Bambini allattati al seno hanno meno problemi comportamentali a 5 anni

Avete sentito l’ultima novità? Pare che i bambini allattati al seno almeno 4 mesi sviluppano meno problemi comportamentali a 5 anni di età. Sto parlando di problemi gravi, non che sono più indisciplinati degli altri!
State sorridendo anche voi? Anche io me lo sono chiesto: ma con tutto quello che succede nella vita di un bambino, ma come si fa a mettere in relazione due momenti così distanti tra loro?
Un po’ divertita per l’ennessima scoperta mediatica, ma anche curiosa come una scimmia, sono andata a leggere qualcosa sull’argomento. E ho scoperto che lo studio è stato effettuato all’Università di Oxford (quindi mica pizza e fichi, eh!), e quindi ancora più curiosa sono andata a leggermi questa notizia direttamente dalla fonte.

Molti dei vantaggi dell’allattamento al seno sono noti, dal fatto che aiuta contro la depressione post partum, alla diminuzione di incidenza di tumore al seno, ai vantaggi per l’osteoporosi. Eppure in qualche modo ho una resistenza a mettere in relazione un problema comportamentale con l’allattamento, come se si trattasse di due sfere diverse. Eppure forse così non è.
Lo studio si intitola Breast feeding and child behaviour in the Millennium Cohort Study e analizza i dati del Millenium Cohort Study in UK, in cui 10037 coppie madre-figlio, di cui 9525 nati a termine e 512 nati prematuri, sono state intervistate sull’allattamento del bambino all’età di 9 mesi, e sul suo comportamento a 5 anni.

In pratica nel primo incontro quando il bambino aveva 9 mesi si sono raccolte informazioni circa il suo allattamento, se ci sono stati o meno tentativi di allattarlo al seno o se si è utilizzato il latte artificiale sin dall’inizio, e in caso per quanto tempo si è allattato al seno. Quando lo stesso bambino ha compiuto cinque anni, si è chiesto al genitore di valutare il suo comportamento facendo un test chiamato the Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ) che ha lo scopo di valutare deviazioni significative dal comportamento medio tipico di quell’età. Questo test viene considerato un ottimo mezzo per identificare bambini con problemi comportamentali seri, che includono problemi emozionali, problemi di condotta, iperattività, problemi con i compagni, e comportamenti prosociali. Più il punteggio è alto più seri sono i problemi del bambino.

Il 15% dei bambini appartenenti a questo campione mostra una deviazione comportamentale significativa, contro il 12% dei bambini nati a termine. Gli studiosi hanno cercato la correlazione tra questo dato e l’allattamento al seno, ossia detto brutalmente hanno controllato quanti di questi con alto punteggio al test sul comportamento sono stati allattati al seno e quanti no. Poi hanno fatto una analisi statistica per verificare se questa correlazione può predire il risultato del comportamento a 5 anni.
Dall’analisi nuda e cruda risulta che la correlazione c’è ed è significativa e che servono almeno 4 mesi di allattamento materno per diminuire la probabilità di sviluppare problemi comportamentali. Però poi hanno controllato altri fattori, quali situazione socio-economica della madre, madre single o sposata, fumatrice o meno, lavoratrice o meno, se il bambino è stato messo al nido alla nascita o meno, insomma hanno preso in considerazione gli altri fattori che sono notoriamente correlati con lo sviluppo comportamentale del bambino e hanno ricontrollato i dati corretti per questi fattori. Il risultato, seppur attenuato, resta comunque significativo: i bambini allattati meno di 4 mesi o non allattati affatto presentano una probabilità maggiore di sviluppare problemi comportamentali significativi a 5 anni, almeno nel campione di bambini nati a termine.
Il campione di bambini nati prematuramente invece è troppo limitato per raggiungere risultati statisticamente validi, ma si nota la stessa tendenza anche in questo campione di bambini, ossia l’allattamento al seno sembra prevenire problemi comportamentali a 5 anni.

