“E’ un bambino tanto intelligente!”
Ecco una frase che – seppure pronunciata con le migliori intenzioni – è priva di significato e può creare un sacco di pericolosi malintesi. L’intelligenza è un concetto dinamico, in constante evoluzione e che si diversifica in competenze variegate. Lo stesso vale per il talento. Ma possono diventare una voragine emozionale da riempire con pregiudizi e falsi miti.
Vorrei provare a fare un piccolo riassunto, come mamma e non certo come esperta, sulla base di ciò che ho imparato sui bambini ad alto potenziale.
Chi sono i bambini ad alto potenziale cognitivo?
Secondo le statistiche, circa il 5% della popolazione infantile ha un alto potenziale, ossia uno sviluppo cognitivo superiore alla media dell’età (che si identifica normalmente con un QI superiore ai 130 punti).
Alcune caratteristiche sono:
• profonda curiosità e desiderio di approfondimento su questioni complesse, pensiero astratto
• precocità nello sviluppo del linguaggio, grande memoria e apprendimento spontaneo della lettura\scrittura in età prescolare
• enorme sensibilità, perfezionismo, facilità alla frustrazione e bassa autostima
• alto livello di energia
• sviluppato senso dell’umorismo
• dissincronia tra sviluppo cognitivo ed emozionale
• difficoltà di integrazione nel gruppo dei pari
• difficoltà nel riconoscere l’autorità
Non si parla assolutamente di piccoli “geni” ma di bambini che fin da piccolissimi mostrano comportamenti peculiari, modalità di pensiero originali, difficoltà oggettive che li portano a sentirsi diversi dai coetanei. Non è una scelta e neppure un percorso facilitato, come si sarebbe portati a credere. Anzi, spesso la plusdotazione si trasforma in un limite, se non riconosciuta e supportata.
Per questo amo la definizione “alto potenziale”, è il riconoscimento di un nucleo innato che però necessita di cura per svilupparsi. Il valore di QI ovviamente non definisce un bambino, è solo un parametro, però rappresenta un punto di partenza per comprendere determinate caratteristiche.
La scuola e lo stile di apprendimento
I bambini ad alto potenziale cognitivo iniziano ad apprendere spontaneamente, spinti dalla precoce curiosità e spesso l’ingresso nella scuola primaria rappresenta una grande delusione, si annoiano e non comprendono le richieste degli insegnanti.
Hanno ottima memoria e velocità di ragionamento, per questo riescono ad affrontare i primi anni di scuola senza doversi realmente impegnare, senza dover imparare un metodo di lavoro, senza costanza e concentrazione sui compiti assegnati. E odiando ogni tipo di attività ripetitiva.
Gli esperti parlano di pensiero “arborescente” o divergente, contrapposto al più comune pensiero sequenziale. I bambini ad alto potenziale collegano molte informazioni simultaneamente, li ramificano e scelgono strade alternative basate sull’intuizione. Ma i nostri programmi scolastici seguono un sistema essenzialmente sequenziale e per questo i bambini ad alto potenziale spesso non ottengono i risultati che ci si aspetterebbe da studenti tanto “intelligenti” e soprattutto si sentono così a disagio all’interno della classe.
Allora si aprono diverse strade, facciamo alcuni esempi:
• alcuni bambini reagiscono mettendo in discussione l’insegnante, disturbano i compagni, scappano, urlano. In questi casi il pericolo è avere diagnosi errate di ADHD,
• altri bambini si chiudono nel silenzio, soffrono di iperadattamento alle regole scolastiche (questo è il caso di mio figlio) e rischiano di essere semplicemente dimenticati dagli insegnanti,
• è anche possibile (soprattutto accade alle bambine) che scelgano di nascondere le peculiari competenze per integrarsi nel gruppo dei coetanei, per allontanare l’immagine di “diverso”.
In tutti i casi il mancato riconoscimento dell’alto potenziale può portare all’underachievement o sottorendimento, ossia uno scollamento tra il rendimento scolastico e le reali potenzialità del bambino.
Se, come dicevo, durante gli anni della primaria i bambini ad alto potenziale riescono a compensare e ad avere buoni risultati, entrando nella scuola secondaria si scontrano con la propria sostanziale impreparazione ad affrontare sfide più complesse di apprendimento e ad organizzare il lavoro quotidiano.
