I voti a scuola

Serena ed io, tutte le volte che parliamo dell’argomento, non concordiamo mai sull’opportunità di dare voti ai bambini a scuola e continuiamo ad avere opinioni diverse. Molto dipende dal fatto che viviamo due realtà diverse: in Svezia l’idea di dare i voti a un bambino delle elementari è pura follia, qualcosa di medioevale, se non ho capito male. Ma del resto anche verifiche e compiti a casa sono tenuti ben lontani dalle prime classi.
Da noi è semplicemente la quotidianità: non abbiamo molte opportunità per chiederci se sono uno strumento valido o meno. Ci sono, si usano, i nostri bambini devono imparare a gestire questo metodo già dai primi giorni del loro ingresso nella scuola.

A me il voto numerico non dispiace. E’ semplice, comprensibile, intuitivo nel suo significato, chiaro. Ha di positivo che non si riferisce al bambino, ma al suo compito: non esprime un giudizio sulla persona, non dice “sei un bambino bravo e intelligente” oppure “sei scarso e imbranato”, parla semplicemente di quel singolo lavoro ed esprime la possibilità di miglioramento.
Il voto di per sè non dovrebbe creare ansie, competizione, sensazioni sgradevoli. E’ un dato di fatto, facilmente comprensibile, che introduce in modo semplice e immediato al concetto di valutazione.

Preferisco il voto numerico al così detto “giudizio”, che era stato introdotto qualche tempo fa nella scuola elementare e prima ancora nella scuola media, proprio per evitare l’ansia da prestazione che deriverebbe dal voto.
Già da un punto di vista linguistico, mi sembra che la parola “giudizio” sia più carica di significati ansiogeni, rispetto a “voto”: con un numero non ti giudico (e non giudico te), ma sistemo il tuo lavoro in una scala, una scala aperta, che puoi salire (o scendere) a seconda del tuo impegno.
I giudizi buono, ottimo, discreto, sufficiente, non erano altro che verbalizzazioni dei voti, con un difetto in più, però: essendo aggettivi, un bambino poteva sentirli come riferiti a se stesso. Io, come persona, posso essere ottimo o sufficiente e soffrire in quest ultimo caso, se non mi sento adeguato. Sicuramente è più difficile riferire un numero a un modo di essere: io non sono 6 o non sono 9, il mio compito è da 6 o da 9.
Insomma, se una valutazione ci deve essere, il voto è il metodo che a me sembra più neutro e scevro di retro-significati.

Ecco, sì… in teoria…
Poi, purtroppo, sul sistema della votazione scolastica, si innesta tutta una serie di distorsioni che non dipendono, secondo me, dall’inefficacia del mezzo, ma da quello che ci si riesce a costruire sopra.
Se fin dalla prima elementare si avvicinassero i bambini, da parte di tutti, insegnanti e genitori, al concetto di votazione con serenità, non credo che ci sarebbero grandi problemi: la scala da 4/5 (perchè dubito che alle elementari ci sia qualcuno disposto a scendere al di sotto!) a 10 è tutta percorribile e accessibile. Insomma una scala di possibilità, non una rincorsa.
Perchè invece spesso si innesca una competizione?
Perchè vedo genitori che si informano, appena all’uscita di scuola, sui voti presi dai figli e, peggio ancora, sui voti presi dagli altri compagni di scuola?
Perchè promettiamo regali e vantaggio “in cambio” di un buon voto a scuola o minacciamo punizioni per un voto negativo?
Perchè ancora molti insegnanti usano l’arma del “brutto voto” per ottenere attenzione e partecipazione?
E, di conseguenza, perchè troppo spesso i bambini imparano a vedere i voti come un punteggio in una gara?

Se il voto assumesse il suo solo significato di valutazione di un lavoro, non ci sarebbe bisogno di premiare per un voto buono o di arrabbiarsi per un voto negativo: sono solo uno strumento che serve a capire cosa è andato bene e cosa non è andato. Il voto positivo, significa semplicemente: bene, andiamo avanti. Quello negativo, vuol dire soltanto: stop, qui c’è da lavorare.
A questo punto il voto dovrebbe smettere di essere un motivo di ansia e uno strumento di competizione (tra bambini, ma, purtroppo, soprattutto tra adulti!) e dovrebbe ricollocarsi nella sua semplice funzione di mezzo per comunicare.

