Crescere un bambino maschio in una famiglia prevalentemente femminile potrebbe nascondere insidie. Come bisogna comportarsi?
Nella mia famiglia non si era mai posto il problema dell’identità di genere.
Mai.
Per il semplice fatto che l’unico genere possibile era quello femminile.
Discendo da una famiglia matriarcale. Ancora oggi quando osservo le foto delle mie nonne che – altere e imperiose – impartiscono ordini attraverso la pellicola, avverto una certa soggezione. Le loro figlie non furono da meno. “Se vuoi far del male a qualcuno” ammoniva il nonno “auguragli tre figlie femmine!”
Il nonno aveva avuto per l’appunto mia madre e due gemelle (più un maschio che nella compagine familiare non ha mai contato un granché) e tutte avevano perpetrato la tradizione di donne assertive che dettavano il passo della famiglia
Poi qualcuno augurò del male a mio padre così arrivai io e le mie due sorelle.
Ricordo un pomeriggio in cui papà confessò con voce spezzata la sua fatica di vivere in un mondo prettamente femminile. “Non vi rendete conto” disse accorato “cosa significhi per me stare in una famiglia in cui i discorsi si declinano al femminile, i ragionamenti seguono il punto di vista delle donne, gli armadietti del bagno scoppiano di cremine e rossetti e persino il frigo contiene cibi che solo una donna comprerebbe: prosciutto cotto tagliato sottile e stracchino, ma si può?”
La cosa mi colpì molto e realizzai che evidentemente uomini e donne erano diversi. Non mi ero mai posta il problema, prima, dato che mio padre aveva sempre serenamente condiviso con mia madre i compiti di cura e custodia della famiglia e le pulizie di casa specializzandosi in preparazione di biscotti, lavaggio dei piatti e incontro con i docenti. (Adesso che ci penso, però, forse il suo sfogo fu causato dal fatto che tirammo troppo la corda contestandogli l’acquisto dell’assorbente sbagliato: salvaslip al posto del pannolone per flussi abbondanti con alette laterali e canaline di filtraggio modello siediti comoda)
Quella conversazione mi tornò in mente quando nacque la mia secondogenita. Sarebbe riuscito il mio testosteronico marito a sopravvivere in una famiglia di sole donne o anche lui sarebbe stato fagocitato come era successo a mio padre? Il rischio c’era: la prima figlia era un capolavoro di femminilità nella sua forma più parodistica, anello mancante tra il genere umano e Moira Orfei. Mio marito pensò bene di risolvere la questione andando a lavorare all’estero.
Cinque anni dopo nacque anche Davide, cioè un essere umano che avrebbe pensato, agito e parlato nella maniera diversa e misteriosa a cui mio padre aveva fatto cenno.
Non nascondo che la cosa mi destabilizzò. Avrei dovuto educare mio figlio diversamente dalle sorelle? Come si sarebbe espressa la sua mascolinità?
Io e le ragazze iniziammo a studiare i comportamenti di Davide con l’interesse di un entomologo, nella speranza di trarre da questi delle regole generali che ci avrebbero aiutato a decrittare l’altra metà del cielo, quella portatrice di pene.
Quali che fossero le aspettative che avevamo su di lui, Davide le disattese tutte e il bambino si mostrò interessato tanto al wrestling quanto agli smalti colorati. Quando compì due anni chiese in regalo un asse da stiro col relativo ferro; mia madre fece finta di non capire e gli donò una tavoletta di legno con un vero martello e dei veri chiodi. A ogni colpo Davide rischiava di farsi malissimo, ma l’identità sessuale era salva. Io invece non ero affatto stupita dalla richiesta: mio marito era bravissimo a stirare, proprio come mio suocero anche se non altrettanto veloce.
Crescendo, Davide rivelò di non essere molto diverso da noi ragazze.
Un giorno mia figlia lo prese da parte e lo affrontò.
“Ascolta Davide” gli disse “Al mondo ci sono i maschi, le femmine, e quelli che non lo sanno”.
“Non rompermi le palle” rispose lui assetandole un pugno nello stomaco come aveva visto fare alle sorelle, quindi tornò a preparare i biscotti secondo la ricetta del nonno.
Molto carino 🙂 Io ho un’esperienza molto simile. cresciuta in una famiglie pienapiena di femminealfa (proporzione donna-uomini 4-1). Mia madre ha due sorelle, io ho due sorelle e n cugine, non potevo che avere una femmina, ovviamente. E alla seconda gravidanza quando si è scoperto che aspettavo un maschio la reazione familiare è stata di incredulità (“Quindi anche noi possiamo averne?”). Poi una volta nato, salvo i primi cambi di pannolino dove non sapevo bene che fare e come sottrarmi all’infallibile minipuntatore, è andato tutto bene, in famiglia. Quello che mi ha colpito è stato più che altro la reazione di chi ho intorno, dai conoscenti ai colleghi (vivo al Sud): un evidente sollievo, a volte gioia, alla notizia che *finalmente*avrei avuto IL maschio. Spesso da parte di donne più che di uomini.
