Crisi d’identità per un gemello

gemelliUna casa rosa con le persiane verdi, un prato immenso davanti, un grande tavolo apparecchiato all’ora di pranzo. Bambini allegri e chiassosi tirano calci a un pallone sgonfio, lo inseguono nei campi scoscesi, corrono nell’orto vicino e affondano le scarpe nella terra morbida e bagnata.

Uno di loro risale da solo, prende un mazzo di carte colorate e scappa lontano, si siede all’ombra e stende le sue carte formando una scacchiera. Lo sguardo e’ serio, provo ad avvicinarmi: “Voglio stare da solo”, mi dice quando mi vede arrivare, “lasciami giocare con le mie carte”. Resto li’ davanti per qualche minuto, mi guarda e aspetta che entri in casa, abbozzo un sorriso che lui non ricambia, lo saluto con la mano ed entro in casa.

Avevo un bambino allegro e sorridente, che giocava a nascondino insieme agli altri e correva felice con i suoi amici.

Ora ho un bambino ombroso, dallo sguardo scuro e triste, che si apparta e preferisce giocare da solo, in silenzio.

Avevo un bambino canterino, che alle feste di classe sapeva a memoria le canzoncine di Natale e le ripeteva entusiasta ai genitori alle feste comandate.

Ora ho un bambino che non vuole cantare, quando gli altri ripetono filastrocche e poesie li guarda serio e ascolta, senza parlare e pensa che il suo gemello sappia cantare meglio di lui.

Avevo un bambino che dava la mano al suo gemello, lo abbracciava, cercava i suoi baci e le sue carezze.

Ora ho un bambino che guarda il suo gemello e gli fa i dispetti, gli strappa i giochi di mano, lo sveglia quando vuole dormire, non lo accarezza più.

Avevo un bambino che diceva parole gioiose: sole, mare, prato, cielo, rosso, azzurro e blu.

Ora ho un bambino che dice mille parolacce ai suoi fratelli, parole che scivolano come strade di ghiaccio, sassi pesanti come macigni all’orecchio di una madre disarmata.

Avevo un bambino che accettava i “no” e i “non adesso”, che aspettava il suo turno con pazienza guardando i fratelli.

Ora ho un bambino che ai “no” risponde buttandosi per terra, gridando e battendo i piedi, continuamente, per ogni cosa.

Avevo un bambino che faceva disegni colorati e originali, li mostrava orgogliosi a me e al suo gemello, parlavano di battaglie sul mare, di navi di pirati, di case illuminate e fiori variopinti.

Ora ho un bambino che prende gli stessi pennarelli del suo gemello, ne copia i soggetti, le linee e i colori, e si rabbuia pesando che i suoi disegni abbiano sempre un particolare venuto male, venuto peggio.

Avevo un bambino che all’uscita dall’asilo mi veniva incontro saltandomi al collo e riempiendomi di baci e di carezze: “La mia mamma!”.

Ora ho un bambino che mi vede arrivare e mi raggiunge chiedendomi che merenda gli ho portato, trovandola sempre meno buona di quella che avrebbe desiderato.

Avevo un bambino che accettava i vestiti che avevo scelto per lui per il giorno dopo, a prescindere da quelli del suo gemello.

Ora ho un bambino che guarda prima i vestiti del suo gemello, pensando che siano sempre più belli e più colorati dei suoi e rubandogli almeno un capo, che sia maglietta, pantaloni, calze o mutande.

Avevo un bambino che chiedeva al suo gemello di poter fare un gioco con lui, una costruzione, un puzzle o un’altra attivita’ da fare insieme.

Ora ho un bambino che vede il suo gemello giocare e ne disturba ogni momento il gioco, distruggendogli le costruzioni fantastiche da lui inventate.

Prima guardavo Tommaso e Riccardo e vedevo due gemelli giocare, inventare, costruire, tra un sorriso, una risata e una carezza sussurrata.

Ora non riesco più a vedere niente, persa tra uno sguardo triste e una rabbia cieca e disarmante. Continuo ogni giorno a guardarli, ma spesso il labirinto e’ così fitto che non mi ritrovo più.

– di Valewanda

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12 thoughts on “Crisi d’identità per un gemello”

  1. stesso punto di vista, stessi sguardi, stesse strette al cuore. gemelli, due, maschi. così. come li hai descritti tu. spero in un passaggio che sia di crescita per tutti. in tutto questo il passaggio dal nido alla materna sta amplificando difficoltà per uno di loro. sempre lo stesso vien da dire, sempre lui. ma non per ‘indicarlo’ ma per portarlo, accompagnarlo. andiamo avanti.

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  2. @raffaella, lo dico a me stessa in primis, perché fondamentalmente non ne sono capace. Mi struggo con sofferenza quando vivo certe cose, a volte semplicemente bisognerebbe pensare che crescere fa male, e’ difficile, può voler dire attraversare momenti in cui si fatica a capire chi si vuole diventare. E’ un esercizio per me, e mi costa non poco.

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  3. Claudia, grazie per aver scritto questo, credo che Riccardo stia attraversando proprio questa fase di distacco e necessità di distinguersi e affermarsi come personalità distinta dai suoi fratelli. Penso che con i gemelli sia una tappa necessaria per la loro crescita, affrontata in modo diverso, più o meno intenso e doloroso, a seconda della personalità di ognuno. Per me è’ doloroso perché difficile da capire, anche perché sono figlia unica. Da un lato forse il fatto che succeda ora che ha sei anni e’ un bene, meglio ora piuttosto che in seguito. Spero tra qualche anno di poterne raccontare con sollievo e non con sofferenza come ora. Grazie!