I vostri figli come vivono i voti presi a scuola? Sentono il peso del brutto voto? Sentono l’ansia da competizione con i compagni di classe?
Uno di questi giorni, poi, ci faremo raccontare da Serena come funziona in Svezia e perchè da loro li considerano un pessimo metodo di valutazione!

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25 thoughts on “I voti a scuola”

  1. Io credo che tutti i metodi siano validi, purché usati con intelligenza. In fondo qualsiasi metodo esprime un giudizio, l’importante è che si faccia capire al bambino che non serve per punirlo ma per cercare di migliorare, o per esprimere soddisfazione per un compito ben fatto e questo a prescindere dal vero risultato ottenuto ma premiando soprattutto l’impegno messo nel lavoro.
    Naturalmente concordo nel condannare i genitori che chiedono sempre notizie dei voti e non si accontentano mai. Io ho avuto un padre che, quando tornavo a casa con un 9 mi chiedeva: “C’è nessuno che ha preso 10?” Questo mi ha sempre fatto sentire inadeguata

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  2. Questo piccolo angolo è un respiro a pieni polmoni per me. Quest’anno ho dovuto confrontarmi con i voti/giudizi/note che la maestra di mio figlio, prima elementare, elargisce con piacere sconfinato, come se i suoi fossero concetti insindacabili. E fioccano i: non hai lavorato bene. Hai fatto un pasticcio (magari perchè non ha ben rispettato il rigo), lavoro incompleto. Hai giocato tutta la mattina e non hai finito il compito… E via discorrendo. Poi ci sono anche gli ottimo, eccellente… bravo… ma davvero, che pena aprire quei quadernoni e trovare quelle note, fin dai primissimi giorni di scuola.
    E’ penalizzante, demoralizzante e non spinge affatto mio figlio a fare di meglio. Al contrario, se al primo sgambetto cade, non ha piano piano più la voglia di rialzarsi. Tanto prima o poi la nota arriva terribile lo stesso. Eppure io vedo il suo impegno. A casa fa i compiti da solo, è preciso, ordinato. Soltanto lento… quello si… E forse queste brutte note non lo aiutano a capire come migliorarsi, perchè non hanno davvero nulla di costruttivo.
    Come sto cercando di comportarmi? Come dovrebbe fare la maestra. Spronandolo a fare meglio per sè stesso, per imparare il suo metodo e concentrarsi meglio.
    Mi ha fatto bene leggere questo post.

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  3. Mio figlio maggiore è in seconda elementare e devo dire che al momento di voti numerici se ne parla poco, fioccano più i “bravo” “bravissimo” “o.k.” e così via…
    Di certo c’è stata l’occasione per lui di confrontarsi con giudizi negativi se un compito non era stato finito o capito, ma per il resto l’atmosfera generale è ancora molto ovattata.
    E, io direi che mi trovo d’accordo con questo metodo.
    Sarà che in fondo sono un’anarchica anch’io, ma non riesco a conformarmi all’idea che un bambino (specialmente alle elementari) debba essere giudicato in base alle sue competenze. Seppur lo trovi necessario per i docenti per identificare e aiutare il bambino laddove ci sia una carenza, non credo che il voto abbia alcuna utilità per il bambino. Anzi, credo che sia un errore condividerlo con lui.

    Questo perchè penso che ogni bambino sia diverso, unico e che abbia diversi tempi di apprendimento rispetto ad un altro. Soprattutto credo che non esista una linea retta che cominci da “inizio” e si concluda con “risultato” quando si parla di pedagogia.
    Il processo di apprendimento non è lineare, ed è diverso da bambino a bambino.
    Auspicherei invece che ci fossero da parte di molti insegnanti, la volontà, il tempo e gli strumenti affinchè essi possano lavorare con serenità rispettando le peculiarità di ogni alunno.
    E lo dico avendo bene in mente che nella scuola pubblica di mio figlio gli insegnanti in pensione non vengono più rimpiazzati per mancanza di fondi, non esiste più compresenza tra le maestre in classe e anche all’insegnante di sostegno sono state dimezzate le ore di lavoro! Alla faccia del maestro unico…oro colato se hanno la stessa maestra per 2 ore di seguito…

