Autodeterminazione e una stanza tutta per sé

Una stanza tutta per sé la casalinga pigra l’ha avuta troppo tempo fa. E le manca.

Onore al merito, i miei genitori mi hanno sempre lasciata abbastanza libera di fare quello che volevo nella mia camera di adolescente. L’unica cosa che non sono mai riuscita ad ottenere è stato portarmici il pianoforte, che con la porta chiusa (in sala non avevamo porte), senza pubblico, ascoltatori, passanti e spifferi gelidi (ah, le sale senza porte, che freddo) magari mi sarei esercitata di più e a quest’ora non vi stavo a scrivere post di Sopravvivenza domestica, ma sinfonie.

Quindi vivevo nel mio caos creativo che riordinavo quando non ne potevo più. Mi sono disegnata delle decorazioni geometriche in colori pastello su una parete segnando gli orli col nastro adesivo, e spostavo i mobili quando mi pareva, almeno una volta alla settimana. Cosa che era la scusa per riordinare detto casino e per disegnare piantine su cosa avrei voluto fare. Le piantine sono tuttora la mia salvezza, ma per altri motivi.

Per il resto tutto questo cessa nel momento in cui vai a vivere con qualcuno, magari ci dormi insieme, e capisci improvvisamente tutta la portata di quanto esponeva la santa Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé”.

Perché hai voglia a leggerti i reportage di arredamento chic, quelli che ti dicono: “due stili opposti, una casa luminosa” , “come fondere il minimalismo di lei con le collezioni di lui” e ti mostrano foto di case ordinate, esteticamente appaganti, perfettamente invivibili e facce sorridenti degli inquilini, mentre tu ti chiedi: si, ma dove vivono veramente questi due? Dove la tengono la roba? Signori miei, l’arte dell’arredo in convivenza è un ossimoro, la vita vera è un’altra. E allora guardiamola, questa vita vera.

L’arte del compromesso

Mio padre, santa memoria, lo diceva già: “La cosa più importante è sposarsi con qualcuno che dorme come te”. Lui sapeva quello che diceva: da gufo abituato ad andare a letto tardi e dormire nel buio perfetto, ha sposato mamma che invece alle 21 non c’era più per nessuno ma all’alba già era perfettamente operativa e la tapparella perennemente scassata della camera le forniva tutta la luce necessaria per svegliarsi.

Io da gufo, ho sposato un’allodola. (Papà, perché non ti ho dato retta?) Poi ho avuto un figlio insonne e da allora non sono più né gufo né allodola, sono una perennemente stanca, con il sonno perennemente interrotto e che spesso si riduce ad andare a dormire altrove, in genere intorno all’ennesimo risveglio forzato, fisiologico o indotto, intorno alle 4 del mattino. Ma nessun altro letto di casa è comodo come il mio.

Come ritrovare la serenità perduta e una camera da letto, seppur condivisa, che si adatti a fornirmi il massimo conforto di sonno? Pensiamoci insieme che fra poco io rimetto mano alle piantine. Vi propongo una riflessione/piano d’ azione in due parti, una dedicata esclusivamente al letto coniugale, l’ altra più in generale alle funzioni di una camera condivisa.

1) Osserva

La domanda più utile ce la fecero in un negozio sciccosissimo di letti quando cercavamo il nostro primo letto ‘serio’ da famiglia sposata. Guardate anche come dormite: alle estremità del letto, in mezzo, abbracciati, avete caldo, avete freddo, vi muovete molto la notte, avete una posizione preferita? Poi ci fecero sdraiare su un letto con dei sensori per guardare distribuzione del peso e altre diavolerie e alla fine il computer tirò fuori il tipo di materasso ideale per noi. Mai soldi spesi meglio.

2) Inventarizza

Dicono sempre che questa fase vada separata da pulizie e manutenzione, anche se inventarizzando ti viene la tentazione di girare quella vite o raddrizzare quel quadro. No, non farlo adesso, comincia a guardarti la camera pezzo per pezzo, punto per punto e fai un elenco dei miglioramenti che vuoi apportare. Tapparella incastrata? Segnatelo. Quadro da appendere? Segnati anche se devi andare a comprare le viti adatte, e farti prestare il trapano (qui un comodo tutorial http://mammamsterdam.net/tutorial-come-usare-il-trapano/ ), così al momento giusto hai tutto sottomano. Cassetto straripante? Segnati di controllare ed eventualmente eliminare i vestiti che non metti più, ma fallo un’altra volta.

3) Pianifica

In base a quello che vuoi (fase 1) e quello che hai (fase 2) decidete in che modo condividere la camera comune, se volete spostare qualcosa, svuotare, riempire, come venirvi incontro, quali cose tenere proprio al di fuori della camera o del letto per approfittare al massimo dello scopo fondamentale di una camera condivisa: dormire bene, amarsi meglio e farsi un po’ di fatti propri.