I risultati stentano ad arrivare, l’innato perfezionismo fa soffrire, la fatica dell’apprendere risulta frustrante, il sostegno del talento non è più sufficiente. L’autostima crolla e arriva la depressione di sentirsi improvvisamente privati del dono su cui avevano fatto così tanto affidamento.
E il rischio di fallimento e di abbandono scolastico diventa elevatissimo per i ragazzi ad alto potenziale, molto più che nella media degli studenti.
Ovviamente non sarà così per tutti ma purtroppo – senza il supporto adeguato – appare un percorso molto frequente. Per questo occorre riconoscere la diversità dei bambini ad alto potenziale come un valore positivo, occorre sostenerli con modalità di apprendimento che appaghino la loro necessità di complessità, occorre allenarli all’impegno e anche al fallimento.
Infine, permettetemi, è indispensabile non dimenticare mai che sono bambini e – come tutti – hanno tutto il diritto di essere lodati e incoraggiati, troppo spesso diamo (genitori e insegnanti) per scontati i loro risultati. Lo vedo accadere continuamente a scuola, nonostante mio figlio abbia una maestra molto attenta, e lui ne soffre molto.
Le relazioni (pericolose)
Affermare che tutti i bambini ad alto potenziale abbiano problemi nelle relazioni socio-emotive sarebbe una sciocca generalizzazione. Però è indubbio che vi siano dei tratti comuni che influenzano il loro benessere sociale.
Il primo punto che mi sento di sottolineare è l’estrema sensibilità di questi bambini, tutto viene vissuto in modo incredibilmente profondo, eventi che a noi genitori appaiono come marginali per loro assumono un valore totalizzante. Il forte senso di giustizia li porta a difendere posizioni scomode con un’energia che può risultare fastidiosa, e con una capacità di argomentazione e manipolazione da navigati principi del foro! L’estrema sensibilità rende anche molto faticosa la socializzazione, per questo può accadere che preferiscano il rapporto uno a uno piuttosto che le attività di gruppo.
Trovo illuminante questa citazione che ho preso da qui (dove c’è anche un buon riepilogo delle caratteristiche dei bambini ad alto potenziale):
To him…
a touch is a blow,
a sound is a noise,
a misfortune is a tragedy,
a joy is an ecstasy,
a friend is a lover,
a lover is a god,
and failure is death.
(Pearl Buck)
Un simile sentire rende già complesso farsi comprendere dai genitori, figuriamoci dai coetanei.
A questo si aggiunge la dissincronia nello sviluppo cognitivo e fisico-emozionale. Un minuto parlano di universo, quello seguente si arrabbiano perché non riescono fisicamente a realizzare il progetto che hanno in mente, quello dopo piangono perché la mamma ha tagliato le carote a pezzetti e non a rondelle come d’abitudine.
Quindi fin da piccolissimi i bambini ad alto potenziale appaiono diversi dai coetanei, alla scuola dell’infanzia hanno interessi inusuali, spesso non giocano con gli altri e si oppongono alle attività proposte. Questo è di solito il periodo in cui i genitori vengono “invitati” ad approfondire i presunti problemi del bambino che, a seconda dei casi, si stimano in autismo o ADHD. Immaginate la paura di genitori già sufficientemente provati dal crescere bambini così peculiari!
Sulla necessità di socializzazione a scuola, sinceramente io concordo con le posizioni del Dott. Giovanni Galli, e invito chiunque abbia interesse nell’argomento a leggere gli importanti documenti che mette a disposizione sul suo sito. L’errore fatale è pensare che tutti i ragazzi debbano, seppure con i propri tempi, giungere ad un certo livello sia nella didattica sia nella socializzazione. Ma questo non ha senso, esistono molti modi per stare bene nella comunità, non è detto che per questi bambini il luogo ideale sia la propria classe di coetanei.
I bambini plusdotati
Per concludere, l’alto potenziale cognitivo è qualcosa che i bambini hanno, non è una scelta nè una scusa.