    Quindi fantascienza, parole al vento…però…quello che credo è che un numero e un giudizio, siano concetti estranei ad un bambino delle elementari e invece sono spesso usati, in questo sistema scolastico bacato in partenza, per incasellare da subito una personalità in rigidi schemi di comodo.
    Non mi sento in sintonia con tutto questo parlare di “adattarsi subito alla vita” ecc. ecc. attraverso la competizione con gli altri e il voto.
    Certo, so bene che il mondo del lavoro si fonda su queste regole e sapersi districare in esso, pur ripettando la propria natura, è un “in più” molto importante, ma non penso che si debba per forza applicare sin da subito.
    E’ meglio secondo me che un bambino riesca a conoscersi attraverso le scoperte e le esperienze personali, che attraverso un’etichetta appiccicata addosso, anche in buona fede, anche con le migliori intenzioni possibili da parte degli insegnanti che si barcamenano tra una supplenza di qua, un tappabuchi di là e via dicendo.

    Sono sicura, che a tempo debito, il bambino “non valutato” saprà confrontarsi con gli altri in maniera autentica e con un sano gusto della competizione, ovvero della sfida sentita per prima con se stessi.

    Troppo aleatoria? Sicuramente si. 😉

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  4. niente. dovevo veramente nascere in svezia. annò, nel mio blog ho appena detto che dovevo nascere a cuba.

    Io sono un po’ anarchica, e piuttosto contraria ai voti. Meno contraria ai compiti, perché in effetti nella vita si rivela utile imparare in autonomia: un buon metodo è forse la risorsa più preziosa che la scuola ti può insegnare.
    Io a scuola, mi sentivo “i miei voti”. Alle elementari ero un “ottimo”, alle medie un “buono”, alle superiori un 7, all’università un 29. E questo perché (all’università no, in effetti: eravamo troppi) gli insegnanti stimavano chi andava bene a scuola. Un bambino bravissimo nello sport e media del 6 a scuola era considerato un “sufficiente” da maestre, compagni e forse persino dai genitori. Davvero una scuola di vita, visto che da adulto vali in base al reddito e al “successo”.

    Insomma, un minimo di feedback sì, i voti anche no.

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  5. Ovviamente parlo per me stessa, ma nella mia classe riportare un compito significa investire due ore. Per dare ai ragazzi il tempo di guardarlo, di cercare gli errori, di controllare se ho sbagliato io qualcosa, e poi per rifare il compito tutti insieme soffermandoci sugli errori commessi e sul perchè sono stati commessi. Se posso, cerco anche di discutere con loro personalmente il livello del compito rispetto al loro livello abituale. Più di una volta mi sono soffermata a elogiare un 6 trascurando completamente i 9 “abituali”. E comunque nel diario del professore c’è uno schema da riempire (a ogni compito o alla fine del trimestre/quadrimestre/pentamestre) con un giudizio da dare nei vari aspetti: competenza, resa, comprensione, rapidità eccetera. Questi aspetti magari vengono discussi in dettaglio coi genitori negli incontri, ma io cerco sempre di parlarne direttamente anche con loro. Non sempre ci riesco, ma almeno ci provo. E comunque con la matematica è facile, di certo più facile che con l’italiano…

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  6. comunque io la cosa che contesto non e’ tanto il dare un feedback al bambino per l’attivita’ in se’ (poi come lo dai e dai non importa, con le faccine, col numero, col giudizio, sarebbe bello che ogni insegnante scegliesse quello suo proprio) ma il fatto che il voto finale formale del bambino sia direttamente riconducibile ad una “media” in qualche modo calcolata di questi voti sui vari task nell’anno. Cioe’, posso capire (e succede credo dappertutto) che un insegnante si codifichi il suo modo di dire al bambino questa cosa l’hai fatta bene, o potevi farla meglio, ma che poi (specie alle superiori ovviamente, non so come funziona la pagella finale per le elementari) l’alunno debba fare il conto di quante interrogazioni mancano per arrivare alla sufficienza in media matematica non mi piace.

