Il post sui diritti dei nonni è stato uno dei più letti su genitoricrescono. Ci sono stati momenti in cui Analytics lo attestava come il post più letto in assoluto. Questo mi ha fatto pensare.
Un motivo potrebbe essere che, sul web, è un argomento sul quale si trova relativamente poco, rispetto al tantissimo materiale che c’è sul diritto di frequentazione dei genitori separati o su altre questioni di diritto di famiglia. Ma probabilmente questo interesse è dovuto al fatto che si è intensificata la conflittualità familiare sulla frequentazione tra nonni e nipoti. Quali potrebbero essere i motivi?
In generale la conflittualità familiare si è acuita. Così come è diventato sempre più socialmente accettabile che un matrimonio possa finire, è diventato accettabile che una persona voglia interrompere i rapporti con la propria famiglia d’origine. La normalità della separazione come fine del vincolo familiare tra coniugi (anche se solo il divorzio stabilisce la fine del vincolo giuridico, ma sappiamo bene che la seprazione non è certo uno stato transitorio), ha reso normale, plausibile, concepibile “divorziare” anche dalla famiglia di provenienza, quindi dai propri genitori.
Non che questa sia una novità, ovviamente: da che mondo e mondo ci sono persone che rompono i rapporti con la famiglia. La vera novità è che questo tipo di comportamenti iniziano a trovare una collocazione precisa nel diritto.
Come dicevo nel precedente articolo sull’argomento, l’articolo 155 del codice civile è stato riformulato inserendo questo principio: “anche in caso di separazione dei genitori il figlio minore ha il diritto [omissis] di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”
La norma, dunque, è nata per regolare i rapporti tra nonni (ma anche zii e cugini) in caso di separazione dei genitori. E’ evidente che questo è il caso di maggior applicazione: una coppia si separa; i bambini, pur se affidati congiuntamente, vengono collocati con un genitore e può accadere che, se c’è una crisi nei rapporti o una violazione del diritto di visita, si interrompano i rapporti dei bambini con nonni e parenti dalla parte del genitore non collocatario. Ancora più frequente il verificarsi di queste situazioni in caso di affidamento esclusivo ad un solo genitore (ipotesi oggi lasciata ai soli casi di “patologia” del rapporto o di estreme difficoltà per l’esercizio dell’affidamento).
In questo ambito, fa parte dei doveri del genitore collocatario o affidatario consentire, o comunque non ostacolare, un rapporto tra i bambini e la famiglia dell’altro genitore.
La violazione di questo dovere, come già dicevo nell’altro post, non è azionabile direttamente dai nonni se non come cattivo esercizio della potestà genitoriale sui minori e, quindi, ricade nell’ambito delle competenze del Tribunale per i Minorenni. Ovviamente ricade anche nella competenza del Tribunale Ordinario, in sede di separazione, porre delle condizioni e delle regole specifiche per favorire questo rapporto fin dall’inizio, prima che si verifichino i fatti che lo ostacolano. Quindi sarebbero sempre auspicabili regole certe (magari concordate tra i genitori, se si agisce consensualmente) fin dal momento della separazione, non soltanto sulle modalità di visita, frequentazione e permanenza del genitore non collocatario, ma anche sulla frequentazione della sua famiglia.
Fin qui c’è uno strumento normativo: piuttosto generico (ma è giusto che sia così: nell’ambito dei rapporti umani le norme non possono essere specifiche, in modo che possano adattarsi alla situazione di fatto e siano interpretabili in concreto dal Giudice), ma esiste.
Il vero problema nasce nei casi in cui si interrompe la frequentazione con i nonni in assenza di separazione tra i genitori. Quando semplicemente un genitore interrompe i rapporti con la famiglia di origine. La vera differenza rispetto al passato è che stanno aumentando in modo significativo nei Tribunale per i Minorenni i ricorsi dei nonni per ripristinare o iniziare il rapporto con i nipoti.
In realtà non esiste un diritto azionabile in tal senso: i nonni non hanno un diritto proprio a vedere i nipoti. I ricorsi vengono normalmente presentati ai sensi dell’art. 333 c.c., relativo all’accertamento di condotte del genitore pregiudizievoli per i figli.