4) Scegli bene il letto (o i letti)

Vi risparmio quanti negozi ho girato e che cultura mi feci su letti e materassi prima di arrivare a trovare la soluzione giusta per noi. Alla fine andammo in un negozio in cui ti misuravano con dei sensori messi sul materasso e scegliemmo tra le varie proposte quella più adatta alle nostre tasche. Decidemmo anche di non prendere un letto completo, ma solo 2 reti e 2 materassi (che insieme comunque costavano come un Auping Auronde completo di comodini abbinati) e li abbiamo ancora. Per fortuna non abbiamo preso un letto completo, perché cambiando casa cambiavano gli spazi e l’ Auronde non ci sarebbe entrato ovunque.

Letti separati, fino a che punto?

Col discorso che ci piace leggere a letto, abbiamo preso le reti separate col meccanismo che rialza lo schienale. Si è rotto dopo un paio di anni e non lo abbiamo più usato. Non abbiamo scelto per un materasso unico perché volevamo, essendo grossi e alti entrambi, un letto fuori misure: 180 x 220. E chi lo rigira il materassone enorme quando rifai o rinfreschi il letto? Due sono più comodi. Ce li scambiamo e li rigiriamo spesso, quando abbiamo traslocato abbiamo mandato in lavanderia la parte esterna del materasso, una specie di foderona spessissima sfilabile da lavare solo a secco, e praticamente i materassi si sono rinnovati. Li abbiamo da 18 anni e ci si dorme ancora benissimo. Se nessuno mi svegliasse, ma quella non è colpa del materasso.

Inizialmente, sempre per il discorso materasso di cui si solleva lo schienale usavamo due lenzuola con gli angoli. Esistono anche i ponticelli in gommapiuma per ammortizzare il buco tra i materassi, e anche il lenzuolo a calzoncino, intero sotto e duplice sopra in modo da sollevare individualmente i due materassi. Mai usati. Adesso abbiamo un unico mollettone e lenzuolo che tiene insieme la baracca e anche il buco tra i materassi non ci dà noia.

1) Caldo-freddo?

Rimaneva la differenza di temperatura preferita, risolta parzialmente da un piumone 4 stagioni e dal mio lato il copriletto di lana piegato in due. Poi vidi da una mia amica l’idea geniale: due piumoni singoli. Basta con lo spifferone di freddo quando l’altro si muove e fa entrare l’aria, basta dormire scoperti perché l’altro rigirandosi si è tirato dietro il piumino. Noi l’abbiamo perfezionata separando i due strati del 4 stagioni: lui dorme con quello leggero, io con quello pesante, ognuno in un copripiumino separato, e ci spostiamo parzialmente sotto lo strato dell’altro quando abbiamo bisogno di vicinanza. L’ulteriore vantaggio è che quando si va a letto e ci si alza in tempi diversi se non tocchi il piumino dell’ altro non lo svegli (troppo).

letto-cabina-olandese
Foto Marjon utilizzata con licenza Flickr CC

Un’altra soluzione per freddolosi accoppiati a calorosi potrebbe essere la coperta termica sul materasso solo da un lato. Certo, chi ama i letti tradizionali, quelli con vari strati di lenzuolo, coperte varie, copriletto all’uncinetto da togliere cautamente la sera e risistemare senza una piega la mattina e guai a chi si avvicina al letto per tutto il giorno (ho un’ amica che come dice lei” è gelosa del letto” perfettamente rifatto, misura lì il suo valore di madre di famiglia) dovrà pensarci un po’ a come risolverselo.

Quello a cui vorrei arrivare, perché con l’età cambiano le abitudini e le esigenze, è la bedstee, l’antico letto olandese che è una specie di cabina armadio. Si tratta di una cabina letto, con gli sportelli per chiudersi dentro (eventualmente con una finestrella esterna). Soprattutto nelle fattorie e nei mulini era una maniera intelligente per dormire al caldo: in tutti gli angoli scomodi intorno alla stanza che conteneva la stufa si creavano questi letti, piccoli e più bassi per i bambini, corti e alti per i grandi (si credeva che dormire seduti fosse più sano) e una culla appesa vicino ai genitori per i neonati. Io che per dormire ho bisogno del bozzolo me la sogno da prima ancora di sapere che esisteva, se solo non avessi sposato un claustrofobico (sempre dare retta al papà, mannaggia).

Allora come alternativa mi accontenterei della camera più piccola della casa in cui entri solo il lettone, due lampadine appese al muro per leggere, e un comodino o mensola per sveglia e occhiali. Mio marito ha detto di no, ma forse se glielo ripeto tutte le notti mentre dorme riesco a far passare un messaggio subliminale.

Vi farò sapere, voi intanto cominciate a guardare bene la vostra camera e le vostre abitudini, così la prossima volta allarghiamo il discorso fino ad avere una stanza tutta per noi che davvero stia bene ad entrambi.

 

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1 thought on “Autodeterminazione e una stanza tutta per sé”

  1. Ma che figata la cabina letto bozzolo!!!

    La prossima notte insonne (non a causa mia) mi cerco un bnb con il letto così!!!

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