Bambini bilingue

Il numero di immigrati nel Bel Paese aumenta, e lentamente anche il numero di matrimoni misti, una tendenza che è comune a molti paesi del mondo occidentale.
I bambini nati in famiglie in cui si parla una lingua differente da quella del paese in cui vivono, o i cui genitori hanno lingue diverse tra di loro, devono preoccuparsi di risolvere un puzzle del linguaggio più complesso e articolato rispetto ai loro coetanei monolingua.

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Io mi trovo ad affrontare questo problema personalmente, in quanto siamo una famiglia interamente italiana emigrata in Svezia. Per noi il bilinguismo non è una scelta, ma una necessità. E così il Vikingo sta imparando contemporaneamente italiano e svedese. Lui le chiama la lingua di casa e quella dell’asilo. Non vi nascondo che più ci informiamo sull’argomento più siamo felici di poter dare a nostro figlio questa opportunità.
Per noi ad ogni parola normalmente corrisponde un’immagine nel nostro cervello. Nel cervello di un bambino bilingue ci sono almeno due parole per ogni oggetto, situazione o azione. Ma è ancora più complesso di così. Imparare due lingue vuol dire far proprie due culture, perchè il linguaggio non può essere svincolato dal bagaglio culturale che si porta dietro. Chi si occupa di traduzioni, magari di testi letterari o poetici, sa bene che la stessa identica frase in due lingue diverse, può dar luogo a significati ed evocare emozioni o sensazioni molto distanti tra loro. Questo è tanto vero che molti bilingue spesso non riescono a tradurre una frase, in quanto in quella frase si racchiude un carico culturale che appartiene a due sfere differenti, che a volte è molto difficile mettere in relazione tra loro. Basti pensare al “tea” che per un inglese racchiude tutta una cultura e una tradizione inconfondibili, e che i giapponesi portano ad un livello di perfezione con un rito rigorosissimo, il “chakai”, mentre per la maggior parte degli italiani il è una insipida bevanda calda.

Ci sono molti studi sull’effetto del bilinguismo su bambini che vivono in paesi bilingue, e in Italia abbiamo esempi concreti in regioni quali la Valle D’Aosta o il Trentino Alto Adige. Ma è ben diverso quando il bilinguismo del bambino è generato in famiglia e lo mette nella posizione di essere “diverso” dagli altri in una società monolingue. Ci sono fasi della crescita in cui il bambino vive male questo suo essere diverso, e si rifiuta di parlare l’altra lingua a scuola o in presenza degli amichetti. Ma passate queste fasi, quasi tutti i bambini bilingue diventano orgogliosi della loro conoscenza, e la considerano un dono importante.

Ma quali sono i vantaggi del bilinguismo? Supponiamo che uno dei due genitori parli la stessa lingua del paese in cui si vive, e l’altro la conosce sufficientemente bene da poter lavorare e vivere utilizzandola, vale veramente la pena intraprendere il sentiero difficile del bilinguismo per i propri figli? Partendo dal presuppposto che queste sono scelte del tutto personali, ci sono molti vantaggi nel biliguismo. I vantaggi pratici sono evidenti a tutti, perchè la conoscenza di più lingue darà più possibilità di scelta nella vita, ma ci sono anche vantaggi più sottili, quali l’apertura mentale del bambino nell’accettazione del diverso. Persone biligue sono normalmente più aperte verso gli stranieri, e l’ho potuto constatare in prima persona vivendo all’estero da 9 anni.

Ho trovato un libro introduttivo sull’argomento che si intitola Come favorire il bilinguismo dei bambini di Elisabeth Deshays (edizioni red!), che dà alcuni spunti di riflessione utili e consigli pratici per i genitori che si trovano in questa situazione.
Tenterò di riassumere i punti che ritengo più importanti, rimandando alla lettura del libro per approfondire l’argomento.

Iniziare presto con entrambe le lingue è un passo molto importante per lo sviluppo corretto del linguaggio. A volte i genitori pensano di iniziare con una lingua e attendere un paio di anni prima di introdurre la seconda. Non è raro però che il bambino rifiuti la seconda lingua, in quanto quando finalmente si trova in una fase in cui riesce a comunicare, tutto gli viene improvvisamente confuso di nuovo. Inoltre potrebbe chiedersi il perchè non capisce più nulla di quello che gli dice sua madre, mentre fino a poco tempo prima la capiva benissimo.

