spiegare ogni volta ai padroni che sono allergica, perché davvero, alcuni sono molto fanatici e dicono, “ma è buono, non morde, è pulito!”, facendomi capire che posso avvicinarmi e accarezzarlo. Io però non voglio, anche perchè non è sempre possibile lavarsi le mani.
Cosa ne pensate, c´è qualcuno allergico al pelo delgi animali “in ascolto”?
@Silvia, Chiara, Lorenza: è bello leggervi perché ognuna di voi è portatrice di un tassello di un grande puzzle, in cui non c’è sempre una verità assoluta e questo non contribuisce a tracciare linee nette di demarcazione tra una situazione e un’altra.
E come si legge tra le righe il problema a volte è proprio trovare un punto di equilibrio tra la sottovalutazione e la sopravvalutazione, sia che si tratti della cerchia famigliare, amicale, sia che si tratti della vita “pubblica o sociale o come vogliamo chiamarla”, penso a scuola, campi estivi, lavoro…
Il “diverso” nella società moderna, metropolitana, fa forse un po’ più fatica a trovare il suo spazio, ma… forse no.
Grazie a tutti dei contributi!
Eh giá. Per un soggetto allergico é un problema anche se nella cucina si preparano piú piatti in contemporanea e per sbaglio il suo, o anche solo gli strumenti utilizzati per la preparazione, viene in contatto con quello incriminato. Questa é l’ALLERGIA. No, non mi piace quello, mi pizzica la lingua, ecc ecc. Le melanzane ad es. (vedere mio post precedente) danno un po’ di pizzicore alla lingua proprio per il loro contenuto, anche a me lo fanno e non sono ne’ allergica ne’ intollarante! Bisogna avere le orecchie ben aperte, e anche il cervello, e informare ed informarsi su questo tema ahimé molto complessoe e meritevole di attenzione.
Buona giornata a tutti
In effetti questo è un problema: l’inesatta percezione delle allergie.
Conosco una persona che si dichiara allergica al formaggio, ma so per certo che non è vero, solo non le piace. Così come conosco una persona che deve precisare che anche un solo pinolo o una posata che ha toccato una preparazione a base di pinoli può farla finire in pronto soccorso. Quest’ultima deve sempre far chiedere direttamente allo chef se per caso non vi siano pinoli nei composti e i camerieri non sempre sono collaborativi. (E’ capitato che in un ristorante aggiungessero un po’ di pesto per insaporire una zuppa, che ovviamente non presentava la dicitura -pinoli- negli ingredienti e il cameriere non era a conoscenza di questo vezzo del cuoco!)
L’allergia è allergia: qualcosa di reale e tangibile. Non una mania personale!
Per fortuna non ho alcuna esperienza diretta con le allergie e poso con le intolleranze (di cui oggi si sente fin troppo parlare). Credo peró che chi vive questo problema quotidianamente, spesso con allergie multiple, viva una sorta di inferno nel muoversi fuori dal proprio mondo perché é vero che non si trova comprensione ne’ solidarietá in giro. É altrettanto vero peró che molta gente abusa del termine “allergia” e non mi riferisco solo ai bambini. Sono stata al ristorante con amici che siccome non amano le melanzane dicevano al cameriere di essere allergici nel richiedere piatti particolari. Quindi se poi la volta che é vero non si trova sostegno da parte degli altri bisogna dare la colpa a chi fa un uso sbagliato di questa “scusa”. Se mia figlia, che ora é piccola, fosse allergica avrei il timore di farla mangiare fuori casa perché non mi fiderei di nessuno e tantomeno nell’etá dell’adolescenza in cui i ragazzi fanno le bravate e magari quella famosa “punta di peperoncino”, giusto per fare un esempio, te la mettono apposta nel piatto. SI PUÓ MORIRE senza un prontissimo intervento!
