Avete sentito l’ultima novità? Pare che i bambini allattati al seno almeno 4 mesi sviluppano meno problemi comportamentali a 5 anni di età. Sto parlando di problemi gravi, non che sono più indisciplinati degli altri!
State sorridendo anche voi? Anche io me lo sono chiesto: ma con tutto quello che succede nella vita di un bambino, ma come si fa a mettere in relazione due momenti così distanti tra loro?
Un po’ divertita per l’ennessima scoperta mediatica, ma anche curiosa come una scimmia, sono andata a leggere qualcosa sull’argomento. E ho scoperto che lo studio è stato effettuato all’Università di Oxford (quindi mica pizza e fichi, eh!), e quindi ancora più curiosa sono andata a leggermi questa notizia direttamente dalla fonte.
Molti dei vantaggi dell’allattamento al seno sono noti, dal fatto che aiuta contro la depressione post partum, alla diminuzione di incidenza di tumore al seno, ai vantaggi per l’osteoporosi. Eppure in qualche modo ho una resistenza a mettere in relazione un problema comportamentale con l’allattamento, come se si trattasse di due sfere diverse. Eppure forse così non è.
Lo studio si intitola Breast feeding and child behaviour in the Millennium Cohort Study e analizza i dati del Millenium Cohort Study in UK, in cui 10037 coppie madre-figlio, di cui 9525 nati a termine e 512 nati prematuri, sono state intervistate sull’allattamento del bambino all’età di 9 mesi, e sul suo comportamento a 5 anni.
In pratica nel primo incontro quando il bambino aveva 9 mesi si sono raccolte informazioni circa il suo allattamento, se ci sono stati o meno tentativi di allattarlo al seno o se si è utilizzato il latte artificiale sin dall’inizio, e in caso per quanto tempo si è allattato al seno. Quando lo stesso bambino ha compiuto cinque anni, si è chiesto al genitore di valutare il suo comportamento facendo un test chiamato the Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ) che ha lo scopo di valutare deviazioni significative dal comportamento medio tipico di quell’età. Questo test viene considerato un ottimo mezzo per identificare bambini con problemi comportamentali seri, che includono problemi emozionali, problemi di condotta, iperattività, problemi con i compagni, e comportamenti prosociali. Più il punteggio è alto più seri sono i problemi del bambino.
Il 15% dei bambini appartenenti a questo campione mostra una deviazione comportamentale significativa, contro il 12% dei bambini nati a termine. Gli studiosi hanno cercato la correlazione tra questo dato e l’allattamento al seno, ossia detto brutalmente hanno controllato quanti di questi con alto punteggio al test sul comportamento sono stati allattati al seno e quanti no. Poi hanno fatto una analisi statistica per verificare se questa correlazione può predire il risultato del comportamento a 5 anni.
Dall’analisi nuda e cruda risulta che la correlazione c’è ed è significativa e che servono almeno 4 mesi di allattamento materno per diminuire la probabilità di sviluppare problemi comportamentali. Però poi hanno controllato altri fattori, quali situazione socio-economica della madre, madre single o sposata, fumatrice o meno, lavoratrice o meno, se il bambino è stato messo al nido alla nascita o meno, insomma hanno preso in considerazione gli altri fattori che sono notoriamente correlati con lo sviluppo comportamentale del bambino e hanno ricontrollato i dati corretti per questi fattori. Il risultato, seppur attenuato, resta comunque significativo: i bambini allattati meno di 4 mesi o non allattati affatto presentano una probabilità maggiore di sviluppare problemi comportamentali significativi a 5 anni, almeno nel campione di bambini nati a termine.
Il campione di bambini nati prematuramente invece è troppo limitato per raggiungere risultati statisticamente validi, ma si nota la stessa tendenza anche in questo campione di bambini, ossia l’allattamento al seno sembra prevenire problemi comportamentali a 5 anni.
Resta da capire come tutto ciò sia possibile. Un’ipotesi presentata dagli autori dello studio è che la composizione del latte materno, con la presenza di catene di acidi grassi e ormoni che hanno un ruolo importante nello sviluppo del sistema nervoso centrale, si ripercuota nello sviluppo comportamentale del bambino. Purtroppo nello studio manca il dato relativo al tipo di latte artificiale utilizzato, ma la maggior parte dei latti da un decennio a questa parte contengono questi grassi, e non differiscono in maniera sostanziale dal latte materno in questo aspetto. Un’altra ipotesi fatta è che i bambini allattati con LA hanno subito più infezioni e quindi siano stati ospedalizzati, ma anche questa ipotesi è difficile da verificare, perché non si hanno dati in merito.
Quindi qui abbiamo un risultato statistico che da un’indicazione precisa: i bambini allattati al seno per almeno 4 mesi hanno meno probabilità di sviluppare problemi comportamentali all’età di 5 anni.
Non abbiamo la minima idea del perché questo sia possibile, anche se la composizione del latte materno potrebbe essere una variabile molto importante.
Una nota importante prima di decidere se allattare meno o più di 4 mesi, proprio perché non si sa il motivo alla base dello sviluppo di problemi comportamentali, bisogna riflettere sul fatto che l’età di 4 mesi è semplicemente data dalla statistica di quelle famiglie britanniche che si sono sottoposte allo studio, e risulta che quella è la lunghezza in cui normalmente si allatta esclusivamente al seno in UK. Se ripetessero lo stesso studio in un paese in cui l’allattamento esclusivo dura più a lungo, si potrebbe scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi. Spero con questo di non avervi confuso di più le idee.
Ora la domanda è: sapendo i risultati di questa ricerca, vi sforzereste di più a cercare aiuto per far funzionare l’allattamento? O pensate che sia solo un’altra cosa che va a pesare nella bilancia dei sensi di colpa materni? Ma in colpa non si dovrebbero sentire le mamme, ma le strutture di sostegno che non funzionano, i pediatri che danno informazioni sbagliate sull’allattamento, le ostetriche che danno le aggiunte in ospedale alla nascita, gli ospedali che non propongono il rooming in (assistito, non abbandonando mamma e bebé a se stessi)?