Nel momento in cui si dimostra che non vi è alcun pregiudizio per i bambini nel non frequentare i nonni, la questione finisce lì. La norma specifica sulla conservazione dei rapporti con la famiglia dei genitori, come abbiamo detto, è posta solo nel caso della separazione. Per applicarla al di fuori bisogna ricorrere ad un ragionamento giuridico detto “analogia”: applicazione di una norma ad un caso diverso da quello per il quale è stata posta, ma simile. Questo può accadere solo quando una norma pone un principio che può ritenersi sufficientemente generale da consentire l’analogia.
Sicuramente, in questo caso, è proprio così: il favore per i rapporti familiari è un principio che può estendersi anche al di là della separazione personale dei coniugi.
Però, dato che si può agire giudizialmente solo quando questa violazione costituisce addirittura una condotta del genitore pregiudizievole al figlio, tale da rendere in qualche modo viziato l’esercizio della sua potestà genitoriale, il fatto deve presentare una certa gravità.
Insomma, un tribunale prenderà in considerazione un ricorso di nonni ai quali viene sistematicamente e totalmente vietato il contatto con i nipoti. Ed anche in questo caso, si dovrà poi verificare che, questa mancanza di rapporto, crei pregiudizio ai bambini.
E’ impossibile ricorre ad un Tribunale per ottenere un diritto di visita con i nipoti più ampio o diverso da quello che viene proposto o concesso dai genitori.
Per intenderci: se i genitori non vogliono far rimanere i nipoti da soli con i nonni e vogliono essere presenti alle visite, o vogliono farle durare poco, possono farlo. Rientra nel loro ruolo: a loro spettano le decisioni sui figli.
Se umanamente, in alcuni casi, può essere scorretto, sgradevole e penoso, non è il diritto che può intervenire.
Assisto continuamente ad una richiesta crescente di portare le proprie aspettative (prescindendo se legittime o meno e da che punto di vista) davanti ai tribunali. Se da una parte si sta facendo uno sforzo enorme per far passare un istituto giuridico nuovo come la mediazione, per sostituirlo al giudizio (ma quanti lo sanno che in italia è in corso quella che poteva essere una rivoluzione e che forse non lo sarà?), dall’altra le persone vogliono sempre più che sia un Giudice a sopperire alla loro mancanza di dialogo e di comunicazione. Non tutto è assoggettabile alla giurisdizione, non tutto è risolvibile nei tribunali. Le soluzioni dei tribunali, poi, sono imposte e nei rapporti umani è difficilissimo gestire l’imposizione: non fa che aumentare le tensioni e la conflittualità e genera da sola rinnovato conflitto.
C’è poi un principio da accettare: nel bene e nel male, per i figli decidono i genitori. Le violazioni gravi alla salute, all’integrità, alla morale e all’equilibrio psichico dei bambini devono sempre essere perseguite in modo deciso. Poi c’è tutto un vasto universo di rapporti umani che non sono sempre perfetti: sono costruiti sui rancori, sulle ritorsioni, sulle esperienze passate, sulle sofferenze, sugli equilibri personali precari, in una parola sulla storia delle persone. Ma non tutto è diritto. E prima del diritto c’è sempre il dialogo. E se il dialogo non funziona, bisognerebbe pensare ai cento modi diversi di dialogare e sperimentarli tutti.
ciao, intervengo per descrivere in breve la mia intricatissima situazione… mia moglie purtroppo nel corso degli anni ha maturato nei confronti di mia madre un odio e un rancore sempre più grandi, dovuti a tanti piccoli episodi e incomprensioni che io ho sempre ritenuto “fisiologici” o comunque non troppo gravi… fatto sta che ora che è nato un meraviglioso bambino, praticamente non viene concesso alla nonna di vedere il nipotino, nonostante i miei innumerevoli tentativi… mi rendo conto che per raccontare la storia x intero ci vorrebbe un romanzo, volevo solo chiedere come poter uscire da una situazione che in certi momenti assume risvolti paradossali… io e mia moglie andiamo d’accordo su tutto, ma il nostro rapporto rischia più volte di incrinarsi per questo “embargo” del bambino nei confronti della nonna…. innumerevoli tentativi di ragionare e dialogare come consigliavate voi vanno immancabilmente a vuoto… come uscirne?
