Dalla parte delle bambine


Qualche tempo fa ci ha contattate Mamma Cattiva chiedendoci se avevamo mai parlato di un libro che lei ama molto. Io quel libro l’ho letto la prima volta a 15 anni, e mi ha accompagnato durante la mia crescita personale come donna.
Quel libro l’ho amato molto anche io.

Dalla parte delle bambine, di Elena Gianini Benotti è uno di quei libri che ha fatto molto discutere, e che nonostante sia stato scritto circa 30 anni fa, continua ad essere molto attuale, tanto da ispirare Loredana Lipperini a scriverne una versione moderna per le bambine di oggi: Ancora dalla parte delle bambine. Abbiamo quindi chiesto a Mamma Cattiva se aveva voglia di scrivere quel post per noi, lei non ha scritto una recensione, ma una ricca condivisione di idee e pensieri sull’impostazione dei rapporti e delle conversazioni.

Io sono una bambina cattiva.

Che io sia bizzosa e fuori controllo è noto a chi mi conosce bene, nel senso che sembro buona e cara ma quando, nel privato, mi ritrovo immersa in conversazioni che non condivido, parto per la tangenziale (sto scherzando, lo so come si dice…) e inizio a girare vorticosamente, nelle mie personali rotonde.

Uno dei temi che da sempre, da quando sono nella pancia di mia madre e decido di uscire, nel lontano 1968, di piedi e senza cesareo, mi fa uscire di senno è che esistano caratteristiche, indoli, preferenze intrinseche al sesso di un bambino, che esista una natura femminile e una natura maschile.

Mi spiego. Io non credo che i maschi e le femmine siano uguali. Sono cattiva mica scema. [pullquote]Io non credo che i maschi e le femmine siano uguali. Sono cattiva mica scema.[/pullquote] Penso molto banalmente che tutte le differenze tra maschi e femmine si riconducano semplicemente e banalmente al fatto (ed è un fatto) che gli uomini hanno un apparato sessuale e le donne ne hanno un altro che, per di più, la natura ha destinato a riprodurre gli individui. A parte questo io parlo sempre di persone e di individui unici e che siano maschi e femmine a me importa molto poco. Sono molto più attenta e in ascolto dei contesti storici, sociali e culturali.

Per me questo è un approccio alla vita, è una scelta di conversazioni, è un modello che applico nella mia famiglia fatta della sottoscritta, di un doc e di due bambini, un maschio e una femmina. Oltre questo nucleo, più passa il tempo, invece di intestardirmi e arrabbiarmi sempre di più, tendo a scoraggiarmi e a chiudermi sempre più in me stessa. Oltre il nucleo c’è una famiglia esterna, inattaccabile, di maggioranza. Siamo circondati da persone che ci amano e che sono sangue del nostro sangue (altra definizione che mi fa inorridire) ma che quanto a pensiero sono ai nostri antipodi. Questo non mi autorizza a farne dei nemici ma tutto diventa più complicato.
Oltre questo nucleo ci sono gli amici, quelli che ti scegli, quelli che ti fanno ridere, quelli intelligenti e quelli meno. Poi ci sono i conoscenti e più allarghi il raggio e più l’orecchio si apre agli estranei, agli sconosciuti, quelli che ascolti sull’autobus o all’autogrill al tavolo accanto.

Ecco, io faccio una gran fatica a trovare qualcuno che la pensa proprio come me.
Nei momenti più negativi mi sento proprio sola tanto che comincio a pensare di sbagliarmi, che tutti voi la fuori avete ragione e io sono una povera scema frustrata che si ostina a mettersi di traverso nelle cause perse.

Poi questa estate ho letto un libro. Un libro degli anni 70 che per il titolo avevo sempre snobbato. Come se un libro lo giudichi dal titolo, come se una persona la potessi pesare dalle prime parole che dice. Pensavo fosse superato un libro degli anni 70, come se una persona anziana nelle cose che dice possa essere non ascoltata. [pullquote]Pensavo fosse superato un libro degli anni 70, come se una persona anziana nelle cose che dice possa essere non ascoltata. [/pullquote]Combattere contro i luoghi comuni premia sempre. E’ come dare una chance in più a una persona bollata di una sola etichetta.