Ogni persona ha la sua lingua. Adottare a volte una lingua a volte un’altra per parlare con nostro figlio, o peggio mischiarle all’interno della stessa frase non lo aiuta affatto. Il bambino ha bisogno di mantenere le lingue separate, ed è costretto ad impegnarsi in un esercizio continuo per dividerle a posteriori. Se la mamma parla cinese e il papà parla italiano al figlio andrà benissimo, anche se poi la mamma e il papà parlano tra di loro una delle due lingue o addirittura una terza lingua. Tra le conseguenze più comuni di non mantenere le lingue separate c’è la balbuzie, ritardi gravi nello sviluppo del linguaggio, e persino la possibilità che il bambino ad un certo punto si rifiuti di parlare, anche se non sono rari i bambini che se la cavano comunque.

Ritardo nel parlare. Il bambino bilingue normalmente inizia a parlare un pò più tardi rispetto ai suoi coetanei. Questa situazione può preoccupare molto i genitori, e anche qui parlo per esperienza personale. Bisogna fare lo sforzo di ricordarsi che il ritardo è solo provvisorio, e intorno all’età di quattro o cinque anni, il distacco dai loro coetanei sarà impercettibile.

Confusione tra le lingue. Un’altro problema temporaneo è quello della confusione tra le lingue, per cui il bambino utilizza parole delle due lingue nella stessa frase o inizia a creare delle parole date dall’unione delle due. Il Vikingo ad esempio dice litolo, che è l’unione di lite e piccolo. La confusione è più evidente all’inizio, quando il vocabolario è limitato, e i bambini attingono dall’una o dall’altra lingua indifferentemente per riempire i vuoti di conoscenza. Ma non sembra essere una confusione reale, quanto piuttosto uno stratagemma per riuscire a comunicare anche quando il linguaggio non è ancora molto sviluppato. Questa fase viene naturalmente superata man mano che le proprietà linguistiche di ciascuna lingua aumentano. La separazione tra i due sistemi linguistici avviene in media tra i 2 e 3 anni di età.

Una lingua principale. Per quanto ci si possa impegnare, bisogna ricordarsi che la lingua del paese in cui si vive diventerà necessariamente la lingua principale del bambino. A seconda della qualità e quantità di contatti del bambino con la lingua secondaria al di fuori della famiglia, questa sarà più o meno evoluta, e potrebbe essere quasi pari alla lingua principale. Nella maggior parte dei casi però non si riuscirà ad offrire quella varietà di stimoli linguistici che solo il vivere quotidianamente in un paese può offrirti. Effettuare frequenti viaggi nel paese della lingua secondaria, leggere libri, guardare film, aumentare il più possibile l’esposizione e la varietà, può aiutare a diminuire questa disparità.

In conclusione vale la pena ricordare che al di la del livello di conoscenza delle due (o più) lingue
raggiunto dal bambino, il dono più importante è l’impostazione mentale di apertura, accettazione e tolleranza, che è strettamente collegato con il bilinguismo. E questo è forse il dono più prezioso che possiamo fargli.

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29 thoughts on “Bambini bilingue”

  1. Ciao Anja,

    anch’io sono madrelingua tedesca e vivo da 2 anni in Italia. La mia bambina ha 15 mesi e le parlo solo in tedesco e mio marito solo in italiano. Certo a volte non è così facile perchè nessuno capisce cosa le dico però sono convinto che solo così riesce ad imparare tutte le due lingue! Sarei interessata ad un “Erfahrungsaustausch” se ti va!
    Ciao Julia

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  2. Ciao, sono mamma di un bimbo di 6 mesi.Vivo da 8 anni in italia e sono madrelingua tedesca.sin dall’inizio ho cercato di parlare in tedesco con il mio piccolino ma nn è sempre facile xchè ho intorno sempre persone che parlano in taliano e mi viene automatico di parlare anch’io in italiano. mi sono chiesta se ha senso parlargli in tedesco o se li creo solo confusione.
    tu che ne pensi?
    ciao

