Già la conoscete, è la nostra Supermambanana: dai contr.appunti di madri, si sposta nella nuova rubrica GCInternational. La nostra inviata nel Regno Unito, inizia il suo nuovo percorso parlandoci della “questione femminile” dalle sue parti.
Mi sono trasferita in UK nel 1996. Quiz: vi ricordate chi era al top della classifica dei dischi in quell’anno? Suggerimento: “tell me what you want, what you really really want…”
Oh, yes. The Spice Girls. Wannabe. Girl Power cavolo, ci rendiamo conto?
Tutto questo come ultimo prodotto in ordine di tempo di un Paese con una tradizione femminista bicentenaria, la culla delle suffragette, la terra di Virginia Wolf, di Millicent Fawcett, colei che ha dato il nome a probabilmente la prima associazione femminista della storia nella seconda metà del 1800, e non voglio neanche cominciare a elencarle tutte, come dicevo all’inizio del mese, da quando sono qui l’8 Marzo ha davvero un sapore diverso, un sapore di memoria e di ringraziamento.
E insomma, come donna, e come madre, ho vissuto in prima persona che vuol dire vivere in un posto dove i sussidi ci sono e funzionano, fra sanità gratis e contributi mensili, al punto tale che se ti metti a fare un quattro-cinque figli e ti capita anche qualche problema di salute puoi non solo tirare a campare, ma fare una vita da riccone, con casa gigantesca, macchina sportiva, tutti i lussi e le comodità, e sanità gratis per te e per i tuoi, senza muovere un dito e a spese di her majesty (recenti casi hanno fatto scalpore, ma in effetti, sulla carta, nessuno di questi nababbi stava frodando lo Stato, tutti quei benefici erano legittimi e legali).
Dove il politically correct diventa ragione di vita.
Dove non ti puoi girare senza che una nuova iniziativa spunti per, ad esempio, supportare le donne che vogliono diventare imprenditrici, o politiche, o entrare nelle scienze o in IT (sempre un ambiente molto maschile).
Dove il governo precedente (sul corrente no comment) ha introdotto schemi per facilitare il rientro nel mondo del lavoro delle madri, con buoni per il nido gratis (e non “un” nido comunale, qualsiasi nido tu decida di usare, il buono lo scarichi come un buono-mensa).
Dove i padri che optano per il downshifting non devono essere pochi, visto che con la mia tutto sommato limitata esperienza con le due classi di scuola primaria dei boys ne conosco già due.
Dove i segni di parità sono tali che si cominciano a vedere anche aumenti di criminalità femminile – e lo so che vi parrà strano questo ragionamento, ma tanto per chiarire la mia posizione, io non credo in un mondo migliore perché femminile, non credo in un “mandiamo le donne al potere e vedrete come le cose si aggiustano”, se devo pensare ad un mondo ideale io penso ad un mondo dove posso in egual misura stramaledire un capo di stato, imprenditore, leader sindacale e via discorrendo uomo oppure donna, dove i cretini e le cretine hanno le stesse opportunità, insomma un mondo con uguale distribuzione di idiozia e arguzia, di onestà e malafede, fra i diversi sessi.
Ma, al solito, sto divagando.
Quello di cui volevo parlare era qualcosa di diverso, e cioè: in un posto che io mi auguro sia, no anzi sicuramente sarà, la finestra sul futuro dell’Italia, di cosa si preoccupano le donne? E come vivono queste preoccupazioni?
Diciamo che anche risolti i problemi piccoli, rimangono i problemi grossi.
Se sbandierare una subodorata attitudine sessista dietro un licenziamento funziona alla grande, diventa anzi un’arma quasi a colpo sicuro con i datori di lavoro, le donne continuano ad essere meno pagate degli uomini, a pari occupazione, e poco rappresentate in certi ambienti, primo fra tutti la politica.
