L’ecologia come tradizione

Ieri Lorenzo parlava della tradizione e del tempo per la famiglia, del momento tanto atteso dai bambini, come uno spazio in cui finalmente si sta assieme senza obiettivo alcuno, senza tempo, appunto, senza compiti o impegni, nel desiderio di condividere e basta, una comune appartenenza.

Negli ultimi anni ho condiviso con altre famiglie un percorso che ci ha portati a spostare i nostri consumi, a cambiare il nostro modo di mangiare, di muoverci, di vivere il tempo della quotidianità. E di pensare, in un certo senso. Sta nascendo un’associazione, e prima di essa è nato un gruppo d’acquisto; molti si impegnano nel piedibus, fanno cose diverse da prima, come autoprodurre di più, spegnere i motori e spendere di meno, combattendo in qualche modo l’abbondanza che distingue il nostro tempo.

Mi sono chiesta, a proposito del tema di questo mese, quanto questo “produca tradizioni” nelle nostre famiglie. Non siamo pochi e ognuno poi vive a casa propria, in modo personale, queste scelte. Perchè siamo legati sì, ma i nostri sono legami leggeri. Le consuetudini familiari, si è detto, diventano un patrimonio. Le puoi amare o odiare, puoi emularle e riproporle ai tuoi figli, quando sei genitore, o rifiutarle e rompere la tradizione, ma credo che alcune siano in qualche modo irreversibili. Il pane ad esempio, quello che noi facciamo con la pasta madre una o due volte alla settimana ha un valore simbolico che non credo possa essere dimenticato. C’è. C’è sempre per la colazione o per la merenda, viene regalato, a volte portato quando siamo ospiti a cena da amici. Una tradizione così una famiglia la sente propria. Non importa se in futuro non lo faremo più (cosa piuttosto improbabile visto quanto è buono!), quel profumo è nelle nostre narici, quella farina ce la porta Marco al Gas una volta al mese, e sappiamo che la macina lui. E lo stesso vale per altre piccole abitudini che non possono che diventare un tassello dell’infanzia vissuta dai nostri bambini: per chi fa l’orto, per chi vede il proprio papà o la propria mamma andare al lavoro in bicicletta, per chi viene “portato” sul carrello o sul seggiolino, per chi pedala con le sue gambe o ha l’orgoglio di arrivare a scuola da solo, per chi compra usato o baratta, non solo per risparmiare ma anche perchè questo è sinonimo di buon senso.

Forse quando i nostri bambini avranno 60 anni (pare impossibile pensarlo) e ci sarà la crisi energetica vera, quella che dimostrerà loro che quanto studiavano sui libri di geografia e di scienze era vero, e cioè che il petrolio ad un certo punto finisce per davvero, forse allora ci ringrazieranno di aver almeno abbozzato qualche eco-tradizione in famiglia. Dovranno reinventarsi per affrontare un’austerità sconosciuta ai loro genitori e forse anche ai loro nonni. Ma vivranno su quell’eco.

E voi come le vedete le vostre scelte ecologiche in famiglia? Le sentite già come tradizioni o i vostri bambini le “sopportano”?

Elisa di Mestieredimamma.it

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10 thoughts on “L’ecologia come tradizione”

  1. Elisa, conosco tipi da città che credo che siano peggio di noi, proprio perché in città. Mica ho sempre vissuto qua io e mi ricordo quando abitavo ad Ancona quanto mi costava usare la bici in una città praticamente verticale, tutta salite… o fare lo sforzo di non andare al supermercato e cercare il famoso contadino per la verdura. Molte cose io ce le ho e a volte vorrei fare cambio eh, perché chi me lo fa fare di stare tutto il giorno tra litri di fango e montagne di sterco, parliamone!

    Valencia sta a 20 km da casa mia eppure c’è gente che se li fa ogni settimana per venire a prendere le verdure, e hanno sotto casa 4 fruttivendoli pakistani. Lavorano fuori casa e in più fanno il pane. Hanno tre figli e in più perdono tempo in cucina per non usare i quattro salti in padella e non hanno la tv.
    Sono loro i veri radicali!

    E i miei vicini che affittano piccoli orti per appunto -i tipi da città- hanno ogni fine settimana 40 persone ognuna piegata sul suo pezzo di terra. Quindi cercate i vostri orti urbani, oramai ci sono tante offerte ovunque!

    (stavo pensando di far adottare le mie galline a distanza, voi le pagate il cibo, io vi mando le foto!)

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  2. @francesca mi piace moltissimo quello che fate e – diciamolo – piacerebbe anche a me essere più radicale, fare una vita (un lavoro?) più a contatto con la natura. Sono le persone più radicali poi quelle che spesso ispirano i cambiamenti, ma il fatto è che non tutti possono fare scelte così forti: voglio dire, se abiti in città e hai un lavoro qualunque devi trovare il modo di vivere in modo meno impattante possibile anche se sei in appartamento e non hai le galline ed è molto più difficile, anche per le relazioni sociali che questo comporta.

