Cos’è questa nuova norma, di cui si è parlato molto in rete, che prevede un “certificato antipedofilia” per insegnanti e altri lavoratori che siano a contatto con i bambini?
L’articolo 2 del decreto legislativo n. 39 del 2014, attuativo di una direttiva UE in materia di lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, prevede una modifica alle norme sulle certificazioni del casellario giudiziario, così formulata:
“il soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, deve richiedere, prima di stipulare il contratto di lavoro e quindi prima dell’assunzione al lavoro, il certificato del casellario giudiziale della persona da impiegare, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”.
Questo articolo attua e riproduce fedelmente una direttiva dell’Unione Europea (n. 93 del 2011… Uh, solo 3 anni per attuarla!!), visto che la certificazione “antipedofilia” è richiesta per chi è in contatto con i bambini in molti Paesi europei. Ci dovrebbe stupire piuttosto che non fosse già richiesta in Italia una verifica del genere per chi lavora con i nostri figli, ma anche per chi se ne occupa a diverso titolo. Eppure, come troppo spesso accade, la norma finalmente emanata rischia di vanificarsi in un pasticcio.
Prima di tutto facciamo un po’ di chiarezza sui certificati penali. Esiste un “certificato dei carichi pendenti” che riporta gli eventuali procedimenti penali ancora non definiti (quindi in corso, con sentenze non esecutive) e un “certificato penale del casellario giudiziale”, che riporta le condanne subite (quindi tutti i procedimenti definiti e sentenziati con condanna).
Questi certificati possono essere richiesti, di solito, SOLO dall’interessato o dall’Amministrazione Giudiziaria. Quindi un datore di lavoro, per avere il certificato, deve richiederlo al lavoratore. in genere, infatti, deve essere presentato al momento dell’assunzione, sia presso privati che presso le Pubbliche Amministrazioni.
Solo i Giudici possono ottenere il certificato penale delle persone sottoposte al loro giudizio direttamente dal casellario.
Quando il certificato è richiesto dall’interessato, NON VI COMPAIONO alcune condanne per le quali abbia eventualmente beneficiato della “non menzione“: una misura “premiale” per la quale non viene annotata la PRIMA condanna subita, SE la pena inflitta è detentiva non superiore ai 2 anni, oppure pecuniaria non superiore a € 516.
Quando invece il certificato è richiesto da un organo giudicante, vi appaiono tutte le condanne, compresa quella che ha usufruito della “non menzione”: ovviamente un giudice deve conoscere tutte le condanne precedentemente subite per concedere o meno benefici e commisurare la pena.
Già con queste nozioni rispondiamo alla prima domanda che mi è stata posta, nel gruppo facebook di genitoricrescono, sull’argomento: è vero che se il certificato è richiesto dalla persona in questione può risultare “pulito” anche se condannato, mentre se lo chiede la pubblica amministrazione lo danno completo?
Risposta: non proprio. Può risultare “pulito” se la persona ha riportato una sola condanna (la prima) e con pena inferiore a due anni. Mentre le pubbliche amministrazioni (che non siano l’amministrazione giudiziaria) di solito non richiedono il certificato penale direttamente in quanto può richiederlo solo “quando il certificato è necessario per l’espletamento delle loro funzioni“. Quindi anche alla P.A. sarà il soggetto interessato a presentarlo (per esempio per partecipare a un concorso).
Altro punto di interesse è: QUANDO devono essere presentati i certificati penali? Di solito qualsiasi datore di lavoro privato li richiede al momento dell’assunzione. Anche la P.A. li richiede al momento dell’ammissione ai concorsi pubblici, MA in questo caso possono essere sostituiti da un’autocertificazione. Cosa di per sé corretta, dato che le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi possono richiederlo anche direttamente “quando il certificato è necessario per l’espletamento delle loro funzioni”.
Da qui arriviamo al punto della questione attuale.
Tutti gli insegnanti di ruolo hanno di certo presentato i loro certificati penali, o più probabilmente un’autocertificazione, al momento dell’assunzione. Così anche tutto il personale amministrativo e ausiliario presente nelle scuole assunto con concorso pubblico.
Ma il decreto attuativo della direttiva europea va (o dovrebbe andare) ben oltre insegnanti e personale ATA, riguardando chiunque svolga un’attività che prevedano “contatti diretti e regolari con minori”.
Primo problema: qualsiasi datore di lavoro i cui dipendenti abbiano contatti diretti e regolari con i minori DEVE richiedere (e anche entro il 7 aprile!) un certificato che attesti l’assenza di condanne per determinati reati.
Quindi qualsiasi datore di lavoro, pubblico, ma anche privato, avrebbe accesso al certificato penale del lavoratore. Fin qui è comprensibile, ma si valuti che fin’ora nessun privato poteva accedere a queste informazioni: semmai il lavoratore doveva produrre la certificazione. Un bello scossone a tutte le leggi a tutela dei dati sensibili! Perché non prevedere il semplice obbligo di presentarlo a cura del lavoratore?