Se la rappresentazione delle donne nei media principali (BBC, ITV, Channel 4, e tutti i canali di base larga e a consumo generale) la definirei impeccabile, sia per ruoli sia per trattamento sia per immagine (non vi sto a raccontare cosa devo dire ai miei boys quando in Italia mi chiedono i perché e i percome di certe immagini, non solo quelle ovvie tipo la signorina in mutandine nel quiz televisivo, ma anche cose cui forse siete abituati e non ci pensate, tipo gli spot anche senza nudi o violenze di un film non adatto ai bambini in orario pomeridiano), la violenza sulle donne è di là da essere eradicata.
Se andare in giro in minigonna non è più considerato motivo sufficiente per essere considerate “facili”, chiarimenti su cosa si possa qualificare come stupro sono ancora necessari, a giudicare dalle varie campagne in atto periodicamente.
Se ci sono dei risultati importanti raggiunti per la maggior parte delle donne, quando si scende nella granularità dell’immagine ci si rende conto ci sono ancora delle frange, tipicamente quelle di diverse etnie, che hanno ancora strada da percorrere.
Insomma, certo che la differenza con la situazione italiana ci sta e si vede, ma ci sono anche molte molte questioni che non si può dire siano risolte. E magari è normale, è una situazione in divenire, e infatti i comitati femministi, ma anche le associazioni genitoriali fanno parecchia lobby per tutti i temi qui sopra.
Tutto bene, dunque, la tabella di marcia funziona. O no?
Beh, un problema importante è che, mentre in Italia probabilmente (come voi mi confermate) basta accendere la televisione, o camminare per strada, o fare un giro fuori dalle scuole, per avere la percezione che ci sia tanto da fare, e ti viene da rimboccarti le maniche, qui… beh, no. Questo, paradossalmente, il problema maggiore. Questo ha causato un momento di stallo nella questione femminile.
Le ragazze ormai sanno che possono fare tutto ciò che vogliono, è assodato, un dato di fatto, e del resto i media specie negli anni 90 hanno riportato spesso le conquiste di donne in vari campi, il femminismo si può dire sia all’ordine del giorno nei media, non è “al di fuori” come accade in Italia.
Il girl power, appunto.
Eppure paradossalmente tutto questo ha contribuito a creare una sensazione di “missione compiuta”. Molte ragazze pensano, giustamente, di non dover dimostrare niente. E quindi non raccolgono le sfide. E quindi, tornano a preoccuparsi di quanto siano in forma e attraenti. La parola femminismo diventa quasi fastidiosa quindi. Non nel senso di parola che spaventa, che intimorisce chi pensa sia un veicolo per stravolgere lo stato delle cose, ma proprio nel senso di… cosa obsoleta, cosa inutile, a che serve il femminismo se abbiamo il girl power? Non solo, ma una volta che ci siamo rassicurate e pat pat sulla spalla che la missione è compiuta, ecco che possiamo recuperare certi atteggiamenti che, in passato potevano esser considerati sessisti, ma ora, vivaddio, ora non è possibile cadere in questo errore.
Susan Douglas, una accademica US che scrive regolarmente anche per giornali e pubblica libri a interesse del grande pubblico, lo chiama sessismo illuminato. Questo tipo di sessismo subdolo si declina in un’attitudine per cui, visto che le donne hanno ormai raggiunto la parità completa, grazie al femminismo, allora è possibile ri-sdoganare stereotipi femminili sessisti, ma in una nuova luce, una luce “ironica”, tanto sicuramente questi non potranno danneggiare queste conquiste, tanto ci ridiamo tutti sopra, uomini e donne. Non solo, ma la rivalutazione dell’immagine femminile significa che possiamo di nuovo preoccuparci della “femminilità”, come uno dei mezzi con cui le donne possono raggiungere il potere, un potere che loro amministrano, per questo femminista, ma anche un potere che gli uomini non hanno motivo di temere e di invidiare: da cui non solo il nuovo proliferare (la Douglas parla dalla prospettiva US stavolta, in UK la situazione è meno enfatizzata) dei concorsi di bellezza, della chirurgia estetica, dell’interesse per le celebrità, ma anche, dice la Douglas, una nuova ossessione per la maternità, o la celebrazione delle mamme che decidono di stare a casa, per scelta, una perenne messa cantata in lode al downshifting per vocazione.
