Le questioni economiche sono sempre le più controverse in una separazione e spesso la contribuzione al mantenimento dei figli è il nodo centrale di ogni controversia.
L’assegno periodico per il mantenimento della prole è la forma di contribuzione che si inserisce nella quasi totalità delle separazioni di coppie con figli. E’ manifestazione del principio generale per il quale i genitori devono educare, crescere e mantenere i figli, finchè non ne abbiano da soli le possibilità.
Non esiste certo un tariffario o dei criteri matematici certi per stabilire l’entità dell’assegno. La norma (art. 155 c.c.) recita: “salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito (come sarebbe dovuto anche in costanza di unione) il giudice stabilisce, ove necessario (ovvero sempre quando i figli sono affidati o collocati presso un genitore), la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
– le attuali esigenze dei figli;
– il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza tra i genitori;
– i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
– le risorse economiche di entrambi i genitori;
– la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT, in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice”.
Anche oggi che la regola dovrebbe essere l’affidamento condiviso tra i coniugi, è esperienza comune che i figli restino comunque a vivere presso uno dei genitori, pur trascorrendo del tempo, anche rilevante con l’altro. Il genitore collocatario, quindi, riceverà il contributo dall’altro, ma nel determinarne l’entità si dovrà tenere conto anche dei tempi di permanenza presso il genitore non collocatario.
Ormai, infatti, capita spesso che i figli coabitino con la madre, ma, magari, per facilità di orari di lavoro, trascorrano molti pomeriggi o serate con il padre, che provvede ad accompagnamenti negli sport, cene ed esigenze quotidiane. In questo caso è innegabile che l’assegno posto a carico del padre debba tener conto di questo impegno di tempo e di denaro.
Così come devono essere valutati economicamente i compiti domestici e di cura dei figli, anche quando rientrano nel poco considerato “lavoro casalingo”. Un genitore che lavora part-time per avere del tempo per i figli, dovrà godere di un maggior contributo da parte dell’altro coniuge, dato che con il suo lavoro domestico realizza un risparmio e quindi un valore economico per entrambi (ad es. costo di una baby-sitter).
Nella maggior parte delle considizioni di separazione si inserisce la clausola secondo la quale il genitore onerato dell’assegno di mantenimento, parteciperà al 50% delle spese straordinarie relative ai figli, intendendo quelle mediche, scolastiche e ricreative, queste ultime se concordate.
Su questo argomento, però, si creano spesso discussioni e conflitti, soprattutto quando queste esigenze economiche cambiano ed aumentano con il crescere dei figli. Consiglio sempre di specificare quanto più possibile la natura di queste spese, per evitare problemi futuri: bisogna sempre ricordare che le condizioni di separazione o di divorzio devono durare per anni e devono continuare a “funzionare” anche con il mutare delle esigenze. Le spese scolastiche dovranno comprendere anche una retta di scuola privata o no? Dovranno comprendere il pullman che magari evita al genitore collocatario l’accompagnamento o no? Le spese ricreative comprenderanno gite d’istruzione o solo palestra e sport? Le spese mediche contempleranno solo quelle inevitabili o magari anche trattamenti utili ma non vitali (non sapete quanto si discute su eventuali psicoterapie per gli adolescenti o cure dietistiche)? Più si riesce ad essere lungimiranti, più si eviteranno discussioni in futuro.
Va ricordato, poi, che il genitore collocatario o affidatario ha diritto a percepire gli assegni familiari relativi ai figli, sia che gli deirivino dal suo rapporto di lvoro, sia che spettino all’altro coniuge. In questo caso il non collocatario dovrà versarne l’importo corrispondente al collocatario.
Il dovere di mantenere i figli, sia in corso di unione dei genitori, che dopo la separazione, non cessa con la loro maggiore età, ma deve protrarsi fino ad una loro ragionevole autonomia.
Anche questa è una di quelle questioni che creano conflitti: il genitore onerato dell’assegno di mantenimento, spesso, raggiunta una certa età del figlio, inizia a fare pressioni, a volte giustificate, a volte meno, per interrompere la contribuzione.