Resta da capire come tutto ciò sia possibile. Un’ipotesi presentata dagli autori dello studio è che la composizione del latte materno, con la presenza di catene di acidi grassi e ormoni che hanno un ruolo importante nello sviluppo del sistema nervoso centrale, si ripercuota nello sviluppo comportamentale del bambino. Purtroppo nello studio manca il dato relativo al tipo di latte artificiale utilizzato, ma la maggior parte dei latti da un decennio a questa parte contengono questi grassi, e non differiscono in maniera sostanziale dal latte materno in questo aspetto. Un’altra ipotesi fatta è che i bambini allattati con LA hanno subito più infezioni e quindi siano stati ospedalizzati, ma anche questa ipotesi è difficile da verificare, perché non si hanno dati in merito.

Quindi qui abbiamo un risultato statistico che da un’indicazione precisa: i bambini allattati al seno per almeno 4 mesi hanno meno probabilità di sviluppare problemi comportamentali all’età di 5 anni.
Non abbiamo la minima idea del perché questo sia possibile, anche se la composizione del latte materno potrebbe essere una variabile molto importante.

Una nota importante prima di decidere se allattare meno o più di 4 mesi, proprio perché non si sa il motivo alla base dello sviluppo di problemi comportamentali, bisogna riflettere sul fatto che l’età di 4 mesi è semplicemente data dalla statistica di quelle famiglie britanniche che si sono sottoposte allo studio, e risulta che quella è la lunghezza in cui normalmente si allatta esclusivamente al seno in UK. Se ripetessero lo stesso studio in un paese in cui l’allattamento esclusivo dura più a lungo, si potrebbe scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi. Spero con questo di non avervi confuso di più le idee.

Ora la domanda è: sapendo i risultati di questa ricerca, vi sforzereste di più a cercare aiuto per far funzionare l’allattamento? O pensate che sia solo un’altra cosa che va a pesare nella bilancia dei sensi di colpa materni? Ma in colpa non si dovrebbero sentire le mamme, ma le strutture di sostegno che non funzionano, i pediatri che danno informazioni sbagliate sull’allattamento, le ostetriche che danno le aggiunte in ospedale alla nascita, gli ospedali che non propongono il rooming in (assistito, non abbandonando mamma e bebé a se stessi)?

ATTENZIONE: questo è uno studio statistico e non uno studio deterministico. Questo significa che, ammesso che i risultati dello studio siano corretti, il figlio della signora Pina che allatta al seno può venire su con problemi comportamentali o meno tanto quanto il figlio della signora Maria che è allattato con latte artificiale. E’ come la storia dei polli: gli italiani statisticamente mangiano 2 polli a testa alla settimana, solo che io non ne mangio da un mese. Chiaro? Quindi vi prego di non farvi venire sensi di colpa sulla base di studi come questo che hanno ben altri scopi.
Allattare fa bene al bambino, ma con il latte artificiale si cresce bene lo stesso, e ancora di più se questo rende più tranquilla e serena la mamma!

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145 thoughts on “Bambini allattati al seno hanno meno problemi comportamentali a 5 anni”

  1. Lorenza, mi ha preceduto, stavo per postare il link 🙂
    Credo che prima di partire a spada tratta contro i poveri ricercatori che mi immagino siano stati li’ a grondare sudore e lacrime per avere un articolo pubblicato in quella rivista (che e’ quello il fattore da considerare, non se provengano da Oxford o meno, se la rivista e’ una rivista un po’ seria), bisogna appunto leggere bene. E non c’e’ bisogno di andare oltre la prefazione. Il risultato che i ricercatori si sentono di poter affermare e’ il seguente:

    “longer duration of breast feeding is associated with fewer parent-rated behavioural problems in children aged 5 years”

    “un prolungato allattamento al seno e’ associato a meno problemi comportamentali riportati dai genitori in bambini di 5 anni”

    So per certo che quando si scrivono risultati del genere ogni parola pesa come un macigno, e su ogni parola il revisore e’ li’ pronto a farti buttar veleno. Quindi NON E’ AFFATTO CASUALE il “parent-rated” li’. L’unica cosa che e’ stata provata e’ che i genitori riportano meno problemi.