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  7. Bello l’argomento. Se posso aggiungere qualcosa è che prima di stravolgere il sistema bisognerebbe che gli insegnanti lo assimilassero correttamente! Qui a lux hanno infatti introdotto il concetto di “competenze” l’anno scorso, stravolgendo completamente il sistema sia dei voti che dell’apprendimento… in pratica, gli insegnanti non devono limitarsi a giudicare se il tema è fatto bene o no, ma devono stabilire ogni volta quali erano gli obiettivi da raggiungere per quella verifica e giudicare se il bambino li ha raggiunti o no. Il voto è strutturato tipo pagellina per ogni verifica, con l’elenco delle competenze e l’indicazione, attraverso smiley e “+” o “-“…
    Il che sarebbe bene se le maestre per prime capissero come si fa, l’anno scorso che era il primo anno è stato un disastro…
    Adesso ci siamo tutti un po’ più abituati però non è semplicissimo, specialmente quando Invasato arriva e mi fa “mamma ho avuto un più più e un più meno in tedesco”…. per fortuna però alla fine la maestra riassume il voto globale con questi smiley: faccina sorridente + corona= ottimo, faccina sorridente= buono faccina neutra= sufficiente, faccina triste=insufficiente…
    Bisognerà vedere alla fine dei conti (ovvero all’esame di sesta) cosa vorrà dire tutto questo….
    Comunque, resta che la competizione tra i bambini c’è sempre, anche quando, come da noi, i genitori non spingono i figli ad essere sempre meglio degli altri. E nelle famiglie in cui si ritiene che i voti debbano sempre essere ottimi, resta la pressione sui figli per avere non più un 10 ma una faccina sorridente con la corona.

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  8. Silvia,

    io non ho ancora un figlio che va a scuola, però…

    “la maggior parte degli insegnanti sanno fare buon uso dei voti” mi sembra poco in sintonia con “in prima elementare: i maestri sembrano terrorizzati dall’idea di sfiduciare i bambini e si producono in una serie di 10 mirabolanti per mesi. Poi piano piano, iniziano a tirare il freno e al primo 9 molti bambini si buttano giù”

    se il giudizio è un numero, secco, allora difficilmente può riassumere un giudizio articolato che va a vedere le diverse competenze e il percorso del bambino, diverso invece il discorso se il giudizio è appunto articolato e descrittivo, e non necessariamente scritto…

    comunque io i giudizi molto lunghi non ricordo di averli avuti neanche da liceale.

    non volevo affatto suggerire invece che i creativi debbano essere delle capre in grammatica, ci mancherebbe, però… beh mettiamola così, anche i bravi scrittori hanno un editor che li aiuta a sistemare un po’i testi, ma non credo che uno possa aspirare a diventare uno scrittore solo perchè scrive in modo molto corretto…

    Letizia

    P.S.

    chiamatemi Letizia please, o Bilingue per Gioco se volete essere formali, ma Bilingue….

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  9. Bilingue, ad onore della maggior parte degli insegnanti, però, va detto che quasi mai il voto viene dato così nudo e crudo. Scrivere un lungo giudizio in fondo a un tema ad un bambino di terza elementare, come faresti per un liceale, è del tutto fuori luogo, secondo me. I maestri spiegano sempre (spesso?) cosa deve essere migliorato, cosa va bene e cosa va meno bene in un compito.
    Proprio perchè a voler essere bravi non c’è nulla di male, non credo che il sistema dei voti sia tanto sbagliato se aiuta a comprendere la scala entro la quale muovermi per migliorare i miei risultati.
    Se il bambino creativo scrive le sue storie creative in bella grafia e in modo grammaticalmente corretto, sarà molto meglio che scriverle in modo errato e sgrammaticato. Se il bambino che scrive storie “banali” (ma i bambini possono scrivere qualcosa di banale?) le scrive in modo corretto, ha diritto al riconoscimento del suo buon livello linguistico. Perchè associare sempre la creatività all’errore e alla sregolatezza? I grandi scrittori sono creativi, ma sanno anche scrivere nella loro lingua!
    Dove sta scritto che i voti non registrano la creatività? Semmai è questo l’errore: associare il voto numerico al riconoscimento di soli meriti formali.
    Da quello che vedo nella realtà scolastica, spesso non è affatto così e la maggior parte degli insegnanti sanno fare buon uso dei voti.

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  10. in UK ci allineiamo con Svezia e Olanda, non ci sono voti per niente… e a questo punto mi incuriosisce capire dove si usano i voti invece, oltre l’Italia (non e’ una domanda polemica, proprio per curiosita’) – qualche altra esperienza di expat nel commentario?