ATTENZIONE: questo è uno studio statistico e non uno studio deterministico. Questo significa che, ammesso che i risultati dello studio siano corretti, il figlio della signora Pina che allatta al seno può venire su con problemi comportamentali o meno tanto quanto il figlio della signora Maria che è allattato con latte artificiale. E’ come la storia dei polli: gli italiani statisticamente mangiano 2 polli a testa alla settimana, solo che io non ne mangio da un mese. Chiaro? Quindi vi prego di non farvi venire sensi di colpa sulla base di studi come questo che hanno ben altri scopi.
Allattare fa bene al bambino, ma con il latte artificiale si cresce bene lo stesso, e ancora di più se questo rende più tranquilla e serena la mamma!
@Gekina,
scusa se mi permetto, però vorrei invitarti se possibile a smorzare un po’ i toni della discussione. Sono sicura che i tuoi interventi siano motivati da una vera “passione” (non trovo un termine più adatto) per aiutare le mamme in difficoltà e dalle migliori intenzioni.
Tuttavia, leggendo i tuoi commenti a volte traspare un’aggressività che mette in secondo piano le tue argomentazioni che personalmente in parte condivido.
Se conosci questo forum (mi pare di averti visto parecchie volte commentare) riconoscerai che le persone che vi partecipano sono piuttosto equilibrate e poco inclini a credere alla prima “fola” sbandierata. Qui difficilmente troverai giudizi tagliati con l’accetta, barricate o accuse a chicchessia, ma un terreno di confronto utile e pacato, indipendentemente dalle convinzioni personali.
Insomma, non ci devi “convincere” che alle mamme vengono fatte molte pressioni, molte di noi l’hanno sperimentato e il bello di questo sito è che qui possiamo scambiarci opinioni in libertà senza paura di essere giudicati.
Manteniamo questo clima sereno almeno qui!
Scusate se mi sono allargata
Un abbraccio
Daniela sai che se invece leggevi prima l’articolo ti risparmiavi un po’ di tempo? 😀
Ad ogni modo: se la piccola, comunque non conclusiva (e su questo siamo tutti d’accordo), informazione contenuta in questo articolo potesse superare il muro della permalosità materna (mission impossible?), forse potremmo fare caso al fatto che gli autori stessi sembrano escludere la composizione del latte materno come causa della correlazione osservata. Sembrano quindi suggerire che a priori non c’è niente che un bambino allattato col latte artificiale non possa avere, che invece un bambino allattato al seno ha.
Certo che una madre deve essere sostenuta in qualunque caso. Mi dispiace gekina per la tua esperienza, ma questi estremi (che comunque esistono in entrambe le direzioni) non sono colpa degli studi, sono frutto di un’interpretazione a cavolo degli studi. Facciamo una campagna per far fare alle ostetriche e ai pediatri un cacchio di corso di statistica?
Comunque ricordo che il movimento pro-tetta esiste ed è dovuto diventare così aggressivo perché a un certo punto qualcuno ha scoperto che col latte artificiale, oltre a salvare tanti bambini che ne avevano bisogno, si potevano fare anche tanti tanti TANTI soldini. Ricordo che campagne pubblicitarie senza scrupoli (e studi “scientifici” quelli sì commissionati) hanno convinto generazioni di mamme (le nostre per esempio) che il loro latte non era buono, hanno convinto generazioni di pediatri che un bambino debba prendere esattamente tot grammi a ogni pasto e appena non lo fa trac bisogna dare l’aggiunta, hanno gettato nell’ansia del “come faccio a sapere se mangia abbastanza” milioni di genitori, senza contare i problemi di salute che il latte artificiale di 30 anni fa ha contribuito a causare (vedere l’ondata di obesità negli USA e non solo, per esempio). Di questo noi mamme di oggi paghiamo ancora le conseguenze in tanti modi, anche solo perché le nostre mamme si scandalizzano del fatto che vogliamo allattare e ci rompono le scatole, o perché la probabilità di beccare un pediatra poco aggiornato purtroppo non è tanto piccola, o perché le curve di crescita con cui dovevano misurarsi i nostri bimbi fino a pochi anni fa erano calibrate sui “cicciottelli” nutriti a LA di 30 anni fa e quindi tutti a preoccuparsi che il figlietto è sottopeso quando invece il figlietto sta benissimo…
e non ultimo perché alla fine si è creato questo clima di mamme pro e contro, come se il desiderio unico di tutte noi non fosse lo stesso, che i nostri figli crescano bene e siano contenti.
Non ho letto ancora l’articolo e nemmeno tutti i commenti (ma lo farò, mi interessa troppo) ma sono scettica. E mi sto chiedendo se non si faccia un po’ di confusione…
Insomma, quel che penso è che, a parte una piccola percentuale, quasi tutte le mamme provano ad allattare. Ok, c’è chi non vuole a priori (e ben venga, anzi!) ma sono poche. Se la famiglia è “normale” la mamma immagina subito il figlio allattato al seno. E ci prova. Che poi ci riesca, non riesca, fatichi, è un’altra storia.
Tra tutte quelle che ci provano, tante ci riescono. Alcune faticano di più e smettono prima, altre si stancano e smettono prima, altre interrompono con lo svezzamento, altre allungano. Ma poche smettono completamente da subito, al massimo passano al latte artificiale e alternano.
Insomma, quante sono le mamme che non iniziano proprio ad allattare? E quante a smettere subito? Poche.
Poi ci sono famiglie con problemi. Parlo di problemi relativamente gravi, che vanno dall’uso di alcool, droghe, a disagi comportamentali, dove magari la madre se ne va, dove la famiglia è violenta ecc. Quante probabilità ci sono che queste mamme allattino? Quante probabilità ha il figlio di una madre tossicodipendente, alcolizzata o minorenne che non vuole occuparsi di lui? Quante un figlio che viene abbandonato?