Il libro è: Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti

Mi sono subito chiesta perché mai mia madre non l’avesse letto. Magari le avrebbe suggerito una strada diversa, diversa dal sacrificio gratuito. Ma forse era troppo presto. Io l’ho letto nel 2000 ed è stato troppo tardi. Non è cambiato quasi nulla da allora, forse solo la possibilità di conoscerlo prima il sesso di un bambino e così preparare in tempo il corredino rosa o celeste.

Riga dopo riga la mia teoria, cresciuta in me spontaneamente senza l’influenza di alcuna lettura, quando ero troppo piccola per scegliere, ha trovato innumerevoli conferme. Perché la differenza chiave tra un carattere genetico e uno ambientale è che il primo non è modificabile e te lo tieni per quello che è, mentre il secondo è argilla malleabile e lavorabile. Se fin da piccoli ci convincono che alcune cose di noi fanno parte del nostro DNA, biologicamente, siamo destinati a rimanere fermi e a rassegnarci nei nostri limiti. Se invece abbiamo la consapevolezza di avere un carattere, un talento, un temperamento, un’opportunità svincolata dal nostro sesso abbiamo in mano il timone del cambiamento e quindi dell’autorealizzazione. [pullquote] Se invece abbiamo la consapevolezza di avere un carattere, un talento, un temperamento, un’opportunità svincolata dal nostro sesso abbiamo in mano il timone del cambiamento e quindi dell’autorealizzazione.[/pullquote]

I pregiudizi sono profondamente radicati nel costume: sfidano il tempo, le rettifiche, le smentite perché presentano un’utilità sociale. L’insicurezza umana ha bisogno di certezze…*

E io sono nemica dei pregiudizi, degli stereotipi, delle tipizzazioni.

La tipizzazione prestabilita in senso biologico è tale esclusivamente nei riguardi della procreazione; tutto il resto è culturale, fino a dimostrazione contraria.*

Fino a prova contraria. Per me non esiste il proverbio popolare che “l’eccezione conferma la regola”. Per me esiste il metodo empirico della scienza per cui ogni eccezione confuta la teoria.

Non me ne vogliano le persone che amo, che stimo, che frequento. Tutte quelle che nelle loro conversazioni usano continuamente frasi inutili e indimostrabili, senza fare lo sforzo di chiedersi se hanno senso, se esiste un’alternativa. Non sono quelle che mi impediscono di amarle e di frequentarle. Prevalgono altre ragioni per cui continuo a tenerle strette nella mia vita.
Ma dentro di me sono veramente cattiva e non riesco a fare mie quelle frasi, quelle conversazioni.

Provate a dimostrarmele e io ho sempre l’ultima parola, come dice sempre mio padre.

Per quanto riguarda le bambine, perché non lasciare a quelle che potevano avvertire il bisogno di affermazione una parte aggressiva e attiva di se stesse la possibilità di identificarsi liberamente con il personaggio del lupo? E’ questa libertà che si dovrebbe concedere, cioè di scegliere secondo i propri personali bisogni di individuo, invece di pretendere dai bambini che aderiscano per forza agli stereotipi inventati dalla nostra cultura e che sacrificano senza alcuno scopo positivo qualità ed energie umane preziose, che possono appartenere indifferentemente all’uno o all’altro sesso.*

*Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti

Se ti fosse venuta voglia di leggere questo libro, compralo cliccando qui: Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita e aiuterai questo sito a crescere.

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Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere

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67 thoughts on “Dalla parte delle bambine”

  1. Il libro colpì molto il mio immaginario negli anni della mia adolescenza, io, cresciuta in una famiglia di frontiera creata dal paradosso genitoriale della donna che deve stare a casa (padre) e la manager rampante che torna alle 22 (mia madre), cercavo una strada percorribile dove queste due estremità si potessero incontrare.
    Oggi mamma di due gemelli maschio e femmina, mio malgrado, vedo mio figlio schierarsi verso un fronte sessista e machista che non gli ho sicuramente passato io o il padre… e sento affermazioni del genere “io ho i baffi, tu sei una femminuccia, non puoi guidare, non puoi bere vino, non puoi cantare”.
    E mi domando chi abbia passato a un nano di 2 anni e 9 mesi questi pregiudizi, questi concetti retrivi… di mascolinità superiore.

