Come prima intervista del mese “ospitiamo” Wonderland, mamma blogger che ci ha scritto della sua esperienza di allattamento con rara onestà, senza fronzoli, come è sempre il suo stile, offrendoci un quadro molto realista del rapporto di una mamma con un il suo bebè da allattare.
Allattare va bene. Non allattare, anche.
Questo è un punto di vista diverso sull’allattamento. Il mio.
Online sono conosciuta come Wonderland, ho 28 anni, una bimba di 8 mesi e un blog.
Quando è nata Viola, allattare mi è sembrata una scelta del tutto naturale, tanto che non ho dato molto peso alle parole di un medico che, conoscendomi, mi chiese: “sei sicura? Guarda che l’allattamento è impegnativo sia fisicamente che psicologicamente!”
Pensavo ma dai, cosa vuoi che sia attaccare tua figlia al seno un po’ di volte al giorno, vuoi mettere il vantaggio della tetta alla spina contro il latte artificiale?
Sono andata incontro all’allattamento con una sana incoscienza, convinta di fare la cosa giusta.
Viola si è attaccata subito molto bene, tanto che nonostante la mia misura di seno non esattamente da maggiorata e il parto cesareo, ho avuto da subito un sacco di latte… tanto, veramente tantissimo. Fino ad arrivare al troppo.
A chi mi diceva “come sei fortunata” avrei voluto far provare l’ebbrezza di svegliarsi dal dolore con il seno morbido come il marmo di carrara e il letto zuppo di latte.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Immaginate di aver appena dato il latte a vostro figlio, lo sollevate per il ruttino e quello in tutta risposta vi fa un vomito a getto che arriva all’altra parete della stanza. Prima vi prende un colpo, poi pensate di chiamare un esorcista, alla fine telefonate al pediatra.
“Reflusso gastroesofageo” è il meraviglioso verdetto. Non eravamo a livelli preoccupanti, ma lei provava evidentemente dolore nel deglutire. Si attaccava famelica al seno e dopo pochi sorsi si staccava gridando e contorcendosi. Poi si riattaccava e di nuovo piangeva. Così per ore. Ore intere a tentare di concludere una poppata. Il tutto, sei volte al giorno.
La risposta del pediatra era: “signora, finchè cresce non le diamo niente”.
Io ero allo stremo delle forze. Il mio seno era andato in tilt, continuamente sollecitato ma mai svuotato, e la situazione era psicologicamente insostenibile. Mi sentivo rifiutata da mia figlia, il mio latte sembrava improvvisamente essere diventato veleno per lei. Passare all’artificiale sarebbe stata la soluzione migliore ma era fantascienza, in primis perché nonostante i problemi, medici e parenti continuavano a farmi il lavaggio del cervello sui benefici dell’allattamento, poi perchè lei non era abituata, e infine perché togliermi il latte sarebbe stata a questo livello di produzione “una missione impossibile” come mi dissero.
Iniziai a odiare profondamente l’allattamento. Io e Viola eravamo entrambe legate a doppio filo a questo momento del pasto, che stava diventando una tortura per entrambe.
Il problema si è fortunatamente risolto cambiando pediatra e dando finalmente a Viola un medicinale antiacido. Nel giro di poche settimane e con qualche accortezza (ad esempio quella di non farla mai sdraiare completamente ma tenerla sempre sollevata di almeno 30 gradi) la situazione si è stabilizzata e finalmente l’allattamento è diventato sostenibile per entrambe.
Tra il “sostenibile” e il “vivibile” c’era però un gap che non riuscivo proprio a colmare.
Allattare mi legava indissolubilmente a lei. Le pause minime che riuscivo a prendermi non erano sufficienti per farmi prendere respiro da una routine serratissima, che mi faceva sentire intrappolata, agli arresti domiciliari. Complici le brutte giornate di inverno e una casa al quarto piano senza ascensore, le mie 24 ore erano complicati incastri di gesti ripetitivi e stanchi. Il mio seno, il mio prezioso latte, erano il primo motivo per cui non mi era concesso nemmeno un pomeriggio di libertà.