Ecco, in questi casi non ci si prova proprio ad allattare. E ci sono forti possibilità che il bambino cresca con forti disagi e poi disturbi comportameli?
Ora mi chiedo, ma non è che la differenza è quella? Una madre equilibratissima che semplicemente dice “non allatto, non mi va o mi dà più problemi che benefici” ma che ama il figlio, lo cura, si occupa di lui come tutte le altre, davvero ha più probabilità di avere un figlio con disturbi di una madre che ha problemi seri che si riflettono sul figlio ma allatta?
Insomma, secondo me ci sono troppi fattori, e per quanto credo che l’allattamento al seno abbia mille vantaggi, mi sembra un’altra mazzata contro chi non ce la fa, ecco…
@Daniela ma come ho spiegato nel post tutti questi fattori sono stati presi in considerazione in questo lavoro! Magari ne riparliamo quando hai finito di leggere i commenti?
@Gekina mi dispiace molto il fatto che stai portando avanti questa discussione in questo modo. Porti esempi di altri studi sbagliati per dire che questo studio anche può essere sbagliato (e non ne vedo la logica), e porti esempi particolari per diffamare uno studio statistico che chiaramente non può descrivere casi particolari. Io credo che tu sia più intelligente di quello che stai dimostrando in questa discussione. Solo un paio di commenti fa hai finalmente elencato con chiarezza i punti che ti fanno dubitare della qualità di questo studio, solo che io leggendoli non capisco se non mi so spiegare bene, o se tu vuoi leggere le cose a modo tuo e non presti attenzione ad altre. Veramente lo dico, non capisco. Scrivi:
To ho già spiegato che il test fatto dai genitori è un test validato, che c’è corrispondenza tra l’analisi dei genitori e quella clinica fatta da un neuropsichiatra. Ora se lo vuoi capire lo capisci, altrimenti non so più come dirtelo. Il fatto che tu non ci creda, mi dispiace dirtelo, ma mi sembra decisamente meno scientifico dell’opinione dei genitori sui propri figli.
e pure questa te l’ho scritta in precedenza: uno dei fattori presi in considerazione è lo stato di salute mentale della madre. Quindi scusami, ma ancora una volta questo tuo commento è basato su aria fritta.
Ma chi te lo ha detto che le madri single sono state lasciate fuori dal campione? Lo stato maritale della famiglia è stato preso in considerazione nell’analisi supplementare, aggiungendo prior all’analisi statistica.
no, i genitori interessati allo studio non erano stati avvertiti che questo tipo di analisi sarebbe stata fatta. Infatti i dati raccolti dal millenium cohort study sono molto più ampi di quelli usati da questa analisi. Ti invito a leggere questo link per capire cosa è sto benedetto campione: http://en.wikipedia.org/wiki/Millennium_Cohort_Study
Lungi da me offendermi per così poco, però se rileggi con attenzione quello che ho scritto, forse ti accorgi che hai dato una tua personale interpretazione alla mia frase, forse spinta dalla tua voglia di leggere quello che volevi leggerci. Io ho scirtto:
Una nota importante prima di decidere se allattare meno o più di 4 mesi, proprio perché non si sa il motivo alla base dello sviluppo di problemi comportamentali, bisogna riflettere sul fatto che l’età di 4 mesi è semplicemente data dalla statistica di quelle famiglie britanniche che si sono sottoposte allo studio, e risulta che quella è la lunghezza in cui normalmente si allatta esclusivamente al seno in UK. Se ripetessero lo stesso studio in un paese in cui l’allattamento esclusivo dura più a lungo, si potrebbe scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi. Spero con questo di non avervi confuso di più le idee.
Il condizionale si POTREBBE scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi, ti DOVREBBE far capire che io non ho dedotto nulla riguardo ai risultati che potrebbero ottenersi ripetendo lo studio. Era solo un modo per far capire che se fai un’analisi su un campione di mamme che in media allatta esclusivamente fino a 4 mesi è impossibile trovare che il periodo migliore per allattare è di 6 mesi, o di 2 anni. La mia frase era proprio per sottolineare una limitazione dello studio, e di dire alle mamme: attenzione, la storia dei 4 mesi è solo riferita al campione analizzato e non è estrapolabile. Tutto qui. Poi se ci vuoi leggere altro son problemi tuoi.
Gekina ti ho già detto una volta che con questo modo di discutere non si raggiungerà mai una dialogica interessante. Per favore smetti di insultare la mia capacità critica e che ti assicuro essere in ottimo stato, e quelle delle altre lettrici di genitoricrescono e concentrati sul cercare di capire il senso di questo post, che per sicurezza ti riassumo qui:
c’è uno studio che analizzando un gran numero di coppie madri-figli ha misurato una correlazione tra l’allattamento al seno (o meno) e problemi comportamentali (misurati come percezione dei genitori) e ha determinato la probabilità di sviluppare problemi comportamentali in caso di allattamento al seno inferiore ai 4 mesi.
Le conclusioni dello studio indicano la necessità di indagare meglio questa correlazione per capirne le origini.
Come scrivevo in un altro commento, a cui non hai risposto: Anche però ammesso che il giudizio dei genitori non sia affidabile (come invece sostenuto da chi fa questi test), mi sembra comunque un risultato scientifico importate il fatto che l’allattamento o meno porti a una percezione di problematiche comportamentali da parte del genitore, non credi?