    Genetica? Mi sembra assurdo… ma l’ambiente familiare e amicale non rientra assolutamente in canoni standard di patriarcale memoria… anzi.
    Questa esperienza ha generato il dubbio forte che questo messaggio è talmente forte a livello subliminale da passare comunque.

    Penso che mi terrò il dubbio, continuerò a dare messaggi paritari e non di sessimo pregiudiziale sperando che sia solamente una fase legata all’età.

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  2. Comunque non è solo una gabbia per le femmine ma anche per i maschi, i quali ingabbiati nel ruolo di capofamiglia spesso si perdono i propri figli.

    Eh si perchè per viverli i figli mica bisogna solo giocarci il sabato, bisogna accudirli e faticarci.

    Pechè gli schemi sociali non sono a senso unico, ve lo dico io che ho visto le facce di tutti quando accompagnavo ai parchetti i miei figli in settimana durante il mio periodo di paternità.

    “Ah… fai il mammo” mi dicevano… mammo un par de coi…!

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  3. @Cristina se glielo dico mi ritrovo da un rivenditore in quattro e quatt’otto. ‘Sta qua si sta pure appassionando al pooling!!! (si chiama così vero quello “sport” allucinante dove corrono coi trattori facendoli impennare e bucando l’ozono a livello di centrale nucleare?).

    Ah, io il copriasse lo compro!

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  4. @Cristina, Silvia…geniale! Facciamoci almeno una maglietta per stirare!

    @Giuliana, grazie a te di portare sempre tante riflessioni in merito in rete e oltre la rete. Coniamo la legge della conversazione?

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  5. commercializziamo subito dio ci ha dato il libero mercato e guai a chi ce lo toglie!!!

    @rocciajubba tu figlia ha ragione i john deere sono i più fighi in assoluto te lo dico che sono agronomo!! ma dì alla piccola che la manegevolezza de carraro non è da sottovaluatare 😉

    cristina

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  6. @Mario, certo il libro dimostra proprio come si spaccino distinzioni sociali per distinzioni di sesso. Sulle prime puoi intervenire,cambiare, evolvere (che sia poi un’evoluzione molti pensano di no), sulle seconde diventa quasi impossibile (anche se oggi chi non vuole avere un pisello può scegliere di farselo togliere).
    Faceva e fa’ comodo alla società stabilire fin da piccoli che l’uomo gioca con le spade e le donne con le bambole così diventa molto semplice far accettare ai primi di andare sul fronte per difendere la patria e alle seconde accudire e crescere i figli dei padri soldati.
    All’età della pietra quando tutto era ancora regolato dalle differenze biologiche, dall’istinto di sopravvivenza, gli uomini, molti più vicini agli animali nel comportamento, erano fisicamente più forti e più robusti e non avevano l’apparato per portare un figlio nel grembo e partorirlo. Quello lo facevano le donne in quanto fisicamente e biologicamente predisposte in quella direzione. Nella preistoria i ruoli erano sì guidati dalla natura ma oggi, e anche prima di oggi, non possiamo ricorrere a questa giustificazione per dimostrare che io come femmina non posso aspirare a diventare quello che voglio. La stragrande maggioranza delle donne pensa di non poterlo fare perché è femmina, perché a lei spetta il 100% della cura della famiglia.
    Tu caro Mario forse hai capito questo e ti sei appropriato della tua parte. Anche il mio compagno è cresciuto con la madre a casa e una governante che la mattina gli preparava i vestiti e la colazione perché era maschio ma nella nostra vita di famiglia fa le stesse cose che faccio io.

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  7. cristina… potremmo commercializzare un copriasse da stiro con quella scritta? che dici, troppo intellettuale o ci vedi uno sbocco sul mercato??? 😀

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  8. Si, però la società non è un’entità astratta: siamo noi, uno per uno, nessuno si tiri indietro. L’educazione, quella che cambia la mentalità e, dunque, la storia, nasce in casa. Parlare di “società”, spesso deresponsabilizza.
    Se dall’età della pietra qualcosa è cambiato, un motivo ci sarà, no, Mario?