    (perche’ la pignoleria innanzitutto)

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  2. Ammetto che i risultati dello studio mi lasciano perplessa: Personalmente credo sia molto difficile misurare statisticamente le variabili qualitative che inevitabilmente compaiono in questi studi di tipo sociologico, quali ad esempio la situazione psicologica della madre e le condizioni di vita.
    Condivido l’approccio di Cosmic, è possibile che l’allattamento venga utilizzato come una “proxy” di altre variabili, per misurare indirettamente il tempo dedicato al figlio, la serenità e il sostegno familiare, però da profana non riesco ad associare una rilevanza a un risultato costruito in questo modo.
    Io sono figlia del latte artificiale (i terribili anni ’70) ma mia madre è casalinga e mi ha dedicato tutto il tempo e l’attenzione di cui avevo bisogno. Al corso preparto ricordo un’arrabbiatura solenne perché le ostetriche sostenevano fosse scientificamente provato che i bambini allattati sono più intelligenti.
    Insomma, lascerei da parte queste statistiche allarmiste e mi concentrerei come già detto sull’esigenza di dare un vero supporto alle mamme nelle loro scelte (qualsiasi esse siano). Ma questa è un’altra storia…

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  3. @ Claudia,
    perdonami, non volevo travisare il tuo pensiero.

    Ripeto, un conto sono gli studi su alcol e fumo, un conto uno studio sul comportamento di un bambino a 5 anni dal suo allattamento al seno (o mancato tale).

    Il sarcoma polmonare interessa al 90% i fumatori, i disturbi comportamentali diverse categorie di persone.

    I disturbi comportamentali (quali?) sono causati da mille fattori, magari ci sarà pure il mancato allatamento al seno, ma il peso di questo o di una dieterminatra condizione familiare sono veramente variabili.

    Vorrei anche far notare come le diagnosi di disturbi comportamentali con la nascita delel neuroscienze (e dei neuromaniaci) sono lievitati enormemente.

    Se poi la “diagnosi” di questo studio è delegata ai genitori… beh allora siamo veramente alla frutta 🙂

    Mi viene in mente il caso di una mamma che, dopo aver letto leboyer e avendo subito un cesareo al primo pèarto, era veramente convinta che sua figlia nata con parto chirurgico fosse “diversa” da quella nata vaginalemnte.

    Insomma, mi domando, quanto il parere della mamam sia condizionato da tutta questa pressione sull’allattamento al seno e suoi relativi benefici (molti dei quali sono evidenti e ovvi, altri francamente fantasiosi).

    Se qualcuno riesce a linkare lo studio integrale mi piacerebbe farlo leggere a chi diqueste cose se ne intende 🙂
    E non sono certamente io

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  4. Ma è proprio quello che sto dicendo, il paper lo voglio prima leggere.

    Anche perché, studi scientifici magari validi, dati in pasto ai giornali finiscono per dire cose molto più drammatiche di quanto gli autori originariamente avessero pubblicato. Penso per esempio a quel giornale inglese che pubblicò la notizia che prendere la pillola anticoncezionale aumentava del 100% il rischio di trombosi, creando il panico (era vero statisticamente eh… tra le donne che non prendevano la pillola, il rischio di trombosi era tipo 1 su 1000, e tra quelle che prendevano la pillola il rischio era 2 su mille… et voilà aumento del 100% – scusate cito a memoria quindi sui numeri potrei sbagliarmi).