Nella letteratura anglosassone si parla di bambini gifted, è una definizione calzante, positiva eppure non è sufficiente. L’alto potenziale è – appunto – un dono ma è anche un valore in costante divenire, deve essere riconosciuto, supportato, curato. Diversamente può trasformarsi nel peggiore nemico dei nostri bambini, motivo di frustrazione e di fallimento.
E’ importante che i genitori siano preparati ad affrontare le sfide che questi bambini pongono e non rinunciare mai ad educarli, nel rispetto della loro diversità. Per farlo spesso occorre l’aiuto di specialisti, che supportino le famiglie nel creare specifici processi di resilienza e che facciano da ponte tra i bambini e le strutture scolastiche.
E’ facile pensare che i bambini ad alto potenziale non abbiano bisogno di aiuto, soprattutto a scuola, eppure senza un supporto didattico adeguato rischiano di perdersi molto più dei compagni.
Ed è altrettanto facile pensare che dietro a questi bambini ci siano genitori ossessionati da obiettivi e performance, ma posso assicurare che la realtà è molto diversa. Nessun genitore sano di mente farebbe valutare il potenziale cognitivo del proprio figlio per soddisfare il proprio ego, dietro c’è un mondo di dolore e solitudine di cui finalmente si parla anche a livello istituzionale.
Concludo con una citazione, sono le parole di una mamma che si è fatta anima di un’associazione che molto sta facendo affinché anche Italia – come in molti altri paesi sta accadendo da tempo – la plusdotazione e il talento diventino una risorsa per la società e per la scuola, e non l’ennesimo problema da accantonare:
“…Essere genitore di un bambino dotato è un pò come vivere sulle montagne russe. A volte si sorride, a volte si resta senza fiato. A volte si ride, a volte si urla. A volte lo sguardo è pieno di meraviglia e di stupore, a volte si è agghiacciati. A volte si è orgogliosi. A volte il percorso è così snervante che non si può fare altro che piangere…”
Per approfondimenti:
Associazione Step-net
LabTalento dell’Università di Pavia
Dott. Giovanni Galli
Questo post è stato scritto per noi da Marzia – L’ascia sull’uscio
Che la mia piccola avesse un intelligenza brillante era evidente dal primo momento a tutti, parlava a 7-8 mesi , a 2 anni ricordava poesie e canzoni, ma era una bimba normale, sorridente, serena. La prima volta che mi sono sentita dire che era speciale andava al nido e la sua maestra mi disse che non dovevo permettere a nessuno di rovinarla, ma io mica lo sapevo che cosa dovevo fare.
Poi c’è stata la scuola materna, un delirio, l’odiava si annoiava e piangeva non voleva andarci…. alla fine la maestra mi disse di darle di più, che meritava di più. Quindi altra scuola e altre maestre, quelle che erano considerate le migliori, era sveglia le dovevo almeno un tentativo…. andava meglio ..imparare le piaceva e poi avevamo scoperto l’acqua e il nuoto..la piscina era il suo posto sicuro è entrata nella squadra di nuoto sincronizzato e ha trovato qlc che amava quello che amava lei: l’ acqua. Poi la pandemia, il covid mi ha colpito e lei e la sua sorellina sono state isolate dal mondo, è arrivata la noia non voleva fare i compiti, non voleva studiare , e così sono iniziate le assenze, Diagnosi di epilessia.
Mi è crollato il mondo addosso..la mia bimba perfetta ( così la chiama la sua maestra) stava male! Non capivo e lei mi ha odiato ..le ho tolto il nuoto, ero la strega cattiva, odiava sua sorella che mi chiamava per le crisi, ha odiato il mondo intorno perché gli altri potevano fare quello che lei non poteva fare più…. E quindi test e controlli a ripetizione ed è venuto fuori che ha un Q.I. di 134 e io non so gestirlo.
Mi chiedo come viva tutto questo e cosa sente ..e come devo gestire questa notizia…
Farà la Comunione mi ha chiesto un corso di violino 🎻, canto e disegno… proveremo anche questo..
Quest’estate andremo a Torino visiteremo il museo Egizio…ha solo nove anni, ho bisogno che trovi un posto sicuro e io devo aiutarla in questo anche se non ho idea di come fare.