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  9. @Mario io sono stata cresciuta da due genitori che di quel libro hanno fatto una bibbia pedagogica.
    Mio padre ha sempre fatto tutto in casa (tranne stirare…non mi chiedere perchè). Io e mio marito ci aiutiamo ma io faccio part-time quindi la cura della casa è ovviamente più mia che sua.
    In compenso al sabato si fanno le ultime faccende assieme.
    Credo che ci sia differenza fra “dividersi i compiti” e vivere per stereotipi, incasellare i sessi in una gabbia.
    Quante volte hai sentito dire a un bambino maschio “Non piangere che i maschi non piangono!”.
    O quante volte ho dovuto dire a mia suocera di non farsi uscire con mia figlia frasi del tipo “Ma che brava che spolveri come una donnina grande!”?!!? (grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!).
    L’equilibrio è sempre la chiave di tutto credo.
    Sei femmina e vuoi giocare alla pappa? Bene. Ti piacciono i camion? (perchè se non lo sapete i più belli sono i John Deere che sono verdi con le ruote gialle…parola di mia figlia!) Altrettanto bene.
    Sei maschio e giochi a calcio? (anche se mamma tua prefirebbe il basket che non la fa dormire) Ok vai e divertiti. Per Natale vuoi il cicciobello? E io te lo compro.
    Alla fine è un discorso semplice. Se hai la voglia di farlo.

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  10. Avrei tante cose da dire che so già che alla fine non mi verrà fuori niente, solo luoghi comuni. me ne scuso in anticipo, è che ci tengo troppo, e sapete come vanno certe cose.
    ho letto il libro della gianini bellotti in adolescenza, e non ho neanche considerato la possibilità che lo leggesse anche mia madre, perché lei apparteneva ad un’altra cultura, alla quale si ribellava con tutte le sue forze, e leggerlo l’avrebbe fatta piangere.
    oggi il fatto che questo libro (come anche “ancora dalla parte delle bambine”) possa scuotere ancora le coscienze fa piangere me. perché vuol dire che dopo 40 anni stiamo ancora a parlare delle stesse cose, perché vuol dire che non ci siamo liberate, e anzi. anzi quello che vedo attorno a me non mi rassicura per niente. vedo madri schiave del focolare contente di esserlo, e bambine femmine la cui immagine viene trattata con divertimento, senza la consapevolezza di quello che comporta un certo modo di vestirsi, di atteggiarsi, sul lungo periodo. e vedo bambini maschi educati all’aggressività (sì, quella che nasce da una interpretazione storpiata dell'”avere il pisello”) da mamme e papà contenti delle manifestazioni di precoce virilità. con tutto quello che ciò comporta in termini di apertura di prospettive.
    e sì, non vedo la consapevolezza che “Se invece abbiamo la consapevolezza di avere un carattere, un talento, un temperamento, un’opportunità svincolata dal nostro sesso abbiamo in mano il timone del cambiamento e quindi dell’autorealizzazione.”
    e sento molto la responsabilità di tutto questo. come genitore, non come mamma.
    grazie mamma cattiva.

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  11. Beh… comunque il libro affronta ampiamente l’influenza che ha la società prima dei genitori.

    Come dall’alba dei tempi la società definisce dei ruoli basati sul sesso. Barbie, spade, ecc…

    Ma all’età della pietra mica era che gli uomini cacciavano e le donne curavano il nido?

    Boh… comunque io cucino e faccio il bucato e mio padre(stimatissimo) non ha mai fatto una mazza in casa.

    Com’e’ stà storia?

    Ciao,
    M.