Si deve tenere conto, e ne tengono conto anche i Tribunali, che oggi una reale indipendenza economica si raggiunge molto tardi. Se poi i figli intraprendono studi universitari (si suppone con l’accordo dei genitori) aumentano gli oneri ed i tempi della contribuzione si allungano.
Realisticamente oggi per un ragazzo con un diploma superiore, si dovrà considerare accettabile proseguire la contribuzione fino ai 26/28 anni e qualche anno in più per un laureato. E’ evidente che qui contano più i fatti che le teorie.
Un figlio è indipendente economicamente anche se ha un contratto non a tempo indeterminato, ma non lo è se ha un semplice contratto trimestrale senza possibilità di rinnovo o se fa dei lavoretti saltuari nel corso degli studi. Un figlio ha diritto all’assegno se non è indipendente, ma è suo dovere tentare di rendersi indipendente se non prosegue gli studi: quindi 6/8 anni dopo il diploma, anche se non ha ottenuto un lavoro stabile, non potrà più pretendere il mantenimento.
Dopo la riforma del 2006 (L. n.54/2006) il mantenimento al figlio maggiorenne dovrebbe essere corrisposto di preferenza direttamente all’avente diritto. Prima di tale riforma la regola era quella contraria: doveva essere versato comunque al genitore con il quale conviveva. La reale applicazione della nuova norma stenta un po’ ad affermarsi: in realtà se il figlio diciottenne, come è normale, continua a vivere in casa con un genitore, che provvede in tutto alle sue esigenze quotidiane, non ha senso modificare il beneficiario del versamento.
Capita però che il genitore onerato dell’assegno, un po’ per qualche ripicca con l’altro, un po’ per “farsi bello” con il figlio, un po’ perchè magari davvero non condivide la gestione del denaro per i ragazzi, chieda di versare direttamente l’assegno al figlio maggiorenne. Il buon senso dovrebbe aiutare, come in ogni caso: se il ragazzo finirà con lo spendere inutilmente quei soldi che dovrebbero servire per provvedere alle sue esigenze, questa è una decision e fuori luogo e, ancora oggi, qualsiasi Tribunale la avverserà. Al contrario, se il figlio diciottenne andrà magari in un’altra città per l’università, questa modifica, sicuramente utile e sensata, verrà considerata con maggior attenzione.
SONIA a noi ha contato la convivenza. nel nostro caso però è il mio compagno che deve pagare, e per stabilire l’importo hanno considerato anche le mie entrate (così paghiamo di più, olè). credo che vengano considerate tutte le entrate del nucleo familiare effettivo anche nel tuo caso.
SER le entrate saltuarie non so se possono essere contate, perchè in quanto saltuarie non c’è certezza che si ripetano. Però non sono sicura.
MANUELA mi spiace, non so aiutarti, questo non mi è mai capitato.
Domanda: Ma nel caso di separazione giudiziale, nel calcolo dell’assegno mesile, si tiene conto delle entrate saltuarie ma documentate della moglie?
ciao mi chiamo manuela volevo chiedere dei chiarimenti. in maggio è stato disposto dal giudice minorile l’affidamento condiviso e che il padre di mia figlia corrisponda €300 mensili più gli extra (da accreditare entro il 20 di ogni mese sul mio conto corrente).bhe il problema sorge da luglio che non corrisponde più niente,quindi io a fine settembre mi sono rivolta alle forze dell’ordine facendo querela a questa persona. il bello che nella sua memoria si è descritto come padre modello. sapete dirmi se deposito nuovamente una sentenza al tribunale dei minori c’è la possibilità che gli venga tolto ogni beneficio?????
Gentili signori,
pongo ai più esperti questo mio quesito.
