Quest’estate le ho incontrate. Passeggiavo in un pomeriggio di caldo soffocante, una di quelle giornate di luglio in cui l’asfalto e’ rovente e il sole ti si appiccica addosso come un tubetto di colla.
I bambini erano al mare con mia madre, ero giù perché al telefono sentivo lei stanca e loro tormentati e scontenti.
Mentre mi ripetevo che l’anno prossimo avrei organizzato l’estate in modo diverso, ecco che mi fermo al semaforo e le vedo.
Non so come ho fatto a riconoscerle, sono passati più di trent’anni, andavo in terza elementare.
Camminavano una a fianco all’altra, con l’espressione seria e distratta dalla gente, dai rumori, dai lavori per la nuova metropolitana in costruzione.
Guardavano avanti, ma camminavano vicine, come se un filo rosso invisibile le unisse all’altezza delle spalle.
Ho fatto i calcoli sull’età, ma non le ho riconosciute per questo, potevano essere due persone qualunque, dell’età di mia mamma.
No, il particolare che mi ha colpito e’ lo stesso di allora, quello che notavo quando ero una bambina di sette anni che andava a scuola con la frangetta e la cartella rossa sulle spalle.
Ne ho già parlato qui, ma quest’estate il ricordo e’ stato così forte che mi ha colpito in pieno viso come un secchio di acqua gelata.
Mi ricordo come le guardavo all’uscita, una la madre, l’altra la zia del mio compagno biondo, quello a cui per la prima volta ho lasciato dei bigliettini sul banco, dichiarando il mio amore di bambina, prigioniero di un cuore ancora giovane e acerbo.
Le indicavo con il dito a mia mamma chiedendo perché, e mia mamma alzava le spalle e provava spiegare.
Due mesi fa erano li’, davanti a me, in quest’estate calda e faticosa, in cui mi sono fatta rincorrere da pensieri e angosce, estenuata da un’immobilità crescente.
Erano li ‘, come allora, le ho guardate e ho capito.
La stessa gonna beige, la stessa maglia blu di cotone, la stessa coda di cavallo, che ai tempi era bionda e ora e’ dominata dal bianco e dall’argento.
Dopo oltre trent’anni erano ancora così, vestite uguali, una lo specchio dell’altra a camminare nel quartiere.
Mi hanno fatto impressione, allora si usava, adesso parevano camminare fuori tempo, in una dimensione che non era più la loro.
Adesso è un gran parlare di separazione, autonomia, vestiti diversi, nessun doppione per carità.
Io stessa, per i miei figli, mi rendo conto di avere l’incubo della diversificazione, su qualunque cosa.
A partire da vestiti, scarpe, giocattoli, colori, libri, fino ad arrivare alle classi dell’asilo e della scuola.
L’unica cosa su cui ho ceduto, unicamente per comodità, e’ lo sport: calcio per entrambi nella stessa squadra. Me l’hanno chiesto e li ho assecondati, ma ammetto che l’ho fatto con una punta di stonatura, perché necessariamente scatta un confronto quasi inevitabile.
Per il resto sembrano fratelli, e la stazza porta addirittura a confondere chi non li conosce. “Quanto hanno di differenza, un anno?”, mi dicono.
Guardando queste due donne che avranno ormai più di settanta anni, e immaginando i miei figli di fianco a loro, ho pensato che sia trascorso un secolo.
Un secolo di cambiamenti nell’approccio alla gemellarita’, che rischia, a volte, di arrivare al punto da stravolgerne l’essenza.
La mia esperienza e’ esemplare.
La paura di renderli cloni l’uno dell’altro estremizza le scelte, appare quasi un delitto comprare due capi d’abbigliamento identici, due magliette uguali, due paia di calze con la stessa fantasia.
Il mio sguardo sullo scaffale dei negozi mi porta sempre a scegliere scarpe dai modelli diversi, dai colori diversi, o comunque differenti anche solo per le stringhe.
Un martellamento letto nei libri, nei siti per gemelli, negli articoli dei giornali, letti in copiose quantità quando ero incinta e costretta a letto per ore.
Ma ora spesso mi chiedo: sarà giusto poi, tutto questo?
@el_gae Come te anche io le risposte non le ho, credevo di averle prima che nascessero i geelli, e credevo diaverle anche gli anni successivi. Ora mi chiedo se queste risposte siano giuste, e le difficoltà di uno dei due gemelli mi fano pensare che a volte sicuramente ho sbagliato a estremizzare la separazione. l’ho fatto perché avevo il terrore che uno dei due vivesse all’ombra dell’altro, perché conosco gemelli così, in cui uno ha avuto famiglia e l’altro è andato a vivere da solo nello stesso piano del gemello, senza averne una sua. Ma chissà, magari anche se non fossero stati gemelli sarebbe andata così, non posso dirlo. E in ogni caso, non può essere necessariamente giusta una cosa o l’altra, credo che vada tutto vissuto con più “morbidezza”. Certo, a esserne capace….
Fatico a darmi risposte a riguardo. In famiglia ci sono tre generazioni di gemelli e le regole di una paiono non valere non nessuna delle altre due. Mia madre e mia zia, gemelle identiche, sono cresciute come “le gemelle” e lo sono ancora a quasi settant’anni. Eppure hanno fatto la loro vita, il loro lavoro, la loro famiglia, in modo molto definito. La loro identicità si espressa in modo molto personale e libero e chi le conosce bene sa distinguere oltre che il loro viso anche il loro carattere.
I miei cognati, invece, così diversi nel fisico e nel carattere, a volte paiono forgiati da un continuo gioco di azione e reazione: ciò che piace ad uno non piace all’altro, le scelte di uno sono opposte a quelle dell’altro, il tutto rinforzato da anni di esercizio.
E ora Pietro e Giacomo, così simili agli zii. Sarà giusto separarli? Sarà giusto appoggiare sempre la tensione ad essere diversi tra loro, anche quando fosse una reazione, un voler emanciparsi dal ruolo di gemello?
Se avessi le risposte, forse, sarebbe troppo facile.
Bel pezzo, mi ha toccato dentro, come sempre fai.
@barbara, e’ vero, ognuno dovrebbe viverla così, ma poi invece i genitori di gemelli si fanno sempre un sacco di domande su ciò che è giusto, per spettri nell’armadio che temono di avere e che potrebbero minare la serenità dei loro figli. E’ così, impareremo a non farlo. Grazie!
Non lo so se è giusto, è. Lo è adesso per noi. Potrebbe esserlo per tante persone. Potrebbe non esserlo per tante altre. Poi crescono e decidono loro comunque. Se queste due signore dopo tanti anni sono ancora così, forse vuol dire anche che ci stanno bene, che nessuna delle due ha sentito l’ esigenza di fare altro.