In ossequio alla rubrica che su genitoricrescono accoglie sacrosante grida di disperazione dei genitori, eccomi qui.
Ho parlato del gemello in crisi.
Ho parlato del gemello sereno.
Ho parlato del fratello maggiore.
Ora parlo di me.
Io, madre di un primogenito perennemente geloso e di due gemelli, immersa in un universo maschile di variegata complessità, spesso esausta e spossata per la troppa vivacità dell’agitata prole, mi confesso.
Io, che osservo disarmata questi figli crescere, trovandomi spesso a combattere contro dubbi amletici a cui non so dare risposta.
Qualcuno mi disse “Archivia, passa avanti, i sensi di colpa mettili nel cassetto”.
L’ho preso come esercizio per la mente, allontanare quei dannati sensi di colpa che ti inchiodano alla sedia e ti paralizzano, mentre guardi uno dei tuoi figli prendere a racchettate il gemello su una bianca e immacolata pista da sci.
Archivio, entro al rifugio e ordino un abbondante bombardino con panna che ti passa la paura.
Eccomi, io che predico che sono gemelli sì, ma bambini distinti, ognuno con i suoi ritmi, (e tante belle parole), e poi mi trovo a chiedermi perché uno è così equilibrato e serafico e l’altro così inquieto e tormentato.
Io, che con il cuore in mano guardo il gemello in crisi e riesco solo a vederne le difficoltà, chiedendomi ogni giorno cosa è andato storto. Già, proprio io, che inneggio alle distinzioni e alle individualità, mi trovo poi a predicare bene e a razzolare malissimo nella pratica. Quali distinzioni? Sarebbe molto più semplice averli fatti con lo stampino, invece di mettersi a decifrare due caratteri (o tre, con il primogenito) diametralmente opposti, inventandosi fantasiose spiegazioni per calmare il gemello in difficoltà (e me per prima).
Io, che dispenso consigli e aiuti a chi mi chiede, e poi affondo in un mare di perché quando si tratta di esprimere la preferenza per la futura maestra dei miei figli. “Lascia andare come viene”, dico alla mamma delle gemelle del parchetto sotto casa, “vedrai che andrà bene comunque…”. Questo mi trovo a dire con convinzione a lei, impaurita di fronte a me, che mi ringrazia. Sfodero un bel sorriso rassicurante, voce calma e pacata, e riesco a essere anche convincente, prima di girare i tacchi e pensare a quale lettera scrivere alla scuola per tentare di veicolare la scelta della classe.
Io, che vorrei mantenere la calma di fronte all’ennesimo litigio, scontro, capriccio, conto fino a dieci prima di lanciare un urlo per disperazione. Una bomba a orologeria, un crescendo di tensioni accumulate, che all’improvviso esplodono in un fragoroso scoppio. Non ne vado fiera, ma tant’è.
Io, che spesso mi sento il bersaglio, il capro espiatorio di tutte le ripicche della progenie, al centro delle continue richieste di attenzione, vacillo cercando di dividermi e di moltiplicare il tempo a disposizione.
Vacillo, e poi mi rimetto in piedi, sbaglio e poi cerco di recuperare facendo due passi indietro per osservarmi da lontano. Mi guardo e vedo una donna a volte persa, che si barcamena ogni giorno tra le mille scelte possibili, incerta tra l’istinto di fare la prima cosa che mi salta in mente, e quello di seguire i consigli, le frasi sagge dei libri, una qualsiasi strategia. Ma quale strategia?
Parole come lame affilate mi colpiscono in piena faccia: ricaccio le lacrime giù nel profondo, quando ci riesco, a volte mi arrendo e le lascio scendere. I bambini mi guardano: uno mi dice di non piangere, l’altro mi prende la mano, il più grande si arrabbia e incolpa sempre lo stesso gemello. “Non vedi che fai piangere la mamma?”.
E così, in questa caotica e perenne confusione, procedo a tentoni, incrociando le dita che questa volta la strada che ho deciso di seguire non sia irrimediabilmente quella sbagliata.
E voi? Che ne pensate voi? Cosa provate?
Sapete che c’è?
Che domani, in fin dei conti, è un altro giorno.
– di Valewanda –
E’ solo un grazie, il mio, perché oggi e ieri sono proprio di quei giorni no, di quelli che sembra di non azzeccarne una, in cui il pupo è carico di tensioni che chissà magari dipendono da te (e magari no), in cui sei costretta a fare scelte che oggi proprio non andrebbero fatte, in cui devi per forza delegare nel giorno sbagliato per tutti. Sono uscita dall’asilo con i lucciconi e tornata a casa con un peso sul cuore che – forse – si scioglierà stasera; grazie per farmi sentire ‘una che fa del suo meglio’, come tante. Non è mal comune mezzo gaudio, è riconoscerci profondamente umani, e non padroni né responsabili di tutto quello che succede. Buona giornata
El_gae grazie infinite. Hai ragione, spesso sbagliando strada si entra in qualche angolo magico, e’ successo anche a me! A presto…
Deborah, hai ragione. Forse io devo ancora imparare a convivere, in realtà non mi accetto mai su certe cose, e combatto sempre per essere diversa. Grazie!