Da parte mia c’é massima voglia di collaborare qualora avessi di fronte bimbi, ma anche adulti, che mi fanno presente questo loro problema e sono disposta a piatti speciali da cucinare per loro se sono miei ospiti. L’ho fatto in una sola occasione e purtroppo non é stata neanche apprezzata ma, al contrario, mi hanno quasi trattata male. Boh eppure c’avevo messo tutta la buona volontá nel preparare una torta totalmente milk free! e solo per quel bambino! poi per fortuna se l’é comunque mangiata qualcun altro apprezzandone il sapore delicato 🙂 In bocca al lupo a tutti gli allergici!
Credo che da noi purtroppo le allergie siano sottovalutate, molte persone le ritengono delle “fisime” e non un problema reale.
Io sono a varie cose. Fortunatamente in modo non grave, cerco di evitare le situazioni a rischio e nel complesso me la cavo.
Spesso però la gente non riesce a capire, per loro l’allergia non è tangibile come il diabete e quindi non esiste.
Ogni volta che sono a casa di mio cognato mi prende la rinite perché hanno un gatto. Tutte le volte (tutte!) mia suocera mi chiede se ho il raffreddore, quando le dico che è per il gatto mi dice “ma la casa è pulita!”. E io a cercare di spiegarle che non è quello il problema. A un certo punto taccio e basta, mi sono stancata di dovermi giustificare.
Non parliamo poi di rifiutare il cibo, sembra di essere scortesi. Caso tipo (vero, purtroppo): sei allergico al peperoncino? Uh,e che sarà mai, ne ho messo una punta! Peccato che quella “punta” magari un allergico lo può ammazzare…
@Barbara, la ritrosia nel dire che si è allergici che notavi viene da queste esperienze, pochi hanno la tua sensibilità nel cercare di venire incontro alle esigenze, e spesso la soluzione migliore è partire già “arrangiati”.
@Elena, dei tre casi (tutte donne) una vive in Germania e non ne soffre più ed è talmente bella che potrebbe fare la fotomodella, ma infanzia e adolescenza da dimenticare; un’altra conosciuta quest’estate non ne soffre più, ma è piuttosto allergica, e ne ha sofferto fino all’università, e purtroppo non ho numero di telefono, perché era la mia vicina di sdraio… al mare, la terza, ne soffre ancora oggi, ma forse la sua è di natura allergica, e ha fasi altalenanti. In ogni caso vive nel nord Italia, ma non può aiutarti molto, anzi. In ogni caso… forse è meglio se ci sentiamo via mail, o chiedo io a Serena & Silvia, o mi scrivi tu: mimangiolallergia [chiocciola] gmail [punto] com.
Ad ogni modo, prova a sbirciare nel sito della Scuola Dell’Atopia, e guarda se c’è un Centro vicino a dove abiti: http://www.lascuoladellatopia.it/sezioni/scuola/cenIta.html, non si sa mai, meglio avere più indicazioni che nessuna.
p.s. Alice non ha ancora contratto la varicella ma ne ho quasi più paura io… perché non l’ho mai fatta:(
la scarlattina: in realtà i nostri bimbi fanno oggi la “scarlatinetta”, è fastidiosa (febbrone, mal di gola, ma senza prurito) … e quando le mani perdono la pelle come le lucertole fa un po’ impressione, ma il punto non è come l’ho vista io, ma come l’ha percepita mia figlia e da suo punto di vista, meglio la DA. Anzi, ora la DA è a riposo, ma c’è la disidrosi, altra menata, per mia figlia, peggio della DA, vedi un po’ tu… se si vendessero a peso, potrei aprirle un conto in banca… 😉
A presto
@monica mimangiolallergia. La scarlattina credo di non averla avuta, oppure in forma lieve. È davvero terribile? Ad ogni modo passa, no? 😉 La dermatite un po´ meno! 🙁 Una delle cose che mi ha più devastato è stata la varicella in pieno luglio a sette anni, mi sono trasformata in un mostro auto-grattuggiante (rendo l´idea? 🙂 ). Ne ho ancora ricordi vivissimi. Mia mamma per cercare di consolarmi mi diceva che rispetto alla dermatite è peggio l´asma, di cui era affetta la mia amichetta. Io questo non riuscivo comunque ad accettarlo e le dicevo che l´asma non si vedeva, gli sfoghi sulla pelle sì! Se vuoi contattarmi in privato, le amministratrici del sito hanno la mia e-mail. Puoi scrivermi. Io invece vorrei mettermi in contatto con quegli adulti che menzioni tu, hanno ancora la dermatite o l´hanno “sconfitta”?
