Donne e leadership

Le donne che hanno un ruolo di leadership sono decisamente poche, e questo è vero non solo in campo politico, ma virtualmente in qualsiasi ambito lavorativo, accademico, aziendale, finanziario, persino in quegli ambiti storicamente popolati più da donne che da uomini i ruoli di leadeship sono percentualmente in mano agli uomini.
Non è un problema semplice da analizzare, e tantomeno da risolvere.
Proviamo quindi a partire da quello che sappiamo, per cercare di estrapolare quello che non sappiamo.

Sappiamo che poche donne arrivano a posizioni di leadership. La media di presenza femminile in posizioni di leadership nelle aziende europee è dell’11%, con picchi in Norvegia (34%) e Svezia (24%) e minimi in Italia (3%) e Lussemburgo (1%). Questa situazione non riesce a migliorare da sola se non vengono effettuate delle politiche attive volte a lavorare sull’eliminazione degli impedimenti culturali e pratici alla carriera delle donne (fonte Women matter)

Più donne alla leadership fanno funzionare meglio le aziende. Un confronto tra aziende che hanno almeno 3 donne alla leadership e quelle che ne hanno zero ci mostra che le prime sorpassano le seconde in produttività in qualsiasi indice utilizzato, fino all’84% in Return on Sales. Maggiore la distribuzione del gender al governo dell’azienda, maggiore la sua produttività. (fonte catalyst)

Le donne vengono spesso pagate meno degli uomini per svolgere lo stesso lavoro. La causa di questo viene spesso identificata in una minore capacità di contrattazione delle donne, ossia non sappiamo farci valere, e magari ci autovalutiamo peggio di quello che valiamo.

Le donne rinunciano volontariamente alla carriera per stare più vicino alla famiglia. Eppure la maggiorparte delle donne manager intervistate ad esempio da McKinsey per il Women matter, ritiene che l’ambiente di lavoro abbia un ruolo determinante nelle scelte che riguardano la carriera. Un ambiente di lavoro più flessibile, con possibilità di telelavoro, e attenzione alle esigenze dei lavoratori, diventa un ambiente più positivo non solo per le donne. Anche i manager uomini infatti hanno indicato l’ambiente lavorativo come il fattore di condizionamento più importante per la carriera.

Viene spesso evidenziato come i criteri utilizzati per giudicare le donne in campo lavorativo sono diversi da quelli usati per gli uomini, e normalmente richiedono delle performance maggiori a parità di posizione. Questo è vero anche in ambito accademico, in cui spesso ci si vanta di utilizzare metodi di valutazione oggettivi, come ad esempio il numero e la qualità delle pubblicazioni (si veda ad esempio questo articolo e le fonti citate)

E’ evidente che prendere coscienza di questi meccanismi è un bene sia per le donne che per gli uomini e alla lunga l’intera società vedrebbe gli sviluppi positivi di un cambiamento di regime. Però ci vuole tempo, e impegno costante, e voglia di lavorare attivamente in una certa direzione tutti insieme.

Alla luce di queste evidenze, non è forse il caso di ripensare all’introduzione di quota rosa? Il mio istinto mi dice che le quota rosa sono un’imposizione antipatica, perché introduce criteri di valutazione diversi in base al sesso (ti assumo solo perché sei donna, altrimenti non lo farei) però mi chiedo: se è già vero che le donne vengono sistematicamente discriminate, e quindi un criterio di assunzione o meno in base al sesso avviene già, quale sarebbe la differenza? come è possibile rovesciare la situazione in un tempo relativamente breve, se la maggior parte delle discriminazioni vengono perpetrate senza premeditazione? Quando la cultura patriarcale è così radicata in uomini e donne lo sforzo per uscirne non sarà forse esagerato e troppo importante perché avvenga spontaneamente? E quanto perdiamo in termini di produttività, di soldi, di materiale umano buttato al vento, di lauree tenute nel cassetto continuando su questa strada? Siamo sicuri di voler attendere che questo cambiamento così importante avvenga spontaneamente, attendendo magari una decina di generazioni?