    Tornando allo studio sull’allattamento, stiamo parlando di un 12% di tutti i bambini nati a termine che entro i 5 anni ha sviluppato problemi comportamentali (quali problemi?). Quindi anche se assumiamo che la correlazione tra il non allattare e i problemi comportamentali esista, che cosa vuol dire in pratica? Immagino, perché ‘sto studio non l’ho ancora letto, che se hai allattato almeno quattro mesi, tuo figlio ha un po’ meno del 10% di probabilità di sviluppare problemi comportamentali, mentre se hai allattato meno o non hai allattato affatto, tuo figlio avrà un po’ più del 10% di sviluppare problemi comportamentali.

    I miei dubbi su questo studio derivano più che altro dal fatto che l’assessment sui problemi comportamentali, se ricordo bene il riassunto del Guardian, l’hanno fatto i genitori. Cioè non è una diagnosi, è un’opinione della mamma.

    Vabbè insomma sto discutendo del nulla. Serena se possibile me lo mandi il paper pliiiz? 😉

    Comunque sono sicura che anche le statistiche sugli effetti del fumo e dell’alcool in gravidanza hanno fatto sentire in colpa un sacco di persone e sicuramente vengono anche ignorate da un sacco di persone. Il che non vuol dire che non andavano fatte.

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  5. @ Claudia,
    Le università francesi dimsotravano scientificamente l’inferiorità femminile (nell’800).
    Mi riuferisco al neuroanatomista Paul Broca, da tutti i suoi contemporanei giudicato un luminare.

    Attenzione ai bollini di qualità. Non è affatto detto che tutto ciò che esce da Oxford (e da qualsiasi altra università) sia per forza di cose uno studio serio.
    Bisogna leggerlo questo studio, capire come è stato reclutato il campione ecc…

    Vorrei ricordare che in questo sito si pè discusso di un discutibile (perdonate il bisticcio) libro, “il cervello delle mamme”.
    Un bellisismo esempio di come la scienza ormai si sia prestata al mercato del sensazionalismo.

    I tanti studi citati dalla Ellison sono risibili e demoliti da molti altri autorevoli autori (Legrenzi Carità per esempio).

    Credo che per questo studio sull’allattamento e disturbi comportamentali si troveranno altri asutorevoli autori pronti a cassare questo come “poco credibile”.

    L’unico risultato che si ottiene da studi come questi, è di ossessionare le povere mamme, farle sentire in colpa se non alalttano per almeno 4 mesi ecc…

    Mi domando che fine ha fatto il buon senso.

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    • @gekina però non è che siccome ci sono stati e continuano ad esserci studi scientifici che poi vengono provati sbagliati, si deve togliere valore a tutti gli studi scientifici fatti. La scienza evolve anche attraverso errori e correzioni, ipotesi e confutazioni. E’ il meccanismo stesso della ricerca scientifica.
      Io lo studio l’ho letto, e con la limitazione delle mie conoscenze in materia, mi ha convinto abbastanza, tanto da decidere di portare la discussioni qui, se non altro perché tutti questi fattori vengono analizzati e presi in considerazione in qualche modo.

