Crescere i maschi

Esterno giorno. Paesaggio da togliere il fiato, colline toscane che degradano dolcemente, silenzio, intorno solo prati e cipressi.
Un uomo e un bambino guardano davanti, un punto indefinito nell’immeso, e parlano.
Passano i minuti, un’ora, poi si alzano, a loro si uniscono altri due bambini, tutti insieme guardano un pallone e iniziano a giocare.
Questa scena, reale, è il mio ritratto di famiglia.
Io, una donna, l’unica della famiglia, sono la voce fuori scena, mi trovo a camminare sopra un filo, un’equilibrista che divide il tempo e si divide tra quattro uomini.
Il primo me lo sono sposato.
Il secondo l’ho messo al mondo sei anni fa, felice di affibbiargli il nome che da sempre desideravo per il mio figlio maschio: Mattia.
Poi arrivano gli altri due.
Rimango incinta dopo un anno e mezzo, un po’ incredula e stordita dalla notizia di avere in grembo ben due creature.
Mia madre inizia affettuosamente ad appellarle “le gemelline”, una sua amica che legge i tarocchi “le streghette”.
“Ma siete sicure?”, dico timidamente, “non è che le carte ingannano?”.
Non sia mai, quale sacrilegio, arriva il giorno della morfologica.
Lo schermo nero si accende, fantastico su vestitini rosa e lavori all’uncinetto che sogno di fare da quando sono bambina, trattengo il respiro: due immagini appaiono chiare a segnare il mio destino, prima l’una e poi l’altra implacabili. Il ginecologo sorride mentre i due virgulti aprono le gambe a mostrare fieri le loro virilità. Il mio futuro di donna in minoranza uno a quattro è lì in quella manciata di immagini.
In un attimo mi trovo a chiedermi che nomi darò, due insieme, da maschio. Io, che avevo già una lista di “Viola”, “Matilde”, “Beatrice”, “Sofia”.
I pensieri mi portano come un lampo all’adolescenza, a ragazzi schivi che lesinano confidenze, e una mamma in solitudine che raccoglie briciole e frammenti di discorsi nascosta dietro la fessura di una porta.
Mi vedo con una tisana e un libro nelle sere d’inverno, a leggere nella confusione di quattro birre, uno schermo e una partita di pallone.
Mi vedo impaurita ad alzare una cornetta, e sentire una voce femminile che sussurra dal citofono, uno sguardo timido che rifugge dalle domande e scappa dalla porta fino a sera con lo zaino sbiadito appoggiato su una spalla.
Mi vedo come mia suocera, come me madre di tre maschi, alla ricerca di complicità con tre nuore loquaci per recuperare momenti perduti.
Mi vedo a scegliere imbranata le prima camicie, io che di camicie non ne ho mai capito niente.
Poi però il mio sguardo torna alle colline, all’immagine di quel padre e dei suoi figli che si guardano con un amore infinito.
Penso a loro, tutti e tre, che a guardarli sembrano uguali ma che poi sono così diversi.
Penso a due gemelli che sembrano nati a un anno di distanza, due sorrisi uguali a due altezze diverse, due pesi diversi, un piede 28 ed un piede quasi 30.
Penso a che uomini saranno, quando si butteranno nella mischia, quando ognuno prenderà la sua strada, da solo.
Provo a immaginarli che leggono seduti sulla sabbia, che parlano al telefono alla fermata del tram, che preparano una pasta al ritorno dal lavoro.
Li penso con un bambino in braccio, con le occhiaie, a preparare un caffè, a dare un bacio.
E penso a me, che ho una bella sfida davanti, e non la voglio perdere.

– di Valewanda

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29 thoughts on “Crescere i maschi”

  1. Mi associo, bellissime parole. Io di maschi ne ho solo due e non so mai quale dei due è il più piccolo 🙂
    L’ultima frase è perfetta, non si può aggiungere altro.

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  2. mannaggia a me.
    dopo 4 anni dovrei aver imparato che i post di Valewanda si leggono solo con un pacco di kleenex a fianco…. e ora come faccio, che ho sbavato tutto il mascara!?!


    grazie

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  3. Io ne ho solo 3 di maschi in casa e ho temuto per un po’ che mi sarebbe venuto il complesso dell’ ape regina. Macchè, mi camminano sopra senza badarmi, mi fanno le coccole, portano i fiori e ultimamente figlio 1 malaticcio e desideroso di vicinanza (la famosa settimana in cui io lavoravo e lui si sfebbrava solo in casa), ha dichiarato: vorrei tanto organizzare un high tea in cui stiamo tutti a ricamare, ma forse ai maschi è meglio che non glielo dici o mi prendono in giro (naturalmente il buon proposito è rimasto tale per quei 10 minuti di febbre, poi è sfebbrato con il resto).

    Che dire, ho cercato lumi in “Crescere figli maschi” che ultimamente ha letto anche mia cognata, perchè anche mia suocera ha tre figli maschi, ma a forza di cocciutaggine ha tirato fuori per ultima una femmina e le nuore sono entrambe straniere e per quanto ci amiamo, siamo molto diverse in aspirazioni e obiettivi. Però appunto, le responsabilità e le delizie di essere madri di maschi sono immense, ma ci pensate? Ci saltiamo a più pari tutta la difficile fase di identificazione e rifiuto di cui mi raccontano le madri di femmine adolescenti. E costruiamo i forse futuri mariti e padri di domani, vi pare poco? Da sole possiamo ancora distrugger il mito della suocera italica.

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  4. A chi lo dici, l’adolescenza mi terrorizza. Ma poi penso che se ho superato l’insonnia cronica del primo…Siamo bioniche per definizione, no?

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  5. Chiara, è consolante quello che scrivi, io temo molto soprattutto l’età critica, dai 15 anni, ho molta paura di non riuscire a entrare nella testa loro. Conto, su tre, che almeno uno scelga la mamma per le sue confidenze…

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  6. hai scritto un bellissimo post nel quale mi riconosco molto. Non solo per i tre figli maschi ma anche, curiosamente, per la suocera, che con quattro figli maschi contava tanto sulle nuore…Anch’io a volte cerco di immaginarmeli da grandi, all’inizio così diversi da me mi facevano un po’ paura. Poi ho scoperto che una madre può trasmettere molto di sé a un figlio maschio, e la differenza di genere è veramente un’occasione per imparare cose di cui il mondo fino a oggi mi aveva un po’ privato.

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