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  3. Mio figlio è nato in casa quindi abbiamo anche risparmiato i soldi per arrivare in ospedale.
    Noi siamo i contadini da cui MammAmsterdam va a comprare i pomodori. Siamo noi, però moderni nel 2012.

    Considerando che la nostra piccola impresa ha da poco ricevuto il marchio Slow Food España e non abbiamo il trattore e facciamo tutto a mano, puoi capire che quello che mangiamo ha percorso al massimo 200 mt se è verde (verdure) e qualche kilometro se è un legume o un cereale. Siamo in un GAS per gli acquisti di quello che non possiamo produrre, ma adesso ho imparato a fare il tofu e seitan così non lo devo comprare già fatti.
    Per esempio essere ecologici non vuol dire poi mangiare solo ecologico con il marchio bio; per me non c’è niente di ecologico delle banane ecologiche che arrivano dal Nicaragua, quindi non mangiamo banane. Il vero ecologico è il commercio locale e km0 e di stagione, quello che non produce rifiuti di gestione e trasporto.
    Per noi l’ecologia è una questione lavorativa (tant’è che lavoriamo nell’ Agroecologia e Sovranità Alimentare), sociale, personale e emotiva che ci porta a partecipare con nostro figlio ovviamente in tutti i movimenti sociali (i famosi Indignados) a favore del rispetto dell’ambiente e quindi delle persone. Chiamano il mio compagno affinché parli della nostra esperienza di famiglia in decrescita. Siamo dei radicali-tra le altre cose e non lo ce lo dicono per offenderci, almeno noi non ci offendiamo perché è vero: no tele,molta bici, vegetariani, autoproduzione di tutto, dal pane, alle verdure alla cosmetica, a menoche mio figlio non venga rapito dagli alieni non conosce altro mondo. Sì certo usciamo, vediamo gente, ma comunque abituato com’è a stare all’aria aperta con gli animali e vederci lavorare come facciamo, difficile che cresca non ecologico e non sensibile a queste dinamiche che riguardano direttamente il suo futuro.

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  4. I nostri figli che faranno non lo so proprio e, da quello che si vede in giro adesso, non dovrebbero (ahimé) aspettarsi un futuro cosí roseo quando avranno 60 anni! Noi peró ce la mettiamo tutta per cercare di vivere “bene” nel senso di godere delle cose belle e buone che il mondo e la societá ci offrono senza rovinare le nostre vite, quelle del nostro prossimo e il futuro della Terra.
    Il pane lo faccio in casa una volta a settimana, in abbondanza cosí é sufficiente fino alla domenica visto che sono una mamma che lavora in cittá. Viviamo fuori dalla cittá in una casa con giardino dove almeno d’estate facciamo un orticello e per mia figlia raccogliere i suoi pomodori é un gran divertimento. Bevande zuccherate-gassate non se ne comprano quasi mai (ma in fondo con la pizza ci stanno tutte!) e caramelle, succhi di frutta, merendine confezionate e quant’altro nostra figlia non le ha mai neanche assaggiate. La scorsa estate in vacanza una bambina le ha offerto una merendina lei ha strabuzzato gli occhi e l’ha voluta assaggiare perché non sapeva proprio cosa fosse! Io non so dire che sono fiera o meno di questo, ma é semplicemente il nostro modo di vivere. Non siamo degli ecologisti radicali, e non ce lo possiamo neanche permettere per una serie di motivi pratici, ma pensiamo almeno a vivere una vita sana con la speranza che serva alla salute nostra e del nostro pianeta, oggi e domani. Mi auguro che funzioni e che nostra figlia cresca con l’idea che il buon senso e la misura sono la chiave della felicitá e del rispetto.
    Poi ció che deciderá di fare una volta adulta sará solo sua responsabilitá, noi le abbiamo offerto gli strumenti per capire cosa é bene e cosa é male (secondo noi ovviamente) e credo che la mela non casca lontano dall’albero!

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  5. Di sicuro l’ecologia come abitudine. Mio figlio vede che l’immondizia viene separata con attenzione, che si va a scuola a piedi tempo permettendo, che si usano i mezzi pubblici, che si fanno il pane, la pizza, i biscotti in casa. Sono abitudini.
    Ma forse, come per i vestiti che passano da “vecchi” a “vintage”, le abitudini diventano tradizioni se perpetuate per un tempo sufficiente.