Stavo scivolando nella depressione post-partum rendendomene pienamente conto, ma senza riuscire a fare niente per evitarlo. L’aiuto da parte dei parenti c’era, ma quelle poche ore in cui riuscivo ad allontanarmi non sembravano mai abbastanza.
Per me in poco tempo allattamento ha iniziato a significare prigione.
Che dire, io sono convinta che allattare sia una scelta giusta: nulla quanto il latte materno nutre e protegge il bambino, ma ho maturato la convizione che questo non lo renda sempre e comunque la scelta migliore per la madre.
Se diventa un problema e una fonte di frustrazione e nervosismo invece che un momento sereno, nuoce ad entrambi. Spesso avevo la sensazione di darle da bere, insieme al latte, anche la mia insofferenza (e insieme, sofferenza).
Finalmente, a cinque mesi e mezzo, ho iniziato lo svezzamento di Viola.
Per me iniziare a sospendere le poppate è stato complicato, ma con la massima gradualità sono arrivata ad eliminare prima il pranzo, poi la cena. Da lì la produzione si è stabilizzata e dopo circa un mese ho eliminato anche la merenda.
Rimaneva la poppata del mattino e quella delle undici, che Viola continuava a fare.
Piano piano ho cercato di abituarla al biberon.
Le prime settimane sono state un fallimento totale: piangeva soltanto a guardarlo. Ho cambiato circa 8 marche di latte e altrettante di biberon. Finalmente, dopo circa un mese di inutili tentativi in cui prendeva al massimo 50gr di latte, ho trovato la combinazione vincente di biberon-latte-biscottino e ha iniziato a fare pasti decenti.
Tolte tutte le poppate, potrei dire finalmente di essere libera. In realtà sto ancora lottando per mandare indietro del tutto il mio latte, ma ormai è quasi fatta.
Da quando ho iniziato lo svezzamento e ho tolto il mio seno, il rapporto con mia figlia è decisamente migliorato. In situazioni di allattamento difficile come la mia, non sempre offrire il seno a oltranza è il consiglio migliore. Ci sono mamme portate per l’allattamento e altre no. Io non lo ero, ne’ fisicamente ne’ psicologicamente. A volte chiedere di allattare è semplicemente chiedere troppo. So di dire qualcosa di impopolare, ma è quello che penso quando mi rivedo chiusa in casa in lacrime a tentare di far mangiare una bambina che, probabilmente, con un biberon di latte antirigurgito fin dall’inizio sarebbe cresciuta meglio e più serena, come anche io.
Se c’è qualcosa che ho scoperto sulla maternità, è che è sostenuta da un tessuto fittissimo di sensi di colpa e taciti obblighi. L’allattamento è uno di questi. E’ ora che qualcuno inizi a dire che allattare va benissimo, ma va altrettanto bene non farlo. L’importante – com’è che si dice? – è essere felici.
Serena ci ho anche pensato, ma il tiralatte per me era un trauma, nonchè un modo per aumentare ancora di più la mia produzione. Non sono mai riuscita nemmeno a saltare una poppata usando quell’aggeggio infernale -.-
Wonder, ma tutto sto latte, hai mai pensato a donarlo alla banca del latte? Almeno un pochino? Anche io ne ho avuto moltissimo, e anche io mi svegliavo con il letto bagnato, e anche io ho sofferto la prigionia…come ti capisco! Ho scritto un post sulla base della mia esperienza personale, che verrà pubblicato a breve qui su genitoricrescono (la programmazione delle pubblicazioni l’abbiamo fatta con un certo anticipo, visto che io sto allattando un neonato di 4 settimane). Stay tuned!
Sei davvero fantastica. Sono certa che ci saranno tanti sensi di colpa in meno per chi sta allattando e legge questo post!
perfetta, come sempre!
MammaNews, l’ho letto. Anzi mi sono fatta un bel giro sul tuo sito ed ho trovato tantissime cose interessanti. Complimenti.