Ecco, questo ultimo pezzo, soprattutto, alla luce delle ultime discussioni qui su GC, a me ha dato molto da pensare. E a voi che effetto fa?
@super, non penso che sia una questione di arroccarsi su un ruolo e che ci voglia un cambio di mentalità posso essere d’accorso. A volte però oggettivamente non ci sono alternative. Comunque, provo a capovolgere io la tua domanda: se le stesse donne considerano come squalificante qualsiasi compito di accudimento senza valorizzare il ruolo che ha sia nelle vite concrete delle persone e nei percorsi individuali sia in termini di lavoro e costi che non si scaricano sulla collettività o si scaricano nella giusta misura (e direi doverosamente per supportare chi appunto si prende cura di altri), credo che la visione d’insieme sia poco lungimirante. In più si trascura il fatto che c’è un valore in sè nel prendersi cura che trasforma incombenze in energie e genera risorse nuove oltre che cittadini meglio “equipaggiati”. Vogliamo fare un esempio a caso ? Le persone che si occupano di figli disabili o di famigliari con gravi malattie per esempio. Voglio dire che questo “lavoro” e valore che l’individuo produce nell’accudimento si inserisce a pieno titolo in una funzione utile a vantaggio di tutta la società come fare la professionista, il medico e il dirigente. E per altro può essere inteso anche molto laicamente semplicemente come uno scambio di costi-benefici anche se poi genera una qualità della vita delle persone diversa e della società civile di conseguenza.Se questo fatto non viene riconosciuto prima di tutto dalle donne stesse a me sembra grave. Poi si può parlare quanto si vuole di cambio di politiche sociali e di conciliazione vita- lavoro, ma come sempre è necessario un cambio di marcia di mentalità.
@deborah, se è per questo lo stato ultimamente taglia i fondi alle scuole pubbliche per darle a quelle private… Ho detto che si può certamente migliorare, e si dovrebbe, ma per migliorare e per peggiorare c’è sempre tempo e spazio.
Ti prego non mi dire che potevo scegliermi meglio il marito che è un nervo scoperto 🙂 mio marito è uno che ha fatto il voltafaccia, prima tutto rose e fiori e adesso un tira e molla continuo. Comunque, questa è una mia situazione particolare, e non è quella che ha determinato la mia posizione.
Scusami, ma io ho già una figlia da educare, non ho nessuna intenzione di dover anche educare un uomo adulto. Ci manca solo che mi si accolli anche questa di responsabilità. Ovviamente sto scherzando, ma vi rendete conto? Il marito non ti aiuta in casa e con i figli? è colpa tua che non deleghi, non chiedi e non hai fiducia in lui, lo critichi per qualunque cosa fa e allora lui poverino ovviamente non fa più nulla in casa, lo stai umiliando…
Ok, allora è colpa mia, sono sempre io che sbaglio qualcosa, io lo devo aiutare, lo devo educare, io devo migliorare come donna e come moglie (e nel frattempo sto facendo altrettanto e di più come madre, il marito almeno si spera che si lavi e si vesta da solo…). AHO! E BASTA UN PO’!! Che i mariti non la vedono la polvere? I piatti sporchi? non la sentono la puzza del pannolino sporco? il frigo vuoto? non sono in grado di appoggiare la mano sulla fronte per sentire che il bimbo ha la febbre? o usare un termometro? Vi rendete conto che ci hanno fatto credere che abbiamo i superpoteri per poter non fare nulla di tutto questo? E noi cretine a dire si si, come no, SOLO LA MAMMA CI RIESCE. Ma per favore!!