      Lungi da me il voler aumentare i sensi di colpa materni. Le mie domande finali sono proprio volte a non fare questo, e grazie per sollecitare questo discorso. Qui si parla di statistiche, è come il fatto che l’allattamento al seno diminuisce la probabilità di avere tumori alla mammella, non è mica una certezza, è una probabilità. Poi ci sono donne che hanno allattato e il tumore gli viene lo stesso, e donne che non allattano e non gli viene il tumore, ma che c’entra?
      Se si riuscisse a capire realmente i motivi della correlazione allora si risolverebbe un bel pezzo di puzzle.
      Per quanto riguarda le mamme che non riescono ad allattare, come ho scritto nel post non dovrebbero sentirsi in colpa loro, ma il sostegno all’allattamento che non c’è. Io però conosco un sacco di mamme che non si sono informate sull’allattamento in gravidanza, che hanno avuto problemi all’inizio, e che hanno preso quello che gli capitava come consiglio (dal non hai latte, a qualsiasi altra cretinata che si sente in giro) senza andare a cercarsi le informazioni giuste. E altre che volevano allattare e non hanno ricevuto sostegno. Entrambe queste situazioni sono a rischio sensi di colpa, perché si ha la sensazione di non aver fatto abbastanza (e nel primo caso è pure vero!).
      Chi ha ricevuto il sostegno necessario, o ha risolto e ha allattato felicemente, oppure se ha provato tutto e non c’è riuscita normalmente non ha sensi di colpa, perché semplicemente ha fatto il possibile e non ha funzionato.
      Attenzione, sto parlando di sostegno, non di obbligare la madre ad allattare ad ogni costo mettendo a rischio la sua sanità mentale, come si sente dire di certe operatrici del settore. Ho passato ore in chat con amiche lontane 3000 km a dare consigli su come attaccare il bambino, e come far aumentare la produzione, e dare sostegno psicologico contro tutti gli altri intorno alla mamma.
      Ci sono madri che dicono alle figlie che allattano: dagli il LA che è meglio del tuo latte!
      Ecco magari invece questo genere di notizie spinge le madri a preoccuparsi di come far funzionare l’allattamento invece di affidarsi a ‘sto benedetto istinto materno inesistente e ai consigli del circondario (senza parlare di pediatri che mostrano un’ignoranza da far paura).
      Per me questi studi sono i benvenuti per un sacco di motivi (sempre che siano fatti bene, è ovvio). I sensi di colpa invece, se si è informati sui fatti e si riceve il sostegno necessario, si superano senza problemi proprio con un po’ di buon senso.

      In ogni caso sono contenta che si stia sviluppando questa discussione, e questo era proprio il senso del post: parliamone.

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  6. abbiate pazienza… ma unoi studio serio dovrebbe quantificare elementi “immisurabili”.
    Empatia della madre, carattere del bambino per esempio non sono misurabili.
    Una madre depressa, ansiosa, che però allatta può tranquillamente passare al bambino tutta la sua inquietudine.

    A me hanno sepre detto che non è la quantità di tempo (e di contatto) a fare la differenza, ma la qualità.

    Ripeto, è uno studio scientifico a pizza e fichi perchè le variabili considerate non sono affatto quantificabili.

    Secondo voi il carattere della madre quanto peso può avere sui disturbi comportamentali futuri del bambino?

    Se lo studio fosse vero dovremmo dedurne che dal XX secolo in poi (secolo del latte artificiale) i disturbi comportamentali sono cresciuti esponenzialemnte.

    Ma sappiamo che da Freud in poi la diagnosi di disturbi comportamentali è cresciuta e non certo perchè ci si ammala di più.
    Per esempio ai tempi dello psicanalista vienense l’isteria era un disturbo piuttosto frequente.

    Insomma non voglio entrare agamba tesa, ma semplicemente sottolineare come certi studi non si dovrebebro afaftto fare proprio perchè le variabili sono talmente tante e non misurabili da falsare le conclusioni.
    Il pericolo poi di voler dimostrare quello che già si pensa (in questo caso che l’allattamento al seno sia il masimo e che i benefici vanno ben oltre la semplice profilassi da alcune malattie materne/neonatali) è dietrol’angolo.

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  7. @Marlene, invece sì che ci vuole Oxford (o chi per loro), perché non sempre quella che a noi sembra una deduzione dettata dal semplice buon senso è poi una conclusione valida. Per esempio moltissime persone ancora sono convinte che un bambino allattato al seno sviluppi una dipendenza patologica dalla madre e che sia meglio smettere il più presto possibile.

    Ben vengano le statistiche, sempre 🙂

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  8. Gekina, per sapere come è stata quantificata l’incidenza di così tanti fattori mi sa che ti devi leggere l’articolo. Io non riesco a scaricarlo a meno di pagare 30 euro, se qualcuna me lo passa le sono grata.