Grazie
@monica hai perfettamente ragione. Certo in caso di pluriallergie con sintomatologia grave mi farei 2049104 problemi… ma TopaGigia ha un’amica con dermatite atopica, e nel periodo delle prove ha chiesto semplicemente alla madre “cosa posso darle?” e abbiamo fatto il petto di pollo ai ferri. Insomma a volte è più facile chiedere cosa si possa dare che cosa NON si possa dare…
Prima di tutto grazie:)
E poi, i vostri feed back sono tasselli preziosi di un puzzle piuttosto grande, nel senso che non esiste un bambino allergico, ma tanti con diverse allergie, di diverso grado di severità, che vive in contesti famigliari e sociali diversi, questo per spiegare ciò che a volte sembra incomprensibile agli occhi dei genitori di bimbi non allergici (non uso appositamente la parola “normali”, perché non sarebbe appropriata).
Barbara e Supermambanana (non ti conosco e vorrei tanto sapere cosa ti ha ispirato questo nomignolo mOlto simpatico), sono le mamme che io incontro tutti i giorni, mentre la sottoscritta si comporta più come un camaleonte, nel senso che tutto dipende dal genitore che ho davanti, dalla confidenza che ho o non ho, dalla conoscenza che ho delle loro abitudini a casa, dall’età di mia figlia, dalla circostanza per cui è richiesta la preparazione del pranzo o merenda…
Ricordo un giorno una mamma, partita in gran carriera, che voleva a tutti costi preparare una torta, senza però aver mai letto le etichette con gli stessi occhi miei, quindi con la migliore disposizione d’animo, ha cominciato ad interrogarmi, poi mi ha detto “ok vado al supermercato e ti telefono”, poi… mi ha telefonato e … ha desistito e mi ha ringraziata e si è scusata per non aver accettato subito la mia spontanea offerta di dare a nostra la figlia la merenda per quel giorno, perché quando si tratta di pluriallergie, non è facile … oggi Alice va a casa di amichetti, i cui genitori sanno e nel dubbio mi chiamano, perché una cosa è se il rischio è rossore attorno alla bocca, un altro è l’edema della glottide o peggio, e io non voglio che mia figlia pensi di potersi sentire sicura SOLO a casa sua, non so se mi sono spiegata…
Vi dirò di più, io stessa, madre di un’allergica, quando ricevo un altro bambino allergico o celiaco, penso, sbagliando forse, che l’altro dovrebbe fidarsi di me, perché ormai sono abbastanza navigata… e se su 10 9 mi danno carta bianca, potrebbe essercene uno che prima vuole rendersi conto di persona se può fidarsi o meno… e lì io non insisto, perché mi rendo conto… e allora faccio qualche domanda per capire la situazione e rimando la mia disponibilità, non c’è problema, anzi.
In ogni caso io apprezzo entrambi le mamme, sia quella che si adopera per… sia quella che preferisce non assumersi responsabilità, perché ognuno deve fare ciò che E’ NELLE SUE CORDE e farà sempre bene.
Grazie delle vostre riflessioni, sono molto utili.
@ Elena, sai cosa mi ha detto mia figlia un giorno? Mamma! Molto meglio avere la dermatite “atopica” che la scarlattina! 😉 mi piacerebbe rivolgerti qualche domandina… perché di adulti che hanno sofferto di crisi importanti da bambini ne ho conosciuti solo tre finora e ognuno con la sua storia…
@ el_gae, grazie e ora vengo a sbirciare il tuo…
Un blog di grande attualità ed utilità. Complimenti a Monica. Sempre brava Chiara a scovare certe chicche.
bellissimo pezzo, e bellissimo blog, che iniziero’ a seguire senz’altro.
