Questo è il secondo post scritto per noi dalla dottoressa Elena Sardo. Dopo aver parlato di attaccamento, oggi cerchiamo di capire come la base sicura si concilia con la necessità per il bambino di ricevere dei limiti.
Grazie alla base sicura, prima funzione assolta fisicamente dalla mamma, poi interiorizzata come operatore interno, il bambino si sente libero di allontanarsi e differenziarsi gradualmente dalla figura primaria di accudimento ed iniziare ad esplorare il mondo esterno (e anche di stare solo con se stesso).
Rispetto alla costituzione della base sicura, viene sempre sottolineato l’aspetto di pronta risposta ai bisogni da parte del caregiver, caratteristica dell’innato comportamento di attaccamento, che ha lo scopo di proteggere i piccoli dal pericolo e dallo stress della percezione dello stesso.
Ma quando il bambino comincia a spostarsi nello spazio, la funzione di base sicura viene espletata anche attraverso il no e l’imposizione di limiti: perché un bimbo si senta sicuro, deve sapere che viene lasciato libero di andare da solo, ma non è mai solo, libero di sperimentarsi e sperimentare, dove non ci sono pericoli e che per questa ragione gli vengono posti dei confini.
Provate a pensare alle emozione che provate quando fate qualcosa di nuovo, come, ad esempio, il primo giorno di lavoro: è un misto di gioia, curiosità, paura e angoscia. Le nuove esperienze portano con sé sentimenti contrastanti e così è anche per il bambino che vive ogni giorno delle avventure grazie all’acquisizione di nuove capacità e possibilità: l’imposizione di un limite serve a contenere l’angoscia per il nuovo.
“I bambini hanno bisogno di limiti per sentirsi sicuri, ma limiti che siano dovuti soltanto al pericolo reale che l’eventuale trasgressione farebbe correre all’integrità del loro organismo e di quello degli altri”
(Françoise Dolto – 1987).
Allontanarsi dalla mamma per esplorare il mondo, vuole anche dire comprendere di non essere tutt’uno con lei, vuole dire separare il mondo interiore da quello esterno e controllare le pulsioni, acquisire il senso di realtà, strutturando la propria personalità per la costruzione di confini del Sé solidi, alla base di una solida e armonica personalità.
In realtà il limite, il confine tra quello che è il bambino, coi suoi bisogni, e gli altri, anch’essi portatori di bisogni, viene segnato prima.
Come sottolineano sia Bowlby che Stern, il bambino abbastanza precocemente impara che non c’è soltanto lui, in coppia diadica con la madre, perché è in grado di cogliere le differenze esistenti fra lo stile interattivo dei due genitori, ad esempio perché più o meno immediato/differito: ad esempio se quando il neonato piange la mamma dà risposte immediate ai bisogni offrendo il seno, il papà arriva necessariamente un po’ dopo con il biberon e questo permette al bambino di imparare un primo limite al soddisfacimento dei propri bisogni (e quindi alla propria onnipotenza).
Con l’introduzione dei cibi solidi anche la mamma ritarda la risposta alla fame e il bambino impara l’attesa.
Con la conquista della deambulazione e la progressiva capacità di allontanarsi fisicamente dai genitori, andando incontro ai pericoli, il limite diviene qualcosa di concreto, la necessità di imporre il “no”.
Puntualmente i nostri bimbi cercheranno di varcare questo confine, spinti dal loro slancio vitale, ma anche dal bisogno di verificare quanto noi siamo attenti alla loro integrità, pronti a ribadire il “no” con tanto amore: “E’ questa la grande sfida che devono affrontare i genitori: coltivare nei figli la passione e il coinvolgimento per il mondo e al tempo stesso insegnar loro ad adattarsi alle regole della società” (Asha Phillips – 1999).
Per la psicologia il limite è la “funzione paterna”, poiché storicamente era il compito a cui assolveva il padre, quello normativo: la crisi (intesa letteralmente come “cambiamento”) dei ruoli all’interno della famiglia e il venir meno della famiglia tradizionale, ha portato con sé un vuoto rispetto a questa importante funzione per la strutturazione psichica; questo “ruolo vacante” ha coinciso con un aumento del disagio giovanile: non sappiamo se ne sia la causa, ma sicuramente c’è una coincidenza storico-temporale.
Accettazione incondizionata e sicurezza negli affetti sono premesse indispensabili per uno sviluppo sano della personalità, ma non sono gli unici bisogni fondamentali, poiché “senza limite l’individuo non riesce a costruire un’identità stabile, autonoma, sicura, rispetto all’angoscia di “andare distrutto” (Chiara Marocco Muttini – 2009).
Non dobbiamo mai dimenticarci che il nostro compito di genitori è quello di rendere autonomi i nostri figli, che vuol dire renderli capaci di affrontare i compiti esistenziali e di cimentarsi con le difficoltà per verificare le proprie abilità; l’autonomia poggia sulla sicurezza profonda che deriva anche dall’aver ricevuto contenimento.