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  12. Ecco..volevo dire proprio questo ma tu lo hai detto meglio (io scrivo di nascosto…in fretta…dall’ufficio…voi non mi avete visto…).
    Sì, ci sono fasi di identificazione fisiologiche in chi è più simile a noi.
    Poi arrivano quelle di distacco e rifiuto poi di nuovo l’identificazione inq uei bei su e giù destabilizzanti che ogni genitore consoce così bene e che sono così indispensabili.
    Dicevo che ci vorrebbe un “dalla parte die bambini” per i maschi perchè forse la nostra generazione di madri è molto più preparata a gestire il voler essere “altro” dagli stereotipi per le femmine che per i maschi.
    Su questo c’è più preparazione (anche se pochissima applicazione lo so).
    Sul fatto che sia indifferente chi cura un neonato io non sono d’accordo, penso che biologicamente abbiano più bisogno della mamma all’inizio. Il che non vuol dire che un padre solo o un nonno o comuqnue una figura maschile non possa farcela più che bene, ma penso che la natura ci abbia fatti in un certo modo e che si abbia bisogno, per almeno il primo anno di vita, di una presenza materna forte, rpeponderante anche se porgressivamente sempre meno esclusiva (anche perchè altrimenti finiamo tutte alla neuro!).

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  13. ciao Rocciajubba, ti leggo attentamente e alla fine non ti sento tanto distante. Mi spiego.
    Io non nego la natura. Non nego che una mamma è femmina e il papà un maschio (che poi si possano fare altre scelte sessuali è un altro discorso e andiamo ot). Non nego l’identificazione. E’ un fatto dimostrabile: il papà fa la pipi in piedi perché ha un pisello e Leo la fa allo stesso modo. Le fasi poi sono talmente tante e varie che dire che la bambina si identifica con la mamma e il bambino con il papà è piuttosto riduttivo. E’ un fatto che ci sono tappe in cui avviene un’identificazione incrociata. Ergo perché soffermarci solo sulla prima? Non sarà un semplice bisogno di indentificazione in chi è più grande e ha da insegnarti qualcosa, che ti da’ sicurezza, che ti indica una strada, maschio o femmina che sia? Anche l’imitazione dell’allattamento. E’ un fatto che sia la mamma con le mammelle a poter allattare ma la cosa finisce lì. La cura, l’accudimento sono azioni che possono essere eseguite indistintamente da un maschio e una femmina. Il mio Leo lasciato liberamente fare quello che sente in base all’osservazione di quello che avviene in casa, spesso gioca con la sorella e cambia la bambola, la porta in giro con un passeggino.
    “Mia figlia cucina “come la mamma” e prepara la legna “come papà”.” non è natura. E’ usanza storica, dettata dalle convenzioni. In Israele le donne prestano servizio militare.
    Sposo pienamente che i bimbi debbano essere liberi di imitare chi vogliono e vedere che Picca vuola andare allo stadio con il padre è una sua libera scelta.
    Gli sfortunati secondo me sono quelli a cui vengono posti dei limiti. Io scriverei un libro per questi, per tutti coloro che credono di non potere fare una cosa perché sono maschi o femmine, urban o black, colletti bianchi o operai.

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  14. Concordo ma non del tutto.
    Credo che ci sia un naturale bisogno di identificazione dei bambini (sia maschi che femmine)nel genitore che vedono più simile a loro.
    In un determinato periodo della vita il bambino tenderà a identificarsi con il padre e la bambina con la madre.
    “Io sono femmina e faccio come la mamma”.
    “Io sono maschio e faccio come papà”.
    Ad esempio (scusate ma è il primo che mi viene) la pipì in piedi per i maschi è emulazione di un modello paterno.
    Mi direte voi: il punto è lo stereotipo che il maschio faccia pipì in piedi se non è meno maschio.
    Ok, cambio: la bambina vede la madre allattare e prendersi cura del fratellino/sorellina piccolo e imita. E allattare un uomo mica può farlo. La cura già di più, lo so, ma visto che per i primi mesi la madre allatta e sta a casa e quindi si occupa di più di un neonato…la cosa è abbastanza automatica.
    E’ vero che tanto è stereotipo, ma penso anche che tanto sia natura.
    Mia figlia cucina “come la mamma” e prepara la legna “come papà”.
    Credo che il succo stia qui.
    Magari per gestione famigliare, accordi, organizzazione del tempo i compiti sono divisi, ma ai bimbi dovrebbe essere concesso di imitare chi vogliono.
    E penso che in qesto i più sfortunati siano i maschietti, perchè le donne lottano e combattono eprchè le proprie figlie facciano le scelte che vogliono, ma se un maschietto vuole pulire casa come al mamma o fare pipì seduto…apriti cielo.
    Forse un “Dalla parte dei bambini” orientato a questo andrebbe scritto.

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