    Se lo studio che suggerisci tu non è ancora stato fatto (? non lo so) è anche perché nel mondo occidentale i bambini allattati al seno a due anni sono una piccolissima minoranza – nello studio riportato sopra, i bambini allattati 4 mesi sono SOLO il 30%, quindi figurati quanto può crollare questa percentuale nei due anni successivi. Mentre invece i bambini non allattati affatto o allattati meno di 4 mesi sono il 70% del totale in Gran Bretagna. Che è un numero enorme. E quindi l’incidenza dei presunti (da te) disturbi comportamentali dei duenni allattati è praticamente irrilevante in confronto all’incidenza dei disturbi comportamentali dei non allattati affatto.

    Per ritornare allo studio, ricordo di averne letto sul Guardian qualche settimana fa, e l’autore intervistato (se è stato riportato correttamente) diceva appunto che nemmeno lui crede alla differenza di composizione del latte materno rispetto al latte formulato, diceva che piuttosto la differenza potrebbe stare nel contatto continuato e quasi esclusivo con la madre nei primi mesi di vita.

    Se fosse così, pensavo che anche dovendo allattare col latte artificiale, una mamma potrebbe per esempio “simulare” l’allattamento naturale decidendo che per i primi tot mesi il biberon al pupo glielo dà sempre lei (facendoselo preparare da qualcun altro possibilmente 😉 ). Potendo!

    Comunque ripeto che vorrei leggere l’articolo originale perché non mi è chiaro di che disturbi comportamentali stiamo parlando.

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  9. invece scusate la brutalità… ma è uno studio da poiuzza e fichi.
    Mi piacerebbe capire come è stata quantificata l’incidenza di così diversi fattori (allattamento al seno, situazione sociale e familiare, fumo, alcool, carattere della madre e del padre, carattere del bambino).
    E perchè l’allattamento al seno mancato sia più deleterio di, che so, una madre che debba ritornare a lavoro dopo due settimane, stressata e magari un po’ depressa.

    Tra l’altro il campione è così piccolo, lo scarto (3%) francamente non mi pare così elevato.

    Suggerirei uno studio… i disturbi comportamentali di tutti quei bambini allattati al seno oltre l’anno di vita (ne conosco un paio che a due anni reclamano la tetta con la mamam tutta felice e pronta).

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    • ciao @gekina come sempre entrata a gamba tesa, eh!? 😉
      I diversi fattori che è già stato dimostrato in altri studi che sono importanti per lo sviluppo del bambino, quali, situazione socio-economica, età della madre, salute mentale materna, livello di educazione materna, fumo in gravidanza, stato (sposata o single), e bambino ammesso in una unità neonatale alla nascita sono stati considerati dei prior nell’analisi statistica e quindi presi in considerazione. Oltre a questi prior hanno analizzato l’effetto di altre condizioni potenzialmente importanti, quali: attaccamento madre-figlio, ordine di nascita (se primogenito oppure no), alcool in gravidanza, il tipo di childcare e l’età in cui il bambino ha iniziato a frequentare un childcare. Insomma mi sembra un po’ presuntuoso dire semplicemente che è uno studio da pizza e fichi. A meno che tu non abbia le capacità di capire che queste analisi statistiche non sono state fatte a dovere e ce lo spieghi.
      Il campione di oltre 10mila coppie mamma-figlio non mi sembra esattamente “piccolo” per uno studio di questo genere, ma forse tu ne conosci altri con campioni molto più vasti?
      Lo studio voleva verificare la correlazione tra allattamento e sviluppo, ben vengano studi che dimostrano una correlazione con il ritorno al lavoro della madre, o allattamento prolungato, ma che c’entra questo con lo studio in questione?
      Poi sinceramente non so bene perché i bambini allattati al seno fino ai due anni dovrebbero avere problemi comportamentali, ma di nuovo, forse sei a conoscenza di qualcosa che mi è sfuggito, e se è così ti prego di farmelo sapere. Grazie.