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  11. Io trovo poco realistico ipotizzare che i voti così strutturati possano essere scollegati da un giudizio sul bambino e da fenomeni di competizione, a me sembra semplicemente impossibile.

    Dall’altro lato, credo anche che un bambino debba essere consapevole delle proprie capacità e di dove e come dovrebbe impegnarsi per migliorare, perchè la scuola deve insegnare ai bambini a migliorarsi, a darsi degli obiettivi e raggiungerli, se no non serve a niente, non ti prepara alla vita.

    Quindi, a mio parere il voto numerico, come il giudizio, è inutile e obsoleto, il che non significa che non sia necessario fare delle valutazioni. E’che la visione, gli obiettivi e le modalità della valutazione devono cambiare.

    La valutazione deve permettere al bambino di valutare le proprie competenze, darsi degli obiettivi e capire come sta procedendo verso quegli obiettivi. Per dire, ad un bambino non serve avere sempre 10 in matematica, se ha sempre 10 in matematica vuol dire che non è sufficientemente stimolato, se è il più bravo della classe in matematica dovrebbe avere stimoli più elevati ed essere comunque motivato a raggiungerli. Ad un bambino non serve nemmeno sapere che ha sempre 5, ma gli serve sapere se sta migliorando rispetto al mese scorso, e come accellerare questo miglioramento.

    La valutazione deve essere multidimensionale, un numero non riassume le competenze del bambino. Ha scritto un tema… E’ creativo? è grammaticalmente corretto? E’ stilisticamente elegante? E’ troppo lungo? E’ troppo corto? E’ poco approfondito? La grafia è illeggibile? Le valutazioni dovrebbero aiutare il bambino a capire COSA va migliorato, non semplicemente dirgli se è sopra o sotto la media della sua classe.

    E infine, è così sbagliato voler essere bravi? Non credo, è normale, è una spinta naturale a dare il meglio di sè.

    Il problema è quando sembra che qualcuno sia sempre bravo in tutto e qualcuno in niente, la realtà è che ogni bambino eccelle in cose diverse, solo che i voti non le registrano tutte, registrano solo alcune componenti, e magari il bambino più creativo non saprà mai di essere molto migliore di quello che scrive banalità, ma grammaticalmente corrette e in bella calligrafia.

    Concludo dicendo anche che è necessario, sempre a mio parere, che ogni bambino venga sempre stimolato a dare di più, a migliorarsi, e questo senza una qualche forma di valutazione non credo si possa ottenere. Mi interesserebbe infatti sapere come la scuola svedese gestisce questo aspetto.

    Letizia

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  12. Sono d’accordo con l’esprimere orgoglio per un bel voto, meno con i premi per i bei voti. Un bel “bravo, hai fatto un ottimo lavoro”, mi sembra il premio migliore che un genitore possa offrire.
    Daniela, sai che anche io sono perplessa su questa pioggia di 10, soprattutto in prima elementare: i maestri sembrano terrorizzati dall’idea di sfiduciare i bambini e si producono in una serie di 10 mirabolanti per mesi. Poi piano piano, iniziano a tirare il freno e al primo 9 molti bambini si buttano giù! Per un 9??? Ma scherziamo?
    Forse andrebbero usati non da subito, ma almeno gradandoli fin dalla loro introduzione, se no si fa passare il concetto che solo 10 è bello e buono.

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  13. tutte le cose possono essere buone o cattive, dipende da come le si usa. Concordo sul fatto che preferisco i voti ai giudizi: un “insufficiente” non pesa meno di un 5, anzi, il 5 è un numero, freddo, distaccato, il compito è da recuperare, finito, insufficiente è una parola che, come tale, può avere molte associazioni, posso sentirmi insufficiente anch’io, non basta, ma cosa, lo studio, l’impegno, la mia capacità? insomma, ha più sfaccettature. E’ anche vero che a un bambino di prima elementare tutte queste cose non passano nemmeno per la testa, sono molto più semplici di noi, ma con noi crescono e quindi prima o poi gliele passiamo.