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  4. Cara Walewanda, ti sono molto vicina. Il tuo post e’ molto bello. Bello e pieno della tristezza di una mamma che non sa come aiutare il suo piccolo. Ho rivisto me stessa che guardo mio figlio, spalle incassate come a farsi più piccolo che può e dito in bocca, senza sapere che fare. Hai detto bene: lasciamoli crescere e non pensiamoci in maniera esagerata. Se ci riusciamo…

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  5. Ricordo precisamente quando ho deciso di allontanare mia sorella da me, ricordo il pensiero e l’emozione correlati a questa decisione. Avevo dieci anni, la mia vita di bambina non era delle più facili perchè ero entrata di botto nella pre-adolescenza (o adolescenza anticipata?). Il confronto con i coetanei era faticoso, mi sentivo incompresa dai miei genitori, la scuola era impegnativa… e io sentivo di non farcela a mantenre lo stretto rapporto che avevo avuto con mia sorella fino a quel momento. Non siamo gemelle, lei è più piccola di me di 3 anni e fino a qul momento siamo state inseparabili. Poi non ce l’ho più fatta, sentivo che dovevo allontanrla. Diventata adulta mi sono ricordata di quella fase in cui io sono diventata io e lei altro da me e mi sono sentita in colpa. Una persona alla quale ho raccontato questa cosa in un momento difficile della mia vita semplicemente mi ha aiutata a liberarmi (almeno in parte) di questo peso: allora non avevo scelta, per me si è trattato di sopravvivenza. Differenziarmi, allontanarmi da mia sorella mi ha permesso di crescere e di crearmi una mia identità. Sicuramente non è un percorso obbligato per tutti, ma per me è stato così. Ero una bambina sensibile e precoce, introversa e spesso silenziosa, insicura e certa di avere qualcosa in meno rispetto agli altri. Come tuo figlio spesso mi allontanavo (da tutti, non solo da mia sorella) e guardavo il mondo con diffidenza. Crescere è stato doloroso, ma ad un certo punto questa fase è passata. Fondamentale per me è stato incontrare adulti che hanno capito questa mia sensibilità e mi hanno incoraggiata, sostenuta, accettata. Fondamentale è stato fare esperienze belle e positive che hanno rafforzato la mia autotima: dallo sport, ai centri estivi, al teatro a scuola. Penso a quel tuo bimbo così diverso dagli altri due, per il quale crescere significa anche soffrire e provo una grande dolcezza… coraggio!

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  6. Grazie suster, hai ragione quanto a momenti escusivi con l’uno e con l’altro. Purtropp, avendo anche un altro figlio più grande, mi è davvero molt difficile, ma può aiutare. Grazie per le tue parole, tutto aiuta, tutto è utile per riflettere, anche cose che sono state già dette. Un abbraccio

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  7. Pur non avendo mai vissuto un esperienza simile alla tua, mi viene naturale dirti che ti sei già risposta benissimo da sola. io credo che siano passaggi ineludibili della crescita, e che la ricerca di una propria identità debba per forza di cose passare attraverso un confronto diretto con gli altri, meglio se coetanei, meglio se vicini, meglio se fratelli, e che non sempre da questo confronto è facile uscire indenni, non sempre è indolore.
    Io credo che ciascuno dei tuoi due bambini stia vivendo questa fase in maniera consona alla propria indole. Forse non è detto che il bambino ombroso e rabbioso sia più insicuro del fratello apparentemente più sereno. Magari è solo più sensibile e risente emotivamente di più di questo implicito confronto.
    Ti chiedi cosa puoi fare? Non sempre possiamo sostituirci ai nostri figli nel trovare soluzioni ai loro problemi, grandi o piccoli che siano. Tu secondo me devi continuare a offrire ad entrambi te stessa, offrendo loro la possibilità di essere se stessi nella maniera che meglio credono. Sì, anche se questo può voler dire a volte isolarsi o chiudersi in sè. IN quei casi fai bene ad avvicinarti, come racconti di aver fatto e poi, con discrezione, allontanarti, quando richiesto.
    Non credo sia facile, no. Capisco benissimo che certe situazioni possono essere spiazzanti, e magari anche devastanti per una madre.
    Mi capita un po’ lo stesso di fronte alle scenate di gelosia della grande nei confronti della piccola. Quando, mi chiedo, può aver avuto anche solo il dubbio che il mio amore per lei possa essersi ridotto a favore della sorella?
    A volte provo a dedicare del tempo esclusivo a lei, magari uscendo da sole, proponendole attività diverse. Sicuramente ti avranno già detto che per due gemelli è importante differenziare (come la spazzatura? Oddio!), permettere loro di esprimersi indipendentemente l’uno dall’altro, far fare loro esperienze diverse, dedicare del tempo esclusivo all’uno e all’altro. Magari non è semplice quando uno ha già poco tempo in assoluto per stare con i figli, ma una volta ogni tanto si può provare.
    Magari ti scrivo cose che sai perfettamente.
    Non dev’essere affatto facile. Un abbraccio di grande solidarietà!

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  8. @grazie Roby, a volte veramente barcollo senza sapere come arginare questa insicurezza profonda, mi sento inerme. Qualcuno però mi ha suggerito a volte di archiviare certe cose senza per forza ricamarci una storia sopra ed è un consiglio saggio. A volte lasciar passare, senza fermarsi sempre a dare significati, forse alleggerisce le cose. Proverò, un abbraccio.

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  9. Mi dispiace tanto, una situazione difficilissima da affrontare, che in parte assomiglia ad una che conosco. Un bacione

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  10. Cara Deborah, è da un annetto che la situazione è come quella che ho descritto, non saprei dirti quale sia la causa scatenante. Forse è un passaggio di crescita che inevitabilmente doveva arrivare, ma per me è durissima cercare di capire come aiutarlo.

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