@Barbara, mi ha fatto molto ridere il tuo commento “vogliamo fare bella figura e mandarlo a casa coi bottoni dei pantaloni che saltano” perche’ questo in realta’ puo’ essere vista come una “brutta figura” in altre culture, mi e’ capitato spesso di avere gente a casa con allergia, e se loro mi dicono non ti preoccupare mi porto io quello che mi serve in realta’ e’ per creare da subito un’atmosfera di relax, per la padrona di casa, per gli altri ospiti, e per l’allergico stesso, io sono molto contenta quando mi dicono cosi’, non voglio la responsabilita’ di dovermi mettere a preparare cose che magari faccio tutte per bene e poi all’ultimo momento rovino per un errore madornale, ne’ voglio mettere il mio ospite nelle condizioni di farmi un trattato di quello che dovrei sapere, e dare quindi a lui la responsabilita’ di ricordarsi tutto tutto tutto per non farmi fare madornali errori
Ciao a tutti, complimenti per l´articolo. Mi sento chiamata in causa: ho 28 anni e ho la dermatite atopica da quando avevo 2 mesi, causata da parecchie allergie, alimentari e non. Con questa “malattia” si sopravvive. Con diete e costante cura del corpo e della mente si riesce anche a raggiungere una qualità della vita decente, si riesce anche a viaggiare, mantenendo però sempre alto il livello di attenzione. Ne avrei di cose da scrivere sulla mia esperienza, però non saprei davvero da che parte cominciare. L´unica cosa di cui mi rammarico è non essere stata oggetto di studio di qualche allergologo, del come si è evoluta e “assopita” la malattia ora. Vorrei rispondere a Barbara, riguardo alla “setta”. Questo atteggiamento è una sorta di protezione e come dici bene tu, anche per non creare fastidi, ci si chiude e si evita di raccontare tutti i particolari, magari anche quelli cruenti (è abbastanza imbarazzante dire che “ti gratti a sangue”!). Ora forse sto assistendo a una sorta di apertura mentale dei non allergici verso le allergie. “Ai miei tempi” negli anni ´80 io ero davvero l´unica bambina, la mia pediatra e tutti gli esperti da cui siamo andati non sapevano bene come comportarsi o che cura prescrivermi. Molto spesso mi è stato risposto: “ma sì, ce n´è solo un pochino” (di nocciole, di sedano, ect.), “ma sí, cosa vuoi che le succeda”. È stato tutto molto frustrante! Comunque quello che volevo dire è che se ne può uscire bene e che ora da adulta, parlando con gente che non conosco, non si accorgono che ho la dermatite! In bocca al lupo a tutti i bambini allergici e ai loro genitori.
Da persona non allergica e senza allergie alimentari in famiglia, trovo che purtroppo a volte gli allergici si comportano come le minoranze religiose: per paura di creare fastidi non ti spiegano esattamente cosa possono e non possono mangiare, senza rendersi conto che in questo modo sono loro per primi a metterti in difficoltà nell’averli ospiti. Perchè nella nostra cultura l’ospite è sacro, specialmente a tavola, e vogliamo fare bella figura e mandarlo a casa coi bottoni dei pantaloni che saltano. Una delle cose più brutte che mi è successa ad una festa è stata la mamma che mi ha detto “non ti preoccupare, alla merenda di mio figlio ci penso io” senza spiegarmi bene se avrei potuto preparare qualcosa di adatto. Io quel bambino volevo invitarlo, ospitarlo come gli altri…
Certo per certe allergie è più facile, al bambino ciliaco puoi comprare la crostata già pronta nel negozio specializzato, ma penso che ci sia pochissima informazione in giro e allora ben vengano blog come il tuo dove anche un genitore non abituato possa andare a cercare informazioni utili anche occasionalmente.