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  3. ciao Serena,
    molto interessante il tuo articolo, stavo giusto cercando sul web un po´di informazioni su questo argomento a cui premo molto e ho notato con sorpresa che anche tu, come me, sei venuta a vivere in Svezia. Io sto per diventare padre a giorni e con mia moglie, che e´svedese, abbiamo deciso di insegnare anche l´italiano a nostra figlia, come seconda lingua. Il mio svedese progredisce lentamente quindi tra noi parliamo ancora 70% inglese, ma ho deciso di eliminarlo del tutto quando nascera´ per non confondere la piccola con tre lingue diverse…ho letto che quello che conta e´che il papa´parli una lingua e la mamma un altra, e che e´meglio non cambiarle anche se si sanno tutte e due, in questo modo il bambino si abituera´che con la mamma si parla una lingua e col papa´un altra…tu che ne pensi?
    ciao

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  4. Salve a tutti!

    Abito a londra e insegno all asilo, in piu’ al pomeriggio insegno italiano ai bambini italo inglesi…se qualcno ha qualche bella idea da darmi, come per esempio giochi e attivita’…..

    Grazie a tutti!!

    Sara

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  5. grazie per la segnalazione, mi auguro che tutti coloro che ci hanno espresso i loro dubbi e domande vengano a fare un “giretto” nel tuo sito.

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  6. Il Bilinguismo dovrebbe essere un fenomeno molto spontaneo, ma spesso i genitori hanno mille dubbi. Confrontarsi con altre famiglie e’ estremamente utile, aiuta a rassicurarsi e motivarsi, e anche ad imparare un paio di trucchetti qui e la’ che aiutano sempre.

    Bilingue Per Gioco e’ proprio un punto di incontro per famiglie bilingui, eccovi il link: http://blog.bilinguepergioco.com/

    A presto,
    L.

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  7. Ringrazio tutte e 2 per avermi risposto!
    Anche noi vogliamo poi mandarla alla scuola di giapponese il sabato a Milano.La mia bambina tra l’altro e’ una prematura nata a 7 mesi, mi auguro che questo non incida troppo col problema +il bilinguismo.
    Cmq Nel caso qualcuna di voi fosse su facebook, noi ci siamo sotto genzi soriani se volete vi aspetto li x conoscerci meglio
    Bacioni a tutte le mamme ed i bimbi!

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  8. Ciao, Rindosan, grazie a Silvia che ha risposto prima! Sono molto contenta di conoscerti. Mia piccola che ha 25 mesi anche non parla tanto (nel suo caso più giapponese, in italiano solo “sì”, “no”, “qua”,”acqua” e “latte”!), anche se aspettavo che parlerà più presto essendo una femmina e ha fratello che sempre parla con me. A scuola giapponese vengono bambini misti anche da lontano, ho sentito che a quello di Milano vengono anche da Torino. A scuola giapponese di Roma (quello solo di sabato), ci sono i figli delle coppie giapponese italiana, posso chiedere come parlavano quando erano piccoli. Noi stiamo a Roma ma c’è sempre possibilità che anderemmo a Milano…

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  9. @Rindo: anticipo Shinobu nella risposta, per farti sapere che lei vive a Roma (dove c’è la scuola giapponese). Conosco personalmente lei ed i suoi figli e ti assicuro che il più grande parla un ottimo italiano e non ha problemi a scuola.
    Questo per rassicurarti del fatto che magari ora che tua figlia ha meno di due anni, può sembrare un problema, ma poi il linguaggio arriverà, sicuramente fluente.
    Per il resto rimetto a voi lo scambio di idee e di esperienze: se non di persona, magari via mail. Siamo comunque contente se questo blog vi farà da punto di incontro.