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  6. A volte mi chiedo che cosa sia l’ecologia. Mi sorgono dubbi non tanto sul suo valore ma su come a volte venga declinata. Considerandola in modo molto semplice e basico come una sana relazione verso l’ambiente che va tutelato soprattutto per consegnare un futuro a chi mi segue, a volte mi capita di sognare un mondo dove convivano tutte le esperienze con un obiettivo comune: fare di tutto perchè il mondo sopravviva e possibilmente migliori. Amo andare a piedi e la bici, ma sogno non tanto i motori spenti, ma motori che non inquinano. Frutto della ricerca, delle scelte e della passione di intelligenze al servizio di tutti. Sogno contadini di fiducia, ma anche cooperative agricole o imprenditori che facciano lavorare africani o italiani in modo giusto. E lo fanno perchè adorano la terra e sui frutto: la coltivano e la difendono alla stregua del rispetto profondo di chi suda nei propri campi. Sogno che l’alternativa al baratto non sia un abito nuovo prodotto da fabbriche di schiavi, che inquinano o utilizzano materiali tossici, ma sia il frutto di creatività, di passione, di lavoro dignitoso e in fabbriche che rispettino l’ambiente (in fondo anche il baratto ha all’origine qualcosa di nuovo e prodotto in un certo modo…). Sogno il profumo del pane del mio panettiere di fiducia che lo produce così perchè ama il suo lavoro, usa ingredienti di una filiera garantita e sappia esprimere anche la gioia di essere apprezzato.
    Sogno un mondo dove l’abbondanza non sia necessariamente combattuta purchè esprima giustizia, equità, rispetto per l’ambiente. Credo nella sobrietà come atteggiamento di fondo, e temo la privazione come valore assoluto.
    So che questi sogni probabilmente sono più retorici di piccole scelte che concretamente possono creare tradizioni eco o bio, ma mi piace pensare a soluzioni globali che realmente cambino i destini. In meglio.

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  7. Noi viviamo eco-bio un po’ nostro malgrado, nel senso che l’eco-bio è in gran parte la soluzione più pronta alle nostre esigenze.
    Tipo: a me fa più casino fermarmi dal panettiere (o andarci apposta, nei giorni in cui non lavoro) che usare la macchina del pane.
    Oppure: se ho esaurito le scorte, piuttosto che uscire a comprare la fettina, mi invento una padellata di lenticchie.
    E così via. Non rifiuto i prodotti confezionati (dovrò pur spendere i miei buoni pasto!), ma o ne faccio scorta o la roba me la faccio in casa, pur di non prendere l’auto.
    I miei figli in parte sopportano, in parte protestano, in parte compensano con la nonna. Ma soprattutto vedono il nostro modo di vivere come normale (sarà che in cascina non siamo i soli a vivere così).
    A 60 anni che faranno? Boh, penso che si adatteranno a ciò che gli sembrerà più sensato. Ma di sicuro non avranno il panico che coglie certa gente (mia madre) all’idea di cucinare un pesce che non sia un filetto surgelato.

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  8. Io ci provo, ma da me è il marito che non sopporta e non consente. Però almeno porto TopaGigia a scuola in bici. Quando non piove.

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  9. C’è poco da sopportare, i nostri figli non conoscono altro. Non conoscono il lusso delle merendine comprate, delle bibite dolci e gassate bevute come acqua, delle caramelle a sproposito (per figlio 2 restano una trasgressione, mettere insieme quei 50 centesimo che lascio in giro sul tavolo quando svuoto le tasche e le borse, e andarsene di nascosto al bar all’ angolo a comprarsele e sono contenta così).
    I miei figli non conoscono il sapore del sugo e dei pomodori in barattolo perché ce li facciamo noi tutti gli anni con pomodori raccolti dal contadino di fiducia e non da schiavi africani.
    A più di tanto non arrivo, una disciplina e una ricetta riuscita per il pane ancora non le acquisisco, quindi andremo avanti così, dal Mc 3 volte l’ anno contate male ci andiamo (“Mamma, ma il compleanno di Lisa conta come una delle tre volte?”, “no, quello è a parte perché ti hanno invitato”).
    Non abbiamo TV che quindi è una sorpresa per quando andiamo fuori e per un paio di programmi preferiti rivisti al computer dall’ archivio, e la Wii è una conquista della gamba rotta che però adesso si è aggiustata.
    Non abbiamo i vestiti che profumano di ammorbidente, al massimo di qualche olio essenziale che ci aggiungo, ma fa poco, non abbiamo le chiappe sciacquate al sapone intimo, perchè non ci credo, non abbiamo il water igienizzato da quelle tavolette orribili con più plastica che contenuto. E io non stiro, quindi siamo sempre un po’ così, spettinati, stropicciati e in certi giorni puzziamo di pecorino di grotta.
    Sono queste eco-tradizioni? non lo so, ma i miei figli per ora non conoscono altro, quindi tutto quello che verrà dopo sarà una loro conquista. E faranno 3 docce al giorno nell’ ammorbidente e il pediluvio nella coca.

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