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  10. CosmicMummy mi ha preceduta: non mi occupo di biologia e tematiche annesse ma rimango anche io piuttosto scettica sull’incidenza del latte materno come alimento, mentre piuttosto focalizzerei l’attenzione sulle reazioni della mamma (o meglio NELLA mamma) riguardo al mancato allattamento: ci ha provato o no? Lo desiderava ma non ci è riuscita? Ha mai ricevuto commenti o pressionial riguardo? Si è sentita inadeguata, si è sentita in dovere di difendersi da commenti sgradevoli?

    Trattandosi di uno studio inglese non ho idea di che “humus” ci sia riguardo all’allattamento al seno, ma se si fosse fatto in Italia, sarei più che certa che alcune problematiche dei figli siano la ricaduta dello stress materno proprio collegato al mancato allattamento.

    Per lo meno la mia piccola esperienza di mamma è che con mia figlia neonata, avevo la coda di persone che mi chiedevano di tenerla e mi godevo il momento dell’allattamento come un istante di intimità esclusiva con lei. Una mamma che desideri allattare e che per motivi X non puo’ farlo, immagino che viva con più ansia il legame con il figlio, per il timore di essere “sostituibile” – cosa che non è, voglio dire quando c’erano le balie, la balia restava la balia, e la mamma restava la mamma.

    Insomma ok per premere sui vantaggi dell’allattamento, ma secondo me bisogna sempre fare una distinzione fra nutrire il proprio figlio e dargli il proprio latte, sono due cose che non sempre vanno insieme, per tante ragioni.

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  11. sinceramente io no credevo ci volesse oxford per dirlo. Potrebbe sembrare assurda come cosa ma se è vero che il comportamento di un bambino dipende molto da come viene educato anche sentimentalmente nei primi due anni di vita, anche il fatto di essere stati allattati o meno influisca in qualche maniera…poi certo le questioni sul sistema sanitario sono un altro paio di maniche. bel post.

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  12. è interessante e sono d’accordo anche con le tue conclusioni, ovvero che sicuramente è un problema che dovrebbero porsi soprattutto le strutture più che le madri, già abbastanza in difficoltà quando sono alle prese con un neonato e con il post-parto.
    riguardo alle ragioni, io non le cercherei solo negli aspetti più ‘fisiologici’ dell’allattamento. forse è più frequente che una mamma che allatti esclusivamente sia più serena, perchè ha la possibilità di farlo: non dimentichiamoci che allattare è un lavoro che ti occupa totalmente per i primi 3-4 mesi almeno, e per farlo devi essere super aiutata da familiari o aiuti esterni. devi vivere in una condizione psicologica e in un ambiente molto tranquilli, sentirti sostenuta ecc. quindi una mamma che allatta secondo me è una mamma molto spesso “privilegiata” e che riesce ad affrontare i primi mesi di maternità con quella tranquillità che si ripercuote ovviamente anche sul bambino, svilupperà meno ansie, sull’alimentazione per esempio, avrà un rapporto più sereno in generale con l’educazione del figlio. questo almeno lo deduco dalla mia esperienza, magari mi sbaglio.
    si dice che l’allattamento riduca il rischio di depressione post-partum, e senz’altro ci sono delle ragioni ormonali/fisiologiche. ma non sarà anche che le mamme che non allattano in realtà non allattano perchè non hanno avuto abbastanza appoggio, da strutture sanitarie così come dai familiari, non hanno vissuto serenamente le prime settimane di maternità, hanno semmai vissuto come una sconfitta il fatto di non essere riuscite ad allattare e abbiano i sensi di colpa perchè bombardate dal giudizio di chi invece che aiutarti non fa che darti consigli inutili facendoti sentire inadeguata… non so, ma io quando ho partorito ho trovato molto aiuto sia in ospedale che in consultorio e non credo che avrei allattato se non avessi trovato un sistema sanitario che funziona. so che non è così dappertutto. e so anche che mi sentivo molto sola durante i mesi di maternità e frequentare quel consultorio, con altre neomamme, mi ha aiutato soprattutto a trovare compagnia oltre che superare le tante difficoltà iniziali dell’allattamento.

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