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  10. Hajimemashite, Shinobu-san!
    Watashi ha Genzianella to iimasu.
    Sono una mamma Italiana di una bimba di quasi 2 anni che e’ per meta’ Giapponese.
    Mia figlia ha abbastanza problemi a parlare,usa ancora poche parole in italiano, ed in Giapponese dice solo “kuma” dall’anime kuma no pooh e poi non so come ha imparato “baka”:-P Comunque mio marito da buon giapponese che e’, come immaginerai lavora sempre, e mia figlia l’ho vede solo al week end..per cui lei sente piu’ italiano!Quando c’e anche lui noi parliamo in giapponese, perche’ mio marito non parla molto bene l’italiano e poi perche giustamente vorremmo che imparasse anche il giapponese!
    Dici che mandi i tuoi bimbi alla scuola di giapponese per cui immagino tu sia a Milano…se vuoi mi piacerebbe conoscerci e far incontrare i nostri figli magari.Noi siamo a Pavia, ma mio marito lavora a milano.
    Se vuoi contattami
    rindo33@hotmail.com

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  11. Ciao Serena, grazie per il consiglio. Mio figlio aveva cominciato parlare un pò di italiano con papà all’età di 2 anni e di più quando ha cominciato andare alla scuola materna all’età di 3 anni. Comunque rimasta la sua preferenza verso la lingua giapponese e con me parliamo sempre in giapponese. Sto cercando di incontrare spesso con i amici della scuola elementare dopo scuola e facendo partecipare tutte le attività quando le mamme della classe organizzano qualcosa. Con la mia piccola, provo di mandare alla scuola materna un anno prima così sviluppa la lingua italiana presto.

    E’ bello che in Svezia può avere insegnante supplementare della lingua secondaria. A scuola del mio figlio c’è un’assistente per i bambini bilingue, ma è sempre italiano. Per il caso del mio figlio andava bene così.

    A scuola giapponese posso sentire tanti casi diversi dalle mamme con i figli più grandi e sono molto utile. A qualcuno rimane sempre la preferenza giapponese fino 14 anni e ha deciso di andare liceo in Giappone. Vediamo come sarà mio figlio…

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  12. Ciao Shinobu, grazie per il tuo commento. E’ bella l’idea di mandare tuo figlio alla scuola giapponese il sabato. In Svezia, ogni bambino bilingue che frequenta la scuola primaria, ha diritto ad un insegnante supplementare della lingua secondaria. Lo so che questi sono lussi, che in Italia non esistono.

    Se ho capito bene nel caso di tuo figlio lui non ha iniziato un contatto reale con la lingua italiana fino alla scuola primaria, cioè all’età di sei anni. Nostro figlio ha iniziato ad andare al nido, e quindi ad essere esposto allo svedese, all’età di 1 anno (ora ne ha 3). L’italiano è ancora la sua lingua preferita, ma sappiamo che presto sarà superata dallo svedese. Anzi, al momento ci stiamo preoccupando di cercare di aiutarlo proprio con lo svedese, perchè ci siamo resi conto che non ha molte opportunità di rapporto uno-a-uno con un adulto. Per questo motivo abbiamo chiesto ad un’amica di incontrarlo una volta la settimana, per leggere insieme dei libri. Speriamo di aiutarlo in questo modo ad accellerare i tempi con lo svedese. Forse puoi provare ad aiutare tuo figlio in modo simile, magari trovando una baby sitter, se non hai nessun amico o amica a disposizione. Per il bimbo più piccolo invece, potresti iniziare sin da ora, per aiutarlo a sviluppare le due lingue contemporaneamente. Ovviamente queste sono solo le mie idee personali, e se pensi che i tuoi figli abbiano bisogno di un aiuto più concreto, è meglio rivolgersi ad un professionista. Mi raccomando, fammi sapere come va.

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  13. Ho letto questo articolo con tanta interesse. Anch’io sto crescendo i miei figli (7 anni e 2 anni)in bilingue, italiano e giapponese. In nostro caso, però, mio figlio ha trovato più difficoltà in sviluppare la lingua italiana che doveva essere lingua principale. Pensavo più importante insegnare la lingua giapponese al mio figlio, essendo in Italia sarà facile per lui parlare italiano. Invece, non avendo i parenti in Italia, non ha avuto tanta occasione per approfondire un discorso con la gente, anche se è migliorato dopo 1 anno di scuola primaria, mancano tante espressioni e tante volte non riesce a spiegarsi bene. Spero che migliori presto in italiano. Per quanto riguarda il giapponese, non ha mai rifutato di parlare e apprezza molto anche la cultula giapponese. Si diverte frequentare a scuola giapponese ogni sabato fino adesso e spero che continui cosi. Vorrei sapere di più della tua esperienza in Svezia.

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