La reazione meno fastidiosa è “così fai la coppia” (coppia di cosa? non sono matrimoniabili tra loro mi pare; ma almeno questo commento sostiene una rappresentanza parotaria dei generi nella prole) ), più antipatiche le risposte tipo “Il papà sarà geloso” (geloso di che? perché?). La più banale “Così porti avanti il cognome” (del noto casato Serbelloni Mazzanti vien dal mare) Epica “ti auguro di avere un maschio, perché le femmine non vogliono altrettanto bene alla madre” (detto da una madre di soli maschi).
Sottocapitolo per il nome. Dalle mie parti si usa ancora abbastanza dare ai bambini i nomi dei nonni, cominciando da quelli paterni (in dialetto supponta o puntella, dal concetto di “ponte”), ma non mancano nomi scelti per gusto personale. Noi all’insegna di “persona nuova, nome nuovo” abbiamo dato nomi che ci piacevano a entrambi i figli. Per la bambina, nessuno ha detto niente né prima né dopo la scelta del nome. Quando aspettavo il maschietto, tra le altre cose ho passato un lungo pranzo di pasqua con la zia di mio marito appollaiata sulla spalla che mi sussurrava “devi chiamarlo come tuo suooocerooo. Ma anche tuo paadre, POVERINO, ha avuto solo femmineee. Ma io ho la soluzioneeeee: chiamalo con i nomi di entrambi: PIERGIUSEEEEEPPE”
E alla nascita di… Stefano, mi sono trovata a dover spiegare a un po’ di gente perché e percome non si chiamasse come il nonno. E ancora devo rendere conto alla prozia del mancato Piergiuseppe
Io adoro vivere in una casa di tutte donne.
Ho invece passato l’infanzia con mio fratello e da bambini, diciamo dopo gli otto o i nove anni, cominciarono a riservarci (soprattutto mia nonna) trattamenti differenziati che mi facevano super-arrabbiare. Tipo a un certo punto i miei zii cominciarono a invitare lui, a pescare. E un giorno mia nonna mi disse che non potevo stare in cortile a petto nudo, mentre mio fratello poteva. Però se nessuno ce l’avesse fatto notare credo che la nostra infanzia (almeno la mia) sarebbe stata senza genere. In fondo io adoravo le Barbie e lui le Tartarughe Ninja ma facevamo gli stessi giochi, cioè inventare storie con dei personaggi. Io scrivevo, lui disegnava. Io leggevo, lui guardava i cartoni. Ci travestivamo e recitavamo. Non credo che fossimo individui sessuati.
Anche io ricordo la mia infanzia come abbastanza asessuata
Pero ricordo che mi faceva incassare un cugino maschilista x cui ero trasparente (invece io avrei adorato fare il modellino del carroarmato).
Questo post capita a fagiolo, io ho due femmine, quando ho scoperto che aspettavo il terzo ho sperato nella femmina, mi sono detta, sono già per strada, sarà più facile…quando mi hanno detto che sarà/è maschio il primo pensiero è stato, “e mo? come si fa con un maschietto?” e subito dopo “lo massacreranno poverino”, non sono abituata a vedere pisellini in giro e mi chiedo di quanto dovrò cambiare comportamento con lui? o non dovrò cambiarlo affatto? certo il padre aveva bisogno del piccolo alleato, staremo a vedere 😉
Oddio, senti: sta’ attenta là sotto quando lo laverai là sotto per la prima volta.
Io ero abituata a trovare vagine.
Al primo cambio di pannolino ho preso male le distanze e gli ho dato una tale manata che ancora parla in falsetto
“là sotto”
“là sotto”.
hai capito dove? Là sotto
troppo forte!!!!! miofiglio il primo ,maschio, epoi 4 femmine ….. gioca con loro pur non sentendo minata la sua mascolinità, però ognitanto lui e mio maritohanno bisogno di fare discorsi da maschi…fare a pugni….. e parlare di cose da mschi..e ogni tanto sbagliano salvaslip acnhe loro o pannoloni perlasorella!!!!!! adoro la loro complicità maschile che con me no avrebbe avuto…e adoro a complicità femminile conle ragazze….. che ho io …ma tra noi c’è un mix che adoro…
a noi dopo la seconda femina ci hanno detto;: il maschio ce l’avete ora basta!!!:- .. ma noi abbiamo continuato…….
veronica
Ahahahah bellissimo!! 😀
Adesso però per par condicio vogliamo l’articolo opposto: come si educa una figlia femmina in una famiglia prevalentemente maschile?!
Se mia madre è unica femmina di quattro figli, io unica femmina di cinque, e mia figlia ha due fratelli maschi…. come la scampiamo?! 😀