Silvia figuriamoci. Io non ho allattato perchè ho avuto parecchie difficoltà all’inizio e senza tanti traumi ho optato per il formulato. comunque proprio oggi ho postato sul blog MammaNews uno studio secondo il quale il latte artificiale è ricco di proteine e aumenta il rischio di obesità. non sono molto daccordo con questa tesi, ma certamente è una conferma del fatto che il latte materno è nutriente, sano, equilibrato…in una parola perfetto.
è fatta, il neologismo è creato!
Le TETTAlebane!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Chiarissimo Wonder, volevo solo dire che ho scritto un post per spiegare perchè il latte materno fa bene (sperando di averlo fatto in modo chiaro e meno medico possibile, dato che non ne avrei la competenza) proprio perchè siamo tutte d’accordo che sicuramente, di per sè, fa bene. Anche se io non enfatizzerei neanche troppo il fatto che il bambino allattato al seno non si ammala e quello nutrito con latte artificiale si, perchè anche questo è un dato molto soggettivo.
Comunque la definizione “talebane della tetta” è stata un successone: il merito di tale creazione ce lo dobbiamo spartire metà per una!
Silvia, spero comunque che sia chiaro che questa è la MIA esperienza e che non vuole scoraggiare nessuno, anzi. Ho specificato che “in CASI DIFFICILI COME IL MIO” non è sempre giusto in assoluto incaponirsi sul latte materno, ma a questo punto meglio dire nero su bianco che se si può e questo non crea traumi, W la tetta!
Verissimo MammaNews, la critica arriva proprio dalle neo-mamme tutte soddisfatte (e a volte un po’ tronfie)del loro allattamento, cioè da coloro che dovrebbero mostrare maggior solidarietà e comprensione.
Comunque, visto che è indubbio che il latte materno sia una soluzione sana, quando scelta con serenità e quando possibile, ho voluto pubblicare un post https://genitoricrescono.com/il-latte-materno-magico-elisir/ sui suoi benefici, perchè comunque mi sembra giusto anche incoraggiare, quanto meno a provare, chi può avere dei dubbi.
Anche l’allattamento è un’arma utilizzata da amici, medici, conoscenti e gente che si incontra per la prima volta nella vita per farti sentire in colpa. “Non allatti?” ed ecco sguardo di compatimento misto a riprovazione. Invece è una cosa assolutamente soggettiva, personale, una questione che riguarda me e il mio bambino. E le prime a giudicare, mi spiace dirlo, sono spesso le mamme.
E’ che si fa ancora fatica a dare per scontato che l’esperienza della maternità, allattamento compreso, è soggettiva.
“Tetta alla spina”, Wonder, è bellissimo!
Anche noi siamo passati attraverso un’esperienza di reflusso piuttosto serio. Nelle ore critiche, che andavano dalle 18 alle 22, per il Sorcetto attaccarsi al seno era una tortura: prendeva un po’ di latte e poi strillava come un ossesso. Il suo rigurgito ha lasciato i segni di corrosione sul pavimento di marmo (giuro, ancora ci sono, visibili). Quindi l’unica soluzione era tirarmelo e darglielo in fretta con il biberon, oppure dargli una poppata artificiale.
Tutto sommato però ho una buona esperienza dell’allattamento. Non mi è pesato usare il tiralatte, anzi, lo consideravo un gran sollievo e non ho patito il legame troppo intenso con mio figlio. Anzi, l’idea di avere un buon motivo per starmene rifugiata in casa qualche mese mi è stato mlto gradito. Sono contenta di averlo fatto.
Questo proprio per sottolineare quanto Wonder abbia ragione: ognuno se la viva come ritiene più giusto ed adatto. Senza sensi di colpa e senza integralismi.
ecco finalmente qualcuna che la pensa esattamente come me….
Per carità sono convinta pure io che sia giusto tentare ma se questo diventa un problema l’accanimento può essere nocivo sia per la mamma che per il bambino.