Scusate lo sfogo.
ma secondo voi, in che misura la situazione della parita’ dell’accudimento e’ infatti perpretrata dalle donne stesse? Io questo me lo chiedo spesso perche’ i commenti negativi sul “non tiene alla famiglia” e’ raro che mi vengano passati da uomini in italia, e’ vero piuttosto il contrario. E anche leggendo dei vari commenti in questo mese di come ci si pone davanti al compagno per invitarlo a contribuire in casa mi paiono indicativi (e’ sempre un “devo chiedere aiuto, gli devo spiegare come si fa, non capisce, non vede, non sa”). Illuminante, un recente sondaggio in UK ha rivelato che le donne impiegano in media tre ore a settimana a rifare lavori domestici che secondo loro i loro compagni non avevano fatto per bene. E questo qui, dove la collaborazione in casa e’ davvero diffusissima, mi chiedo in italia cosa verrebbe fuori da un sondaggio simile. E’ indubbio che parte di questo retaggio dell’accudimento sia il “women do it better”, e se non smontiamo questo ci stiamo dando la zappa sui piedi. Se noi per prime siamo convinte che darlo in mano agli uomini nella migliore delle ipotesi produca risultati suboptimali, e nella peggiore sia segno di mancata affezione per la famiglia, non ne usciamo vive da qui. Ora puo’ anche essere che ci sia un meccanismo di autodifesa, nel senso che quando senti di aver passato cosi’ tanta parte della tua vita ad accudire poi ti arrocchi sulla posizione che quella ERA L’UNICA cosa da fare e quelle che non lo fanno sono sbagliate, perche’ senno’ ti crollerebbe tutto. Lo accetto e lo capisco questo, ma torno a dire che per sbloccare questa situazione occorrono role models che non siano casalinghi, quandanche downshifted e felici.
@Barbara: sì, però se lo stato provvedesse ad esempio una paternità obbligatoria, se lo stato non facesse pagare un mutuo gli asili nido (quando ci sono), se lo stato non tagliasse in continuazione sulla scuola..eppoi lo stato siamo noi, o no? Il marito potremmo avere anche l’oculatezza di sceglierlo bene, o no? Insomma, è vero che sicuramente molti padri sono assenti, ma chi permette loro di essere così assenti?Mio marito non è l’uomo dell’anno, ma si svegliava di notte con me, quando serviva. Non stende la biancheria, però io non gli stiro le camice 😉 e lui non si siede in divano mentre io lavoro. Cominciamo da casa nostra a impostare un buon rapporto, che soddisfi anche noi, con il nostro uomo. Insomma, non va bene delegare tutta allo stato “l’educazione del maschio” 😉
@Itmom, ci siamo incrociate, ma come vedi la pensiamo allo stesso modo
Ma secondo voi perchè non ci sono apdri che partecipano a questa discussione? Papà, se ci siete per favore battete un colpo, la vostra opinione ci interessa molto…
In particolare a me interessa sapere come la vedono loro, la situazione. Se si rendono conto o meno delle discriminazioni che dobbiamo subire, se le ritengono in fondo il modo migliore per gestire la questione famiglia (non sono polemica, penso che sia un’opinione buona come tutte le altre, e anche se in maniera forse meno diretta diverse mamme qui hanno più o meno sostenuto questo), se si sentono poco tutelati come genitori… insomma un’opinione.
e comunque Barbara, leggendoti mi è venuto in mente che se culturalmente i padri fossero più coinvolti nella crescita dei figli sarebbe anche loro interesse battersi per servizi migliori alle famiglie, e forse si otterrebbe di più.
@deborah, se devo essere sincera nella mia cerchia di conoscenze vedo lo Stato in media più coinvolto dei padri… e questo non mi sta bene. In fondo ho partorito gratuitamente in ospedale, gli asili comunali anche se soddisfano circa un terzo della richiesta (nel mio municipio, ci sono realtà dove va molto peggio e altre in cui va molto meglio) ci sono, con la scuola materna va molto meglio, la scuola pubblica c’è, l’assistenza sanitaria anche. Quasi tutti i pomeriggi porto TopaGigia ai giardini pubblici. Ci sono biblioteche comunali che invitano le scuole per farsi conoscere e il tesserino è gratuito. Intendiamoci, così deve essere e anzi se fosse un pò meglio non guasterebbe, un paese civile si vede anche da queste cose, ma insomma la mia sensazione è che almeno ci si prova.