Chiedi se sarebbe giusto offrire assistenza e informazione a chi si trova ad allattare al seno. Ti rispondo nonostante sia completamente OT, a mio parere ovviamente si dovrebbe dare assistenza a tutte le mamme indipendentemente da come allattano. Tra l’altro se si scoprisse che il risultato di questo studio dipende effettivamente dalla vicinanza e relazione tra madre e figlio che si instaura durante l’allattamento, ci sono soluzioni che permettono di aiutare la mamma a pretendere di allattare, con un sistema di cannula che esce vicino al capezzolo, per cui il bambino ciuccia il seno, e beve LA, al limite anche in aggiunta a quello della mamma nel caso in cui la mamma ne avesse poco. Ho un’amica (in Svezia) che non aveva molto latte a causa di un’operazione subita al seno anni fa, e che ha utilizzato questo metodo con successo. Chissà magari studi come questo potrebbero portare ad un miglioramento dell’assistenza all’allattamento sia per le mamme che allattano al seno che per quelle che non lo fanno.
E me lo auguro davvero.
PS le osteriche dell’ospedle non potevano consigliarmi il latte artificiale né dare l’aggiuntina… ma quando hanno visto che il pupo aveva difficoltà ad attaccarsi hanno spedito mia madre a comprare:
a) paracapezzoli in silicone della chicco (sì sì, specificato pure la marca perchè pare che sia il migliore! secondo loro…)
b) ritrovati erboristici per la lattazione
c) dispensato consigli ai limiti della tortura: pizzicottare il bambino su natiche e schiena per tenerlo sveglio, fargli il solletico sotto i piedi ecc…
Cosa ci azzecca questo con il post di serena? Nulla se non il fatto che io (e con me molte altre mamme e bambini) per due settimane sono stata vittima di questo clima. Ero evidentemente fuori dal cono di luce del famigerato riflettore.
Poi mio figlio magicamente si è attaccato al seno… e pare che l’ha scampata proprio bella.
@ Close grazie per l’aggancio.
@ Suoermamabanana (abbreviavo perchè il nick è veramente lungo, chiedo scusa se ho urtato la tua sensibilità) non è affatto vero che i bambini allattati al seno si ammalino di meno (close grazie).
La credenza che i bambini con la siano più malaticci lo dobbiamo ad alcuni studi come quello segnalato da serena.
Nel mio archivio ne ho a pacchi di ebm che dimostrano come, ad esempio, non c’è nessuna incidenza tra la/allergie o asma.
Ma nella vulgata comune si sente spesso dire che il la aumenta allergie e asma… fai un po’ te.
Sulla presunta malafede che vedrei nello studio. Nessuna malafede ma il pericolo già messo in luce da Popper e Federsspil e Carità e Legrenzi sulla mania che ormai ha preso tutti. QUella cioè di dimostrare scientificamente qualsiasi aspetto della vita di un povero individuo.
Non penso che i ricercatori che hanno condotto lo studio si siano organizzati per screditare il la o le povere mamme con le zizze vuote.
Penso semplicemente che a volte si cerca nell’epidemiologia e nella scienza quello che si pensa già. Si cercano conferme insomma magari badando poco ai metodi.
Domanda. Perchè la diagnosi di disturbi comportamentali è stata fatta sulla base di apreri e sensazione dei genitori e non su che so, una diagnosi di un neuropsichiatra infantile?
La risposta potrebbe essere semplice: i costi! Troppo costoso sottoporre tutti i bimbi a visita neuropsichiatrica, più facile compilare un semplice stampato, magari via internet!
Già solo questo dovrebbe mettere in dubbio la bontà dello studio.
Per quanto riguarda il tuo:
“Questo non e’ argomentare, fatti contro fatti, questo e’ un uso della retorica gratuito, perdonami, e non aggiunge conoscenza a chi legge: se stiamo facendo una critica costruttiva a questo articolo, a beneficio delle mamme che leggono, allora atteniamoci a questo compito, senza andare fuori dal seminato.”
Io ho più volte scritto che lo studio è a pizxza e fichi per:
a) La conclusione si basa su una diagnosi (dicviamo così) dei genitori e non di un neuropsichiatra
b) Scrivere che lke mamme che allattano sono laureate e stanno bene di famiglia non vuol dire sostenere che siano anche sane mentalmente (si può essere depresse, ansiose, psicopatiche anche con una laurea e un conto in banca a 7 zeri) e quindi non vedo perchè i conticini degli studiosi per scremare e legittimare il campine siano stati fatti bene.
c) Il campione a volte è un’icona del perbenismo e della morale. Vedi tutte quelle mamme single che sono state lasciate fuori dal campione. Come se mettere al mondo un figlio da sole possa essere di per sé l’anticamera – per il bambino – a disturbi comportamentali.
d) 5 anni sono lunghi e sono tanti… i genitori interessati allo studio sono stati avvertiti delle finalità dello stesso? Erano cioè consapevoli che si analizzava l’incidenza di disturbi comportamentali del bambino dovuti al tipo di allttamento? Non mi sembra che nello studio venga specificato… forse ho perso un pezzo. Però se lo sapevano lo studio è a pizza e fichi (ma è a pizza e fichi anche se tenuti all’oscuro per i punti che ho ampiamente spiegato in questo commento e negli altri).
Noto ancora una volta come il seno materno sia il campo di battaglia privilegiato per molti genitori.
E rinoto come il virus di metetre un bollino tipo ebm su ogni aspetto dell’esistenza umana stia facendo ammalare molti.
Sarà un caso che sul numero di panorama di questa settimana c’è un bellisismo articolo anche su questo?
Ripeto, Serena ha scritto che magari in Italia – che mediamente si allatta 6 mesi e non 4 – i risultati sarebbero diversi (e immagino più confortanti, si allatta al seno di più e per lungo tempo quindi i disurbati sono meno). Ecco, lo ripeto (senza che Serena si offenda), questo è cadere in facili entusiasmi.
Comunque non credo che questo sito e i nostri commenti debbano avere una funzione informativa. Una mamma o un papà seri su queto tema andranno da chi se ne intende.
Né io né tu supermamabanana abbiamo i titoli per guidare le scelte e le opinioni della gente. In democrazia si discute. E visto che siamo in una pubblica piazza e non in un convegno di pediatri e osteriche, ogniuno di noi può dire la sua.