Scusate………..le parole sono facili a dirsi,il problema vero è affrontare le varie problematiche nei vari paesi di origine,confrontarle con le varie mentalità,ambienti in cui si è cresciuti(ammesso che sia successo)…l’educazione ricevuta…sapere con chi si stà discutendo della questione…ecc…la lista penso sia lunga…
Nel mio caso specifico al momento vengo da tre anni di separazione di fatto,ma solo sei mesi di separazione giudiziale,il mio ex non si è presentato a due consensuali,avviando invece una giudiziale per colpa a mio carico perchè sono stata io a lasciarlo dopo dieci anni di matrimonio,”ma non perchè avessi un’altra storia ” ero semplicemente stanca di dover portare io il più del carico di un matrimonio e tre figli,lui”diciamo che lavorava solo”….ma effettivamente era più il tempo che perdeva,ma poi mancava proprio tutto quello che dovrebbe essere parte integrante di un matrimonio……
ma la cosa più bella è che lui è tornato a casa e vive con una zia non sposata…ed io accudisco i miei tre figli da sola,lui se n’è completamente lavato le mani dei figli con le più diverse scusanti… fatto stà che alla fine vengo additata io di tutti quelli che sono i suoi insuccessi e con la famiglia e con i figli,alla fine la sua famiglia non si è mai preoccupata anche nei precedenti 10 anni di matrimonio dei miei figli e oggi vengono sbraitando che io gli impedisco di vedere i nipoti..da precisare che non ho mai chiuso la porta in faccia a nessuno ho sempre detto a tutti che la porta era aperta a chiunque sarebbe voluto venire,bastava avvisare.Mi ritrovo invece in tutto questo ad essere accusata che io ho impedito di frequentare la sua famiglia????????????no non ci stò……….semplicemente nessuno di loro si è mai preoccupato di come stanno i miei figli,salvo in alcuni momenti che hanno fatto le parate pubbliche presentandosi in massa come famiglia nonna zii nipoti e affini in un luogo pubblico che frequento facendo credere a tutti che ero io ad impedire gli incontri,quando in realtà a loro dei miei figli non importa nulla…per questo in conclusione prego che venga tenuto conto di tutti questi fattori quanto meno per dare un giudizio più equo nelle varie cause perchè anche se tutte hanno in comune una cosa ma ci sono tante cose che sono diverse..
Buona giornata.
Vi pongo un quesito:
nel caso in cui un nonno sia stato volutamente assente da qualsivoglia rapporto familiare sin dalla nascita del nipote (ergo non ha mai avuto alcuna frequentazione con il minore) ed improvvisamente pretende di instaurare un rapporto con lo stesso, in questo caso ci sarebbero i presupposti affinchè la giurisprudenza possa imporre la frequentazione del nonno al nipote?
Buongiorno,
E’ vero che i nonni non hanno diritti,ma come si può fare quando essendo molto vicini alla madre dei bambini si capisce che lei non è in grado di seguire i figli,cambia compagno continuamente sottomettendo i bambini,(per altro di padre diversi),a sopportare l’autorità del uomo di turno,che lei crede sia l’amore della sua vita…….
Ai diritti dei bambini chi ci pensa,io non sono la nonna sono la zia di questi bambini e con grande dolore penso che i bambini starebbero meno peggio con i rispettivi padri,piuttosto che con lei che dovrebbe protegerli e non è capace neanche di badare a se stessa?
Sono disperata,ho paura per i bambini e non so cosa fare.-(
Immagino di si…. magari varrà la pena di raggruppare le buone prassi, le narrazioni, le esperienze di chi vi è passato, magari Serena ha qualche suggerimento di quanto succede nei paesi nordici, che notoriamente dovrebbero essere più avanti…
Monica, sul tuo ultimo commento: mi sembra che siamo ad anni luce dalla consapevolezza che il divorzio deve riguardare solo la coppia… Il divorzio è spesso l’arena di tutte le battaglie del passato, anche quelle che non si erano combattute…
Barbara, in realtà, come spiegavo, i nonni non hanno affatto un diritto sancito in proprio e non è affatto detto che possano pretendere di vedere i nipoti contro il parere dei genitori dei bambini.