    I voti però possono creare competizione, assolutamente. Io cerco di evitare il più possibile, le mie prime domande sono “tutto bene?” o “cos’hai imparato di bello oggi?”, insomma, cosa le è piaciuto, cosa no, con che bimbe ha giocato. Poi si passa ai voti, sono importanti, ma non troppo, e non sopporto il confronto con gli altri, voglio che lei si impegni, per sé stessa (sempre e solo, non soprattutto), poi quel che viene viene, non m’importa quanto è, m’importa quanto le ha lasciato.

    Ma andatelo a spiegare alla mia seienne ansiosa, da noi i voti piovono ogni giorno, sono in prima e quindi sono generosi, 10, 10 e ancora 10, ogni giorno, anche più al giorno. Dopo decine di 10, è arrivato un 9 e 1/2. Apriti cielo. E spiegaglielo che è un bel voto, che io sono orgogliosa, che lei si è impegnata e allora basta, fosse anche solo un 6, che andando avanti i 10 diventeranno sempre meno. Niente.

    insomma, dipende anche molto da come la vive il bambino. Molti per fortuna non danno peso ai numeri (finché non capiscono che se sono troppo bassi sono guai 🙂 ), alcuni invece ne danno troppa. Moltissimo dipende da come la vivono i genitori, se un 10 porta feste e un 8 porta “ma perché non hai fatto così? Potevi prendere di più” allora il voto fa male. Se ci sono i confronti in classe anche.

    Ecco, a me non dispiacciono i voti, e l’abitudine delle maestre da noi di affiancarli a faccine sorridenti, o stelline, o cose così. Odio invece che si usino caramelle “per il più bravo”. con il doppio risultato diseducativo (alimentare e competitivo). Comunque da noi usano il doppio metodo: giudizio per i lavoretti a casa e in classe, voto per verifiche (poesie recitate a memoria, verifiche del lavoro fatto, ecc).

    Comunque, il peso dei voti mia figlia lo sente si. Vuole essere la più veloce e la più brava. Questa cosa mi dispiace moltissimo, e a casa sto cercando di stare su quel filo sottile che è l’equilibrio tra il dare ai voti troppo peso e il darne troppo poco (insomma, se ti impegni un 10 qualche complimento lo merita, ma se ti faccio i complimenti, poi come te lo spiego che non è così importante senza sminuirlo?). A scuola purtroppo non è così, anche se non c’è una forte competizione.

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  14. Come mamma sono ancora lontana da questi problemi, ma ringrazierò sempre i miei genitori per avermi guidata alla considerazione del voto in modo secondo me esemplare. Un aspetto particolare dell’educazione che ho ricevuto è che il voto era una cosa MIA, si arrabbiavano se prendevo un 5 in una materia in cui andavo bene e festeggiavamo insieme un 6 stiracchiato in latino, INDIPENDENTEMENTE da tutto il resto. Poi il primo confronto era fatto su QUANTO avevo preparato il compito o l’interrogazione, e poi sul COME. Solo se tutte queste fasi non spiegavano il voto, mi chiedevano come fosse andato agli altri. E io non rispondevo quasi mai, perchè per abitudine neanche chiedevo.
    Da insegnante di scuola media cerco sempre di far vedere il voto di un’interrogazione solo all’interrogato, e prima di riconsegnare compiti scritti ricordo sempre ai ragazzi che hanno il diritto di tenersi il loro voto per sè. Se devo discutere apertamente degli errori comuni, chiedo il permesso ai ragazzi prima di rendere noto a tutti il loro voto o il loro errore.
    Comunque anche a me il voto numerico piace, per tutti i motivi che dice Silvia e anche perchè sinceramente è facile da mettere oltre che da capire. Per le elementari non so, ma penso che se spiegato bene non sia traumatico per i bambini. Penso anche che la nostra scuola debba recuperare un pò il suo aspetto formativo culturale, e in questo le valutazioni del lavoro fatto aiutano sicuramente.

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  15. Noi ci allineiamo agli svedesi, ma alla scuola Dalton dei miei figli la scheda di pianificazione del lavoro ha le icone delle facci (tristem neutra allegra) con cui bambino e insegnante esprimono un giudizio sul lavoro, spesso più su come l’ hai fatto che su quello che hai fatto. Cos`^ci siamo accorti che Ennio tendeva a giudicarsi molto pi¨`severamente dell’ insegnante e ne abiamo parlato, che a me l’ ansia da prestazione in un bambino mette l'[ ansia.

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