Sono separato e successivamente divorziato da circa 12 anni. Attualmente come da sentenza di divorzio omologata anni fa, verso una somma mensile devoluta per il solo mantenimento della figlia ora maggiorenne e studentessa universitaria 1° anno, pari a €.385,00 mensili. Nessun obbligo omologato per quanto riguarda le spese extra al 50%. La madre nonchè genitrice affidataria convive stabilmente con persona con la quale ha avviato attività commerciale ben avviata con ottimi profitti. Poichè ho serie difficoltà a versare mensilmente quella somma in quanto, stipendiato statale, vivo stabilmente in un altro nucleo famigliare di tre persone,posso avanzare richiesta di diminuzione della somma citata? Premetto che in tutti questi anni sono stato sempre puntuale nei pagamenti e quando ho potuto a mia figlia ho fatto anche regali in denaro. Ma oggi ho difficoltà in quanto la mia attuale compagna ha perso anche il lavoro.
Ringrazio anticipatamente.
Angelo
Angelo, in realtà la tua diminuzione di capacità reddituale è dovuta alla tua attuale compagna, quindi non verrebbe presa in considerazione rilevante. Dovresti puntare sul miglioramento reddituale della tua ex: ora imprenditrice e convivente con persona benestante. Diciamo che il risultato non è scontato, ma una richiesta di modifica ben motivata potrebbe avere buone speranze.
Sono separato da 6 anni e mensilmente verso l’assegno degli alimenti alla moglie e alla figlia di 16 anni.
volevo sapere se adesso che la figlia ha trovato lavoro come apprendista, io devo sempre dare l’assegno di mantenimento o devo aspettare la maggiore età?
Ringrazio anticipatamente.
Grazie ancora Silvia!
Emilio, dato che tua figlia è maggiorenne puoi pagare direttamente a lei, ma solo se il Tribunale ti autorizza in seguito a ricorso per modifica delle condizioni. Oppure su accordo con la ex moglie.
La legge attuale prevede il pagamento diretto al figlio maggiorenne, ma non è una norma ben vista dai giudici, che tendono a disapplicarla. Per le separazioni prima del 2006 non era prevista (se non come eccezione alla regola e solo su specifica motivazione).
Ciao a tutti,
un altro quesito…dovendo dividere l’assegno di mantenimento tra ex e figlia, posso chiedere a quest’ultima di aprirsi un conto corrente a nome suo dove accreditare la somma?
Grazie.
Grazie tante per la tua risposta.
Cara Ser, la mia risposta voleva solo essere una provocazione per sottolineare l’arbitrarietà e l’incongruenza di certi importi, come tu hai giustamente fatto rilevare.
Se c’è una logica, io non la vedo.
Spero che qualcun altro possa trovare una risposta al tuo quesito.
Guardando all’affido condiviso nel suo complesso, il fatto che dopo 4 anni una legge dello stato si trovi nella grande maggioranza dei casi disattesa mi sembra di una gravità estrema, tanto più se, questioni economiche a parte, a patirne di più le conseguenze sono i figli ed il loro rapporto con il genitore “non collocatario”.
A questo riguardo, segnalo che l’associazione “Adiantum” presenterà al Ministro della Giustizia il 15 ottobre una diffida per lamentare la mancata applicazione della legge sull’affido condiviso.
(www.adiantum.it/public/1386-rita-bernardini-sulla-class-action.-ecco-le-note-dalle-maggiori-agenzie-di-stampa.asp)
Ti ringrazio Paolo, ma forse mi è sfuggito qualche cosa della tua risposta. Mi riferivo proprio a questo. Se il tenore di vita dei figli deve restare uguale, come mai le richieste sono maggiori rispetto a quello che nonrmalmente si spende?
@Ser, che chiede:
“come mai in sede di separazione il costo dei figli si triplica rispotto a quando i genitori vivevano insieme?”
Perché la legge impone di determinare l’importo “considerando il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza tra i genitori” ed i giudici applicano la legge … moltiplicando per un fattore a piacere l’importo di partenza!
Colgo l’occasione per citare i risultati di un sondaggio di Radio24: alla domanda “Secondo voi nell’affido dei figli c’è parità di trattamento tra padri e madri?” le risposte degli ascoltatori sono state:
No: 95%
Si: 5%
Pur non avendo tali sondaggi un valore statistico, direi che il risultato è talmente sbilanciato che si commenta da sé.
