Decidere di cambiare lavoro, casa, e trasferirsi in un’altra città, richiede una buona dose di organizzazione personale e dell’intera famiglia.
Quest’estate ho fatto i bagagli.
Ho impacchettato (quasi) tutte le nostre cose e cambiato, nell’ordine, lavoro e città (e di conseguenza casa, scuola, abitudini, amici, medico di base, eccetera).
Non ho avuto il coraggio di ricominciare tutto daccapo, sola e in un altro Paese, come avevo pensato sulle prime e come ho visto fare tante persone coraggiose. Mi sono spostata di meno di cento chilometri. Ma ho tagliato un cordone ombelicale importante – ci sono voluti quasi due anni – e ho affrontato molte prove pratiche, quasi sola.
Non sono qui a fare l’eroina, però in questo momento della mia vita dove, dopo tanta ripida salita, vedo un po’ di discesa, sento di potervi dare uno spunto, se desiderate di cambiare vita.
Credeteci davvero
Prendetevi tutto il tempo necessario per mettere a fuoco un progetto e crederci davvero. Potreste anche mettervi a mandar curricula in Australia e avere una botta di fortuna, come un colloquio su Skype che va bene. Ma potrebbe anche capitare che invece avete un mutuo, dei figli che vanno a scuola, un ex compagn* che ha il diritto di avere un’opinione sulle vostre scelte (se sono compresi anche i bambini), e magari in tutto ciò avete una vostra professionalità e parlate decentemente in inglese, ma non potete vantare un curriculum che faccia strappare le mutande agli HR manager di una multinazionale dall’altra parte del mondo. Nel mio caso, con due risparmi da parte, era prevista anche l’ipotesi di recarci in un Paese a caso sperando di trovare lavoro; in caso contrario saremmo rientrate nel giro di un ciclo scolastico. Il primo file che ho aperto su Google Drive l’ho chiamato “Io e le bimbe in Erasmus”.
Poi che è successo? Che il caso (anzi, chiamiamolo l’incoraggiamento degli amici di genitoricrescono) ha voluto che inviassi molto controvoglia un curriculum in una città non così lontana da casa, e che fossi assunta. E questo ha significato che la scuola non doveva essere interrotta, perché avrei fatto la pendolare fino a giugno. Che avevo ben sei mesi per organizzare tutto. Ma in quei sei mesi, avrei anche dovuto dare più del massimo nel nuovo lavoro, e fare più di due ore di autostrada al giorno. Sono arrivata sin qui letteralmente prosciugata. Ma avevo un progetto, e i rischi, così, erano abbastanza calcolati. Posto che avessi avuto le forze.
Fate un gantt
Un gantt è uno strumento del project management. Per banalizzare, si tratta di incolonnare i compiti da svolgere, e di assegnare a ognuno una scadenza. Questo permette di avere una visione d’insieme dell’andamento e della durata di un progetto lungo e complesso. Al contempo, si può monitorare se le singole fasi stanno procedendo secondo le tempistiche previste. Insomma, a me questa cosa aiuta a evitare il mio classico “ok, il progetto termina a giugno, facciamo che ci ripenso il 31 maggio”.
I compiti che mi ero assegnata e le relative scadenze, sulle prime, erano molto “macro” (“decidere in quale Paese vorrei vivere”): man mano che il progetto si andava realizzando, lo schema si è riempito di compiti “micro” (“allacciare la luce”; “disdire il servizio di trasporto scolastico nella vecchia scuola”). Sulle tempistiche, il punto di riferimento è stato il calendario scolastico: il trasloco si sarebbe dovuto fare tra la fine dell’anno scolastico in corso e l’inizio del nuovo. Si sono presentate scadenze obbligate, che non ho potuto trattare (come il periodo di preavviso per lasciare il vecchio lavoro), altre dove potevo essere flessibile, ma non troppo.