Perché se non ci fossero i limiti, che gusto ci sarebbe nel trasgredire? E crescere vuol dire anche questo: trasgredire, dal latino trans-gredi, andare oltre.
– di Elena Sardo, psicologa e psicoterapeuta –
Grazie mille per le risposte!
E’ vero che per la maggior parte dei libri i bimbi tra i 9 mesi e l’anno e mezzo, in maniera spontanea smettono di cercare il seno. “Si staccano come il frutto dalla pianta” diciamo che sono quasi certa che non sara’ il ns caso!
Nel periodo dei 2/3 mesi la piccoletta non aveva crisi di pianto inconsolabile, ma ogni tanto passava 2/3 ore non stop di tetta.
Vorrei solo capire il modo migliore per affrontare questo distacco, senza farla sentire “abbandonata”. Per ora sono contenta di come sta, di giorno mi cerca pochissimo (adesso e’ in fase papa’) per cui mi sembra che un pezzetto di base sicura e solida l”abbiamo costruito
Grazie per la risposta..
Mi spiego meglio, mia figlia ha 2 mesi, in certe giornate piange tanto, la sera poi spesso fa 2-3 ore di pianti (forse son coliche) in quei casi io mi assicuro che non abbia fame, che sia pulita, comoda ecc e la tengo in braccio ma continua a piangere. Questo fatto a volte mi mette un pò in crisi perchè temo che possa nuocere alla bimba, il mio compagno sostiene che in questi casi va bene anche se piange perchè comunque, essendo in braccio, almeno non è sola. (premetto che abbiamo consultato il pediatra e la bimba è sana e cresce bene)
Grazie!
La creazione della basa sicura si mina con alte dosi di frustrazione, dovute a reiterate insoddisfazioni. Cioè se la mamma non mi capisce mai quando piango, ma soprattutto se non mi dimostra di non fare nulla per provare a capirmi e soddisfarmi, alloro mi sento in balia degli eventi e fragile.
Se vuole Gery, può provare a descrivermi che cosa intende per “crisi di pianto incomprensibili” (facendo riferimento ai mesi del bambino)
Io ho un dubbio..La base sicura si crea nel momento in cui vengono soddisfatti i bisogni del neonato, giusto? Ma ad esempio quando ci sono delle crisi di pianto incomprensibili non si riesce a rispondere al bisogno..C’è il rischio che in quel caso si mini la creazione della “base sicura”? (so di aver scritto in modo un pò confuso ma non saprei formulare diversamente la mia domanda)
Si ci sono degli studi, quelli che elenca sempre la collega Bortolotti. ma tanto se devi zittire qualcuno con la psicologia…non ci riesci. Cita l’OMS che fa più colpo, dicendo che raccomanda l’allattamento almeno fino ai due anni per la salute del bimbo e della madre 😉
A rigor di logica è vero che un bimbo i cui bisogni primari sono soddisfatti puntualmente, come dice Bowlby, è un bimbo più sicuro, lo stai vedendo tu con la tua. E’ anche vero, come scrivo in questo post, che hanno anche bisogno di limiti, perchè se no diventano prepotenti…ma non è una cosa che si decide a tavolino: anticipando il prossimo post che scriverò, ti dico che quello che sei disposta a dare a tua figlia ora, non sarei più disposta a darglielo più in là, che la coccolona diventerà prepotente perchè ESIGERA’ la tetta e tu sentirai il bisogno di cambiare modalità relazionali con lei, quindi inizierà un dialogo fra divoi per ricontrattare la questione.
Se leggi libri sull’allattamento prolungato, anzi a durata naturale, sembra tutto rose e fiori e i bimbi, diventati grandi, si staccano da soli come la frutta matura dalla pianta…per qualche bimbo è così, ma magari no, perchè la verità è che loro crescono e cambiano ogni giorno, cambiano i loro bisogni, e noi cambiamo con loro, ci “prendiamo le misure” e aggiorniamo le nostre modalità. E ogni bimbo è una nuova storia!
Quindi finchè ti va di allattare tua figlia e lo trovi piacevole, fallo, senza cercare tesi e teorie a sostegno, fallo e basta.
A chi mette becco citi l’OMS, oppure trovi in rete frasi carine e spiritose che spiazzano oppure puoi sempre citare gli Squallor che citano Confucio 😉
Dimenticavo: la fase dei no attorno ai 2 anni è fisiologica nei bimbi e quindi sarebbe la parola preferita di tua figlia anche se tu non gliel’avessi mai detta 😉
Vans, rispondo in ordine.
Purtroppo, rispetto agli esempi che fai non si riesca ad essere propositivi e positivi…è no e basta! Poi magari spieghi perchè no, non tanto perchè i bambini capiscano, quanto piuttosto per il senso che dai tu al tuo no: cioè la bimba non capisce esattamente le motivazioni del tuo no, ma capisce che ce le hanno, che hanno un senso, che i tuoi no poggiano su cognizioni di causa…non so se mi spiego, perchè il confine è davvero sottile.