A volte sbagliando strada si finisce in luoghi splendidi. Per questo nessuna strada può essere sbagliata in assoluto. Come sempre bel pezzo, denso e toccante.
Io ho una figlia sola e l’altra sera, mentre le rimboccavo le coperte le ho sussurrato: “sono molto felice che tu sia mia figlia e non ti scambierei con nessun’altra bambina al mondo” convinta, naturalmente, di aver sfondato una porta aperta. E invece, mi guarda tutta meravigliata e mi chiede se dico davvero, se neppure con A. che è la prima della classe, buona e gentile, l’avrei scambiata. Insomma, poi le domande me le sono fatte io, naturalmente. Sono troppo severa? la critico troppo? Caratterialmente siamo molto diverse, lei lo percepisce come una cosa negativa? Vedi, neppure con un figlio solo se ne esce. Si impara a convivere con tanti dubbi e qualche senso di colpa. 🙂
Grazie Vale, so che sai. Hai ragione, io non lo dico mai a lui ma dentro me lo penso, e ci sto lavorando perché penso che questo sia (anche) il problema. Quello che mi dici del libro e’ importante, e un’amica poco tempo fa mi ha detto che ha fatto la stessa cosa con i suoi tre figli… Grazie!
Vale, ti abbraccio in questo momento difficile, so come ti senti (sai che so 🙂 ).
Anche io ho una bimba più, come dire, oppositiva delle altre, però secondo me è importantissimo non etichettarla come quella che dà problemi. Tanti anni fa lessi un libro di quelli mezzi divertenti mezzi seri di Erma Bombeck e mi colpì (ero una bambina) un racconto di tre figlie che avevano perso la mamma. Tipo nella lettera di addio la mamma aveva scritto a tutte e tre “non dirlo a tua sorella ma sei la mia preferita”, e io questa cosa me la sono sempre tenuta stretta e cara.
Tieni duro.
Raffaella, vedo che tutte ci sentiamo allo stesso modo. Probabilmente dovremmo essere più indulgenti con noi stesse, sono la prima a dirlo a mio figlio grande e nella pratica lo faccio ben poco con me stessa. Imparerò anche questo, crescendo…
Grazie Roberta, sicuramente il “mal comunque e mezzo gaudio” funziona eccome. Il concetto di genitori “sufficientemente buoni” e’ sicuramente esemplare. Eppure io me lo dimentico sempre, e mi
Sembra sempre di seguire la direzione sbagliata… Ogni volta e’ lo stesso, nei periodo difficili mi perdo un po’ d’animo e faccio fatica a invertire la rotta. Grazie davvero per l’incoraggiamento…
Io mi rivedo tantissimo in te, in queste tue confusioni, parole, convinzioni, idee, sensi di colpa. Anche se non ho il terzo figlio, anche se non ho due gemelli, anche se non ho due maschi. Sono mamma di un maschio e una femmina che hanno un anno e quindici giorni di differenza, due caratteri e modi di rapportarsi al mondo molto diversi. A volte e’ dura. In genere, in qualche modo, ce la si fa.
Adoro chi sa scrivere perchè io vorrei dire mille cose ma scrivere non è proprio il mio forte!!
Adoro chi sa scrivere tanto bene da farti entrare nel suo mondo, nel suo animo … se poi quello che leggi è la tua fotocopia, il tuo mondo, i tuoi sentimenti come non adorare chi ti da una boccata d’ossigeno? Sì, perchè non ti senti più sola e non ti sembra più che tutti gli errori e le debolezze siano solo le tue perchè vedi in chi scrive una mamma che sa mettersi in discussione, una mamma che nonostante l’INFINITA FATICA fisica e mentale ci prova, ci prova con tutto il suo cuore e questo non può che essere motivo di ammirazione.
Forse pretendiamo troppo da noi stesse, forse ci sembriamo sempre inadeguate alle situazioni ma …
Quest’inverno agli incontri sulla genitorialità che ho seguito la cosa più rassicurante che ci è stata detta è che dobbiamo mirare ad essere “genitori SUFFICIENTEMENTE bravi” e che “non è MAI troppo tardi per rimediare e/o cambiare direzione” … in fondo, come hai detto anche tu, domani è un’altro giorno =)
Grazie
Francesca, molto saggio il tuo consiglio, lo so, purtroppo non mi è facile sempre metterlo in pratica, nella routine e impegni quotidiani. La sera faccio turni per addormentarli, anche questo serve. E’ un periodo un po’ difficile, passerà! Grazie.
Cara Valentina, anch io sono mamma di tre! 5 il primo e poi due gemelline di 3, ti capisco e’ dura! Quello che cerco di fare io con aiuti attorno e’ di dedicarmi ad ognuno di loro prendendomi del tempo con ognuno singolarmente. Sanno che quel giorno faranno qualcosa con me è poi toccherà ad unn altro, si confrontano e raccontano cosa hanno fatto agli altri. Questo il mio consiglio… Dedicati ad uno singolarmente anche per un’ora.
Tanti cari saluti
Franci