Onestamente non mi pare di essere mai uscita dal seminato, ma se anche ofsse… c’è da pagare una penale per questo?
PS nessuno mi ha risposto. Perchè solo la mamam che alltta al seno ha diritto alal massima attenzione e cure da parte del personale ospedaliero e non solo? Le mamme che scelgono (per forza o no) il la sono meno degne di essre seguite?
Esempio: quando sono stata dimessa dall’ospedale mio figlio aveva tre giorni. Non si era mai attaccato al seno. Ho chiesto che cosa dovevo fare, quale latet comprare. Bocche cucite! Signora non possiamo dare informazioni sul tipo di latte! Idem il pediatra!
Mio figlio per due settimane non si è mai attaccato al seno. Che dovevo fare? Farlo morire di fame?
Grazie a questo clima talebano molti pediatri e ostetriche non si sentono autorizzati a rilasciare informazioni.
L’unico che mi ha dato una mano è stato il mio farmacista! Ma dico, scherziamo?
Secondo me, la questione non è lo studio in sè, sono d’accordo che puo’ essere anche una prima tappa di un progetto più ampio di indagine e quindi fornire alcuni indicatori che andranno poi corretti. La questione è la percezione e la mediatizzazione dei risultati dello studio.
Percezione: in un convegno del 2010 della Società di Pediatria del Piemonte in cui in pratica affermavano che non rilevavano differenze statistiche apprezzabili fra i bambini allattati al seno e quelli allattati col biberon rispetto alle malattie: in pratica i bambini o si ammalano o non si ammalano. Si è scatenato il putiferio, ho letto genitori che hanno definito “criminale” questa presa di posizione e hanno insinuato che i pediatri siano tutti pagati sottobanco dalle multinazionali del latte. Chi lo sa, sarà anche vero, ma se i dati sono neutri, chi è andato poi a vedersi quali sono queste differenze statistiche, per dire che i pediatri hanno torto? Io non ho i dati ma posso immaginare uno scarto poco rilevante… Domanda: è così rilevante uno scarto del 3% ?
Mediatizzazione: ho letto in giro sfoghi di mamme (italiane) non appoggiate, ma forzate nell’allattamento al seno, a continuare con ragadi e tutto, anche se il bimbo non cresceva, e guai a passare all’allattamento misto, perché “il latte materno è la cosa migliore”.
Dall’altro capo hai il personale che ti lascia sola col bambino, o anzi com’è successo ad una mia amica, il pediatra che ti consiglia di non allattarlo troppo perché sennò cresce obeso (e come caz. fai a misurare l’allattamento al seno??? e cresce obeso??? a me hanno spiegato che se c’è un vantaggio dell’allattamento al seno è che il bimbo può mangiare e crescere quanto vuole).
In sintesi dipende dall’operatore, cioè a) dalla sua voglia di lavorare b) dal rispetto che riesce ad avere per la persona che gli sta di fronte, per la sua storia e i suoi desideri. Io mi considero fortunata perché ho trovato operatrici che avevano sia a) sia b), ma nel mio pessimismo, mi sembra che con la mediatizzazione di studi come questo, un a) che non ha b) sia invogliato ancora di più ad insistere a discapito della salute della mamma, mentre uno che non ha a) si farà comunque i cavolacci suoi, perché non gliene frega niente.
Scusate la lunghezza, l’argomento mi prende 😉
gekina, la tua parafrasi dell’esempio sul risotto centra esattamente e alla perfezione il problema, per il suo essere molto diversa dalla mia metafora. Tu credi che ti sia arrivato un risotto congelato quando ti era stato detto era fresco. Tu, cioe’, presupponi la malafede. Io no. In questo, il tuo esempio non e’ pertinente (a prescindere dalle nostre rispettive convinzioni in materia) perche’ non riprende la metafora iniziale, non la generalizza, ne’ la esemplifica, ma la distorce, rendendosi fallace.
Io credo che studi come questi possano, come dice giustamente Serena, far luce su certi aspetti della faccenda. E di luce ne fanno, sono un riflettore da teatro, un occhio di bue, fanno luce solo una parte del palcoscenico, e su questo ti posso dar ragione senza pensarci due volte. Ma di luce ne fanno. E non e’ giusto dire che “lascia il tempo che trova”, o che “siamo veramente alla frutta” e’ questa attitudine che a me sinceramente infastidisce, cosi’ come quando dici che vengono letti con “atteggiamento ossequioso” (o gli inglesi che non sono famosi per amare i bambini (!) il fatto che aggiungi che ops scherzavo e’ un po’ come lanciare la pietra e nascondere la mano, come diceva mio nonno). Questo non e’ argomentare, fatti contro fatti, questo e’ un uso della retorica gratuito, perdonami, e non aggiunge conoscenza a chi legge: se stiamo facendo una critica costruttiva a questo articolo, a beneficio delle mamme che leggono, allora atteniamoci a questo compito, senza andare fuori dal seminato.
Di studi che hanno mostrato i vantaggi dell’allattamento materno ce ne sono a mazzi. Questo, e ne dobbiamo rendere atto, e’ l’ennesimo che si aggiunge alla lista. Per esempio, ci sono quelli che dicono che i bimbi allattati si ammalano statisticamente di meno: su questo mi pare che si sia daccordo un po’ tutti. In questo articolo viene infatti considerata l’ipotesi che anche questo (il fatto che sono meno tempo malati) possa essere uno dei fattori che influisce sul comportamento, tanto per dirne una. Ma in ogni caso, parlando dei vari studi, non e’ negandoli, sminuendoli, o sperando che non vengano divulgati che si aiutano le mamme che scelgono di non allattare e poi si sentono in colpa. Questo risvolto psicologico non e’ di pertinenza di questi studi: chi fa questi studi, e chi li pubblica, non e’ giusto che se ne preoccupi. Questo aspetto e’ pero’ di pertinenza di consultori familiari eccetera. Se ci sono situazioni in cui si fa terrorismo psicologico, bisogna focalizzarsi su questo problema, non sulla ricerca.