Il discorso di coinvolgere di più e obbligatoriamente i padri è secondo me molto più sottile, perchè è lì che le madri vengono obbligate a sobbarcarsi il grosso del lavoro. E se invece i figli fossero una responsabilità di entrambi i genitori, con gli stessi obblighi e la stessa partecipazione, la discriminazione lavorativa verso le donne si amplierebbe a tutte le persone in età fertile, si richiederebbero più politiche orientate alla famiglia, si riconoscerebbe la famiglia come ente sociale e non solo come responsabilità delle donne. I bambini verrebbero accuditi anche dai padri, e crescendo si abituerebbero che anche i padri si occupano di loro e sarebbero naturalmente guidati a fare i padri una volta cresciuti. Insomma secondo me è con l’ampliamento degli obblighi a padri e madri che la questione femminile si risolve, non tanto delegandola allo Stato. Perchè diventa una questione di stato quando è di tutti.
Un ultimo appunto sulla questione del sacrificio: @Itmom, ovviamente si vince il paradiso. E a noi non solo ci hanno abituate al sacrificio, ci hanno anche convinto che sia una cosa buona per noi e per i nostri figli, avere una mamma totalmente dedicata a loro. E che dobbiamo anche farlo col sorriso, perchè siamo fortunate a poter stare a casa a prenderci cura dei figli.
@Barbara: secondo me hai centrato il punto. I figli non sono solo delle madri. Ebbasta co’ ‘sta logica: aiutiamo le donne, poverine. I figli sono anche della società, o no? Diventeranno, o no, anche uomini e donne contribuenti? Perchè, appunto, pare che finchè son pischelli la famiglia sia un’isola, e tutto quel che viene dallo stato una concessione graziosa del principe a favore delle madri, che la natura matrigna imprigiona in un ruolo. Poi però, hanno subito un codice fiscale, e appena crescono un po’ , ‘sti bambini diventano adulti, lo stato si ricorda che sono cittadini e allora si ricorda anche che devono essere dei buoni cittadini, che devono pagare le tasse e rispettare etica e regole. Ma insomma, lo stato un po’ se lo dovrebbe coccolare questo futuro cittadino, non dovrebbe delegare tutto alla famiglia o , peggio , alla madre! Ma l’amor di patria si deve coltivare da piccoli. Poi dicono che noi italiani siamo troppo legati alla famiglia. Ma che si voglia o no e quella che si smazza per crescerci. Scusate lo sfogo.Mi sa che sono pure andata fuori tema.Per tornare in tema aggiungo provocatoriamente che: se i figli fossero un po’ di più dello stato e un po’ di meno delle madri, la questione femminile si risolverebbe da sola
Ho davvero difficoltà a ragionare sulle dinamiche maschio/femmina, stereotipi, responsabilità o opportunità. La società frena, la cultura millenaria frena, la religione frena … ma poi entriamo in gioco noi singolarmente e allora qualche scelta si può fare. Lo dico sempre, io non sono stata cresciuta da “femmina” quindi non ho mai avuto limiti legati al sesso ma piuttosto alla scarsa analisi dei miei veri obiettivi. Ai bambini diamo tante nozioni, tante regole, tanti principi ma quando devono dire i propri talenti restano spesso interdetti. Io vorrei aiutare mio figlio a capire cosa desidera per se stesso e a fargli credere di poterlo diventare, indipendentemente dal suo genere o da ciò che imporrebbe il comune pensare. Questa analisi precoce secondo me aiuterebbe tutti a stare alla larga dagli stereotipi, non solo nel lavoro ma anche nei rapporti personali. Ma mi rendo conto che il gruppo pesa sulle nostre scelte ed essere veramente indipendenti e’ proprio difficile. Spero di non essere andata troppo fuori tema …
lo sapevo di toccare un tasto…. essendoci cresciuta immersa so quello di cui parlo 😉
uuuuh non mi tirar dentro al “sacrificio” che attacco pipponi pazzeschi 🙂 comunque, tengo a sottolineare, della religione cattolica E in italia – da quello che vedo, essere cattolici alla periferia di roma e’ una esperienza totalmente differente, e anche qua, parlare dell’anomalia italiana si potrebbe fare fino allo sfinimento 🙂
In Italia tenere alla famiglia è strettamente legato con il concetto di sacrificio, tipico della religione cattolica. Per cui se ti ‘sacrifichi’ guadagni punti (chissà cosa si vince alla fine?), se affidi una persona anziana a delle strutture invece che occupartene tu in prima persona, non sei un bravo figlio. devo fare lo stesso paragone con la maternità? non credo ci sia bisogno….