(http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=affido-figli-parita-padre-madre-ayala-magistrato-collega-falcone-borsellino)
Sperando nell’affido condiviso 2.0 …
Buongiorno, ti scrivo perchè vorrei riuscire a capire cosa viene preso in considerazione per la formulazione dell’importo degli assegni familiari.
Sento sempre che quando si avviano le pratiche di separazione si parte con le “migliori” intenzioni di non voler lasciare il coniuge che dovrà mantenere l’altro e i figli (ovviamente spetta sempre al marito) in difficoltà economica (visto che dovrà aggiungere alle solite spese anche quelle per una nuova casa).
Puntualmente però le richieste economiche che vengono fatte, lasciano, passatemi il termine, l’uomo in mutande.
Mi sembra di aver capito che si considerino le spese fisse (casa, in tutti i suoi aspetti, e tutto ciò che serve quotidianamente).
Fin quì ci sono arrivata.
Quello che mi chiedo è come mai in sede di separazione il costo dei figli si triplica rispotto a quando i genitori vivevano insieme?
Mi spiego meglio. Nel calcolo, non basterebbe considerare quanto si spense in media per vivere (ovviamente si consideri la casa di proprietà e gli sport dei figli extra).
Possibile che due figli costino 900 euro al mese (900 euro oltre al mantenimento dell’altro coniuge). La mia famiglia è di 4 persone adulte e non spendiamo 900 euro al mese per mantenerci.
Ovviamente do per scontato che la necessità di vestiario e altro sia considerato semi extra (es. le scarpe non sono usa e getta, se servono si comprano altimenti no). A questo punto mi sorge il dubbio che chi fa la rischiesta cerca di aumentare la valutazione della spesa per i figli, pensando di usufruirne.
Mi sembra proprio che chi chiede e chi consiglia, prende la separazione come un’occasione per vivere a spese degli altri.
Oltre a sapere come si specificano le spese per quantificare l’entità degli assegni familiari, vorrei sapere se è possibile chiedere al coniuge che usufruisce degli assegni familiari, una specifica per vedere se effettivamente i soldi percepiti per i figli, vengono utilizzati effettivamente per loro.
Mi scuso per essermi dilungata.
Che dire Silvia, ti ringrazio di cuore, non foss’altro che per il fatto di avermi ridato un pò di fiducia.
Ho seguito il tuo consiglio e ho spedito oggi stesso la raccomandata dove contesto la richiesta di spese extra non concordate.
Grazie ancora.
Emilio, dai coraggio, non ti buttare giù: essere corretti non è essere stupidi, anche se tutto il mondo intorno sembra inneggiare alla furbizia.
Andiamo con ordine: la tua ex ora lavora, anche se non guadagna molto (anzi, piuttosto pochino), quindi potresti chiedere una modifica delle condizioni sul presupposto che allora non lavorava, ma oggi si.
Tua figlia non è ancora indipendente economicamente: se hai accettato di pagarle gli studi, ora devi mantenere l’impegno, ma una volta laureata puoi pretendere che lavori anche adattandosi inizialmente a mansioni non adeguate alla laurea.
Recentemente è stata pronunciata una sentenza della Cassazione che ribadisce che il figlio che colpevolmente non accetta lavori perchè non li ritiene all’altezza, non deve più essere mantenuto.
Quindi ti consiglio di dare un minimo di tempo a tua figlia dopo la laurea e poi di spiegarle che è bene che cammini con le sue gambe.
Ti consiglio di ricorrere comunque al Tribunale per far accertare la fine dei tuoi obblighi. Se la tua ex è d’accordo, potrete presentare un ricorso congiunto che il Tribunale si limiterà a ratificare. In caso contrario, puoi procedere da solo: ti conviene aspettare la laurea, qualche mese successivo e poi chiedere entrambe le modifiche in un unico ricorso.
Per le spese straordinarie fai benissimo a non pagarle se non concordate: anzi, contesta sempre per scritto quello che ti viene chiesto e non approvi.