Ciò posto, in che senso i genitori possono pretendere qualcosa? Possono pretendere che i noni frequentino a tutti i costi i nipoti? Solo per un genitore esiste, oltre che un diritto di visita, anche un dovere di occuparsi dei figli. Per i nonni e per ogni altro parente non è previsto nulla di simile.
Scusate, domanda un pò scema e un pò provocatoria: i nonni hanno un diritto sancito. Ma hanno anche doveri? Cioè, possono pretendere di vedere i nipoti anche se non vanno d’accordo con i propri figli (con modalità decise caso per caso, che mi sembra anche giusto e logico), ma i genitori possono pretendere qualcosa?
beh .. noi abbiamo anche tentato anche il divorzio senza avvocato (non possibile nel ns tribunale di competenza) 😉
detto ciò , ossia aneddotica personale, forse va riformulata la fase di separazione (con fasi di consulenza, mediazione, assistenza alla famiglia in fase di separazione) e il giudizio resta solo una ratifica finale.
Quindi ci vorrebbe una fase predivorzio molto diversa, così come l’affido dei figli è stato pensato come condiviso, anche la famiglia allargata potrebbe venire pensata soggetto di diritti e doveri, e finalizzata a tutelare i minori e i legami con loro. Come a ribadire che il divorzio è “solo” qualcosa che deve riguardare lo stretto legame fra quell’uomo e quella donna, che restano famiglie e genitori e nonni …
ma per fare questo non dovremmo pensare che il mutamento debba avvenire anche nelle stesse famiglie che cominciano a diventare consapevoli e fare una pressione in questo senso? assieme ai servizi di mediazione e ad altri..
No, Monica, direi che l’argomento è questo ed il vostro esempio è decisamente costruttivo. In caso di divorzio è necessario passare per il tribunale.
Ma in caso di rapporti nonni/genitori/nipoti (a prescindere da una separazione, perchè spesso si tratta di “divorzio” tra genitori e nonni), dove comunque il tribunale potrà agire solo in modo limitato e circoscritto, non è forse il caso di evitare un eccessivo ricorso alla giustizia? Provare prima a ricostruire il tessuto familiare, magari con l’aiuto di altri professionisti, non sarebbe consigliabile?
p.s. come cambio quel gravatar cos’ arrabbiato??? 😉
Concordo assolutamente sulla questione iper-giustizializzazione (brutto termine anche questo, vero?) dei divorzi, ma è non a caso.
Va da se che il matrimonio si celebra in chiesa o in comune, ma la ratifica della sua fine avviene in tribunale, con avvocati e davanti ad un giudice e quindi il contesto (volenti o nolenti) finisce per prefigurare le aspettative. Se si va in tribunale ci si aspetta un qualcuno che determini bene e male, giusto o sbagliato, ragione e torto.
e quindii chiedo: come altro andrebbe riformato il divorzio per assumere una connotazione diversa?
Non so, ad esempio il (nostro) atto di separazione – mio e del mio ex- l’ha preparato, con noi, una assistente sociale di un consultorio; che ha prima proposto i margini di tutela della bimba e poi del coniuge più debole (cercando di analizzare con onestà chi era tra i due).
Ma questo ci ha orientato come genitori, e l’assistente sociale è stata molto seria e severa in questo senso, a guardare chi doveva essere tutelato in primis: la bimba.
Non so se questo esempio possa essere significativo, ma credo che questo modello sia stato almeno orientante per noi, che eravamo in fondo due adulti in preda alla fatica della separazione, magari anche un pò confusi…..
E se i genitori si orientano, perchè il contesto attorno li supporta, a vedere non tanto torti e ragioni, ma altre cose, forse tutto il contesto familiare ne risente … che ne dici? (o sono troppo off topic??)
Monica, io credo che avremmo davvero una gran necessità di far attecchire nel nostro dna nazionale il concetto di mediazione. E non solo nell’ambito dei rapporti familiari.