Il fatto che i disturbi comportamentali possono essere dovuti a tanti fattori non hai bisogno di dircelo: e’ stato chiaramente preso in considerazione nell’articolo (ad esempio il fatto che le madri che allattano statisticamente sono piu’ grandi, con titoli di studio piu’ avanzati, e con uno status socio-economico migliore, e questo sara’ stato sicuramente un fattore pesante che hanno dovuto normalizzare) quindi non credo si possa accusare gli autori di non aver fatto bene i conticini. Cosi’ come non credo si possa con serieta’ affermare che l’autovalutazione dei genitori, non come semplice “ah, si, il mio non mi dorme signora mia” ma con un questionario che usano regolarmente per le diagnosi stesse, sia da considerare non rilevante, non esiste un esame del sangue, o un elettroencefalogramma che possa diagnosticare problemi comportamentali, anche gli espertoni luminari lo fanno a domanda e risposta. Ora, se e’ su questi due punti che stiamo cercando di confutare la loro tesi, e se sulla base di questi due punti non ci siamo convinti della tua controtesi, non e’ che ripetendoli ad libitum ci (mi!) fai cambiare opinione, avrei bisogno di un argomento nuovo per poter continuare la discussione.
Infine un altro appunto. Se uno studio dice che X implica Y, non sta al contempo dicendo che NON-X implica NON-Y, e lo so che la gente, e’ dimostrato, ha serie difficolta’ nel generalizzare ed estrapolare il ragionamento logico o statistico, ma e’ importante che questo sia chiaro. Se mi dicono, per cambiare scenario, che un bambino bilingue in media impara a leggere prima, mi stanno descrivendo un’attitudine del bambino bilingue, ma non mi stanno dando alcuna informazione in piu’ sul bambino monolingua. Cioe’ non e’ che dobbiamo tutti crescere bambini bilingue cosi’ vanno meglio a scuola, sappiamo bene, lo sperimentiamo ogni giorno, che ci sono bambini bravissimi a scuola che sono monolingua. Al contempo, se mi dicono che fumare aumenta la probabilita’ di cancro ai polmoni del tot percento, non mi stanno dicendo che NON fumare DIMINUISCE la mia probabilita’ dello stesso tot percento, la mia probabilita’ resta quella di prima. Non so se mi sto spiegando: trarre conclusioni sulla negazione dell’implicazione e’ arbitrario, quindi se come dici tu una mamma che legge questo “si convince che se non allatterà avrà un 12% di probabilità in più di avere un figlio disturbato”, beh questo e’ semplicemente falso, l’articolo non sta dicendo affatto questo ed e’ gratuito attribuire agli autori questa conclusione.
PS: io sono supermambanana. Alla banana ci tengo, mi scuserai la mondanita’.
@ Claudia,
più di una persona (qui in gc) ha scritto che probabilmente non è tanto il latte materno, ma il sostegno alla puerpera a fare la differenza per il figlio (madre serena figlio sereno, spesso, non sempre, è così).
Mi domando… ma se questo sostegno ci fosse anche per chi allatta artificialmente?
No, perchè non si capisce come mai una donna che offre il seno abbia il diritto di avere attorno osteriche, mariti, famigli attenti e servizievoli. Se una per motivi XYZ opta per il LA questo capannello di persone magicamente sparisce.
Lo studio l’ho letto e non cambio di una virgola la mia opinione. Onestamente lo prendo con le dovute pinze e contropinze perchè uno studio sociologico scientifico così lascia il tempo che trova.
Io non sono contro l’allattamento al seno o quello artificiale (ho allattato fino a 8 mesi del pupo, gli ultimi tre con immane fatica dato che ero già rientrata a lavoro), sono contro i facili entusiasmi su studi scientifici giudicati seri solo perchè pubblicati sul BMJ.
Ripeto, il MIT ha condotto uno studio su questa naturale inclinazione della gente a credere come verità assoluta tutto ciò che abbia alle spalle uno studio scientifico (randomizzato, a doppio cieco… quealsiasi cosa tanto in generale noi che ne sappiamo di come si conduce uno studio scientifico?). Il risultato? Quasi tutte le persone del campione esaminato segnavano come vere affermazioni inverosimili soltanto perchè c’era la frasetta “scienjtifico, “neurologico, “biologico”.
Solo una cosa. Per chi – non ricordo, forse eri tu – rivendicava un parallelo con gli studi sui danni da fumo o alcol.
Le patologie interessate sono più circoscritte di un non ben identificato “disturbo comportamentale”.
I disturbi comportamentali di bambini piccoli possono essere dovuti a un milione di cose, come la violenza domestica, una madre e/o un padre psicotci (sono stati condotti studi sulla salute mentale dei genitori? dubito…), un sistema educativo (nido, materna) di un certo tipo (gli inglesi non sono certo famosi per amare i bambini… è una battuta), il mancato inserimento in un contesto scolastico (ci sono bambini che non vanno nememno alla materna).
COme vedi le variabili son ben più ampie di una sigaretta o un bicchierino (che interessano sempre gli stessi organi solitamente).
Ciò detto da quando esiste il latte formulato con tettarelle igieniche (non il panno bagnato dell’800), la mortalità neonatale e infantile si è ridotta. Non so se dagli anni 70 in poi in Italia si è registrato un boom di disturbati under 5. Ma per saperlo basterebbe censire le neuropsichiatrie infantili degli ultimi 40 anni e tentare di risalire al tipo di allattamento.
Comunque abbaite pazienza, non volevo sollevare un polverone. Volevo solo esprimere il mio dissenso a questa tipologia di studi, all’attegiamento ossequioso che spesso si ha nei confronti di studi pubblicati su riviste autorevoli. Tutto qui.