e’ un problema sociale, ma anche un problema economico – in paesi in cui questo e’ stato compreso appieno, infatti, si nota l’investimento della comunita’ che spera di vedere questo investimento tornare indietro, non e’ una cosa caritatevole insomma: se le donne fanno parte della forza lavoro, sono il doppio di mani in piu’ per mandare avanti l’economia; se l’anziano e’ curato dalla comunita’ e non dal singolo (beh anche dal singolo, ma con facilitazioni – qui da noi dopo i 65 anni tutto ritorna ad essere gratis, come lo era fino ai 18 anni, e capirai che se era conveniente da bambini, figurati da anziani, quando i medicinali diventano una spesa importante, lo vedo cosa accade ai miei in italia, ogni mese in farmacia se ne va mezza pensione), se l’anziano viene messo in condizione di vivere autonomamente, con il supporto della comunita’ ovviamente, sono spese in meno per la societa’, sia in termini di chi deve prendersi giorni liberi per accudire, sia in termini di degenerazioni che comportano spese ospedaliere; stesso discorso per le disabilita’. Soltanto che ogni volta che faccio un discorso del genere in italia mi sento rispondere che gli inglesi non tengono alla famiglia, e quindi capisci che la retorica di questi discorsi e’ dura da sradicare.
tranquilla @mammame, ti ci rimetto subito io in tema 🙂
Il punto è proprio che ci sono questioni che dovrebbero riguardare TUTTI, non solo le donne. Alcuni sono più ovvi, altri meno, e con ovvi intendo che ci sono stati appioppati con scelte che sembravano facilitarci la vita e invece si traducono in boomerang ghettizzanti (ok, sto esagerando, ma vi prego permettetemi). La maternità obbligatoria, sacrosanta perchè se non altro ci permette di allattare in modo umano (una mia amica americana si portava in ufficio il tiralatte con frigorifero portatile, e si tirava il latte 3-4 volte durante la giornata lavorativa, ma poi altri giorni poteva lavorare da casa), nel tempo ha fatto sollevare il Problema di assumere una donna in età fertile, con le conseguenze che tutti conosciamo. Ma i figli non sono solo delle madri, sono anche dei padri e sono un bene della comunità, quindi forse anche i padri e la comunità dovrebbero cominciare a prendersi un minimo cura di loro. Con politiche rivolte alla famiglia, non alle donne, perchè di questo si tratta.
La cosa è più ovvia nei confronti degli anziani, perchè alcuni hanno solo figli maschi e perchè mentre una mamma è contenta di fare la mamma almeno per parte della sua giornata, quasi nessuno è felice di occuparsi di un anziano (con tutto il rispetto e l’affetto ovviamente, ma io di “vecchietti” in casa me ne sono fatti 4 e due mezzi, e chi se ne è ciucciato almeno uno sa benissimo di cosa sto parlando). E allora diventa un Problema Sociale (guarda caso).
La questione della cura della casa l’abbiamo abbastanza risolta col femminismo che c’è già stato, e comunque è un ambito nel quale è più facile delegare a terzi, come colf e simili, quindi si sente di meno.
Il grosso problema sono rimasti i figli, ed è un problema sia di lavoro e quindi di soddisfazione personale per le donne come enti sociali sia dentro casa per le donne come individui. E’ proprio qui che secondo me c’è più bisogno di femminismo, ed è qui che secondo me è necessario coinvolgere di più gli uomini. Mammamia spero di essermi spiegata…