Sono capitata su questo sito mesi fa per via del mio sconforto con il mio bimbo di due anni e nove mesi. Concordo già in pieno con il parallelo con le montagne russe ma in questo post ho trovato qualcosa di più.
La descrizione dei meccanismi di adattamento al raggiungimento della scuola secondaria mi calza a pennello. Quando sono andata alle medie sono sprofondata nello sconforto: i miei si sono trasferiti in un paesello con una scuola che giudicavo meno che mediocre in confronto a quella che avrei dovuto frequentare. Detestavo i miei compagni e loro detestavano me che avevo “interessi strani” e ero strana pure io. E assolutamente certe materie tutto a un tratto mi rovinavano la vita (anche se la media era ancora buona vivevo il fatto di non arrivarci subito come una sconfitta).
Ora ho un bambino che mi manda ai matti, ma che con un sorriso mi fa sciogliere che neanche Leonardo Di Caprio in Titanic (senza sottotoni Edipici, per carità). Lui ha imparato a leggere le lettere dell’alfabeto coi pallonicini di Happy Birthday del suo secondo compleanno e le carte regalate da un amico, conta da quando aveva un anno e ha delle dimostrazioni di empatia che non vedo in adulti che dovrebbero essere molto più maturi. E lo dico di nuovo: mi manda ai matti, anche se meno di quando era un bebè e non dormiva mai neanche per sbaglio. Ho letto il post di Marzia sulle vacanze con un magone assurdo perché il mio, nei limiti dati dal Covid, già lo vedo che va verso quella china. Prova tu a mettere le salsicce tagliate a rondelle in piedi invece che stese sul piatto e vedi come gli girano.
A me viene strizza a pensare a quando andrà a scuola, perché so come l’ho odiata io. Nonostante fossi “brava”, l’ho odiata a morte e contrariamente a tutte le previsioni sono crollata e ho lasciato a quattordici anni con uno sbrocco assurdo da cui ci ho messo anni a riprendermi.
Chiunque mi vedeva da fuori vedeva una pure socievole e brava a scuola. Io invece detestavo tutto e a un certo punto sono esplosa, in parte anche per via della situazione orrenda a casa, che ho sempre nascosto.
E mi viene una strizza orrenda, perché l’idea che mio figlio prenda da me magari vuol dire che nonostante tutti gli sforzi lui si troverà male e da solo. Il suo primo anno in particolare mi ha fatto penare a morte, e andare con lui ai gruppi vari era un tale incubo che ero spesso in lacrime per via dei suoi atteggiamenti e pure io mi domandavo “ma perché a me” per poi sentirmi una merda. Ma se pure la sua mamma a volte non lo sopportava, come faranno gli altri?
E credo che mi devo armare per affrontare qualsiasi ostacolo, così che la scuola non sia l’esperienza orrenda che è stata per me e che il resto della sua vita sia un po’ meno difficile perché io a lui voglio tanto bene e non so quanto vale, ma spero che faccia la differenza avere una mamma e un papà che ti supportano, invece di quello che ho avuto io. Non ho termini di paragone. Non so quanto vale.
Sono mamma di un bambino di 5 anni che fa e parla cose molto complesse per la sua età. É interessato al corpo humano ed i pianetti. Sembra che abbia un’intelligenza superiore alla sua età ed e molto emotivo. Comunque vada espero di essere all’altezza di poter aiutarlo in qualsiasi momento. 🙁
Ho letto questo articolo con molto interesse, rivedo mio figlio in questo quadro e mi auguro di supportarlo e capirlo per tutta la vita.Grazie, ci sentiamo compresi
Come avete risolto? Stessa identica situazione.. che amarezza..
Un riassunto preciso di quello che vivono le famiglie dei ragazzi ad alto potenziale. Eppure la scuola sembra quasi lavorare contro: unica didattica per tutti, e penalizzazioni se non sei perfettamente uniformato al gruppo dei pari.
Grazie comunque Serena!
Sono una mamma in crisi: Francesca andrà in 5 elementare ha sempre avuto grossi problemi comportamentali con me ed a scuola non so più come educarla. Ipotizzando disturbi dell’attenzione è stata sottoposta ad un test per il q.i. risultato 138. Spero di trovare un valido supporto ed aiuto prima che diventi adolescente.