@gekina ma te lo leggi ‘sto questionario per favore? scusa eh, ma non stiamo parlando della stessa cosa, secondo me.
E poi un campione di n=1 sbarellate che pensano che la figlia sia disturbata a causa di un parto cesareo per me non è sufficiente a invalidare un campione di n>10000 genitori che hanno compilato un questionario sul comportamento dei figli oltre 4 anni dopo la conclusione dell’eventuale allattamento.
Guarda che le barricate in questa discussione se ci sono non sono pro o contro allattamento materno… perché (per me almeno) è chiaro che la conclusione statistica al livello delle singole coppie madre-figlio non ha tutta st’applicazione pratica.
Così come la storia del quoziente di intelligenza più alto per gli allattati, vero ma di quanti punti? 7, e allora per me mamma che cacchio di differenza fa e soprattutto per mio figlio che differenza fa avere max 7 punti di IQ in più o in meno? Ben poca direi, manco me ne accorgo. Questo dovrebbe chiedere una mamma all’ostetrica, invece di arrabbiarsi e sentirsi insultata e da quel momento in poi mettere in dubbio QUALUNQUE affermazione sul tema allattamento (o parto, o quello che è).
@ Lorenza,
la mia era una battuta (focus, voyager).
Sono d’accordo con te ma.
“una condizione di stabilità emotiva e familiare che sicuramente favorisce la crescita equilibrata del bambino.”
Come definisci scientificamente una condizione di stabilità emotiva e familiare?
Siamo sempre lì, non se ne esce. Non lo puoi fare.
Se lo fai il rischio è di viziare lo studio con pregiudiuzi.
Esempio: una condizione familiare emotivamente stabile è data dalla famiglkia biparentale e terosex.
Da un reddito medio alto,ecc..
E’ vero? Sì ma anche no!
Ricordiamoci che i servizi sociali sottraggono i figli a genitori con redditi troppo bassi! Proprio in virtù di certi studi.
Scusate non avete capito la mia domanda.
Prendete l’arte di partorire di Leboyer.
C’è una letetra di una donna greca che sostiene che la figlai maggiore, nata con cesareo, sia”disturbata” rispetto alal più piccola nata con vaginale.
Ora la profezia autoavverante non è fatto così raro.
Storielle sulel magie dell’allattamento al seno girano dagli anni 80. Nei paesi anglosassoni soprattutto.
Quindi ai fini di questo studio (per me impossibilitato a dare risposte certe, infatti si basano sul parere dei genitori) la possibilità che la madre sia influenzata dalla campagna trentennale sulle qualità quasi magiche del latte materno ci sono ecocme (ma lo studio non ne tiene conto).
Certo poi le categorie servono… altrimenti come si fa a intasare i centri di neuropsichiatria infantile di “disturbati”?
Le segnalazioni di disturbi per spettro autistico, ipercinesia ecc… stanno dissanguando le casse dei comuni.
COsì bambini con disabilità anche gravi si trovano con un fisiatra in meno perchè ci sono 10 bambini sani che per colpa di un ritardo (linguistico, motorio, psicologico) fisiologico gli tolgono le poche risrse che questo servizio offre.
Lo ripeto, leggetevi neurop.mania di Carità/Legrenzi.
Non avete idea dei danni che simili studi possono provocare.
Grazie a dio noi non siamo solo un fascio di neuroni che si forma con gli ormoni e le proteine del latte matereno. Siamo imprinting, esperienza che si assimila, coccole che si ricevono.
Il peso che la biologia ha rispetto all’ambiente circostante è materia dibattuta. Questi studi appartengono alal aprrocchia del determinismo galattogenetico (nel senso di latte).
Per me – è un mio parere e spero di poterlo esprimere – questo studio terminacon conclusioni assolutamente discutibili, per il metodo (primo fra tutti il aprere dei genitori e non la diagnosi di un che so, neuropsichiatra infantile).
Ciò detto il MIT tempo fa pubblicò uno studio. SI dimostrava come la gente è pronta a credere alle fole più assurde se accreditatae da pubblicazioni scientifiche.
Appena ho un po’ di tempo vedo di copiare/incollare lo studio.
Ripeto, siate più critiche anche con articoli pubblicati dal BMJ.
Scusate, però non credo sia corretto assimilare uno studio di questo tipo con pubblicazioni divulgative tipo Focus o peggio trasmissioni televisive al limite del gossip come Voyager.
Con tutti i limiti che si possono trovare in questi studi, bisogna ricordare che vengono pubblicati in riviste serie che presuppongono un lavoro di controllo da parte di revisori esterni.
Se il metodo statistico viene applicato rigorosamente (ad esempio il campione non è scelto a caso ma è il più possibile rappresentativo della popolazione) e si definisce in maniera precisa la metodologia per rilevare le variabili qualitative (che concordo sono difficilmente misurabili), i risultati possono essere considerati scientifici e vanno tenuti in dovuta considerazione, con tutti i caveat del caso.
Detto questo, forse la questione su cui discutere è che il presunto effetto positivo dell’allattamento potrebbe (sottolineo il condizionale) essere dovuto al fatto che il poter allattare serenamente deriva anche dal sostegno che la mamma riceve dalla famiglia e dall’esterno.
Quindi il verso di causalità potrebbe anche essere invertito, sarebbe utile indagare se esiste una correlazione tra l’allattamento (inteso come tempo di qualità passato con il bambino) e una condizione di stabilità emotiva e familiare che sicuramente favorisce la crescita equilibrata del bambino.
Dato che io invece sono decisamente contro Voyager, ho letto l’articolo e non ci trovo nulla di stratosferico. Si è indagata una possibile correlazione, e si è trovato un risultato poco conclusivo. Punto. Ma se studi così non ci fossero, uno che argomenti avrebbe contro una ostetrica che dichiara che l’allattamento al seno favorisce le attitudini matematiche? Su quale base potrebbe ribattere?