La “rivoluzione” della mediazione è lì, lì per essere estesa a molti ambiti del diritto civile, anche in modo obbligatorio. Ma, da una parte la mia stessa categoria fa resistenza, dall’altra la legge ha delle lacune che rischierebbero di far diventare la mediazione una duplicazione del giudizio. Ma questo è un tema tecnico.
Come dicevo nel post, però, io assisto alla tendenza contraria: la gente vuole che i tribunali rendano giustizia… praticamente su tutto. Ci si dimentica che, prima della giustizia viene la mediazione, quella naturale, quella del compromesso quotidiano, quella della gestione, anche faticosa, dei rapporti personali.
Grazie per questo spunto: i divorzi sciolgono le coppie, non devono sciogliere le famiglie. Nella pratica è difficilissimo, perchè le storie sono molte e varie: ma almeno provarci con un po’ più di convinzione?
E comunque, a prescindere dalla separazione dei genitori, i rapporti familiari andrebbero “de-giustizializzati” (che brutto termine che ho coniato!).
Inappuntabile post, Silvia.
Grazie per avere ricordato che in Italia si è voluto ribadire, in via legislativa, e dare spazio all’istituto della mediazione e dell’affido congiunto, che pure come giustamente sottolinea continua a portare con se una profonda ambivalenza culturale … infatti tu sottolinei.
“Se da una parte si sta facendo uno sforzo enorme per far passare un istituto giuridico nuovo come la mediazione, per sostituirlo al giudizio (ma quanti lo sanno che in italia è in corso quella che poteva essere una rivoluzione e che forse non lo sarà?), dall’altra le persone vogliono sempre più che sia un Giudice a sopperire alla loro mancanza di dialogo e di comunicazione.”
Io credo (spero, auspico) che questa rivoluzione abbia bisogno di altro tempo nel nostro Dna culturale e sociale, sebbene ne qui ed ora non se ne vedano gli esiti in modo così evidente.
Eppure il divorzio – in Italia – benchè si porti ancora dietro anche tutte le ambivalenze date dall’essere vissuto”in” un paese cattolico, così fortemente connotato in questo senso; resta un dato in crescita, dato anche dai numeri dei matrimoni che vengono annullati dalla Sacra Rota.
E sembrerebbe restare una acquiszione culturale oramai abbastanza accettata, forse quello che manca è l’elaborazione di questi 31 anni (e non sarebbe ora??).
Insomma i nuovi strumenti, messi in campo, indicano che il divorzio è la fine delle coppia e non della famiglia, quindi di un legame amoroso tra due adulti, ma che restano indissolubilmente vincolati a titolo genitoriale.
Si tratta di mostrare che questo è ciò che ci resta in mano dopo un divorzio.
Segnalerei anche che stanno crescendo gli interventi della mediazione familiare (e dei luoghi dove è proposta e accessibile), e anche della consulenza pedagogica rivolta ai genitori (genitori separati che chiedono di essere aiutati a non perdere la rotta educativa, pure da distanze diverse).
Mi sembra che questo indichi che che almeno nella compagine genitoriale qualche nuovo segnale c’è.
Ma se è possibile rimanere genitori, e qui mi riconnetto al tema, è opportuno anche ripensare al significato che possono avere tutte le altre relazioni familiari, che restano sempre risorsa affettiva e spesso anche economica ( nonni, zii).
Possiamo provare ad imparare da un cambiamento culturale in atto e provare a sostenere uno stile che lascia i figli al centro di una scena fatta di una molteplicità di legami che cambiano, pure restando importanti e supportivi.
Mi sembra che si possa provare ad imparare dalle esperienze in atto di buone separazioni/divorzi, che aiutano a comprendere che da un divorzio si può anche uscire più competenti come genitori, come famiglia, come rete familiare, come nonni, come zii .. capaci di affrontare un cambiamento così difficile senza uscirne massacrati e devastati/devastanti, senza uscire come da una guerra senza vincitori nè vinti, in cui si resta capaci di solo ontare una lunghissima serie di danni collaterali.
Monica