Vi lascio con un video di TED di Sheryl Sandberg, unica donna in posizione manageriale in Facebook, un social network in cui la maggiore attività è fatta da donne, sia in termini di contatti, status updates, commenti, likes, eccetera eccetera.

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8 thoughts on “Donne e leadership”

  1. Sulle quote rosa ho una pessima esperienza: nella mia società una donna (non preparata tecnicamente, non competente e per di più con atteggiamenti verso le colleghe veramente arroganti) è stata promossa ai vertici della società. E nessuno crede che la società ne abbia giovato.

    Ma sicuramente le difficoltà delle donne nel mondo del lavoro sono enormi.

    E concordo con il quadro riportato nel post.

    Se vuoi fare carriera non devi avere una famiglia o altrimenti devi comportarti come se non l’avessi (e passare molto più tempo al lavoro che a casa). e se da una parte è giusto che una donna lavori come e quanto l’uomo se vuole fare carriera, dall’altra parte il discorso a mio avviso si amplia…il problema in italia è proprio questo. Rispetto al resto di europa lavoriamo troppo (almeno 10 ore al giorno).

    Moonlitgirl

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  2. Per fare carriera sono importanti le ore che fai al lavoro; se hai un part-time del 90%, puoi scordarti promozioni! E poi ci sono donne che vengono promosse perché fanno tutti i giorni 10 ore di lavoro….E allora sì che scelgo i miei figli e mio marito!

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  3. Bellissimo video e interessantissima riflessione. Complimenti, siete sempre fonte di spuntoe dialogo tra mamma e papà, donna e uomo. Grazie per le riflessioni che stimolate.

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  4. @Serena, si, capisco perfettamente. Infatti bisogna anche notare la diversa distribuzione delle femmine nei vari ambiti di studio. Posizioni manageriali, a parte quelle in campi strettamente tecnici, provengono spesso da studi di ingegneria, dove la presenza femminile è molto più bassa rispetto alle altre facoltà scientifiche (solo per rimanere in ambiti di studio “simili”).

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  5. Barbara non ho dei dati precisi, ma so che normalmente le quote si introducono a scalare, nel senso che ti poni degli obbiettivi graduali, anche in parte per evitare di dover necessariamente prendere “chiunque” purché sia donna. Mi spiego con un esempio banale: se poche donne studiano ingegneria non è ragionevole assumere il 50% di ingegneri donna, se però il 15% di laureate in ingegneria è donna, allora forse il 15% di donne ingegneri assunte ha un suo perché. Piano piano aumentando le donne che ricoprono certi ruoli è evidente che si vengono a creare dei modelli di riferimento che dovrebbero spingere più donne a studiare ingegneria. Mi sono spiegata?

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  6. Io ero contraria alle quote rose come lo ero alla “positive action” per i neri. Ho pero” cambiato radicalmente opinione, perche in ambito di discriminazione il “politically correct” e’ un altro modo di mettere la testa sotto la sabbia!Quindi SI ad entranmbi…meglio dare una spintarella al destino, a volte!

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  7. Concordo al 100%, soprattuitto sull’antipatia e la necessità delle quote rosa. E’ stato provato in modo molto pesante in ambito politico: se al governo non ci sono donne, certi problemi non vengono neppure trattati (e lasciati completamente e sempre di più alle donne). Naturalmente questo vale per qualunque tipo di minoranza, ma è un pò assurdo che dobbiamo risultare una minoranza quando siamo più del 50%…
    Una volta immesse le quote rosa, le valutazioni per le nuove assunzioni saranno fatte ANCHE da donne, nella gerarchia decisionale ci saranno ANCHE donne, e questo dovrebbe togliere un pò di ostacoli alla successiva entrata di ulteriori donne, sperando di arrivare nel giro di pochi anni a non averne più bisogno, delle quote rosa. Magari inseriamo anche la paternità obbligatoria in contemporanea così siamo a posto.
    Un aspetto che mi interessa molto, per i paesi che le hanno introdotte e che possono quindi parlare di un’esperienza, è conoscere i dati su quanto debbano essere alte ‘ste quote rosa per poter funzionare. Qualcuno ha dei dati?

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