Poi è chiaro che le singole persone sono più ricche e complesse delle categorie che usiamo per classificarle, ma senza classificazioni non si campa. Non si fanno politiche sociali, non si riescono a inquadrare i problemi.
@Gekina tu dici:
“Vi faccio una domnanda. Fate il corso preparto, l’osterica di turno vi dice che se allatterete al seno vostro figlio sarà:
più intelligente
meno distrbato
meno ammalato
meno soggetto ad allergie
più bravo in matematica (c’è pure uno studio su questo purtroppo non ho i riferimenti).
La mia domanda è questa. QUanto queste condizioni infuluenzeranno la percezione della mamma che non ha allattato sul suo bambino?”
Gekina ti rispondo che ai fini dello studio è irrilevante ‘sta percezione. Il questionario sul comportamento è stato compilato da mamme di bambini di 5 anni che sicuramente non sapevano che anni dopo con quei foglietti una ricercatrice ci avrebbe fatto uno studio sugli effetti dell’allattamento. Da nessuna parte nel questionario si nomina l’allattamento. Mi sembra di capire che sia un questionario standard che viene “somministrato” a tutti, ma supermambanana forse qui ci può illuminare.
Le domande del questionario sono del tipo (copio e incollo le prime):
—–
?Il bambino è: (si risponda con Non Vero, Parzialmente Vero, o Assolutamente Vero)
Rispettoso dei sentimenti degli altri
Irrequieto, iperattivo, incapace di stare fermo per molto tempo
Si lamenta spesso per mal di testa, mal di stomaco o nausea
Condivide volentieri con gli altri bambini (dolci, giocattoli, matite ecc.)
Spesso ha crisi di collera o é di cattivo umore
Piuttosto solitario, tende a giocare da solo
Generalmente obbidiente, esegue di solito le richieste degli adulti
Ha molte preoccupazioni, spesso sembra preoccupato
—–
E così via. In base alle risposte si calcola il punteggio.
L’ho fatto per mia figlia per curiosità, e ti assicuro che per aver un punteggio abnormale bisogna essere ben più che spigolosi. E comunque nessuna delle domande contiene il benché minimo riferimento alla nutrizione presente o passata del bambino. È possibile ovviamente “barare” su alcune domande, ma penso che un bambino con problemi da questo questionario emerge tranquillamente, perché non è il singolo aspetto spigoloso del carattere, è il complesso che emerge.
Se vai al link che ho postato sopra puoi dare un’occhiata tu stessa – anche ai metodi per calcolare il punteggio.
@ sERENA ABBI PAZIENZA,
la misurazione del dolore è soggettiva e quindi viene garantita a tutti (tranne il aprto, tu lo sai, e oncologia ecc…) una cura valida su richiesta.
Ora lo studio non dice nulla. La famosa correlazione disturbo/allattamento non è di per sé provata dallo studio (quindi non capisco il titolo del post).
Claudia scrive:
“Quindi come tutti i risultati statistici va preso con le pinze. Non perché sia SBAGLIATO, ma perché c’è ancora un bel po’ da studiare per capire da dove viene questa correlazione, e può essere benissimo che alla fine la correlazione non sia con l’allattamento in sé, ma con una delle condizioni al contorno dell’allattamento.”
Vi faccio una domnanda. Fate il corso preparto, l’osterica di turno vi dice che se allatterete al seno vostro figlio sarà:
più intelligente
meno distrbato
meno ammalato
meno soggetto ad allergie
più bravo in matematica (c’è pure uno studio su questo purtroppo non ho i riferimenti).
La mia domanda è questa. QUanto queste condizioni infuluenzeranno la percezione della mamma che non ha allattato sul suo bambino?
Tornando al dolore e alla frecciatina sull’epidurale. C’è uno studio (C. Maggioni) che doimostrerebbe tra le varie cose (si aprla di PTSD) l’incidenza della depressione sulal richiesta di peridurale. In poche parole le mamme che chiedono l’epidurale sarebbero più depresse di quelle che non la richiedono.
Sarà vero? Statisticaente, su quel campione (non ricordo ma penso siano poche centinaia) sì.
Ora se dovessimo allargare il cvampione sono convinta che le percentuali cambierebbero. Esatamente come in questo studio.
Troppo spesso si cade preda di facili entusiasmi (il titolo del post sintetizza quello che di fatto si sostiene).
Serena tu ad un certo punto scrivi:
“Una nota importante prima di decidere se allattare meno o più di 4 mesi, proprio perché non si sa il motivo alla base dello sviluppo di problemi comportamentali, bisogna riflettere sul fatto che l’età di 4 mesi è semplicemente data dalla statistica di quelle famiglie britanniche che si sono sottoposte allo studio, e risulta che quella è la lunghezza in cui normalmente si allatta esclusivamente al seno in UK. Se ripetessero lo stesso studio in un paese in cui l’allattamento esclusivo dura più a lungo, si potrebbe scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi. Spero con questo di non avervi confuso di più le idee”.
Ecco non solo si da per buone le conclusioni dello studio (basate sull’autovalutazione dei genitori) ma addirittura si desume che 6 mesi è meglio di 4 (e allora pechè non 12, o due anni?).
Onestamente questi per me sono facili entusiasmi.
Una piccola nota a margine. Purtroppo conosco neuropsichiatria infantile. Da circa un decennio gli ambulatori dei neuropsichiatri scoppiano di bambini con disturbi comportamentali. Il più di voga è “lo spettro autistico”.
L mia domanda è: è in aumento l’autismo o sono in aumento studi come questi che creano alalrme tra i genitri e gli stesis medici (ormai delegano le diagnosi alle famose tabelle)?
Sulla mostruosità di non pubblicare studi poco seri… certo che si può. Ma sarebeb bene che certe riviste autorevoli attendessero conclusioni meno “personali”. Io non sono contro Focus, Voyager o il BMJ ma insomma, a Cesare quel che è di Cesare.