Secondo problema: la norma si riferisce ai certificati penali completi (carichi pendenti e casellario), oppure limitati solo ai reati citati nell’articolo? Il datore di lavoro otterrà un certificato “parziale” che riguardi solo alcuni tipi di reato (quelli relativi a pedofilia, pedopornografia, violenza e molestia sessuale) o comprensivo di tutte le condanne? E in questo caso vi saranno annotati o meno i reati sottoposti a “non menzione”?
Terzo problema: se i dirigenti scolastici, ma anche quelli di società sportive o di volontariato o di assistenza, dovevano correre a chiedere i certificati penali di tutto il personale entro la scadenza del 7 aprile, chi avrebbe sostenuto i costi? Infatti per ottenere il certificato ci sono marche e bolli da pagare.
Ma qui sorge un ulteriore dubbio: tutto il personale scolastico di ruolo e con contratto pubblico non dovrebbe già aver presentato l’autocertificazione all’assunzione? Allora si prevede una richiesta periodica del certificato?
Insomma, il decreto è pieno di lacune e lascia più dubbi che certezze!
Il panico ha serpeggiato non solo nelle scuole, ma anche nelle società sportive, nelle parrocchie, negli oratori, nelle associazioni culturali.
Per di più si paventava anche il collasso degli uffici del casellario: Migliaia di domande tutte negli stessi giorni!
Il Ministero della Giustizia si è visto costretto a emanare subito una circolare interpretativa (pensarci prima, nella formulazione della norma, no, eh?!) che, per risolvere i problemi pratici di applicazione della norma, ha finito, a mio parere, per vanificarne gran parte delle sue funzioni.
Soluzione (parziale) del primo e del secondo problema: “In aderenza ai principi dettati dal codice in materia di protezione dei dati personali, l’ufficio del casellario centrale sta operando sul sistema informativo gli interventi necessari per fornire al datore di lavoro il certificato che contenga però le sole iscrizioni di provvedimenti riferiti ai reati espressamente indicati“
Nelle more del rilascio dei certificati le pubbliche amministrazioni potranno accettare un’autocertificazione e i datori di lavoro privati una dichiarazione sostitutiva di atto notorio di pari contenuto.
Soluzione (parziale) del terzo problema: la norma non è retroattiva e riguarderà solo le assunzioni dal 7 aprile 2014 in poi. Quindi relativamente a chi attualmente ricopre incarichi a contatto con i bambini nessun adempimento va compiuto e così non ci sarà il salasso di scuole e associazioni per la richiesta dei certificati.
Soluzione di un problema più generale: questa non è parziale, ma davvero lascia i dubbi maggiori sulla reale efficacia che avrà la norma.
L’obbligo di tale adempimento sorge soltanto se il soggetto che intende avvalersi dell’opera di terzi, stipula un contratto di lavoro. L’obbligo non sorge, invece, se si avvale di forme di collaborazione che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro. Al di fuori dell’ambito del contratto di lavoro subordinato, non può dirsi che il soggetto che si avvale dell’opera di terzi, assuma la qualità di datore di lavoro.
Quindi la norma NON SI APPLICA a: associazioni di volontariato relativamente ai volontari, associazioni sportive dilettantistiche relativamente agli istruttori sportivi in collaborazione (la maggior parte degli istruttori di bambini), associazioni culturali relativamente a collaboratori anche stabili ma non assunti (la maggior parte di coloro che danno lezioni di musica, d’arte o di teatro ai bambini), insegnanti supplenti, esperti esterni ammessi nelle scuole, collaboratori di cooperative, e via dicendo…
Insomma, la norma non si applica (e non si applicherà, a meno di riformulazioni) a quasi tutti gli operatori che sono in contatto con i nostri figli nella quotidianità, mentre si applica solo ai soggetti da sempre già tenuti alla presentazione dei certificati penali relativi a qualsiasi tipo di reato.
Scusa, io non ho capito una cosa, per la mia ignoranza in diritto. Forse puoi aiutarmi.
Ma se il d.lgs. parla di “attivita professionali o attività volontarie organizzate” e quindi è piuttosto esplicito, come fa una circolare interpretativa a restringere il campo ai soli rapporti di lavoro?
Grazie del post, ci voleva 🙂
@Girandola, non ti aspettare coerenza, ahimè. La circolare “interpretativa” va interpretata come circolare metticiunapezza. Il decreto riporta più o meno il testo della direttiva europea. Poi ci si è accorti che da noi era costoso e complicato e via a interpretare.
@Barbara: no, nessun controllo periodico. Almeno per ora. Che dire dell’efficacia?
Uh, a fagiolo! L ‘ho compilato stamani… Mi sembra una boiata senza fine!!!! E non ho rapporti regolari e continuativi con bambini sul lavoro ( ma alla mia azienda me lo fanno fare lo stesso)
Immaginavo che sarebbe venuto fuori il parallelo con il certificato antimafia, ma non volevo allargare ancor di più il discorso.
Il certificato antimafia deve essere prodotto dall’interessato (professionista o impresa, non privato) per poter contrattare con la P.A.
Di sicuro poi è una normativa più rodata, che ha aggiustato già il tiro. Però certo, si tratta sempre e solo di valutazioni formali.
Sì insomma per voler fare troppo alla fine finiamo per non fare niente? Sarei curiosa di sapere se anche il famoso certificato antimafia funziona in maniera analoga, perché se è così, stiamo freschi ahahah…