Insomma anche qui vige la regola del buon senso: tra “no perchè te lo dico io” e il pippone che spiega le leggi di Ohm per far si che un bambino non ficchi le dita nella presa, c’è un bel no perentorio e salvifico con spiegazione dopo, molto semplice, per dare senso al no.
Volevo fare anche una domanda sulla correlazione tra creazione di una base sicura e allattamento prolungato. In maniera per nulla programmata, l’allattamento di mia figlia prosegue anche adesso che ha quasi due anni.
Avevo iniziato con allattamento a richiesta appunto per il desiderio di farla sentire sempre “ascoltata” e accudita. Poi non so se mi sono fatta prendere un po la mano. Ma la mia evidenza empirica e’ che con me e’ una ciucciolona, ma da quando ha 9 mesi va all’asilo ed e’ tranquillissima. Sembra proprio una bimba serea e sicura, fuori casa e” serena, mai un capriccio (poi si sfoga la sera)m.
Esiste qualche studio in merito?
Lo chiedo perche spesso mi criticano per questa scelta di allattamento prolungato dicendo che cosi si lega troppo a me e non diventera’ mai autonoma e continuera’ a svegliarsi 2 volte x notte. Io non sono d’accordo, visto che gia non mi vede dalle 8 alle 7 e 30!
Grazie e scusa se mi sono dilungata
V
Innanzi tutto complimenti per la chiarezza espositiva: meno male che non ti piace scrivere!
Riprendend @fra e la risposta: come si fa in concreto ad avere questo approccio positivo? Nel senso ok al vieni qui, ma se cerchi di tuffarti in mezzo a una strada di dico No! O se cerchi di cavare gli occhi al gatto ti urlo di No! (Possibilmente prima che lui poverino lo faccia a te che gli tiri il pelo).
Insomma io ci ho provato, ma adesso che siamo quasi a 2 anni hanno prevalso i no.
Poi non posso lamentarmi se e’ diventata la sua parola preferita! 🙂
Fede certo che ha un fondamento: il limiti dovrebbe essere una guida e non una chiusura.
Un bimbo molto piccolo non ha un bagaglio di alternative…a livello di esperienza e a livello neurale; se dico “non andare”, schemattizzando, posso avere bambini particolarmente intraprendenti che vanno lo stesso e quindi magari vanno in contro al pericolo; oppure posso avere bambini più timorosi/timidi/tranquilli/compiacenti che restano bloccati e la loro spinta vitale viene inibita dal nostro “non andare, non fare, etc.”.
Supermambanana e perchè non “autorevole” anzichè autoritario? 😉
La realtà è sicuramente più fluida, ma se andassimo ad osservare nel dettaglio le dinamiche delle coppie genitoriali vedremmo che in realtà uno dei due genitori ricopre maggiormente un ruolo e l’altro l’altro, come dire che ognuno ha poi uno stile prevalente…Anche Claudio Rossi Marcelli si è sentito dire dalla sua bimba, che aveva appena sgridato, “Eih ma tu non sei il papà che sgrida! Il papà che sgrida è l’altro!” (spero di ritrovare l’articolo al più presto per mettere la citazione esatta.
I bambini hanno bisogno di ciò, perchè che ci siano ruoli definiti è anch’esso un limite ed una guida, nel loro farsi esperienza del mondo…se tutti facciamo tutto, loro, piccini, non sanno più cosa aspettarsi e da chi!
Noi siamo entrati da un po’ nelle fase del mettere limiti (nostra figlia ha 14 mesi) e mi chiedevo in pratica questi limiti come vanno verbalizzati per essere piu’ efficaci. Qualcuno mi diceva che e’ meglio formulare sempre in positivo. Per esempio, non dire “non correre”, ma “cammina”, oppure invece di “non andare la'”, dire “viene qui”.
A parte che in automatico viene da usare la forma negativa,questo consiglio ha un fondamento?
Interessante post, grazie per l’approfondimento. Continuo tuttavia a provare perplessità per questa netta demarcazione fra mamma accudente e padre autoritario, mi pare che la realtà sia molto più fluida, quindi mi prendo la libertà di leggere il post con in mente i ruoli come prototipici (una figura accudente, una figura autoritaria) più che letterali (madre, padre) 🙂
Proprio vero! I limiti e la conquista dell’autonomia vanno perfettamente d’accordo. E citando Feuerstein ” Un bambino sicuro di sè è un bambino, entro limiti ben definiti, lasciato libero di scegliere.”
Questo post cade a pennello per farmi riflettere in un momento di “no” tra gattonamento, cassetti da aprire e prese della corrente!;)
Grazie per avermi fatta fermare un attimo a riflettere sulle motivazioni, perche’ ogni tanto si rischia di focalizzarsi solo sulla fatica e sulle sfide che questi piccoli esploratori ci pongono!:)
Fra