Non so se è così per tutti, ma io non riesco a decidere e ad agire contemporaneamente: se lo faccio, lascio tutto lo spazio a creatività, improvvisazione e istinto, e mi perdo. Dunque delle volte mi sforzo di essere il mio manager, e di stabilire delle regole e dei risultati da raggiungere; nel resto del tempo faccio l’operaio anarchico che, controvoglia e non sempre in maniera lineare, lavora per l’obiettivo.
Tenete duro
Per affrontare un cambiamento grosso, avete bisogno di un surplus di energia. Che forse non avete. Non perdete di vista l’improvement che prevedete una volta sopportato lo sforzo iniziale. A volte quell’obiettivo sarà sfuocato, e spesso la strada per arrivare vi parrà nebbiosa. Ma abbiate fede, e se riuscite, meditate, recitate mantra, insomma, credeteci, di nuovo.
Vi capiterà di sbagliare, forse più di una volta. Credeteci comunque.
In tutto questo casino, ho rimandato troppo il lato fiscale della faccenda. Anzi, sicuramente avrò anche dimenticato qualcos’altro. Ci ho passato alcune notti sveglia, in un momento in cui già mi sentivo fragile. Ho ammesso di aver sottovalutato una questione importante, ho messo sul piatto la faccenda, ho preso un paio di decisioni forse vincenti o forse no, ma certamente veloci, come se fossi un giocatore di poker professionista.
La cosa importante è stata perdonarmi. Ho toccato con mano l’evidenza che non sono un highlander e per questo mi sono amata di più. E adesso vediamo che succede.
Ah, dimenticavo una cosa. Sono felice.
Lo stiamo per fare anche noi!!! Noi siamo però in tre e l’apripista sarà mio marito tra poco meno di un mese, io partirò a giugno così mia figlia potrà finire la scuola, noi andremo più lontano, 4 lunghissime ore lontani dai miei affetti, il mio nido, i miei genitori. Puntiamo ad un futuro diverso per nostra figlia ma è difficile, passo da momenti di pura euforia a momenti di tristezza immane conditi da mille dubbi e domande, leggere il tuo blog mi ha fatto commuovere (si ok ok sono vicino al ciclo) ed emozionate TI RINGRAZIO!!! Leggerti mi ha in parte rincuorato e ti auguro tantissima felicità. Con affetto FePe
Ma dove andavi, senza l’empowerment massiccio degli amici? Io aggiungerei anche questo al primo punto che dice che dobbiamo crederci noi: temporaneamente devi selezionare gli amici. Non avrai tempo ed energie per quelli che hanno bisogno loro di sostegno, per quelli a cui vuoi tanto bene ma che ti risucchiano energie, per quelli incasinati male. Circondati quindi, anche virtualmente, della claque che ti applaude, ti rinforza, ti fa pat-pat nei momenti peggiori, ti ricorda perché stai facendo tutto questo e come stavi messa due anni fa ecc. L’ideale sarebbe averli anche a portata di mano per ritirarti le figlie da scuola una sera che rimani bloccata in autostrada per rapina, farti un pasto caldo, risolverti una bolletta, ma il sostegno morale e l’appoggio e convinzione incondizionati in quello che stai facendo sono fondamentali. E in questo secondo me sono state insostituibili le tue ragazze (che dopo questa prova continuare a chiamarle bimbe mi sembra riduttivo, ma tanto) che hanno creduto con te al progetto, non solo si sono “accontentate” di una madre con le energie al minimo storico e la testa altrove, ma ti hanno cucinato, preparato colazioni, si sono arrangiate, non hanno fatto casini mentre aspettavano lo scuolabus senza di te. è stata durissima, ma l’ hai fatto anche nel momento migliore del vostro percorso scolastico, e averlo fatto, e bene, adesso, significa che fra 4-5 anni lo puoi rifare e magari arrivate all’ estero. Adesso però riposati e goditi il trionfo.